mercoledì 24 giugno 2015

PARTITO O MOVIMENTO?


Folla ingravidata
Sembra che la folla sia stata di nuovo ingravidata, quando prima potrebbe partorire un nuovo duce. Speriamo in un aborto!

"La clamorosa affermazione elettorale del “grillismo” ha riproposto un antico dilemma: partito o movimento? Nella fase attuale, la tradizio­nale forma partito vive una crisi drammatica, forse irreversibile. D’altra parte, nemmeno i movimenti, alla fin fine, risultano abbastanza convincenti.
In realtà, partiti e movimenti tendono a eludere il problema centrale che è quello di progettare una fase superiore della democrazia ossia forme nuove della partecipazione democratica dei cittadini alle scelte politiche e strategiche, all' elezione degli organi costituzionali.
Perché così vogliono i padroni (committenti di entrambi) per non avere le mani legate da fastidiose pretese democratiche.
La questione non si pone solo in Italia, ma in Europa e nel mondo. Da lungo tempo è presente in Argentina, dove predomina il “peronismo” ossia il movimento per eccellenza, cui molti, nel mondo, si riferiscono senza ammetterlo.
Perciò, segnalo il punto di vista del prof. J.P. Feinmann (1) il quale, par­tendo appunto dalla realtà argentina, delinea le differenze sostanziali tra partito e movimento. Ecco una sintesi.
Un partito è una parte, una parte non è il tutto. Il partito, dunque, è una parte che ha deciso di differenziarsi. Un partito è una differenza. Una differenza con tutto l’altro che è. Qualcuno appartiene a un partito per­ché aderisce a una determinata visione della politica. Questa “determi­nazione” da al partito una maggiore tendenza identitaria…
Un partito è una fissità: è qualcosa e, essendolo, non è, non può essere molte cose. Un partito non assomma, ma toglie. Fissa un’identità, forse un’ideologia, però, per esserlo, esclude troppo. 
La pratica del “duce” è l’unità dei diversi. Unire i diversi e sommare. Sommare é accumulare potere.

Un movimento è elastico, si muove, si espande, incorpora, non esclude. Un movimento più che essere, diviene. Il movimento non “è”, il movimento è azione, mobilità, inclusione costante, espansione illi­mitata. Il movimento è divenire puro.
Il partito “è”: ha un' identità chiara però non si espande, non somma, non diviene. Il movimento non “è”: si muove, diviene. La sua identità è debole. Da qui la sua vi­cinanza col populismo
Un partito si basa su una teoria, questa teoria esprime la sua razionalità. Un movimento populista si esprime con una serie di formulazioni vitali, di valore, di proposte che cercano di su­scitare più l’adesione sentimentale, l’emozionalità che la fredda apo­ditticità (?) della ragione.
Perciò, si richiede la figura del leader come punto unico di confluenza.
(1) J. P. Feinmann in “Pagina 12” del 24/7/2004, Buenos Aire

Agostino Spataro in