lunedì 18 novembre 2019

L’EUROPA DEI QUATTRO MARI

 Dall’Atlantico al Pacifico, dall’Artico al Mediterraneo.

di Agostino Spataro *

                                  L’Euro-Russia (in bianco)      

 L’utopia possibile
“L’esemplare di questa nostra Città sta forse nel cielo, e non è molto importante che esista di fatto in qualche luogo; a quell’esemplare deve mirare chiunque voglia, in primo luogo, fondarla dentro di sé.”  Platone in “La Repubblica”

Una Europa senza la Russia sarebbe debole e incompleta. Con Putin o senza Putin. Il problema non è personale (gli uomini passano), ma progettuale.  "Due Rome sono cadute, la terza resiste ma non ve ne sarà una quarta."                                            

1… Scusate se insisto, ma la questione che mi accingo a riproporre mi sembra ineludibile e anche matura per essere affrontata, in piena indipendenza politica e di giudizio, nell’esclusivo interesse della pace e della prosperità condivisa, in Europa e nel mondo.                                                             
Mi riferisco al futuro dell’Unione europea dalla cui crisi non si esce con meno Europa, ma con più Europa. Ossia con l’avanzamento e il riequilibrio del processo unitario sulla base di un progetto di riforma, politica, sociale e istituzionale, con l’allargamento possibile per realizzare un Terzo polo dello sviluppo mondiale, inteso non come una nuova entità egemone, ma come soggetto fautore di pace, di democrazia e di una crescita compatibile e diffusa nel mondo. E, in primo luogo, con l’allargamento (anche sotto forma di associazione) alla sterminata Russia che, prima o poi, dovrà scegliere fra Europa e Cina. A mio parere, un’Europa senza la Russia sarebbe debole e incompleta. Con Putin o senza Putin. Il problema non è personale (gli uomini passano), ma progettuale.                   
Un’ipotesi che, se attuata, potrebbe modificare radicalmente la prospettiva delle nostre relazioni con la Russia: dalle tensioni attuali, dal possibile conflitto (da evitare ad ogni costo) alla cooperazione, all’integrazione, all’unione.                                                                                                              
Ovviamente, la sua realizzazione va programmata e attuata nel medio/lungo termine e tenendo conto degli sviluppi, e delle conseguenze, degli accordi per il "Nuovo ordine internazionale" (quale?). E senza lasciarsi troppo influenzare dalle “contingenze” ossia dai personaggi, dai metodi e dalle circostanze politiche e militari attuali che in quella prospettiva verrebbero superati. In ogni caso, cominciarne a parlare aiuterebbe la distensione e la comprensione reciproca fra i diversi soggetti in campo.

 Gli Stati dell’Unione Europea

 2… Nel nuovo scenario (in formazione),  l’Unione europea, barcollante e squilibrata al suo interno, rischia di apparire un “continente” in bilico, alla deriva. Vincolata a una Nato sempre più rispondente agli interessi del pilastro Usa e, anche per questo, entrata in una fase di “morte cerebrale” come ha diagnosticato – nei giorni scorsi - il presidente francese Macron.                                                             
Il problema esiste, E’ inutile girarci intorno. D’altra parte, l’Europa, da sola, difficilmente potrà uscire da tale, precaria condizione e garantirsi la sicurezza e un futuro stabile; dovrà aggregarsi e creare un nuovo polo (il terzo) dello sviluppo mondiale.                                                                           
Aggregarsi a chi? Gli Usa sono lontani e i loro interessi non sempre comba­ciano con quelli europei; l’ipotesi del partenariato euro-mediterraneo (accordi di Barcellona del 1995) è stata fatta fallire per volontà degli Usa e per subalternità francese.                                                                                           
Non resta che la Russia, un Paese- continente, di prevalente cultura europea, che dispone di territori ster-minati e di enormi riserve energetiche e metallifere, di boschi, di acque, di terre vergini, di mari pescosi, ecc. Evito ogni riferimento agli arsenali militari nucleari che però esistono e vanno ridimensionati, liquidati in tutto il mondo mediante serie trattative che fermino la corsa agli armamenti e giungano a un disarmo generale e controllato.                                                                                                  
                                                                               
Risorse importanti, strategiche quelle russe che, unite al grande patrimonio europeo (tecnologie, saperi, scienze, professioni, tradizioni democratiche, ecc), potrebbero costituire il punto di partenza per dare vita a “EuroRussia” ossia a una nuova “macro regione” (dall’Atlantico al Pacifico, dall’Artico al Mediterraneo) che bandisca la guerra dalle sue prospettive e riesca a proiettare una forte iniziativa di cooperazione economica, di aiuto allo sviluppo eco-sostenibile, di difesa effettiva dei diritti umani, ecc.  In primo luogo verso l’Africa e il mondo arabo, realtà con le quali ci dobbiamo chiarire e riconciliare

3… L'obiettivo é quello di un mondo multipolare (a tre, a quattro, a cinque, ecc.) aperto, cioè, alle nuove realtà in formazione (economiche e demografiche) che si delineano anche nell'emisfero Sud (australe). 
Un obiettivo possibile a
nche se, allo stato, é prevedibile che per un certo periodo le superpotenze economiche e militari, i centri di comando del “nuovo ordine internazionale” saranno basati nell’emisfero boreale (Nord) del Pianeta. I Sud del mondo continueranno, in larga misura, a importare e a consumare prodotti delle multinazionali e a fornire braccia e materie prime, a basso costo, alle economie del Nord. 
Se così dovessero
restare le cose, il gioco sarà fatto da Usa e Cina che, nonostante le loro cicliche polemiche, sono vincolate da un legame assai forte d'interdipendenza commerciale e finanziaria e pertanto "condannate" a trovare un compromesso, anche a spese di altre regioni del mondo.                                                                  Addirittura, non è da escludere che, nel medio termine, possano giungere a un accordo strategico di bi-partizione del mondo, per aree d’influenza. La Cina sostituirebbe il vecchio ruolo svolto dall’URSS fino al 1991. Un nuovo bipolarismo!                                                                                                                              Questa"vecchia" Europa (come la chiamano certi esponenti del potere Usa) diventerebbe (già lo é) il terzo incomodo, un intralcio a tali disegni, perciò la vogliono indebolire, frazionare, liquidare come entità politica ed economica autonoma.                                     
Qualcuno vorrebbe eliminarla anche come espressione geografica, degradandola da continente a una mera appendice dell’Asia. Sarebbe la fine.                                                                                                                    Una fine drammatica come quella temuta dal monaco ortodosso Filofej che, nel 1523, chiamò Mosca la ”terza Roma”, (definizione usata anche da F. Braudel) ossia l’ultimo baluardo della cristianità, dopo Roma e Costantinopoli, quest’ultima da poco caduta in mano ai turchi ottomani, implorando il suo principe a reagire alla decadenza: “Due Rome sono cadute, la terza resiste ma non ve ne sarà una quarta”.                  Parafrasando le parole del monaco e applicandole alla breve storia dell’Europa comunitaria potremo dire che le prime due Europe (Mec e Cee) sono cadute, la terza (l’U.E.) resiste, ma- di questo passo- "non ve ne sarà una quarta”.


La Federazione Russa


                                  
Per l'Europa si delinea uno scenario fosco, drammatico che può essere ancora evitato, risparmiato ai popoli europei solo se vorranno rafforzare, completare, estendere la loro Unione. Sarebbe questo l'antidoto più efficace per vanificare gli insani progetti.                                                                                                             L' U.E si potrà salvare, e rilanciare, se saprà proporsi come entità autonoma di pace e di cooperazione solidale con i Paesi del Sud, anche per contenere i flussi migratori clandestini che- a lungo andare- potrebbero determinare situazioni assai critiche e difficilmente governabili. 
L’Europa dovrà accogliere i migranti legalmente ossia sulla base di accordi, multilaterali e bilaterali, con i Paesi d’origine.

4… Si potrebbe, dunque, schiudere un nuovo orizzonte per l’Unione Europea fondato sull’allargamento ad Est, a popoli e Paesi che vantano comuni basi e/o affinità culturali e mostrano interesse per una convivenza democratica e socialmente equa.                                                                                                                           L’alternativa a tutto ciò sono la frammentazione e la deriva  populistica/ nazionalistica.                                    Se dovessero dilagare le “uscite “ (alla Brexit per intenderci), gli “indipendentismi”, dichiarati e/o latenti, il nostro Continente verrebbe spezzettato in una miriade di micro stati che ne scardinerebbero la sua unità fisica, economica e culturale. La fisionomia acquisita con il trattato di Westfalia.                                               In pratica, sarebbe cancellata una civiltà che, più nel bene che nel male, dura da oltre tremila anni. Questo sembra essere l’obiettivo, ormai conclamato, di talune superpotenze (gli Usa di Trump in particolare) e delle forze anti-europeiste, sfasciste e destrorse, italiane ed europee.     
In questa fase, il vero pericolo per l’Europa non è il fascismo, ma lo sfascismo. Non é un gioco di parole. Se passa lo sfascismo può arrivare un nuovo fascismo.                                                                      
E’ superfluo ricordare che tali fratture provocherebbero gravi conseguenze per la convivenza pacifica e per il futuro dei popoli e dei livelli di benessere mai raggiunti prima.                                                                                 In particolare:                                                                                                                                                         1) segnerebbero la fine del progetto di Unione Europea che bisognerebbe accelerare, facendolo uscire dalle secche di una sudditanza alle politiche neoliberiste e  meramente mercantiliste ;                                                                  
 2) potrebbero trasformare l’Europa in uno sterminato campo di battaglia; dopo 75 anni di pace potrebbero tornare l’instabilità permanente, i conflitti locali, perfino la guerra;                                                                                                                                                                    3) l’Europa, divisa e indebolita, sarebbe percepita come una “pingue preda” che scatenerebbe i più ingordi appetiti e disegni di conquista.

5... Certo, nella UE vi sono tanti problemi irrisolti. Tuttavia, nessuno dei suoi popoli è oppresso: ci sono libertà, democrazia, autonomie, culture.                                                                                                                Pertanto, non abbiamo bisogno di staterelli consegnati nelle mani di piccoli satrapi locali, della criminalità organizzata, di magnati della finanza, cc.                                                                                                             
Per uscire dalla crisi più unita e più forte e socialmente più giusta, l’Unione deve darsi nuove politiche sociali armonizzate con i bisogni e i diritti dei suoi popoli e non con gli interessi delle oligarchie finanziarie.           Deve essere superata l’assurdità di un Parlamento europeo eletto dai popoli ma privo di effettivi poteri legislativi e di una Commissione, nominata dai capi di stato, che accentra quasi tutte le competenze di governo e di spesa e i poteri d’indirizzo politico.                                                                                                                                       Infine, uno sguardo ai territori più svantaggiati e/o trascurati, nei quali si gioca la credibilità del processo unitario. I vari Sud, le “periferie” d’Europa dovranno essere pienamente integrati sulla base di una seria riforma dei meccanismi di ripartizione delle risorse finanziarie e delle competenze che favorisca un rapporto più diretto fra l’auspicato “governo europeo” e le realtà regionali.

Budapest, 19 novembre 2019.


                                                                                      








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