La "Centaura" sbarca sul Tevere di Alba Gonzales
Tramonto sul Tevere, con uccelli
Basilica di San Pietro
venerdì 16 agosto 2013
lunedì 5 agosto 2013
VIAGGIO NEL PAESE DI MAGAN
(“Perlina colorata” n. 6)
Viaggio nel paese di
Magan
di Agostino Spataro
Donna omanita mascherata
1… Siete mai stati nel
paese di Magan, al tropico del Capricorno, dove cinque mila anni fa si fondeva
il rame puro che si esportava, in lingotti, nel regno dei Sumeri?
O giù a sud, nel paese
di Ofir, nei paraggi del reame di Punt, dove dalla corteccia di un arbusto nano
si estraeva l’incenso odoroso che profumava templi e palazzi dei Faraoni e di
tutte le civiltà mediterranee?
Anche a cercarli
questi paesi non li troverete sulla carta geografica poiché la geo-politica
moderna li ha cancellati riunendoli sotto il nome di Oman: un sultanato esteso
quanto due terzi l’Italia, con una popolazione di circa due milioni di
abitanti.
Magan, Ofir, Punt sono,
ormai, soltanto luci di nomi che illuminano il passato fascinoso e fiero di un
piccolo popolo di beduini, di marinai e di abili mercanti.
Quasi ignorata in Occidente,
la storia plurimillenaria dell’Oman costituisce un caso a se stante nella
penisola arabica…
E l’ignoranza, specie
quando è accompagnata dalla supponenza, genera stereotipi, pregiudizi. Molti,
infatti, sono convinti che l’Oman sia uno dei tanti ricchi paesi petroliferi
del Golfo, dove la gente vive di rendita. Confesso che qualche idea del genere
l’avevo anch’io, prima della partenza.
Visitando il paese, invece, scoprii che la rendita parassitaria, praticamente, non esiste poiché le entrate
sono, in gran parte, investite in opere sociali e in moderne infrastrutture.
Con ciò non si vuol dire
che il Sultanato sia il migliore dei mondi possibili. I problemi esistono. Tuttavia,
è uno dei rari esempi nel quale il “dono del petrolio” (non copioso come nella
confinante Arabia Saudita) è stato messo al servizio di un effettivo progresso
sociale, in armonia con i valori della migliore tradizione locale.
Una ricchezza
contenuta e, in larga misura, concentrata nelle mani di un Sultano, schivo e
solitario, che l’amministra con saggezza e senza la spocchia tipica dei magnati
insolenti.
Qua e là- è vero- s’incontrano
anche situazioni di dignitosa povertà, tuttavia, mi è parso, che la popolazione
non soffra i mali tipici dei paesi in via di sviluppo come la miseria, la
disoccupazione e l’emarginazione in quartieri malsani.
Una prova: avete mai
letto e/o sentito parlare d’immigrati di nazionalità omanita?
2… Lungo i 123 chilometri di
pista che da Quryat giunge fino a Sur, corre un nastro di sabbia finissima che
il sole, al tramonto, accende di un tenue rosa.
Sopra di noi un cielo
di stelle vividissime; a nord ovest, sul massiccio del Jebel Khadar, si sta
scaricando un temporale.
Il mare è pescosissimo
e ricco di specie rare. Ogni mattina, su queste spiagge è come una festa: una
ressa di pescatori, scalzi e a torso nudo, che scaricano il pescato della notte
(abbondano sarde e vari tipi di pesce pregiato e anche barracuda, tonni e
qualche squalo) e lo propongono agli acquirenti venuti da Mascate e da altre
città dell’interno.
La Land Cruise (messaci, cortesemente, a disposizione dal
ministero dell’Informazione) imperversa lungo la pista pietrosa e in cinque ore
Abdulladi ci consegna a destinazione…
A Sur capitiamo nel
bel mezzo di una festa di matrimonio che ci appare come un buon viatico per il
viaggio.
Questa città deve la
sua fama all’antica tradizione marinara e ai “dhow”: le agili imbarcazioni
omanite che, da millenni, solcano i mari del sub-continente indiano e perfino
della Cina.
Sur, cantieri di costruzione dei
“dhow”
La laguna di Sur forma
spettacolari insenature, un tempo rifugio delle flotte portoghesi, olandesi e
inglesi e anche d’indomabili pirati. Sulle rive, fioriscono i cantieri, a cielo
aperto, dei “dhow” costruiti a braccio, secondo i canoni della tecnica
tradizionale.
Qui, tutti giurano che
da questa costa sia partito “Sindbad, il marinaio” per le sue leggendarie, e
romantiche, avventure descritte nelle “Mille
e una notte”.
Il passato marinaro di
Sur si conserva in un piccolo museo che espone attrezzature di bordo, vari
modelli di “dhow”, telai per la tessitura delle vele, i ritratti dei più famosi
capitani, scene di naufragi e carte nautiche con le rotte più impensate.
Fra queste, mi
colpisce, quella famosa del geografo medievale Edrisi che vedeva il mondo
“all’incontrario” secondo il punto di vista musulmano: l’Europa è il sud e
l’Arabia il nord.
3… Da Sur a Nizwa,
corriamo dentro una grande vallata inaridita. E’ un deserto di pietra popolato
di strani monticelli che sembrano propaggini di gigantesche colate di lava o
vulcanelli di poca pretesa. Piccole
escrescenze di una natura bizzarra che non ci lasceranno fino a Nizwa.
Eccoci, finalmente, nel deserto di sabbia rovente di Ramlat. Ci inoltriamo fra alte
dune, dove crescono rari alberelli di “summer” (un arbusto spinoso) e qualche
ciuffo erboso cui brucano mandrie di dromedari e capre nere... E, non ci
crederete, anche gli eleganti orici cornuti che qui abbondano perché
protetti, così come altre specie animali e vegetali, da un’avanzata e severa
legislazione dello Stato.
A un tratto,
s’incontra uno strano accampamento beduino: non ci sono tende, ma capanne di
palma e, perfino, qualche locale in muratura (che è la negazione del nomadismo)
con di fianco, parcheggiata, una fiammante Land Rover.
Il deserto è
autentico, ma il resto mi sembra una banale messinscena per turisti sprovveduti
e frettolosi. La nostra guida, alquanto imbarazzata, ammetterà che “i veri
nomadi” si trovano più a sud, nel “Rab al Khali” alias il “Quarto vuoto”, uno
dei più grandi e orridi deserti della Terra, dove solo i beduini riescono a
sopravvivere.
Vuoto ma conteso
questo deserto. Da sempre è stato “terra di nessuno”, ora, da quando si è
scoperto che non è “vuoto” ma pieno di grandi giacimenti di petrolio e di gas,
i governi se lo contendono metro su metro.
Nizwa, al mercato “circolare”,
Agostino Spataro con Amir
Mentre di ciò si
parla, Amir si ricorda della preghiera pomeridiana. Lo vediamo scomparire nella
piccola moschea di Khadra Beni…
L’Islam omanita è di
osservanza ibadita, una delle tante confessioni derivate dallo sciitismo. La
giustizia si basa sulla “sharja”, tuttavia, a parte taluni divieti (alcool,
carne di maiale), nel Paese non si respira aria di fanatismo come nell’Iran
degli ayatollah o di cupo rigorismo come nella confinante Arabia saudita
wahabbita.
4… Fra uno spuntino e
una preghiera all’Altissimo, lasciamo il deserto ed entriamo nel cuore della
regione montuosa dell’Hajar con le sue vette alte oltre i tremila metri come
quella del Jebel Akhdar, la montagna verde alla quale si abbarbicano sparuti
villaggi contadini e rigogliose colture a terrazza.
Le periodiche piogge
monsoniche impinguano le falde che alimentano l’ingegnoso sistema idrico degli
“aflaj” (singolare “falaj”) introdotto dai persiani nel V secolo a.C.
E’ questo una condotta sotterranea, lunga anche decine di km, che dalle viscere delle
montagne induce la massa d’acqua fino alle oasi e alle città moderne.
Da qui si diparte una
rete di canali che irrigano i palmeti (che danno un dattero nero) e i
sottostanti orti di verdure e cereali.
A Nizwa, capitale di
questa regione, sfocia il più grande falai dell’Oman. Acqua chiara e fluente,
abbondante che s’insinua fin dentro il reticolo
di vie e viuzze della casbah.
Per me che provengo da una regione semiarida come la Sicilia, la visione dell'acqua in questo deserto implacabile è un miracolo, un incanto.
L’acqua ha
un’importanza vitale perciò il suo governo è affidato all’autorità di uno
sceicco che lo esercita con equità e con il beneplacito dell’amministrazione
pubblica.
Lo “sceicco
dell’acqua” controlla la puntuale esecuzione dei calendari di erogazione,
custodisce i regolamenti, le mappe catastali, gli accordi di spartizione sottoscritti
dai capi delle varie tribù e clan.
Oltre al falaj, i
segni distintivi di Nizwa sono un mastodontico forte spagnolo, munito di cannoni col
marchio di Filippo II, e la medina circondata di alte mura di fango.
Oggi è venerdì,
giorno della fiera settimanale degli animali. Il commercio si svolge secondo un
meccanismo “circolare” ossia all’interno di un cerchio umano ai lati del quale
si assiepano i potenziali acquirenti, fra questi anche donne con le tipiche maschere
nere.
Nizwa, al suq dell’argento
L’originale meccanismo
è finalizzato a velocizzare le transazioni, le lunghe trattative sono
impossibili. L'avventore interessato ha solo il tempo di tastare la gorgia e le
spalle, di dare uno sguardo veloce alla dentatura dell’animale in vendita
(solitamente capre e bovini) e, quindi, offrire un prezzo al sensale e se questi non
accetta la bestia viene spinta in avanti perché dietro ce n’è un’altra che attende. E la ruota del commercio continua a girare...
5…Lasciamo l’Oman con
la gradevole impressione di avere visitato un paese abitato da un popolo
gentile, governato da un sultano saggio e lungimirante che ama i bambini e la
musica classica. Qabus bin Said, infatti, rifugge dal gossip e dai piaceri
dell’harem, dai cortigiani servili e impudenti e lavora per proiettare il Paese
in un futuro di prosperità condivisa, fuori dal medioevo infinito dal quale uscì soltanto nel 1970, dopo l’estromissione del padre Taimur.
Mascate, stemma di Qabus,
ingresso del palazzo del Sultano
Il cambio avvenne,
dopo la scoperta dei primi giacimenti petroliferi, su impulso della diplomazia
e dei contingenti inglesi che indussero il recalcitrante sultano Taimur ad
abdicare in favore del figlio, preventivamente educato in Inghilterra.
A 27 anni da quello
storico evento, si può constatare che i risultati del governo di quest’uomo,
mite e sapiente, sono andati ben oltre ogni aspettativa (inglese). Londra,
infatti, desiderava un cambio solo di facciata, mentre Qabus ha realizzato, con
un certo successo, un trasformazione incisiva dell’antico paese di
Ofir e di Magan.
(tratto da: “Viaggio in Oman”,
in rivista “Avvenimenti” dell’11 luglio 1997)
(le foto sono di
mia proprietà)
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