venerdì 10 gennaio 2020

MEDITERRANEO E MEDIORIENTE: QUANDO L'ITALIA AVEVA UNA POLITICA ESTERA UNITARIA E LUNGIMIRANTE

Incontro Moro- Berlinguer, presenti Luigi Longo e Giancarlo Pajetta.


1… La crisi libica (a due passi da casa nostra) e gli avvenimenti drammatici nella regione mediorientale e del Mediterraneo centro-orientale ripropongono la necessità di una riflessione sulla politica estera italiana per come è venuta evolvendo (?) durante questa lunga e confusa transizione in cui sono cambiati (in peggio) l'approccio, la concezione, gli obiettivi delle relazioni internazionali dell'Italia, dell'Europa verso il mondo arabo e altre regioni del Pianeta.
Con la cd. "seconda" Repubblica, si è passati dal dialogo alla sfiducia, al conflitto; con la “terza” l’Italia é quasi allo sbando, non ha più una politica estera degna di questo nome!
In realtà, la Repubblica è sempre una ed é quella disegnata dalla nostra Costituzione democratica e antifascista. Le altre, supposte, sono degenerazioni della prima che hanno alterato l'immagine di un'Italia solidale e popolare la quale, nel rispetto delle alleanze internazionali, riusciva a esprimere una politica estera, ampiamente condivisa in Parlamento, aperta al dialogo e alla cooperazione economica, in primo luogo con i Paesi dello scacchiere arabo e mediterraneo.
Una politica di pace che generava nuove occasioni d'incontro, favoriva la penetrazione in nuovi mercati e commesse importanti per le imprese italiane. Le buone relazioni politiche e culturali italo - arabe erano la chiave di volta per accrescere il volume degli scambi economici e commerciali.
Insomma, il dialogo pagava e assicurava all'Italia un ruolo primario nell'area arabo-mediterranea, anche in campo economico.
Un solo  esempio per capire la gravità di tale degenerazione. Oggi, dalla Libia arrivano in Italia barconi dei migranti disperati, negli anni ’70-’80 dall’Italia emigravano verso la Libia circa 20.000 fra operai e tecnici al seguito delle grandi e medie imprese italiane.
Perciò appare necessario un cambio radicale della nostra politica estera che specie verso questo scacchiere si è progressivamente militarizzata con risultati doppiamente in perdita. Infatti, oltre ai nuovi rischi, in termini di sicurezza, cui si espone il Paese, si registrano preoccupanti incrementi del deficit commerciale e delle spese militari, a discapito degli investimenti e delle politiche di protezione sociale. 
(Fonte Eurostat e Sipri/Stoccolma) 
       
2… Dal dialogo nascono la pace e la prosperità, dalla guerra morte, miseria e nuove migrazioni
Sotto questo profilo, il caso italiano è esemplare. Basterebbe fare qualche conto e alcuni confronti fra le bilance commerciali attuali e quelle di allora per capire le cause del nostro svantaggio e scoprire la differenza che corre fra il dialogo e la chiusura razzistica o, se si preferisce, fra la cooperazione pacifica e la follia dello scontro di civiltà.
Proprio per tenere la barra dritta verso la cooperazione pacifica, la tanto biasimata "prima Repubblica" produsse una politica estera equilibrata, lungimirante e ampiamente condivisa di cui va dato merito ai tre grandi partiti popolari (Dc, Pci e Psi) e ai loro più prestigiosi dirigenti: Aldo Moro, Giulio Andreotti, Enrico Berlinguer, Giancarlo Pajetta, Bettino Craxi, Riccardo Lombardi, ecc
Ovviamente, con ciò non si vuol mitizzare nessuna delle personalità sopra citate o sostenere che quello fu un periodo aureo per l'Italia. I problemi c'erano ed anche gravi: dall'attacco ai diritti sociali dei lavoratori alla sicurezza e all'ordine pubblici, dal clientelismo alla corruzione, ecc.
In quegli anni cruciali l'Italia riuscì a ritagliarsi un ruolo relativamente autonomo in politica estera. Un ruolo proporzionato alle sue potenzialità ossia senza grandi pretese, ma orientato al dialogo fra gli Stati, al sostegno del diritto alla sovranità dei popoli ancora irredenti. In primo luogo, del popolo martire di Palestina che sostenemmo senza mai deflettere dalla difesa del diritto all'esistenza d'Israele entro i confini riconosciuti dalle Nazioni Unite.
La questione è ancora insoluta per una serie di ragioni, quella che più influisce è la "cattiva abitudine" dei governanti israeliani di fuoriuscire dagli ambiti territoriali loro attribuiti dall'Onu e di non volervi rientrare. Diciamo!

3… In tale contesto, rilevante fu il ruolo svolto dal Pci che, dall'opposizione, affrontò tali tematiche con senso di responsabilità nazionale ed europeista, con grandi mobilitazioni popolari e, soprattutto, con chiarezza di obiettivi mirati al cambiamento della prospettiva generale del Paese.
Seguendo la linea della giustizia e della legalità internazionali, contribuimmo a rafforzare la pace nello scacchiere arabo-mediterraneo e la nostra sovranità nazionale e, cosa di non poco conto, a tutelare, a preservare il nostro Paese da rischi micidiali, creando, al contempo, importanti occasioni di scambi reciprocamente vantaggiosi.
Insomma, si delineò un nuovo scenario di convivenza pacifica, di rispetto e di mutua comprensione, di fervore collaborativo, solidaristico all'interno del quale si era perfino individuata una prospettiva seria di proiezione internazionale, di crescita per il nostro Mezzogiorno, oggi ricacciato ai margini dello sviluppo, assillato dalla criminalità e ridotto a mero deposito di risorse energetiche al servizio del centro-nord ipersviluppato.
Purtroppo quel processo verrà, tragicamente, interrotto, provocando un’accelerazione del nostro declino economico e morale.
Sappiamo che, spesso, i confronti non sono graditi, ma non si può negare che, ieri, l'Italia, col concorso di tutte le forze di progresso, dei lavoratori e degli imprenditori, raggiunse primati davvero eccezionali, fino al punto di figurare fra le prime potenze industriali del pianeta.
Mentre oggi è in recessione da lungo tempo.
L’incompetenza, il servilismo straccione, il populismo di bottega, per altro molto costoso, stanno bruciando gran parte di quei risultati e avviato il Paese su una china assai preoccupante sul terreno politico e su quello della coesione sociale.
Perché questo cambiamento di rotta, di ruolo?
La risposta non è facile, anche se si possono intravedere le cause e gli interessi (anche esterni) che l'hanno determinato.
Servirebbe una seria riflessione, un dibattito pubblico (non televisivo, per favore!) affinché si possa re-impostare la politica estera italiana ed europea su canoni più rispondenti ai nostri e non agli altrui bisogni. Poiché, in fondo, questo è il vero problema!
(10 gennaio 2020)
* già membro delle commissioni Affari esteri e Difesa della Camera dei Deputati.

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lunedì 6 gennaio 2020

SIGONELLA E' STATA COINVOLTA O NO NELL'ASSASSINIO DEL GENERALE SOLEIMANI?



di Agostino Spataro *

Allo stato, dalle notizie circolanti, non é dato conoscere, con certezza, la verità dei fatti. Eppure, taluni sostengono che gli ordigni siano stati lanciati da un drone partito dalla base Usa di Sigonella, in Sicilia.
Su tale punto è necessario, e urgente, fare chiarezza, conoscere la posizione del governo italiano e, in particolare, del presidente del Consiglio visto che non appaiono convincenti le colorate smentite su FB del ministro degli Affari esteri e nemmeno quelle più seriose del ministro della Difesa.
E’ importante sapere se c'é stato o meno un coinvolgimento di Sigonella nell' attentato di Baghdad. Personalmente, spero proprio di no.
In caso affermativo il fatto sarebbe gravissimo sia per gli aspetti politici, militari e giuridici connessi, sia per l’allarme che potrebbe ingenerare, in Sicilia e in Italia, nel timore di eventuali ritorsioni iraniane.
Nell’attesa, speriamo breve, ci si dovrebbe astenere dal diffondere “informazioni”, “voci”, supposizioni specie da parte di esponenti politici (anche di modesta levatura), di organi di stampa e quant’altro poiché insistere su questo tasto (senza averne le prove) farebbe il gioco della propaganda dell’amministrazione Trump che ha ordinato l’irresponsabile attacco e di talune forze politiche italiane al suo servizio.
Per altro, l’eventuale, remissiva connessione con Sigonella potrebbe creare seri rischi per i contingenti italiani inviati in diversi Paesi del Medio Oriente e dell'Africa.
In questi casi la politica estera, la posizione, i comportamenti dei governi contano e come!
Ricordo gli attentati in Libano- nei primi anni '80- quando grazie alla posizione responsabile, equidistante e di pace assunta del governo e del Parlamento italiani fu risparmiato il nostro contingente dalle azione di virulenta ritorsione anti-occidentale che, purtroppo, fecero strage di militari Usa e francesi.
Perciò è consigliabile prudenza e impiegare le energie per intraprendere iniziative di sensibilizzazione, di mobilitazione popolare contro le guerre in Medio Oriente e in Libia che, da un momento all'altro, potrebbe deflagrare, pericolosamente, a due passi dalla Sicilia.
Nel caso del conflitto libico il discorso della base di Sigonella regge poiché essa ha avuto, e potrebbe ri-avere, un ruolo decisivo e devastante.
L’avventurismo di Trump, spalleggiato dai governanti d’Israele, ripropone semmai il problema serissimo dell’esistenza e dell’uso delle basi militari Usa ubicate nel territorio della sovrana (almeno sulla Carta costituzionale) Repubblica Italiana.
Ho messo in neretto l’aggettivo “sovrana” per ricordare a chi, in questi ultimi tempi, ha fatto della sovranità italiana la bandiera delle sue scorrerie demagogiche ed elettoralistiche per poi, cioè oggi, correre al primo “squillar di trombe “ a mettersi al servizio del disegno di chi questa nostra sovranità, di fatto, la calpesta.
Intendo riferirmi all’on. Salvini della Lega (Nord) e al presidente Trump, ricordando che anche i suoi predecessori (di Trump) raramente hanno rispettato le prerogative di sovranità in questo come in altri delicatissimi campi della vita del nostro Paese.
Tranne in un caso che fece storia quando Bettino Craxi, capo del governo italiano, negò al governo Usa (Reagan) l’autorizzazione di catturare un aereo, costretto ad atterrare a Sigonella con a bordo gli attentatori della “Achille Lauro”. Ovviamente non si voleva garantire una sorta d'impunità agli attentatori, ma salvaguardare il principio della sovranità nazionale italiana.  



Questo fu certamente il caso più clamoroso di difesa della sovranità nazionale italiana, di rottura con una tradizione di passiva accondiscendenza che noi (del Pci) riconoscemmo con lealtà e con spirito di solidarietà, dandone atto all’on. Craxi per il gesto compiuto che- molti ritengono- segnò l’inizio della sua fine politica.
Non si capisce perché certi “eredi” del Pci sogliono bollare di “sovranisti” chiunque non condivida la teoria e la pratica del globalismo delle oligarchie finanziarie dominanti.
E cos' agendo regalano ai populisti destrorsi ampi settori della società che restano giustamente attaccati al principio costituzionale della sovranità popolare.
Il Pci, che aveva un dibattito interno assai intenso e perfino una pluralità di punti di vista, elaborò una ragionevole visione della sovranità nazionale che difese sempre come un bene supremo del popolo italiano. Ovviamente, in sintonia con gli impegni internazionali dell’Italia che i certi casi obbligano a cedere anche parti di sovranità.
Sapendo bene, però, a chi si cede e per che cosa.     
Pertanto, invece di beffeggiare chi in buona fede difende il principio della sovranità democratica, che corrisponde al genuino sentimento identitario del popolo italiano, sarebbe più opportuno occuparsi di una grave questione insoluta da circa 70 anni ossia dello “status” giuridico e operativo delle basi militari straniere in Italia, dei condizionamenti e dei rischi conseguenti.
Il problema persiste, anzi si è aggravato a causa di nuove e più onerose servitù militari cui è stata gravata l’Italia sotto tutti i governi  (di centrodestra e di centrosinistra)  succedutesi negli ultimi 30 anni: dall’ampliamento di Vicenza e dalla riqualificazione di Sigonella, al Muos di Niscemi, ecc.
A suo tempo (anni ’80) il Pci, che già aveva accettato gli accordi Nato, svolse su tutta questa delicata materia (**) un’azione politica e parlamentare per risolvere, nel migliore dei modi possibili, il contenzioso fra Usa e Italia, derivante dagli accordi (in parte segreti) firmati fra il 1952-54, che- constatammo- nessuna delle due parti voleva (vuole) chiarire e risolvere.
E siamo qui…costretti ad ascoltare le fregnacce di questo e di quello!  

(*) già componente delle commissioni Affari Esteri e Difesa della Camera dei Deputati
(**) . "Patti segreti e finti bisticci" in- http://www.infomedi.it/base_usa_vicenza.htm