C’era una volta il viaggio in Oriente
C’era una volta il viaggio nell’ Oriente islamico che faceva sognare, e partire, schiere d’artisti vagabondi, scrittori, eremiti, esteti, avventurieri e dame stravaganti.
Si andava per deserti sconfinati, sotto cieli di vivide stelle, alla scoperta di luoghi e di città favolose per abbeverarsi alle fonti della sapienza antica, alla ricerca di emozioni forti e nuovi stili di vita o di “qualcosa” d’indefinito, di magico, ch’ era vano cercare in Occidente.
Bagdad, Damasco, Beirut, Gerusalemme, il Cairo, Tripoli, Alessandria, Istanbul, Aden, Algeri, Sana’a, Fez erano le gemme più preziose di questo mirabolante Oriente.
Oggi, queste favolose metropoli ci vengono propinate come “nemiche”, ricetto di terrorismi e truci dittature e d’intrighi menzogneri, evocatrici di odio e di vendette e stragi sanguinose, di miserie e lussi scandalosi; immagini ripugnanti che si vorrebbero cancellare con una lunga serie di guerre “preventive” e/o “umanitarie”.
Le guerre e i fondamentalismi di tutte le risme stanno deteriorando i rapporti fra Occidente e mondo arabo e deformando l’idea che nell’immaginario collettivo si aveva degli arabi e dei loro paesi.
E viceversa. Se in Occidente cresce una forma ottusa di arabofobia che mira a rimuovere l’Arabia dai nostri orizzonti, fra gli arabi si sta diffondendo un antioccidentalismo cieco, astioso, ideologico.
Tutto ciò, mentre sullo sfondo si sente aleggiare la minaccia più grave: la cosiddetta “guerra fra civiltà”, propugnata (e forse anche programmata) dagli sciovinisti d’entrambi le parti. (a.s.)
Foto (mie) del viaggio nello Yemen (1988)
Sana a, palazzo dell'Imam
Sana a, bassorilievo in rame
Sana a, centro storico
Al souk di Sana a
Mareb. Colonne del tempio di Bilqis, la regina di Saba
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