Folla ingravidata
Sembra che la folla sia stata di nuovo ingravidata, quando
prima potrebbe partorire un nuovo duce. Speriamo in un aborto!
"La clamorosa affermazione elettorale del “grillismo” ha
riproposto un antico dilemma: partito o movimento? Nella fase attuale, la tradizionale
forma partito vive una crisi drammatica, forse irreversibile. D’altra parte,
nemmeno i movimenti, alla fin fine, risultano abbastanza convincenti.
In realtà, partiti e movimenti tendono a eludere il problema
centrale che è quello di progettare una fase superiore della democrazia ossia
forme nuove della partecipazione democratica dei cittadini alle scelte
politiche e strategiche, all' elezione degli organi costituzionali.
Perché così vogliono i padroni (committenti di entrambi) per
non avere le mani legate da fastidiose pretese democratiche.
La questione non si pone solo in Italia, ma in Europa e nel
mondo. Da lungo tempo è presente in Argentina, dove predomina il “peronismo”
ossia il movimento per eccellenza, cui molti, nel mondo, si riferiscono senza
ammetterlo.
Perciò, segnalo il punto di vista del prof. J.P. Feinmann
(1) il quale, partendo appunto dalla realtà argentina, delinea le differenze sostanziali
tra partito e movimento. Ecco una sintesi.
Un partito è una parte, una parte non è il tutto. Il
partito, dunque, è una parte che ha deciso di differenziarsi. Un partito è una
differenza. Una differenza con tutto l’altro che è. Qualcuno appartiene a un
partito perché aderisce a una determinata visione della politica. Questa
“determinazione” da al partito una maggiore tendenza identitaria…
Un partito è una fissità: è qualcosa e, essendolo, non è,
non può essere molte cose. Un partito non assomma, ma toglie. Fissa
un’identità, forse un’ideologia, però, per esserlo, esclude troppo.
La pratica del “duce” è l’unità dei diversi. Unire i diversi e sommare. Sommare é accumulare potere.
La pratica del “duce” è l’unità dei diversi. Unire i diversi e sommare. Sommare é accumulare potere.
Un movimento è elastico, si muove, si espande, incorpora,
non esclude. Un movimento più che essere, diviene. Il movimento non “è”, il
movimento è azione, mobilità, inclusione costante, espansione illimitata. Il
movimento è divenire puro.
Il partito “è”: ha un' identità chiara però non si espande,
non somma, non diviene. Il movimento non “è”: si muove, diviene. La sua
identità è debole. Da qui la sua vicinanza col populismo.
Un partito si basa
su una teoria, questa teoria esprime la sua razionalità. Un movimento populista
si esprime con una serie di formulazioni vitali, di valore, di proposte che
cercano di suscitare più l’adesione sentimentale, l’emozionalità che la
fredda apoditticità (?) della ragione.
Perciò, si richiede la figura del leader come punto unico di
confluenza.
(1) J. P. Feinmann in “Pagina
12” del
24/7/2004, Buenos Aire
Agostino Spataro in