venerdì 16 ottobre 2020

COSA C’ENTRA IL CASO DE MAURO COL GAS ALGERINO?

 

di Agostino Spataro

 

Questo titolo é di 50 anni fa, ma conserva tutta la sua deludente attualità

 Suolo e sottosuolo

In politica, come in altri campi, ci possono essere un suolo e un sottosuolo infido e oscuro, dove tutte le ombre sembrano nemici. In realtà, sopra il suolo danzano i figuranti, qualche teatrante, nel sottosuolo agiscono i potenti, gli artefici dei “giochi grandi”; i complottisti veri i quali nel timore di essere scoperti gridano al complottismo altrui. In quelle oscurità, dove tutto ci cela e si confonde, viene generata e alimentata una verità “politicamente corretta” ovvero manipolata che, sbandierata ai quattro venti, servirà a “vestire” il mistero, a renderlo digeribile agli spiriti semplici. 

E in Sicilia - si sa- l’impianto del potere si regge sui tanti segreti e misteri irrisolti, accumulati nel tempo. Se fossero svelati l’edificio crollerebbe.                                                                                    Perciò si continuano a coltivare come se fossero piante officinali per lenire le ferite aperte e per occultare le tremende responsabilità di quanti hanno scelto l’Isola come campo di battaglia per attuare i loro inconfessabili disegni. Trame di respiro nazionale e internazionale attuate mediante “braccia operative”locali che ne traggono evidente tornaconto.                                                             

Chissà, se un giorno si dovessero svelare si potrebbe scrivere la vera storia della Sicilia e, in parte,  dell’Italia dell’ultimo secolo.

Questa breve premessa per introdurre il tema, in queste settimane, alla ribalta grazie al  “Blog d’autore.repubblica.it” di Attilio Bolzoni che ha proposto, a puntate, alcuni materiali interessanti, provenienti da atti della procura della Repubblica di Pavia, che riaprì l’inchiesta sul disastro aereo del 1962 in cui morì Enrico Mattei, nella parte relativa al sequestro del giornalista de “l’Ora” Mauro De Mauro avvenuto a Palermo il 16 settembre 1970.                                                                                                                                        

A distanza di mezzo secolo non c’è una verità giudiziaria definita e definitiva. Si teme che anche questo delitto possa andare ad accrescere la lista dei misteri, di cui sopra.   Per altro, c’è da notare che da queste carte emergono diverse piste. Forse troppe per cui diventa difficile batterle tutte a dovere.            Fra queste viene affacciata quella che porterebbe al metanodotto Algeria- (Sicilia) -Italia” che, francamente, appare incongrua rispetto alla sua storia e la suo svolgimento temporale, come si potrà rilevare dalla cronologia degli avvenimenti. (1)

Fu quello un dossier importante relativo a una infrastruttura strategica per la Sicilia, per l’Italia che ebbi la ventura di seguire per conto del Pci (con altri deputati Dc e Psi) alla Camera dei Deputati.

 

Il tracciato del gasdotto Algeria (Tunisia) Sicilia.

                
                                                                                                                                          Non rivelazioni solo constatazioni

Ed é su tale dossier che desidero concentrare l'attenzione. Le altre piste le lascio a chi ha le carte in mano, agli organi preposti. Ma vediamone un brano che costituisce il “pezzo forte” del ragionamento. 

Verzotto, nel 1970, era in “guerra aperta” con Eugenio Cefis per la storia del metanodotto: è stato detto più volte da Verzotto. In particolare al P.M. di Pavia l’8/11/1995 ha dichiarato “Con la morte di Mattei e l’avvento di Cefis, io sono stato gradualmente esautorato e quindi costretto a dimettermi. Io non ho mai avuto alcun rapporto con Eugenio Cefis, anche se la mia sensazione era di essere stato esautorato per avere calpestato interessi economici rilevanti. Circolava infatti voce che tutte le difficoltà frapposte dall’ENI alla realizzazione del metanodotto tra l’Italia e l’Algeria, di cui era l’ideatore e il presidente della società che avrebbe dovuto costruirlo, fossero dovute al fatto che c’era chi riteneva più sicuro e conveniente che il gas algerino fosse trasportato in Italia liquefatto in apposite metaniere. Si diceva anche che tali metaniere appartenessero ad una società che trasportava il metano alla stazione di rigassificazione di La Spezia, della SNAM, e che soci diretti o occulti di tale società fossero Cefis, Cazzaniga, Fornara e Girotti”.                                                                                          (tratto da “Una guerra sulla pelle di Mauro De Mauro”  del 5 ottobre 2020)

Dallo scritto non si capisce come, per cosa De Mauro potesse entrare in questa diatriba fra presidenti. In ogni caso le dichiarazioni sono da prendere con le pinze giacché fatte da persona indiziata (insieme al suo “nemico” Eugenio Cefis) nei processi sulla sospetta morte di Enrico Mattei e sul sequestro di Mauro De Mauro.

Rivalità vere o presunte? Tranquilli, non ho alcuna rivelazione da fare, solo qualche costatazione. A partire dai fatti che ci dicono- per esempio- che nel 1968 la Snam, del gruppo Eni presieduto da Eugenio Cefis, entrò a far parte (con il 20% delle azioni) della Sonems, costituita l’anno prima da Ems e Sonatrach per realizzare studi di fattibilità per la costruzione di un metanodotto Algeria- Tunisia- Sicilia.                                                                    

In realtà il problema che, a un certo punto, si pose fu quello di valutare la caratura e la consistenza dei due enti (italiani) partner di Sonems. Soprattutto dell’Ems, promotore dell’idea del gasdotto, ma stracarico di difficoltà finanziarie e da una pesante eredità operativa lasciatagli da Sochimisi, (miniere di zolfo,ecc).                             

Per queste e altre ragioni l’Ems di Verzotto non appariva in condizioni di reggere, da solo, il partenariato con la Sonatrach algerina ch’era (ed è) una fra le più importanti società di ricerca, coltivazione ed esportazione d’idrocarburi a livello mondiale. Insomma, fra i due partner lo squilibrio era assai grande, segnato da un’impietosa asimmetria Da qui l’intervento dell’Eni mirato a riequilibrare i rapporti con il socio algerino e, soprattutto, a garantire la realizzazione della infrastruttura su scala più ampia e la regolare fornitura delle quantità di gas da importare.  

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Agostino Spataro a un ricevimento dell’Eni - Roma, 1980.




Cefis e Verzotto, due nemici?

L’ingresso di Snam, oltre ad assicurare un apporto qualificato di competenze tecnologiche appropriate, fu  anche un cambio di approccio (in positivo) dell’Eni rispetto a una iniziativa (della regione siciliana) sulle prime un po’ snobbata. Fra i  due presidenti (Verzotto e Cefis) ci saranno state incomprensioni, gelosie perfino, sospinte magari da interessi da “sottosuolo”, tuttavia, dopo l’ingresso di Snam, è difficile motivare una “guerra aperta” dell’Eni contro l’Ems nel biennio 1968 - 1970.                                                                                          

Infatti, la collaborazione proseguì negli anni tanto che nel 1973 l’Eni (presidente Raffaele Girotti) stipulò accordi con la Sonatrach algerina, subentrando- di fatto- all’Ems di Verzotto, per un progetto più impegnativo ossia per un gasdotto dal costo di 2.500 miliardi di lire e lungo 2.200 km dai giacimenti di Hassi R’Mel (Sahara algerino) a Minerbio (BO), dove si sarebbe connesso alla rete dei gasdotti del centro-nord italiano.         

A tale svolta (a mio parere migliorativa e lungimirante) non fu opposta alcuna contrarietà degna di nota da parte di Ems e della stessa Regione siciliana.                                                                            La Sicilia chiese una quota del 30 % del gas trasportato a prezzi agevolati e il finanziamento delle reti di distribuzione nelle città capoluogo. Entrambe le richieste furono accolte e soddisfatte.                    

 Nel quadro della nuova realtà associativa, Eni e Sonatrach si accordarono per l'importazione annua di circa 12 miliardi di metri cubi di gas da trasportare mediante il Transmed che sarebbe approdato in Sicilia e  proseguire per la Penisola. Per la prima volta, una fonte energetica così rilevante e sicura avrebbe attraversato tutte le regioni del Mezzogiorno continentale che ne avrebbero tratto grandi benefici in termini di sviluppo industriale e civile. Una storia grande, complessa, con rilevanti risvolti economici anche internazionali. Non si capisce come potesse entrarci il giornalista Mauro De Mauro, a quel tempo, redattore della cronaca sportiva de “l’Ora” di Palermo.

1976, l’Eni opta per le metaniere

Un dossier, dunque, importante che, a un certo punto, divenne un “affaire” internazionale. Si temette, infatti, che la Francia, con il supporto dei tunisini, volesse realizzare un suo gasdotto (passando da Algeria, Marocco, Spagna) anche per rifornire il mercato italiano, mediante una diramazione verso la valle Padana.

Nello stesso periodo (1976) si bloccò la trattativa fra Eni e Tunisia a causa- si disse-  della pretesa eccessiva del governo tunisino che chiedeva una quota del 10% del gas trasportato per consentire il passaggio dei 370 km di “tubo” sul suo territorio. 

 

La rete dei gasdotti italiani


Oltre ai dibattito parlamentari, a una serie d’incontri politici a Roma e a Palermo, intraprendemmo un’azione politico-diplomatica, collaterale a quella del governo, presso le ambasciate di Tunisia (amb. Ahmed Ben Arfa) e Algeria (amb. Omar Oussadeck) che ritengo abbia dato i suoi piccoli frutti. Per tutta risposta l’Eni (presidente il moroteo Pietro Sette) prospettò un'ipotesi alternativa ossia il trasporto del gas con navi metaniere: dalla costa algerina al porto di Livorno.                                                            Ipotesi sciagurata poiché avrebbe tagliato fuori la Sicilia e l'intero Mezzogiorno che attendevano il gas algerino come il più efficace incentivo per il loro sviluppo industriale e civile.                                          Perciò, un gruppo di deputati dei tre principali partiti (Pci, Dc, Psi) insorgemmo e demmo battaglia alla Camera (2) per scongiurare l’assurda “alternativa” e ritornare al metanodotto, così come concordato, nel 1973, fra Eni e Sonatrach.                                                                                                                   Intorno al grave problema si scatenò la bagarre politica e mediatica. Noi decidemmo di non lasciarci coinvolgere, di tirare dritto verso l’obiettivo della realizzazione, nei tempi previsti, della grande infrastruttura energetica, frutto della pacifica cooperazione, economica e politica, fra Italia e Algeria.

Agimmo senza pregiudizi e faziosità, evitando di cadere nella rissa. Riconoscendo i meriti a chi aveva bene operato: dal presidente dell’Ems, Graziano Verzotto che nel 1967 ebbe la brillante idea del gasdotto al presidente dell’Eni Raffaele Girotti che nel 1973 concluse gli accordi con l’Algeria, al suo successore Pietro Sette il quale, anche a seguito delle nostra decisa iniziativa parlamentare unitaria, ritirò la grave decisione delle metaniere, diede corso agli accordi per la realizzazione del gasdotto.

 

Il direttore de “L’Ora” sapeva tutto sul caso De Mauro?

Il gasdotto, entrato in funzione nel 1983, si è rivelato (unitamente al successivo “gemello”proveniente dalla Libia) un fattore d’importanza strategica per l’economia della Sicilia e del Meridione. Sia per gli usi industriali che per quelli agricoli e civili. Quando ogni mattina accendiamo il fornello per il caffè dobbiamo ricordarci che quella fiammella viene alimentata dal gas proveniente dai giacimenti di Hassi R’Mel , nel cuore profondo del Sahara algerino.                    

Chiudo, per ora, (sulla questione penso di pubblicare un opuscolo più dettagliato per i bambini dai 6 anni in... giù) con una costatazione oggettiva: nella storia del gasdotto “Enrico Mattei” (relativamente al periodo che va dal 1967 al 1983) all’Eni si avvicendarono diversi presidenti (3) e le cose- tutto sommato- andarono bene. Si verificò un solo momento di acuta contraddizione  ossia la citata opzione alternativa del novembre 1976 (4) che mise a rischio il  progetto del gasdotto.  Dopo la nostra iniziativa parlamentare e diplomatica del febbraio-marzo 1977 l’opzione fu ritirata. Soltanto in questa occasione (nel nov. 1976)  fu affacciata la temuta ipotesi delle metaniere, di cui parlò Verzotto nel 1995 riferendola a una supposta manovra di Cefis, Girotti, Cazzaniga, ecc, che volevano attuarla già negli anni 1967-68 per far decadere il progetto di gasdotto Sonems. 

Attenzione, 1976 significa: 9 anni dal lancio della Sonems e 6 anni dopo il sequestro di De Mauro.  Ragion per cui… Beh, fate voi.                                                                                                         

Infine, una curiosità che non esula dal contesto. A un certo punto, l’estensore del documento intercala una frase davvero sibillina e inquietante. Eccola: "In ultimo, sempre per il ruolo avuto nella vicenda, non può non sapere tutto, o quasi, il direttore Vittorio Nisticò.”  (5)                                                                              

Parole, a dir poco, sorprendenti poiché chi ha conosciuto Vittorio sa che egli fu un maestro di giornalismo e uno dei più coraggiosi direttori di quotidiani dell’epoca.   

 

(16 ottobre 2020) 

 

Note:

  (1) L’idea di un gasdotto trans mediterraneo Algeria – Sicilia (vedi foto n. 1) fu avanzata, nel 1967, dall’Ente Minerario siciliano presieduto dal sen. Graziano Verzotto (dc) d’intesa con la Sonatrach società di Stato algerina. A tale scopo fu creata una società mista “Sonems” nella quale, nel 1968, entrò, con una quota del 20%, la Snam del gruppo Eni presieduto da Eugenio Cefis.

 (2) vedi atti parlamentari in “camera.it”, seduta del 4 febbraio 1977.

 (3)  Eugenio Cefis (1967-1971), Raffaele Girotti (1971- 1975), Pietro Sette (1975- 1979), Egidio Egidi –commissario- (1979-1980), Alberto Grandi (1980-1982), ecc.. 

 (4) A distanza di sei giorni il presidente Pietro Sette smentì se stesso: il 18 nov. 1976 confermò gli accordi per il gasdotto stipulati con Sonatrach nel 1973) e il 24 nov. 1976 propose l’opzione del trasporto del gas via mare, per mezzo di due navi metaniere.

  5) “Blog d’autore.repubblica.it”-  Un caso chiuso (e apertissimo) - 11 ottobre 2020.