giovedì 18 dicembre 2014

DECADENZA DAL MANDATO PER I VOLTAGABBANA



DECADENZA DAL MANDATO 
di Agostino Spataro

1... Tutti sul carro di Renzi
Il carro di Renzi, sempre più affollato e cigolante, continua ad avanzare, molto lentamente in verità, sulla via accidentata delle riforme. Ogni tanto, addirittura, si ferma per rabbonire taluni passeggeri costretti a viaggiare… in piedi o per raccogliere qualche viandante smarrito. Avanti, anzi in fondo alla lista, c’è posto… L’ultimo a saltarvi sopra è stato l’on. Currò eletto nelle liste del M5S.
Non serve molto recriminare o indugiare sulle ragioni addotte per motivare il salto. Uno dei tanti. Probabilmente, altri seguiranno.
Ormai, i casi di cambia casacca sono talmente numerosi da costituire un fenomeno capace di modificare, di alterare gli esiti delle consultazioni elettorali, gli stessi accordi per le maggioranze di governo. Fenomeno pericoloso, destabilizzante dunque, che, certo, non è nato sotto il governo Renzi (che oggi ne sta fruendo) ma agli inizi del nuovo secolo o, se preferite, nella seconda decade della c.d.“seconda Repubblica”.
Memorabile è rimasta l’operazione dei sedicenti “responsabili”, realizzata nel dicembre 2010, che salvò il governo Berlusconi dalla sfiducia. 
Si salta con disinvoltura sul carro del vincitore annullando storie personali e tradizioni di lotta, propositi e idealità che esaltavano fiere diversità.
Audacia e meschinità: il saltatore, che ben conosce la distanza talvolta abissale fra lui e il vincitore, sa che dovrà fare il salto con un solo balzo poiché con due cadrebbe nel vuoto e si sfracelle­rebbe.
Una tendenza riprovevole, fra le più deteriori nel panorama del (mal) costume politico che si vorrebbe contrabbandare per libertà di espressione o d’azione, quando è solo tornaconto personale.
La prova sta nel fatto che quasi tutti optano per un partito al governo

2…Ultimo avviso ai naviganti?
 Non essendo stata sanzionata, semmai incoraggiata, la tendenza è in crescita e fa registrare percentuali preoccupanti (non solo nel Parlamento nazionale), offuscando la moralità delle istituzioni rappresentative e influendo sulle strategie dei partiti, degli stessi governi.
Appare evidente che, continuando di questo passo, una democrazia già svigorita come la nostra non potrà sopportare simili fatti degenerativi; pena l’ulteriore distacco dei cittadini dalla politica, dalla partecipazione elettorale. Il rischio è grande. Il crescente astensionismo, forse, è l’ultimo avviso ai “naviganti”a cambiare decisamente rotta e metodi di governare.
Va da se che tale tendenza mette in discussione il principio costituzionale della libertà del mandato elettorale.
Potremo continuare con la lista delle lagnanze. Meglio fermarsi e cercare di rimediare al danno, provvedere, cambiare quel che c’è di guasto nel sistema e, soprattutto, individuare una soluzione, anche legislativa, per prevenire il fenomeno e, se del caso, sanzionarlo severamente.
Mi rendo conto che qui si entra in una materia delicata, complessa che può attivare anche i più rinomati produttori di “lana caprina”, ma il pericolo per la democrazia è reale e pertanto va assunto, al più presto, un qualche provvedimento riparatore.
A chi invoca, in astratto o peggio per fini inconfessabili, la salvaguardia della libertà di mandato, si può rispondere che, specie in situazioni eccezionali, questa come le altre libertà possono essere regolate e responsabilizzate.


3… Violato il "contratto" elettorale
Che fare?  La soluzione non è dietro l’angolo. Dico la mia. Si potrebbero- per esempio- introdurre nel progetto di riforma del sistema elettorale, in discussione al Senato,  misure limitative, di regolamentazione della libertà di mandato che, essendo fondato sul rapporto di fiducia tra elettori ed eletto, non può essere tradito così impunemente.
La tesi è ardita ma si giustifica con l'impellente gravità del problema.
D’altra parte, sappiamo che in una democrazia rappresentativa il mandato elettorale è lo strumento principale di espressione della volontà e della sovranità popolare; è la risultante del “contratto”basato sul rapporto fiduciario fra due figure contraenti: il mandante e il mandatario.
Una volta eletto, il mandatario stabilisce con il suo mandante (elettore) un vincolo di rappresentanza che non può rompere unilateralmente, perché romperebbe il contratto elettorale.
E siccome è giusto che chi rompe paga, il voltagabbana dovrebbe essere sanzionato con la decadenza dal mandato e rimpiazzato con il primo dei non eletti della lista di appartenenza oppure, nel caso di collegio uninominale, riconvocando i comizi elettorali solo per il collegio del decaduto.
Sarebbe questa, sostanzialmente, una norma-deterrente che scoraggerebbe chiunque abbia in mente di cambiare casacca!  
Per altro, non si vuol capire che il fenomeno danneggia tutti i partiti, la politica. Nessuno può sentirsi sicuro delle proprie rappresentanze assembleari. Perciò, anche i partiti che se ne avvantaggiano (ieri il PDL, oggi il PD) dovrebbero scoraggiarlo, condannarlo. 
Per restituire trasparenza, moralità e dignità alle istituzioni repubblicane e per evitare che i loro carri crollino sotto il peso di tanta zavorra o si trasformino nella brutta copia del mitico carro di Tespi.





(19 dicembre 2014)
 





mercoledì 10 dicembre 2014

DOPO LA GRECIA, L'ITALIA RICONOSCA LO STATO PALESTINESE!




Roma. Manifestazione popolare per la libertà della Palestina 

NOTE SULLA QUESTIONE PALESTINESE IN ITALIA

di Agostino Spataro*

1… L’Italia riconosca subito lo Stato palestinese
In questi anni, la gran parte dei governi del Pianeta hanno riconosciuto lo Stato palestinese. La stessa Unione Europea si sta muovendo in questa direzione. Già i governi e i parlamenti di diversi paesi europei, fra cui Svezia, Inghilterra, Irlanda, Spagna, Francia, l'altro ieri, Grecia, hanno riconosciuto lo Stato palestinese.
Solo il governo italiano si attarda, si defila, nicchia. E dire che avrebbe dovuto essere il primo a rioconoscere il diritto del popolo palestinese a uno Stato sovrano. Poichè fu il Parlamento italiano il primo del mondo occidentale a chiedere, nel 1982, a larga maggioranza, il riconoscimento dell’Olp diYasser Arafat.
351 deputati appartenenti alle tre principali forze politiche italiane (Dc, Pci, Psi), ma anche al Pdup, al partito radicale, alla Sinistra Indipendente, ecc, chiedemmo al governo di riconoscere l’Olp come unico e legittimo rappresentante del popolo palestinese.
Oggi, persino un qualificato e folto gruppo d’intellettuali israeliani (fra cui alcuni fra i più famosi scrittori e un premio Nobel) ed esponenti della società civile chiedono ai Paesi europei di riconoscere, senza indugi, lo Stato palestinese, guidato dal presidente Abu Mazen.
Anche l’on. Federica Mogherini, responsabile della Pesc (politica estera UE), si è apertamente dichiarata per Gerusalemme capitale dei due Stati: palestinese e israeliano.
Eppure il governo italiano rinvia, attende. Ma che cosa attende? Forse la solita imbeccata d’oltreoceano?

2... Da 67 anni, il popolo palestinese aspetta di vedere riconosciuta la sua legittima richiesta d’indipendenza nazionale, dolorosamente provata da decenni di occupazione militare, di massacri, di spoliazioni di beni, espulsioni,diaspore, distruzioni di abitazioni, incarceramenti, sfruttamento della forza-lavoro, miseria, privazioni di ogni sorta e persino tentativi di distruzione della identità culturale ed etnica. Per non dire delle violazioni continue dello status giuridico e pluri- confessionale di Gerusalemme.  
Il popolo palestinese sta lottando per affermare il diritto all’autodeterminazione, all’indipendenza che è un diritto umano fondamentale, riconosciuto dalla Carta delle Nazioni Unite che autorizza perfino l’uso delle armi per conquistarlo, e da tutte le persone giuste, di buon senso.
Purtroppo, solo al popolo palestinese non è stato riconosciuto tale diritto. E questa mi sembra la più grave ingiustizia.
Mentre l’intero Terzo mondo si è liberato dal giogo coloniale, dalle occupazioni straniere, sono sorti nuovi Stati (l’ultimo, il Sud Sudan) e confederazioni di Stati, l’unico popolo al mondo a cui si continua a negare il diritto alla sovranità nazionale è quello palestinese. Perché?

 3… Due popoli, due Stati 
Perciò, appare inaccettabile il comportamento dilatorio dei governanti e dei dirigenti politici e parlamentari italiani che, per altro,contrasta con il sentimento e la volontà della stragrande maggioranza del popolo italiano che non ha mai contrapposto il riconoscimento dello Stato palestinese al diritto all’esistenza dello Stato d’Israele.
“Due popoli, due Stati” questo è il principio risolutore, assunto dall’Onu e dalla comunità internazionale, e su questo solco si deve operare per una pronta soluzione del conflitto.
Subito. Prima che una nuova tragedia si abbatta su quelle martoriate popolazioni, sullo stesso popolo israeliano. Per il bene di entrambi, l’Europa, l'Italia devono riconoscere lo Stato palestinese e favorire un processo di pace effettiva, garantita dall’Onu nelle forme più idonee, e di cooperazione economica e culturale fra i due popoli nel quadro di un nuovo progetto di pace e di cooperazione nel Mediterraneo e nel Medio Oriente, per favorire la nascita di un nuovo polo dello sviluppo mondiale
Oggi, nonostante gli incerti scenari tracciati dalla globalizzazione e i sanguinosi nuovi conflitti, provocati dalle ingerenze di potenze e interessi extramediterranei, Europa e Mondo arabo si possono re- incontrare per dare vita, in questo Mediterraneo di morte e di disperazione, a un nuovo polo dello sviluppo mondiale e far rinascere la speranza di una prosperità condivisa e sostenibile. 

4... La pace è possibile e potrebbe essere propedeutica per l'avvio di una cooperazione, bilaterale e multilaterale, reciprocamente vantaggiosa, fra tutti i popoli rivieraschi del Mediterraneo, compreso Israele.
In quegli anni, l’Italia fu fra i primi Paesi a manifestare una volontà largamente maggioritaria in favore del riconoscimento dell'Olp, oggi non può essere l’ultimo a riconoscere lo Stato palestinese.
Eravamo, siamo convinti che risolvere, in via negoziale, questo conflitto equivarrebbe a eliminare il più grave ostacolo sulla via della convivenza pacifica fra arabi e israeliani e della cooperazione economica, tecnica e culturale nel Mediterraneo e nel Medio Oriente.
Questa sembra l’unica via d'uscita possibile, onorevole anche per combattere gli squilibri economici e sociali, i contrapposti  integralismi religiosi, per aiutare sul serio (non con la carità pelosa, con l’assistenzialismo degenere e/o con le azioni armate) decine di milioni di giovani inoccupati a rimanere nei propri Paesi e non- come da noi previsto qualche tempo fa- (1) scappare verso l'Europa, alimentando l’abietto, e lucroso, mercimonio delle migrazioni irregolari.  
* ex deputato membro delle commissioni Affari Esteri e Difesa della Camera. 
(1)   http://www.amazon.it/Mediterraneo-Popoli-risorse-spazio-economico/dp/8826701792


Per rinfrescare la memoria
A seguire, troverete un po’ di documentazione e di rassegna stampa relative alle iniziative politiche e parlamentari che, unitariamente, intraprendemmo alla Camera dei Deputati, nel triennio 1980-82, per indurre il governo a riconoscere l’Olp di Yasser Arafat come legittimo rappresentante del popolo palestinese.
Com’è noto, quella proposta fu approvata dalla Camera, ma il governo-  presieduto dal filo-atlantico e antiarabo sen. Giovanni Spadolini- non volle dare seguito alla volontà maggioritaria dei deputati. E, così, dopo 35 anni, siamo ancora a chiedere quel che si poteva, si doveva fare allora e non fu fatto.
La petizione parlamentare (presentata il 30 giugno 1982) fu promossa da un gruppo di deputati solidali con la giusta causa palestinese, a seguito di una memorabile visita nei campi profughi del Libano e di colloqui con i principali esponenti palestinesi e con le più alte autorità libanesi nelle persone di: Agostino Spataro e Antonio Rubbi per il Pci, Giuliano Silvestri e Francesco Lussignoli per la Dc, Guido Alberini e Michele Achilli per il Psi, Aldo Ajello per il partito radicale, Eliseo Milani per il Pdup, Marisa Galli per la Sinistra indipendente.
Detti parlamentari rappresentavano un vasto arco di forze democratiche: dal PCI (fra i firmatari Enrico Berlinguer, Giorgio Napolitano, Alessandro Natta, Achille Occhetto, ecc.) al PDUP (Lucio Magri, Alfonso Gianni), al PSI di Bettino Craxi (fra cui Riccardo Lombardi, Francesco De Martino, Giacomo Mancini,  Loris Fortuna); dagli Indipendenti di Sinistra (da Stefano Rodotà a Luigi Spaventa) all’intero gruppo parlamentare del Partito radicale (fra cui Emma Bonino e Leonardo Sciascia) ad ampi settori della Democrazia Cristiana (fra cui Benigno Zaccagnini e diversi esponenti delle correnti di sinistra e morotee). 

GALLERIA DI FOTO
Da questa breve galleria di foto (prese da Google) si può avere un'idea dell'accoglienza ricevuta da Yasser Arafat ai massimi livelli istituzionali, politici e sindacali italiani e vaticani.


Incontro di calcio nazionale cantanti: Gianni Morandi, Yasser Arafat,
il presidente Carlo Azeglio Ciampi, Michel Schumacher, Simon Peres. 



La questione palestinese ci univa: Bettino Craxi, Yasser Arafat e Enrico Berlinguer
                                      




















Giulio Andreotti, Ciriaco De Mita e Yasser Arafat
                                         


















Arafat ricevuto in Vaticano da Giovanni Paolo II



  







Yasser Arafat e Silvio Berlusconi
    

















        Yasser Arafat e Federica Mogherini
                                                        


Arafat ricevuto dal presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro
     














 Arafat a Roma, 1982. Da sin. Agostino Spataro, Giorgio Benvenuto, Pierre Carniti, Luciano Lama, Emo Egoli, Dario Valori, Yasser Arafat.





DOCUMENTI E RASSEGNA STAMPA 
Beirut-  Arafat riceve nel suo bunker la delegazione parlamentare italiana. Da sin. (partendo da Arafat e dalla sua guardia del corpo) si riconoscono: Nemr Hammad, onn. Agostino Spataro, Borri, Alfonso Gianni, Giuliano Silvestri, Giuseppe Giudice (Ansa). Di fronte s’intravvedono gli onn. Eliseo Milani, Alessio Pasquini, Guido Alberini, Giorgio Mondino, Aldo Ajello, ecc. ( foto da “Falestine- Al Thawra” del 7 marzo 1981)

La delegazione italiana a Tiro, dopo un attacco israeliano.

                                         



 Articolo di Maurizio Chierici sul “Corriere della Sera” del 10 marzo 1981
                           






Articolo de l'Unità del 9/7/1982










(Nota di aggiornamento di una precedente del dicembre 2014)

giovedì 4 dicembre 2014

VARIE SFUMATURE DI ROSSO: GIOCO DELLE PARTI NEL PD ?






di Agostino Spataro


1… La crisi del leaderismo
L’incisione del “bubbone romano”, oltre a fare emergere un groviglio torbido d’interessi affaristici, criminali, associazionistici e, purtroppo, anche politici, offre una nuova chiave di lettura della crisi della politica italiana.
Appare sempre più chiaro che in questione ci sono questo sistema bipolare raffazzonato e il modello politico derivato che continua ad avvitarsi su se stesso, allontanandosi, progressivamente, dai cittadini, dalle istanze, dalle pulsioni più vive della società. Così perdurando le cose, la situazione potrebbe divenire ingovernabile.
In particolare, sta emergendo un dato raramente colto ed evidenziato: la crisi del leaderismo che è l’anticamera dell’autoritarismo.
Soprattutto in Italia, tale modello è frutto di concezioni e pratiche elitarie, cialtronesche, contrastanti con lo spirito della vigente Costituzione e con la tradizione politica ed elettorale.
E poi, davvero, si può pensare di affidare le sorti di un paese, di una delle economie più importanti del pianeta a un “sol uomo” che, per altro, detiene anche il potere di nominare il Parlamento e gli organi amministrativi e di controllo?
Non so a voi, ma a me sembra una pericolosa “stravaganza”.
Tutto ciò ed altro provocano un disagio sociale diffuso, in gran parte motivato, al fondo del quale si agita come un grumo d’insofferenza e di protesta, di ribellismo ondivago che potrebbe essere usato per disegni di predominio, anche destabilizzanti.
Fra crisi economica e caos politico siamo giunti a una situazione - limite che reclama una svolta radicale per ristabilire il buongoverno, la  legalità e restaurare l’autorità e la moralità dello Stato democratico e dei suoi organi amministrativi sulla base di politiche d’inclusione sociale e non di emarginazione, come sta avvenendo.

2… Riformare la politica e re-introdurre le preferenze
Pessimismo? Per verificare andiamo a vedere cosa sta succedendo all’interno delle tre principali rappresentanze parlamentari.
Inizio con il movimento di Grillo, che tante speranze aveva acceso negli spiriti semplici, il quale sembra voler esorcizzare la crisi espellendo il dissenso e ammutinando il consenso; seguono il partito di Berlusconi che non riesce a bloccare l’emorragia di voti e d’iscritti e stenta a ritrovare un ruolo primario e quello di Renzi che vince alle europee, conquista nuove regioni, ma perde (in valori assoluti) fette cospicue del suo elettorato (Emilia), si spacca in Parlamento e cala vistosamente nei sondaggi. Vittoria! Dov’è la vittoria?
In questa fase, per il PD è facile vincere la “guerra” contro avversari piuttosto malmessi, ma può perdere il dopoguerra.
La condizione generale del Paese continua a degradare, con particolare accanimento nelle regioni del Sud (che ancora esiste!) senza che s’intravveda una luce in fondo al tunnel.
A destra e a sinistra si brancola dentro un mondo avvolto nelle tenebre del malaffare e della malapolitica dove ogni ombra che si muove controcorrente è percepita come nemica.
Ancora una volta, la politica, l’informazione, compresi quei, vacui chiacchiericci lottizzati dei salotti televisivi, arrivano dopo i provvedimenti della magistratura.
Solo per tamponare la falla non per attuare una riforma profonda del sistema politico e della legislazione elettorale per reintrodurre il voto di preferenza (anche per i capilista) e restituire ai cittadini il diritto (ribadito, con sentenza, dalla Corte costituzionale) di potere scegliere i propri rappresentanti in Parlamento.

3…A sinistra si odono soltanto vacui clamori…
Il caso del PD è certamente il più controverso, ma non il più tragico. Si ha, infatti, la sensazione che al vertice di tale partito si stia svolgendo una sorta di “gioco” delle parti secondo un copione dettato dalla contingenza e dalla necessità di tenere unito questo grande contenitore elettorale che minaccia di franare, di andare in cocci.
C’è molta agitazione senza conseguenze apprezzabili. Si odono soltanto vacui clamori che paiono funzionali alla necessità di “coprire” politicamente, trattenendole, aree di elettorato, soprattutto di sinistra, che minacciano di abbandonare il carro di Renzi.
L’astensionismo nelle recenti regionali emiliane è un pericoloso campanello d’allarme, forse l’ultimo avviso ai naviganti a cambiare rotta se vogliono evitare l’annunciata tempesta.
Il vero assillo del PD è quello di mantenere unito il suo bacino elettorale. Ma come fare?   
Semplice: trasformandolo in una forza pigliatutto (addirittura in “partito-nazione!), flessibile,  interclassista e contraddittoria più della defunta DC; in partito di governo e di lotta, ma non troppo (di lotta) solo quanto basta per tenere buono l’insofferente elettorato, almeno fino alleprossime elezioni, anticipate o meno.  
Questa è la percezione che molti si son fatti delle rituali distinzioni, astensioni, uscite dall’Aula, voti contrari, di certe dichiarazioni di fuoco, degli scioperi generali convocati fuori tempo massimo ossia quando la materia del contendere (modifica dell’art. 18) è diventata legge.
Insomma, varie sfumature di rosso per ravvivare il ruolo delle parti in gioco, per stemperare il dissenso, le tensioni, per tenere accesa la speranza (illusoria) di un cambiamento nel senso del progresso e dell’equità sociale.
                                   
(5 dicembre 2014)


 




  

lunedì 1 dicembre 2014

L'AGONIA DI AGRIGENTO

Il Sole24Ore/ 1 dic. 2014 
Qualità della vita 2014, un’inedita sul podio: vince Ravenna, all’ultimo posto Agrigento
                                                 Mura medievali: porta Panettieri


L’AGONIA DI AGRIGENTO
di Agostino Spataro

"Per oltre mezzo secolo, ad Agrigento ha dominato un ceto politico- af­faristico che ha partorito case e palazzi abusivi, interi quartieri abusivi.

Mostri, mostruosità che stanno crollando, trascinando nella rovina il centro storico, perfino i suoi siti più belli e prestigiosi: le vestigia dei greci, dei romani, degli arabi, dei normanni, dei borboni e degli altri che sono venuti.

Tutto sta sparendo. Anche la Girgenti del popolo, dei contadini, degli artigiani, dei "pan­neri", dei caprai, delle popolane che hanno animato, per se­coli, le vie e le case della collina.

Agrigento delle chiese cadenti, morenti. Lo dico da non credente: l’agonia della millenaria Cattedrale è il più grave delitto, in corso di svolgi­mento.

Noi passeremo, ma i posteri ci malediranno per avere consentito (pas­sivi o, peggio, complici) tale scempio."

(in: http://www.lafeltrinelli.it/libri/spataro-agostino/pensieri-corti/9788891078278 )

lunedì 24 novembre 2014

UNA GRADITA E INATTESA RECENSIONE




RADAR


 Libros. Esos temas que muchos no entendemos. Hace unos años leí un autor interesantísimo, se trata de Agostino Spataro, siciliano, ex diputado y periodista estudioso del fenómeno del extremismo islámico. El Sostiene que los integristas hacen un uso político del Islam y de esa forma lo degradan. Contesta en su obra “Fundamentalismo Islámico” muchísimas interrogantes que nos hacemos hoy cuando se radicaliza la situación en Irak, Siria donde las minorías religiosas son asediadas.


domenica 23 novembre 2014

DESDE MEXICO, CON AMOR, CON DOLOR Y CON ESPERANZA

Alcune (mie) foto dal viaggio in Messico: non sono granchè, ma spero rendano un'idea.

Manifestazione popolare contro la "privatizzazione" di alcuni comparti petroliferi


                                         Piramidi


                                                       Zocalo, cattedrale Città del Messico


                               Pancho Villa e Emiliano Zapata, eroi della Rivoluzione messicana 


                                              Il generale Emiliano Zapata



                                         Si presenta il mio libro presso la Benemerita Università di Puebla


                                                        Falce e pannocchia

                                              Fiorai

                                             Hotel Isabella, il mio lindo albergo coloniale

                                         Esposizione

                                              Accampamento manifestanti in Plaza de la Revolucion

                                          Per le vie di Città del Messico


                                         Fraternizzazione fra dimostranti e poliziotti


                                             Alvaro Siquerios, murales

                               Veduta (parziale) di Città del Messico dalla Torre latinoamericana


                                          Un lusinghevole "reconocimento"

                                            Il riposo di San Judas

                                          Festa dei morti

                                          Al Cafè Tacuba

                               Zocalo, corteo delle forze di sinistra. "Morena" si propone come alternativa al potere dominante

giovedì 20 novembre 2014

ORIENTE E OCCIDENTE: LA FRATTURA

                                                    Moschea di Mokka. A  metà del XVIII° secolo, dal porto di Mokka partirono per le più rinomate città d'Europa (Parigi, Vienna, Venezia, ecc) i primi carichi di caffè prodotto sugli altipiani dello Yemen.

C’era una volta il viaggio in Oriente

C’era una volta il viaggio nell’ Oriente islamico che faceva sognare, e partire, schiere d’artisti vagabondi, scrittori, eremiti, esteti, avventurieri e dame stravaganti.
Si andava per deserti sconfinati, sotto cieli di vivide stelle, alla scoperta di luoghi e di città favolose per abbeverarsi alle fonti della sapienza antica, alla ricerca di emozioni forti e nuovi stili di vita o di “qualcosa” d’indefinito, di magico, ch’ era vano cercare in Occidente.
Bagdad, Damasco, Beirut, Gerusalemme, il Cairo, Tripoli, Alessandria, Istanbul, Aden, Algeri, Sana’a, Fez erano le gemme più preziose di questo mirabolante Oriente.
Oggi, queste favolose metropoli ci vengono propinate come “nemiche”, ricetto di terrorismi e truci dittature e d’intrighi menzogneri, evocatrici di odio e di vendette e stragi sanguinose, di miserie e lussi scandalosi; immagini ripugnanti che si vorrebbero cancellare con una lunga serie di guerre “preventive” e/o “umanitarie”.
Le guerre e i fondamentalismi di tutte le risme stanno deteriorando i rapporti fra Occidente e mondo arabo e deformando l’idea che nell’immaginario collettivo si aveva degli arabi e dei loro paesi.
E viceversa. Se in Occidente cresce una forma ottusa di arabofobia che mira a rimuovere l’Arabia dai nostri orizzonti, fra gli arabi si sta diffondendo un antioccidentalismo cieco, astioso, ideologico.
Tutto ciò, mentre sullo sfondo si sente aleggiare la minaccia più grave: la cosiddetta “guerra fra civiltà”, propugnata (e forse anche programmata) dagli sciovinisti d’entrambi le parti. (a.s.)



                                         Foto (mie) del viaggio nello Yemen (1988)


                                                                          Sana a, palazzo dell'Imam



                                                        Sana a, bassorilievo in rame

                                                     Sana a, centro storico


                                           Al souk di Sana a


                                        Io, con la jambia

                                                                        Mareb. Colonne del tempio di Bilqis, la regina di Saba