giovedì 30 maggio 2013



  1. ALCUNI MIEI LIBRI NELLA BIBLIOTECA DEL CONGRESSO USA

    Library of Congress Results for "Spataro Agostino"

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    Catalog Record
    Ioppolo Giancaxio : fra storia e memoria 
    Catalog Record Only
    Includes bibliographical references.
    Contributor: Spataro, Agostino
    Site: Main Catalog
    Original Format: Book
    Date: 1996

    Catalog Record
    Il Mediterraneo : popoli e risorse verso uno spazio economico comune 
    Catalog Record Only
    Includes bibliographical references.
    Contributor: Spataro, Agostino
    Site: Main Catalog
    Original Format: Book
    Date: 1993

    Catalog Record
    Il turismo nel Mediterraneo  
    Catalog Record Only
    Includes bibliographical references (p. 130).
    Contributor: Spataro, Agostino
    Site: Main Catalog
    Original Format: Book
    Date: 1998

    Catalog Record
    Oltre il canale : ipotesi di cooperazione siculo-araba 
    Catalog Record Only
    Includes bibliographical references.
    Contributor: Spataro, Agostino
    Site: Main Catalog
    Original Format: Book
    Date: 1986

    Catalog Record
    Il fondamentalismo islamico : dalle origini a Bin Laden  
    Catalog Record Only
    Includes bibliographical references (p. 187-189).
    Contributor: Spataro, Agostino
    Site: Main Catalog
    Original Format: Book
    Date: 2001

    Spataro, Agostino

    Subject

    Mediterranean Region [2]
    Islam and Politics [1]
    Islamic Fundamentalism [1]
    Bin Laden, Osama [1]
    Economic Conditions [1]
    Arab Countries [1]
    Foreign Economic Relations [1]
    Islam [1]
    Ioppolo Giancaxio (Italy) [1]
    History [1]
    More Subjects

    Location

    Italy [2]
    Mediterranean Region [2]
    Arab Countries [1]
    Sicily [1]
    Ioppolo Giancaxio [1]

    Language

    Italian

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martedì 28 maggio 2013

MUJICA, UN PRESIDENTE CHE TUTTI VORREBBERO AVERE COME... PRESIDENTE



Visita in Italia del Presidente uruguayano Mujica 

UN PRESIDENTE CHE TUTTI VORREBBERO COME…PRESIDENTE

di Agostino Spataro 

 


Questo che vedete sopra non è un UFO, ma l'avveniristico aeroporto di Montevideo.
Vuole essere un omaggio al compagno José Pepe Mujica popolare Presidente della Repubblica dell'Uruguay il quale, nei giorni 3 e 4 di giugno, sarà in visita in Italia, a Roma e a Napoli.
Un uomo vecchio ma lucido, lungimirante; un presidente umile ed efficiente più di tanti giovani politici spocchiosi, incompetenti e, talvolta, anche un pò venduti.
Poiché, non è l'età che fa il buon politico, ma sono le idee e i valori etici che lo contraddistinguono.
Mujica è uno dei nuovi leader della sinistra democratica dell’America Latina, da anni, impegnati in una grandiosa e difficile lotta prima per liberarsi delle feroci dittature militari (insediate e/o sostenute dal “Piano Condor” ideato dagli strateghi Usa) e, oggi, contro il secolare sottosviluppo e le mire di re-conquista delle oligarchie neoliberiste locali e internazionali.
I risultati sono sotto gli occhi di tutti. Almeno di chi vuol vedere. L’America del Sud è l’unica regione di questo mondo in recessione che, mediamente, cresce a ritmi abbastanza sostenuti, secondi o pari soltanto a quelli della Cina.
L’Italia deve sentirsi onorata di ricevere questo indomito combattente per la libertà e il progresso dei lavoratori uruguayani; questo guerrigliero che, per 14 anni, ha subito le torture e il carcere della dittatura militare. L’imprenditoria e il governo italiani devono aprirsi di più alla collaborazione politica ed economica con l’Uruguay, sostenere lo sforzo di questo piccolo Paese, per altro, con una forte presenza di oriundi italiani.
                                         “Libertad o muerte”, Montevideo, 2012 (foto di A. Spataro)

Oggi, Mujica è il Presidente dell'Uruguay uno dei pochi Paesi al mondo che cresce in equilibrio con la società e con la natura.
Un simbolo vivente del riscatto sociale e democratico delle classi popolari, un riferimento concreto, operativo di una sinistra che vince senza rinnegare la sua storia, le sue idee, i suoi valori democratici e di libertà.
Mujica si è rivelato un autentico difensore dei diritti umani e di quelli, più fondamentali, di Madre Natura.
Un Presidente saggio, perfino filosofo, che alla Conferenza sul clima di Rio de Janeiro esordì con queste bellissime, semplici parole:
questo iper consumo è lo stesso che sta aggredendo il pianeta. I vecchi pensatori – Epicuro, Seneca o finanche gli Aymara – dicevano: povero non è colui che tiene poco, ma colui che necessita tanto e desidera ancora di più e più. Queste cose che dico sono molto elementari: lo sviluppo non può essere contrario alla felicità. Deve essere a favore della felicità umana; dell’amore sulla Terra, delle relazioni umane, dell’attenzione ai figli, dell’avere amici, dell’avere il giusto, l’elementare. Precisamente. Perché è questo il tesoro più importante che abbiamo: la felicità!”
Un Presidente, vegetariano, che vive nella sua vecchia fattoria di campagna, che dona il 90% della sua indennità presidenziale ai bisognosi e alle organizzazioni di solidarietà sociale, che va in giro su un vecchio maggiolino degli anni ’70.
Insomma, un Presidente che, nel mondo, tutti vorrebbero avere come... Presidente.
Un Uomo cui andrebbe senz’altro il Premio Nobel per la Pace. A Lui, il saluto e la fraterna amicizia dei lavoratori e del popolo italiani.

29 maggio 2013
       
         
José Alberto "Pepe" Mujica Cordano (Montevideo, 20 maggio 1935) , Con un passato da guerrigliero ai tempi della dittatura. È stato il leader della corrente del Movimento di Partecipazione Popolare, settore maggioritario del Frente Amplio. Ha vinto le elezioni presidenziali del 2010, battendo al ballottaggio Luis Alberto Lacalle.
 (daWikipedia)





lunedì 27 maggio 2013

"PORCELLUM", IL MALE MAGGIORE



“PORCELLUM”, IL MALE MAGGIORE

di Agostino Spataro

L’oracolo ha parlato senza dire nulla
Si farà la riforma elettorale? Come, quando, con quali forze? Credo che queste e altre domande consimili frullino nella testa della gran parte degli italiani, forse più di quelle che nascono dalla crisi economica, poiché il “porcellum” è, oggi, il male maggiore.
Ieri, l’oracolo del governo Letta ossia il ministro per le Riforme, Gaetano Quagliarello, ha chiarito- secondo Adn-Kronos, “che in questa prima fase sia necessario un intervento di “salvaguardia” che renda certamente costituzionale il sistema vigente e, 'sterilizzando' il problema immediato della legge elettorale, agevoli il percorso complessivo di riforma istituzionale, all'interno del quale anche il tema della legge elettorale troverà una compiuta definizione".
Alla faccia del caciocavallo! Direbbero a Napoli. Un’oscura allusione, la sua. Poiché il signor ministro, con questa contorta girandola di parole,  non ha chiarito un bel nulla. Ha solo lasciato intravedere una soluzione minimalista, rassicurando l’anomala maggioranza che non si farà una seria riforma di quella legge ignobile chiamata “porcellum” che sta, pericolosamente, infiacchendo il sistema democratico italiano.
Una legge disastrosa e anticostituzionale, come, ora, si accorgono anche le alte Corti che dovrebbero (di più) vigilare su tale delicatissima materia.
Con questa legge, infatti, è stato espropriato il cittadino-elettore del diritto (costituzionale) di potere scegliere, col voto, il suo candidato al Parlamento.
E’ stato compiuto un grave misfatto politico ai danni della democrazia e della sovranità popolare, trasferendo il potere elettivo dal popolo a un gruppo ristretto di capipartito (una diecina in tutto) i quali, di fatto, nominano i membri di Camera e Senato.  
E così, nelle liste bloccate, e quindi in Parlamento, si trova di tutto: mogli, figli, amanti, portaborse, avvocati e fiscalisti di fiducia e via via degradando…e anche qualche brava persona.

La “legge porcata” che a tutti piace
Al “porcellum”, imposto a colpi di maglio dal centro destra, si sono assuefatti anche i capi del centro-sinistra, lo stesso Grillo, che hanno profittato delle sue malefiche virtù. 
Insomma, inutile girarci intorno: la mancanza del voto di preferenza fa comodo a Berlusconi e ai  leghisti, ma anche ai loro (ex) avversari i quali, per altro, durante l’ultimo governo Prodi potevano modificare la legge-porcata, ma non l’hanno fatto.
E anche oggi, di fronte a tanto disastro, gli esponenti del centro-sinistra si guardano bene dal chiedere la re-introduzione di almeno una preferenza.
Soltanto l’Udc- bisogna dargliene atto- si è battuta per le preferenze, anche se, alla fine, ha votato la legge – vergogna.
Sappiamo che la preferenza comporta qualche problema, soprattutto quello della compravendita dei voti, superabile con una sola preferenza numerica (non nominativa) e, ancor di più, con l’introduzione del voto elettronico, come si fa in Usa, in Brasile e in tanti Paesi anche in via di sviluppo.

Ridateci il voto di preferenza, per favore!
Che Berlusconi non voglia le preferenze si può capire poiché senza il potere di nomina (dei parlamentari) il suo trono vacillerebbe. Invece, nessuno capisce la ritrosia del Partito Democratico che sembra condividere con il Pdl l’avversione per il voto di preferenza.
E non convincono “le fughe” di taluni esponenti del PD i quali, pur di non re-introdurre il voto di preferenza, vorrebbero importare modelli elettorale da altri paesi (da Francia, Germania, Spagna, ecc).
Ovviamente, sulla questione del voto di preferenza l’opinione pubblica desidera conoscere la posizione, pubblica e chiaramente motivata, anche di SEL, della Lega Nord e del Movimento di Grillo.
In assenza di una motivazione convincente, si accrediterebbe l’idea, già abbastanza diffusa, che non si voglia dare agli elettori il diritto di scegliere il parlamentare perché - si teme- provocherebbe una “rivoluzione copernicana” nel sistema politico italiano: il sole non sarebbe più il capo-partito che nomina, ma l’elettore che sceglie, col voto, anche il capo partito.
Infine, notiamo che la nomina, oltre a delegittimare i deputati e il ruolo del Parlamento, provoca un’incomprensibile disparità fra i diversi livelli della rappresentanza democratica: i deputati europei, i consiglieri  regionali, provinciali e comunali sono eletti col voto di preferenza, solo quelli di Camera e Senato sono nominati dall’alto.
Una condizione anomala che non sta né in cielo né in terra, ma solo nelle teste dei capi partito ossia di privati cittadini (perché tali sono secondo la Costituzione) i quali esercitano un diritto espropriato agli elettori. E così non si continuare!                                         
                                                         Agostino Spataro

25 maggio 2013

martedì 21 maggio 2013

ANCHE "SAN PAOLO" CI DA UNA MANO...

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·         SANTO DEL GIORNO
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sabato 11 maggio 2013

"NEGLI ANNI DEL NOVECENTO", video-intervista di Agostino Spataro

https://www.youtube.com/watch?v=HmdKqhxv7T0
Da Joppolo Giancaxio al Parlamento nazionale: l'esperienza politica di Agostino Spataro.
Le lotte dei movimenti contadino, operaio e studentesco nell'agrigentino, il rinnovamento del PCI in provincia di Agrigento e in Sicilia, la vittoria del referendum sul divorzio e i grandi successi elettorali del PCI negli anni '70, l'iniziativa parlamentare a difesa degli interessi dei lavoratori e delle popolazioni agrigentine e siciliane, la prospettiva mediterranea della Sicilia e la politica italiana verso il mondo arabo, l'interesse per i cambiamenti in atto in America del sud.
Intervista condotta dal prof. Totò Cacciato per il programma "Negli anni del novecento" di AGTV del 3 aprile 2013

lunedì 6 maggio 2013

IL BELLISSIMO MATRIMONIO DI MIA FIGLIA MONICA e GERLANDO (Roma 5 maggio 2013)








EL HOMBRE QUE LLEVÓ EL CINE A GIANCAXIO





EL HOMBRE QUE LLEVÓ EL CINE A GIANCAXIO

por Agostino Spataro



                                                         Joppolo Giancaxio, fuente publica, 1954


Una introducción necesaria

Días atrás (el 11 de abril de 2012), los periódicos locales publicaron en primera plana la noticia del arresto, en Puerto Empédocles, de un peligroso prófugo descubierto por la policía, dentro de un hueco de su propia habitación luego de diez meses de búsquedas, aún en el extranjero.
Vale decir: el prófugo no se había alejado jamás de su casa.
Sucede. Especialmente con los grandes prófugos mafiosos y de la camorra. Por este motivo, uno espera que haya sido descubierto un peligroso jefe del crimen organizado.
En cambio… del hueco salió Armandino Lo Cascio, convertido en fugitivo a causa de una condena por “stalking”, o sea, por causar molestias a una señora.
Desconociendo los términos de esta triste historia, no deseo entrar en el ámbito de las investigaciones y sus relativos procesos, confiando hasta prueba contraria, en el trabajo de las fuerzas del orden y en el prudente juicio de los magistrados.
Sin embargo, confieso que me resulta problemático ver en el rol de un acosador maníaco a aquel muchachito delgado y un poco introvertido que conocí a mitad de los años cincuenta como el hijo y colaborador del hombre que llevó el cine a Joppolo Giancaxio, mi pueblo.
Obviamente, tales cualidades no lo absuelven de los eventuales errores cometidos en los años posteriores.
Sin embargo, entre el hecho actual (del cual es víctima una señora de bien) y sus antepasados no existe ningún lazo.
Si a los Lo Cascio los recuerdo es sólo por su valor humano, evocativo, y también para hablar de los retorcidos caminos por los que pueden tomar nuestras vidas.
Lo que me presiona es evidenciar el aporte cultural que mediante el cine, la familia Lo Cascio dio a la pobre vida cotidiana del pueblo.
El cine, de hecho, abrió de a poco las puertas de un mundo para nosotros desconocido, fascinante, que se desarrollaba entre el sutil límite de la realidad y la fantasía.
Por esto fui a desempolvar este apunte que publico, todavía como borrador, en mi blog montefamoso.blogspot.com:

1... Me cruzo con el señor Gianni mientras baja por la calle Atenea del brazo de su mujer, la señora Tanina.
Los veo después de muchos años. Son dos viejitos todavía en forma, hijos de otros tiempos.
Nuestra generación, la primera de la segunda posguerra, estaba entre la época pasada y la que recién comenzaba. Entre una Italia campesina, provincial y fascista y la Italia democrática del milagro económico; de la escuela secundaria y de las comunicaciones de masa.
En el fervor de aquellos años, muchos, los más ancianos, se quedaron en la época anterior, mientras que los más jóvenes probaron de superarla, algunos hasta buscando suerte en el extranjero.
También a los pequeños pueblos rurales llegaron, lentos y desfigurados, los ecos y las herramientas de la vida nueva.
El cine, por ejemplo, del cual nos ocuparemos en este texto, llegó a Joppolo Giancaxio en 1954, sesenta años después de su invención por parte de los hermanos Lumiére.
También éste atraído por el bienestar repentino creado por la presencia de los norteamericanos de la Gulf Oil Company que buscaban el “oro negro” en las vísceras arcillosas de Montefamoso.
Recuerdo esos dos años en los cuales nos ilusionamos. Había trabajo para todos y por primera vez nuestros campesinos tuvieron la oportunidad de ver un sobre que contenía sus salarios.
Con los salarios llegaron las radios y los tocadiscos; y con ellos la música moderna y las noticias de lugares lejanos.
El petróleo atrajo juglares, ilusionistas y vendedores de sueños y espejitos de colores.
Escena de “nueva frontera” que en poco tiempo desapareció porque debajo de Montefamoso no se encontró petróleo si no un río de aguas amargas.
Es verdad, fue sólo un espejismo, pero nos hizo vivir nuestra porción de felicidad.

2... El cine lo trajo el señor Gianni Lo Cascio desde Palermo.
Llegó una tarde de septiembre a bordo de un camioncito decorado con vírgenes y caballeros saracenos, que transportaba apretados en la caja a una familia rubia y un montón de muebles junto con una Vespa gris.
Eran el señor Gianni, su mujer Tanina y sus dos hijos: Armando, flaco e introvertido; y Franco, gordo y expresivo.
Estábamos jugando descalzos en la plaza con una pelota de trapos y en seguida corrimos a ver el camioncito del que por último descargaron una caja grande de madera que trataban con mucho cuidado, como si contuviese las reliquias de un santo.
Para frenar nuestra invasiva curiosidad, el señor Gianni nos reveló el secreto: la caja contenía el aparato para montar un cine.
“Les hemos traído el cine, el séptimo arte” – exclamó. “¡Algo jamás visto en Giancaxio!”.
¡Cuánto tiempo pasó! Los juegos, los amores, la gente, los rostros, los nombres, sobrenombres, los pueblos… todo desteñido, esfumado. Sólo imágenes desenfocadas, figuras inciertas que se identifican por lo que alguna vez fueron.
Para mí, los Lo Cascio son el cine y nada más.
Sobretodo el señor Gianni, el operador. No logro imaginarlo de otra forma que no sea en su rol de operador. Es el hombre de las maravillas, el que llevó el cine a Giancaxio.
Hoy, aquella sala, tomada por un depósito, no existe más. Fue demolida con el resto de la casa, donde vivían los Lo Cascio, para crear un pasaje hacia algunos terrenos edificables de otra forma inaccesibles.
Una herida en el pueblo que algún chistoso del municipio se atrevió a llamar calle Empédocles.
Tal vez para establecer una conexión impropia con el famoso “valle” que el filósofo hizo cavar sobre las montañas naturales de Akragas para hacer entrar el viento frío del norte y secar los pantanos, en el valle, infectados de malaria. En nuestro caso, fue creado un corredor en el cual, más que la gente, pasa el gélido viento que en invierno molesta el paseo en la plaza principal.

3... Hélos aquí entonces a los dos viejecitos de nuestro cine, aquel de las grandes pasiones de amor, de las grandes carcajadas, de las películas de Totò y de Ridolini, de los indómitos cow-boys, bajar por este corredor de vitrinas donde se reflejan los deseos insatisfechos de los habitantes de Agrigento.
No obstante la avanzada edad, el señor Gianni es siempre él mismo. Delgadísimo y rubio, cortés y ubicado en los modales, prolijo en el vestir: saco, corbata y pantalones bien planchados con raya; zapatos lustrados como sus raleados mechones de cabello.
Sobre su rostro la única novedad digna de atención son un par de anteojos claros con el marco de oro.
Estas pocas pinceladas creo que son suficientes para presentarles al señor Gianni o “el hombre de las maravillas”.
En aquel pueblo de trabajadores pobres, antes del cine no se había visto jamás algo así de excitante; además de la gigantesca sonda construída por los norteamericanos sobre la cima de Montefamoso al centro del inmenso cráter, que podía ser vista desde lugares lejanos; especialmente de noche, cuando quemaba su lengua de fuego que encendía en nosotros la esperanza del progreso y de la libertad.
Alguien la comparó con la torre Eiffel que en París atraía millones de turistas y en Giancaxio atraía miles de técnicos y operarios.
Aquella torre era nuestro tótem a quien pedimos un milagro tal vez demasiado grande: frenar la emigración y hacer volver a los habitantes de Joppolo Giancaxio desparramados por los continentes más remotos.
Y así, sin querer, nos volvimos adoradores de nuevos ídolos paganos y del fuego eterno, similares a neoadeptos de la religión de Zarathustra.

4... En aquel tiempo en Joppolo, las formas del espectáculo moderno eran casi desconocidas. 
Se recordaban a los malabaristas y actores vagabundos que de tanto en tanto venían durante los años tristes de la guerra.
No eran compañías de teatro, sino familias de artistas improvisados o en decadencia, desesperados y hambrientos que escapaban de las ciudades bombardeadas para buscar refugio en los míseros pueblos del interior (que la guerra afortunadamente olvidó). Era en estos pueblos donde mostraban sus habilidades por un trozo de pan o algún huevo fresco.
Era común el varieté en el cual la protagonista obligada era la mujer que hacía de todo, o sea, la mujer del dueño; de día madre dedicada y de noche actriz, cantante, bailarina de can can y asistente del poco hábil marido-mago que no siempre lograba encantar al público. Especialmente cuando el conejo no salía del cilindro. El hombre la reprendía falsamente para justificarse a los ojos del público inmóvil. El animalito jamás podría aparecer porque lo habían comido el día anterior, por hambre. Asistente, bailarina y a veces después del espectáculo se adaptaba a algún que otro trabajito “extra”.
El único canal de comunicación, el único cable que conectaba a Joppolo Giancaxio con el mundo eran aquellos cuatro o cinco aparatos de radio que chillaban en las casas de algunas familias pudientes que, de hecho, ejercían el monopolio de la información.
Quien tenía una radio se comportaba como patrón de las noticias, que seleccionaba y manipulaba a su antojo y luego difundía en las conversaciones en los círculos, en la peluquería o en la plaza.
El señor Amerigo fue famoso por haber sabido administrar su “poder” mediático con una maestría proverbial, como si las noticias las fabricase él mismo.
Cada tanto llegaba también un “cuentahistorias” con sus lamentos por las injusticias sufridas por el pueblo. Sólo lamentos y llantos. Nada de progreso para los sicilianos. Y ni que pensar una revolución.
Munnu ha statu e munnu è” (mundo fue y mundo es), solía repetir el sacerdote que temía cualquier movimiento, o peor, cualquier cambio en la conciencia de sus fieles.
Con la llegada de la democracia y de la inesperada libertad (el verbo es exacto porque democracia y libertad llegaron desde afuera, no nacieron en el lugar) hubo un poco de confusión también en las tradiciones. Algunos cuentahistorias llegaron a confundir a victimarios con las víctimas.
Fue emblemático el caso del “lamento por la muerte de Turiddu Giulianu” difundido por Cicciu Busacca que, tal vez involuntariamente, contribuyó a acreditar a los ojos de los campesinos la fábula del bandido bueno, aunque en la ciudad de Portella había cometido una masacre de estos.

5... En Giancaxio el cine fue una verdadera revolución porque rompía la capa opresora de ignorancia y de resignación que por siglos había informado y alimentado a la llamada “cultura campesina”.
Un buen invento de los astutos de las altas esferas del poder que bajo la cáscara de la cultura, se esforzaban en continuar las tradiciones para mantener esclavos a pueblos enteros.
El cine destruía el viejo mundo y abría hacia otros desconocidos; hacía soñar, fantasear, viajar, conocer otras ciudades, otra gente.
Estaban los informativos, que ilustraban el fervor y los progresos de la “reconstrucción” económica de la nación. Y también las superproducciones de guerra e historia antigua, las aventuras de Tarzán y de El Zorro.
Fue el cine, no Cristóbal Colón, quien nos hizo descubrir América.
Sobretodo la América “buena”, o sea los Estados Unidos, para hacer la distinción de las otras “américas” del centro y del sur, evidentemente menos “buenas”.
Las “americanadas” (western, dramas, humorísticas con El Gordo y el Flaco, los policiales) ambientadas entre Nueva York, Chicago y Los Ángeles, nos transportaban a mundos nuevos, brillantes, hacia los cuales desde Giancaxio muchos partieron y muchos otros estaban listos para partir.
El señor Gianni proyectaba lo que le pasaba el convento, o sea, el distribuidor de Agrigento. La señora Tanina estaba en la caja. Los precios de las entradas oscilaban entre las 20 liras los adultos y 10 liras las mujeres y niños. A las mujeres, se les concedía un descuento para estimular la asistencia porque sala era frecuentada generalmente por hombres y niños ruidosos.

6... Era raro que las mujeres vayan al cine (cinamu), y si iban lo hacían siempre acompañadas de sus maridos o algún otro pariente íntimo. El día preferido era el domingo a la tarde, donde el señor Gianni ofrecía una película serena y divertida: una cómica de Totó o un drama lacrimógeno con Rossano Brazzi, Amedeo Nazzari o Anna Magnani.
Los film más atrevidos o de violencia pura los pasaba los días feriados.
El cine fue también el descubrimiento de las vampiresas de grandes piernas, de los besos apasionados, de las traiciones…
El hombre de Giancaxio y los mismos jóvenes descubrían así una mujer nueva, bella, provocadora y desinhibida que ni en sueños podían imaginar.
Sì, porque para manifestarse, también los sueños necesitan de un modelo del cual inspirarse.
Y en nuestro imaginario colectivo no existía un modelo femenino así de fascinante y atractivo.

                                                         Chica en costumbre, Joppolo Giancaxio

Después de una hora y media de proyección se salía de la sala con la mente confundida, al borde de un remolino de ardores sexuales que no se sabía cómo ni dónde ir a liberar.
El cine, en resumen, nos hizo descubrir otro universo femenino del cual se originó, sin piedad, la comparación entre nuestras mujeres, modestas y peleadoras, y las fabulosas bellezas de Hollywood y de Cinecittà que tantos problemas generaron en las familias.
Las esposas, cansadas por el trabajo y las privaciones, no entendían qué cosa estaba sucediendo con sus maridos, que de improviso se volvieron exigentes y quejosos.
En sus encendidos sermones, el cura señaló al cine como la causa de tal desorden; aquellos palermitanos habían traído el escándalo que minaba la paz y la unidad de las familias.
Las mujeres afligidas que habían sido excluídas por el cine no podían, ni aún queriendo, imitar aquellas vampiresas que turbaban a sus maridos, los que no encontrando la solución en sus hogares volvieron a las casas de citas y a los prostíbulos de la calle Gallo.

7... Por la mañana, el señor Gianni volvía de la ciudad a bordo de su Vespa gris perla con las “latas” (que contenían las películas) y las publicidades. 
Después de almorzar, bajaba sonriente y esperanzado a la calle para exponer sobre la pared externa de la sala los afiches (uno pequeño, otro formato “elefante”) clavados en dos recuadros hechos de madera artificial.
Nosotros esperábamos, impacientes, por ser los primeros en aprender los títulos y el elenco de la nueva programación y un poco fantasear con las fotos que dejaban entrever las más bellas aventuras.
Podíamos hacerlo ya que nosotros, niños de escuela primaria, éramos los primeros entre el público que sabía leer y un poco también escribir.
Cada tarde un nuevo título. Sólo el sábado y el domingo el señor Gianni proponía la misma película; generalmente una superproducción o un gran drama que atraía a las familias por completo.
Nos interesaba saber el nombre de los protagonistas, sobretodo de “u picciottu” (el protagonista masculino) y “a picciotta” (la protagonista femenina), para informar a los grandes cuando volvían de los campos.
La pregunta era siempre la misma: “Chi cinamu fannu stasira? Cu ci travaglia?…” (¿qué película dan esta tarde? ¿quién trabaja?)
Con el verbo “travagliari” nuestros campesinos equiparaban el rol de los protagonistas de aquellas brillantes películas a su trabajo ingrato y masacrante.
El nombre del “picciottu” estaba destacado en el afiche con caracteres cuadrados y con una foto, por ello era fácil individualizarlo. Algún problema surgía cuando en el film había un co-protagonista.
El señor Gianni se encargaba de aclarar todo en persona cual crítico de cine improvisado y nos hacía, con su agradable acento palermitano, comentarios siempre positivos y atrayentes:
“¡Un cañonazo muchachos! Díganlo en casa, se los recomiendo”
En aquellos tiempos, no obstante se había experimentado la terrible bomba atómica, era aún el cañón el arma más poderosa. Y por lo tanto, “cañonazos” a troche y moche.

8... Atraían mucho los film de guerra, de batallas memorables y crueles, de matanzas entre bandas de gángsters, de pistoleros, de golpes y huesos despedazados. En resumen, sangre a ríos y prepotencias por doquier para nuestras mentes confundidas y complacidas. 
Algunos actores interpretaban roles fijos, por lo tanto era fácil prever los resultados.
Amedeo Nazzari era siempre el héroe positivo. Paul Muller casi siempre el odiado “traidor”.
Sí, porque en los film debía haber, y casi siempre había, uno o más héroes y un “traidor”, como sucedía en la vida real o imaginaria.
Los personajes del cine entraron en nuestras vidas, en nuestro imaginario. Cada uno se identificaba con su actor preferido e imitaba sus aventuras. Hasta las más arriesgadas.
Quedábamos encantados delante del “piciottu” que escalaba la áspera pared de un castillo o de una roca tambaleante sobre el mar.
Nadie nos había dicho que en la escena, el actor había sido sustituido por un doble.
Con la imitación nacía el comportamiento. Se terminaba por ser insertados en un catálogo humano que se definía según los roles cinematográficos predilectos.
Para señalar a un jóven corajudo y valeroso se decía “un espadachín de Francia, un mosquetero”, un “D’Artagnan”; a un hombre forzudo un “Urso” o un “Hércules”. Y también muchos “Carnera” y “coboi”. Rossano Brazzi, “tombeur des femmes”, era el ídolo amado y odiado por todos.
En general, las películas tenían una o más repeticiones y una cola que se extendía hasta dentro del negocio del sastre, del peluquero, del talabartero y tantos otros. En las lluviosas tardes de invierno, en estos lugares privilegiados para socializar se narraban, se comentaban los film de la tarde anterior a beneficio de aquellos que no los habían visto.


                                         Muchachos a Joppolo Giancaxio

Un clavo saca a otro. De esta manera el cine estaba progresivamente sustituyendo, también dentro del ambiente artesanal, el rol de los poetas y de los fabuladores; sus improvisaciones, discusiones poéticas y sus historias de la guerra y la emigración.
Un ejercicio colateral en el cual cada uno reinterpretaba las escenas según su temperamento, adaptándolas a las circunstancias y a los oyentes.
Se ponía énfasis en las acciones más cruentas para impresionar, con sangre, la mente de la gente más simple o las fanfarronadas más estúpidas para generar la risa.
En las escenas de amor había una especie de autocensura. Por propio pudor y para no escandalizar a los niños.
De estos episodios se daba sólo un indicio, dejando a quien escuchaba la facultad de interpretarlo, de imaginarlo por sí mismo.
Los film más inocentes eran comentados también en las casas a los más chicos y a las mujeres cuidando de no perturbar sus mentes aún no preparadas.
En resumen, el film seguía siendo “proyectado” en todos los rincones del pueblo. De este modo los personajes del cine se volvieron populares y conocidos también por quienes no los habían visto en escena (travagliari).
Sobre las opiniones de las mujeres no se sabía nada. Las pocas que iban al cine no podían emitirlas en público, ya que la sola identificación con una actriz famosa las habría catalogado como mujer de costumbres fáciles. Y adiós matrimonio.

9… Para muchos de nosotros, sobretodo niños y jóvenes, el cine se había vuelto una necesidad como el agua y el pan. No queríamos perdernos una sola película. Todas las tardes el mismo problema: encontrar las veinte liras para la entrada o algo para el canje.
Hacíamos saltos mortales para juntar la fatídica cifra, pero no siempre los esfuerzos eran coronados con el éxito.
Se rogaba en las casa con las madres que, pobres, no podían y se iba de las tías o las abuelas donde algo se obtenía.
En casos extremos se recurría también a ventas clandestinas de productos tomados del almacén familiar: un kilo de grano o de arvejas, o una pechera de fresco y delicado algodón.
El asalto incluía también la cocina donde cada tanto desaparecía una sartén de cobre o de aluminio que vendíamos, por pocas liras, a don Caliddru, propietario de un compra-venta que vivía a duras penas de este miserable comercio.
A veces hasta un huevo se podía canjear por una entrada, sólo con la proyección ya comenzada.
La señora Tanina era severa. Difícilmente se conmovía por nuestras dificultades.
El señor Gianni observaba la escena y las protestas de sus jóvenes clientes que amenazaban con abandonarlo e irse al cine improvisado y casto del oratorio.
Sí, porque el cura temiendo que sus fieles, especialmente los grupos de chicos, se vuelquen a la vía de la perdición, había comprado apresuradamente un proyector y cada tarde ofrecía un film de las Paulinas.
La entrada era gratis para todos los que frecuentaban regularmente el catecismo.
Pero no obstante la gratuidad pocos miraban las películas del arzobispo: demasiado recatadas y aburridas.
El oratorio se encontraba de frente al cine del señor Gianni, a poco más de cincuenta metros.
Las dos salas estaban enfrentadas, se desafiaban hasta el último espectador.
Cada tarde la misma escena, la misma espera. El cura se indignaba al ver a aquellos muchachitos detrás de la puerta de la “palermitana” que rogaban para poder entrar en aquel burdel.
El cura no tenía dudas: el cine era un arte maléfico, subversivo, que desvía y corrompe a la juventud y también a aquellos ignorantes con los pies embarrados. El cine, con todas esas prostitutas en celuloide estaba vaciando las iglesias.
Antes de comenzar la proyección, el cura esperaba el fin de nuestras tratativas con la señora, con la esperanza que alguno, indignado, volviera a la casa del Señor. Pero esto sucedía rara vez.

10... Por otra parte, el señor Gianni, más tierno de corazón o tal vez más calculador que su mujer, pensaba que “Ogni lassatu è pirduto” (cada abandonado es perdido) y que convenía tomar lo poco que los chicos ofrecían. 
 “State boni e muti, ci parlo io con la signora” (Pórtense bien y quédense callados, hablo yo con la señora).
La señora, celosa de su rol, no quería que su marido se entrometiera en los asuntos de la boletería. Estaba convencida que son su proceder habría enseñado a aquellos pequeños villanos cómo debían comportarse y sobretodo a pagar por completo el boleto de entrada.
La señora venía de la capital y no soportaba aquella banda de impertinentes detrás de la puerta. “Signù, signù mi fa trasiri cu deci liri? Dumani ci portu u restu. Signù mi fa trasiri cu du ova? Sono frischi, frischi, di stamatina” (Señora, señora, me hace entrar con diez liras? Mañana le traigo el resto. Señora me hace entrar con dos huevos? Son frescos, frescos de hoy a la mañana)
Todas las tardes las mismas súplicas. La señora no aguantaba más y descargaba una serie de coloridos insultos en dialecto palermitano que, por cierto, no ayudaban a su femineidad.
Al fin casi siempre la puerta se abría y corríamos a sentarnos en el piso, delante de las primeras filas.
A veces, la cajera se enojaba y no nos admitía en la sala. Este era el lado triste del cine. La última esperanza estaba depositada en la llegada con retraso de algún pariente sobrecargado con maquillaje y brillantina que interrogaba: “A tia chi fa ccà?” (¿y tú que haces aquí?)
Lo intuía pero le gustaba humillarte para luego tenerte entre las espirales de su generosidad.
 “Nenti, mi mancanu cincu liri” (nada, me faltan cinco liras)
“Veni ccà, veni cu mia ca ti fazzu trasiri” (ven aquí, ven conmigo que te hago entrar)
Corrías hacia él con mirando al suelo como un perro golpeado, pero íntimamente con la seguridad que te iba a hacer entrar.


                                         El vendedor de agua

Podía suceder, además, que te ofrezca la entrada íntegramente a costo suyo y de esta manera te quedaban en el bolsillo las liras para una gaseosa que vendía Bastianazzu en el intervalo.
El film y la bebida. Era esto el máximo al que podíamos aspirar.
Cuando nos tocaba quedar afuera había escenas de dolor, de sufrimiento.
Se sentía correr la película, su susurro típico, las notas de la columna sonora que se filtraba por debajo del portón. Una especie de suplicio de los excluidos. No entendíamos por qué no podíamos estar adentro con nuestros amigos que estaban ya debajo del telón con los ojos abiertos casi sin parpadear.
Durante la proyección, especialmente en las primeras filas, sucedían las cosas más bizarras.
Los espectadores interactuaban con las escenas.
Estaba quien, aterrorizado, cerraba los ojos para no ver al cruel asesino y rogaba a quien tenía a su lado de avisarle cuando el cadáver desaparecía; quien se exaltaba cuando “llegaban los nuestros”, por lo general la caballería, y explotaba en un grito liberatorio más fuerte que el de los asediados en el fortín; quien se dejaba llevar por la pasión de amor de los protagonistas y lo acompañaba con un movimiento frenético de la mano…
Estaban también aquellos que, para protestar contra un abuso cinematográfico, escupían a ciegas contra los espectadores y provocaban los gritos feroces de quienes resultaban damnificados. Esto también era el cine en Giancaxio. Una copia de lo que se vio en el film de Giuseppe Tornatore “Nuovo Cinema Paradiso”.

11… El negocio funcionaba. La sala era casi siempre llena. La familia del señor Lo Cascio creció en número. Sus hijos se integraron rápido en la escuela del pueblo. Eran vistos con un poco de envidia porque eran los hijos del “cine”, o sea del señor Gianni que para todos era el cine en persona.
Pero algún problema comenzó a verse en los inicios de los años sesenta con la llegada de la televisión, que en Giancaxio hizo su tímido ingreso en las casas de las pocas familias adineradas y de algún que otro empleado que compraba en cuotas. 
El que no podía permitirse la compra de un televisor iba de los parientes o de los vecinos, donde se entraba sin boleto y sin huevos.
Sobretodo el sábado y el domingo por la tarde, donde siempre había un programa de canciones o alguna obra que mantenía cautivos a los espectadores por meses y meses.
Además los programas de televisión eran aptos para grandes y chicos. Y también las mujeres podían acceder al espectáculo y fueron admitidas a la platea televisiva.
La TV provocó una suerte de revolución cultural de masa.
Con la difusión del televisor (años setenta) comenzaron los problemas para el cine. Especialmente para las salas de los pueblos del interior.
La crisis golpeaba a las puertas del cine, pero el agrimensor Lari no la escuchó y abrió otra sala en el pueblo.
Un “señor cine” se ufanaba Lari, con una amplia platea popular con sillas de hierro fijadas al suelo para evitar que fueran usadas como “objetos contundentes” durante las frecuentes peleas, y una cómoda tribuna, dotada de sillones de madera para las familias más pudientes.
La publicidad era elocuente y polémica: “Finalmente un verdadero cine en Giancaxio: el cine Castello. Espectáculos para grandes y chicos”.
El señor Gianni, indignado por aquella publicidad desleal y desdeñosa, respondió con fuertes descuentos y una programación más competitiva, hasta a veces atrevida.
La señora Tanina maldecía, desde la mañana a la noche, a aquel agrimensor y al cura que lo financiaba.
Entre los dos cines se desencadenó una despiadada competencia, sin darse cuenta estos que el enemigo común era aquella caja mágica que estaba vaciando las salas.
Luego de un par de años cerraron ambos. De esta manera terminó la breve historia del “cine” en Giancaxio.
Pasaron casi sesenta años y nadie los resucitó.
Para el señor Gianni fue un verdadero drama: quedó sin trabajo y con una familia numerosa a cargo y fue obligado a cambiar de oficio. La familia abandonó el pueblo definitivamente. Sólo la señora Tanina, la que más lo despreciaba, volvió. Pero muerta, porque en Agrigento no había para ella una tumba apropiada.
                                      Agostino Spataro

*  A propósito del film premio Oscar “Nuovo Cinema Paradiso” de Giuseppe Tornatore me queda una pequeña curiosidad. El pueblo no tanto imaginario (Palazzo Adriano) se llama Giancaldo, mientras que el nuestro se llama Giancaxio y es el único en Sicilia que puede tener una homonimia cercana, una semejanza que va bien más allá de la raíz común. Difieren, de hecho, sólo las tres letras finales (xio y ldo).
Pregunta: ¿Tornatore inventó su Giancaldo partiendo del nombre Giancaxio?
Obviamente, cualquiera sea la respuesta, no cambiaría nada.
Es sólo una curiosidad de ciudadano.

Joppolo Giancaxio, 14 de abril de 2012.

Foto: archivio Filippo Vecchio

Traduzione dr. Ulises Rossi, Buenos Aires, aprile 2013.