mercoledì 2 agosto 2017

BEIRUT 1981: ECCO COSA CI DISSE ABU AYAD SULLA STRAGE DI BOLOGNA


 di Agostino Spataro

Nel marzo 1981, Abu Ayad capo dei servizi di sicurezza dell'Olp, ricevette nella sua abitazione di Beirut, una delegazione parlamentare unitaria (DC, PCI, PSI, PDUP, PR) così composta:

"La delegazione, in missione in Libano, incontrò Abu Ayad il 5 marzo 1981. Era guidata dall’on. Giuliano Silvestri (Dc) ed era composta da Andrea Borri e Francesco Lussignoli (Dc), Guido Alberini e Giorgio Mondino (Psi), Agostino Spataro e Alessio Pasquini (Pci), Aldo Ajello (Partito radicale), Eliseo Milano e Alfonso Gianni (Psiup). Al seguito della delegazione parlamentare, vi erano quattro giornalisti: Igor Man (La Stampa), Maurizio Chierici (Il Corriere della Sera), Domenico Del Giudice (Ansa) e Vincenzo Mussa (Famiglia Cristiana). All’epoca, presidente della Commissione Esteri della Camera era l’on. Giulio Andreotti." (da documentazione Commissione parlamentare d'inchiesta Mitrokhin)

Un incontro difficile da dimenticare non solo per gli argomenti trattati, ma anche per un episodio indicativo della tensione, del clima di violenza, d'intrigo che si respiravano a quel tempo a Beirut. 
Successe che, mentre consumavamo un sobrio pasto a base di cous cous, udimmo un forte botto  provocato dall'esplosione di una bomba collocata all'interno di un'auto posteggiata proprio davanti il portone dell'abitazione del nostro ospite. 
Ayad, con un sorriso appena accennato, ci rassicurò: "questo é il saluto degli israeliani alla delegazione italiana".   
Nel corso dell'incontro chiedemmo eventuali notizie relative alla terribile strage della stazione di Bologna. Il dirigente palestinese ci disse che avevano già trasmesso le informazioni in loro possesso alle autorità italiane (servizi) presenti a Beirut. Ci fece un sunto (che, grosso modo, é quello che dichiarò nell'intervista a Rita Porena - vedi sotto). 
Al suo rientro in Italia, per prima cosa, la delegazione trasmise un documento unitario informativo alla Procura della Repubblica di Bologna la quale provvide a interrogarci nel merito, presso la Camera dei Deputati.
Il contenuto del colloquio fu pubblicato dai giornalisti al seguito e da altri organi di stampa italiani e stranieri.
Per chi non ricorda. Abu Ayad fu ucciso, a Tunisi, 10 anni dopo, da un commando israeliano venuto dal mare. Tuttavia, tale brutale assassinio non sembra avere avuto a che fare con la vicenda di Bologna.

In sede di Commissione parlamentare d’inchiesta concernente il “dossier Mitrokhin” e l’attività d’intelligence italiana. Relazione: sul gruppo Separat e il contesto dell’attentato del 2 agosto 1980 (1), la maggioranza di centro-destra tentò di ipotizzare, di accreditare una "pista palestinese".
Com’è noto, tale "pista, non trovò conferma nelle diverse inchieste giudiziarie, nelle sentenze definitive relative alla strage di Bologna.
Nonostante ciò, oggi, taluni vorrebbero riproporre quella "pista",  anche contro il punto di vista dell'Associazione dei familiari delle vittime che la considera una perdita di tempo, al limite deviante.
Sperando che un giorno si potrà far piena luce sull'orribile strage, desidero ribadire l'immutato cordoglio per le vittime innocenti dell’attentato e la più sincera solidarietà ai loro familiari e alla città di Bologna.
(Agostino Spataro - già membro delle commissioni Esteri e Difesa della Camera dei Deputati)

(1) Allego alcuni brani ripresi dalla documentazione della citata Commissione d'inchiesta :
“…. La circostanza così riferita dai magistrati di Bologna, con la quale si circoscrive la cosiddetta “pista libanese” al “sospetto di responsabilità dell’OLP palestinese” nell’attentato alla stazione ferroviaria, è errata e smentita sulla base degli stessi rilievi probatori ormai oggetto di giudicato.
È vero, invece, il contrario Trascriviamo qui di seguito le valutazioni dei giudici istruttori di Bologna
che si sono occupati delle indagini sull’attentato del 2 agosto 1980, così come rassegnate nel capitolo 6°, intitolato “Le attività di copertura e sviamento compiute da alcuni settori dei servizi di sicurezza” (pag. 780 e seguenti) 13 dell’ordinanza sentenza di rinvio a giudizio sulla strage di Bologna, proc. pen.344/A/80 contro Dario PEDRETTI e altri imputati di strage e altro:

A pochi giorni di distanza dall’emissione degli ordini di cattura nei confronti di numerosi imputati (avvenuta il 26 agosto 1980), comparve sul Corriere del Ticino il 19 settembre 1980 un’intervista resa da Abu AYAD, esponente dell’OLP alla giornalista Rita PORENA.
In tale articolo, Abu AYAD, uno dei capi di Al FATAH rispondendo alle domande della giornalista dichiarava testualmente:
“Un anno fa siamo stati informati dell’esistenza di campi di addestramento per stranieri tenuti dai Kataeb nei pressi di Aqura, nella zona est (da Beirut nord est fino a 20 km da Tripoli), controllata dalle destre maronite. Abbiamo fatto un’indagine per appurare la nazionalità degli ospiti dei campi e siamo riusciti ad entrare in contatto con due tedeschi occidentali che avevano preso parte all’addestramento e che in questo momento si trovano a Beirut presso di noi. Da loro abbiamo appreso che nel campo di Aqura sono stati addestrati vari gruppi, per un totale di circa 30-35 persone, tra cui italiani, spagnoli e tedeschi occidentali. Il responsabile del gruppo tedesco si chiama HOFFMANN, e da lui abbiamo saputo che era in arrivo un altro gruppo di tedeschi.
Allora abbiamo deciso di tendere un agguato e abbiamo catturato nove persone che in questo momento si trovano presso di noi, ma che non sono nostre prigioniere. Dai tedeschi abbiamo appreso che circa undici mesi fa nel campo di Aqura il gruppo aveva discusso con gli italiani la strategia per restaurare il nazifascismo nei loro Paesi ed erano arrivati alla conclusione che l’unica via sarebbe stata l’attacco contro le istituzioni più importanti. I fascisti italiani hanno affermato che il loro maggior nemico è rappresentato dal Partito comunista e dalla sinistra in generale e che perciò avrebbero cominciato le loro operazioni con un grosso attentato nella città di Bologna, amministrata dalla sinistra. Quando è avvenuta la strage abbiamo subito messo in relazione l’attentato con quanto avevamo appreso sui progetti degli italiani nel campo di Aqura.
Al momento opportuno faremo in modo che i tedeschi rendano pubblico tutto quello che hanno visto e udito nei campi di addestramento, compresi i nomi ed il numero degli italiani che erano con loro. Da parte nostra abbiamo provveduto a tenere al corrente le autorità italiane, alle quali abbiamo dato i nomi degli italiani di Aqura. I nomi,probabilmente, non sono precisi, perché i tedeschi li hanno citati basandosi solamente sulla loro memoria, ma credo che per le autorità italiane non sia difficile riuscire ad identificare le persone. È certo che si tratta di fascisti che appartengono ad organizzazioni conosciute. Se le autorità italiane avessero messo in relazione le informazioni avute da noi con le altre in loro possesso, avrebbero avuto un quadro chiaro della situazione...”

Già il quotidiano La Repubblica , del 17 settembre 1980, aveva pubblicato un trafiletto nel quale veniva riportata una dichiarazione di certo Salah KHALAF, del seguente tenore: “Abbiamo documenti che provano il coinvolgimento falangista nell’esplosione di Bologna”.
Con eccezionale tempismo, il 20 settembre 1980 il procuratore della Repubblica di Bologna, in persona del suo capo Ugo SISTI, trasmetteva mediante corriere richiesta di informazioni al SISDE, in relazione alla notizia Ansa che riportava la sostanza delle dichiarazioni rese da Abu AYAD.
Il 21 ottobre 1980, il CESIS riferiva sulla questione. Alla nota era allegato un appunto nel quale erano riportati termini dell’intervista di Abu AYAD a Rita PORENA. Veniva allegato anche un altro appunto contenente dichiarazioni di un portavoce falangista che smentiva le rivelazioni di Abu AYAD, definito un “grande mentitore”. In tale appunto, veniva altresì riferito, per la prima volta, che Abu AYAD altro non era che il nome di copertura di Salah KHALAF.
Che la questione venutasi a creare fosse particolarmente ambigua non sfuggì agli inquirenti. Il 4 novembre 1980, infatti, il pubblico ministero, dott. Claudio NUNZIATA, richiese l’esame diretto della giornalista Rita PORENA e del sottosegretario alla presidenza del Consiglio, on. Francesco MAZZOLA , al fine essenziale di verificare l’esatta cronologia e la natura dei fatti.

Il passaggio decisivo avvenne, tuttavia, nel gennaio del 1981, quando, come si vedrà, era già in atto la parallela manovra “depistante” dell’esplosivo Taranto
Milano. Il 30 gennaio 1981, infatti, veniva trasmesso al procuratore della Repubblica di Bologna un appunto concernente le risultanze degli accertamenti condotti dal SISMI sulla vicenda. L’appunto era datato 23 gennaio 1981 e forniva una serie di notizie, partendo proprio dalle affermazioni di Abu AYAD e riportava l’esito di un presunto incontro con due tedeschi che avrebbero frequentato il campo di addestramento falangista.
In sostanza, nessun esito concreto e una serie di indicazioni vaghe e non suscettibili di verifica tali da porre i magistrati nella difficile posizione di dover valutare l’attendibilità di spunti informativi più che di indicazioni precise ed esaurienti.
Ai primi di marzo del 1981, la “pista libanese” riprese nuovo impulso a seguito della visita a Beirut di una delegazione di parlamentari italiani , ai quali Salah KHALAF dichiarò di aver fornito alle autorità italiane elementi di prova sulla responsabilità dei neofascisti che si addestravano in Libano.
Al rientro dalla visita in Libano, alcuni parlamentari facenti parte della delegazione riferivano alla stampa il contenuto del colloquio avuto con l’esponente palestinese e l’intera stampa nazionale diffondeva, pertanto, la notizia.
Il 7 marzo 1981, quale diretta conseguenza di queste dichiarazioni, il giudice istruttore richiedeva al SISDE di riferire se rispondeva al vero che il Servizio era stato contattato dall’OLP nei termini riferiti dai parlamentari e, ovviamente, il 25 marzo 1981 il SISDE asseriva di non aver avuto contatti con l’OLP

La pubblicazione di un articolo sul settimanale Panorama, a firma di Pino BUONGIORNO, il 23 marzo 1981, relativo ai nomi di estremisti di destra che avevano trovato rifugio in Libano 
produceva l’effetto voluto, perché il 24 marzo 1981 i giudici istruttori indirizzavano al BKA una richiesta di informazioni sulla identità dei cittadini tedeschi addestrati in Libano nell’estate del 1980 cui le autorità federali rispondevano con nota in pari data…”