venerdì 19 settembre 2014

OMAGGIO A MUSSOMELI

"...sono tornato a Mussomeli, accompagnato da Tonino Calà e da Pinuccio Favata, cultori della storia patria, che mi hanno guidato nella visita da me vissuta come una felice “espiazione”. Troviamo aperto (in via provvisoria) il maestoso castello edificato da Manfredi Chiaramonte nel 1374, che sarà pienamente fruibile a completamento dei lavori di restauro (previsto per la fine dell’anno). L’impatto è davvero impressionante: il visitatore si trova di fronte un’ardita fortezza incastonata sulla sommità di un’alta rocca bianca e solitaria, emergente dalla circostante distesa di terre feraci, da cui si domina un orizzonte infinito che spazia dalle Madonie all’Etna, dalle spiagge del Mediterraneo ai monti che circondano Palermo... Opera imponente di un medioevo intrepido quanto misconosciuto, il castello è anche l’emblema fisico della parabola di una famiglia siciliana potente e illuminata, travolta dagli eventi della storia e dal tradimento di baroni spergiuri... Dal castello al paese il tratto è breve. Si entra come in un dedalo intricato dove la pietra ferrigna la fa da padrona: vie e viuzze lastricate sulle quali si affacciano dimore signorili (talune in abbandono) e semplici casette contadine che, come quelle dei signori, si fregiano d’archi e di rosoni. Per i vicoli si coglie tutta la fragranza della povertà vissuta con decoro: odori di pane appena sfornato, d’olio d’oliva e di sugo di pomodori che si fondono coi profumi del basilico e del gelsomino, balconi fioriti e panni stesi al sole, voci di bimbi e di donne indaffarate a preparare la cena. E poi le piazze ben tagliate, contornate dalle facciate barocche di chiese e palazzi baronali e di circoli culturali e professionali, come quello dei “pastori” in Piazza Roma che non si lascia intimidire dalla superba dimora feudale del casato di don Cesare Lanza, per tre secoli padroni di Mussomeli, rimasto famoso non per il suo lungo e grigio dominio, ma per l’efferata uccisione della figlia adultera, la celebre baronessa di Carini. E qui mi fermo, perché il racconto è diventato lungo. Chi vuol conoscere il seguito può andare ad ascoltarlo… a Mussomeli. ( Agostino Spataro in “la Repubblica” del 13 settembre 2002)

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