INDICE
Introduzione Pag
1
Agli inizi del fenomeno: le proposte della sinistra Pag 7
1980. La prima
Conferenza nazionale sull’immigrazione araba in Italia e in Sicilia; Introduzione
generale di Agostino Spataro, membro comm/ne Esteri Camera dei Deputati e
della Presidenza dell’Associazione nazionale di amicizia italo- araba; 1981. Le
proposte del PCI: disegno di legge alla Camera dei Deputati.
L’emigrazione siciliana Pag
25
Quando i clandestini
siciliani sbarcavano in Tunisia; Sicilia, un secolo di emigrazione; I nostri
emigrati; Migranti o emigranti?; Sicilia, riappare lo spettro della povertà.
Lampedusa Pag
39
Le strane rotte che
portano gli immigrati clandestini in Sicilia; Perché i trafficanti d’immigrati
preferiscono sbarcare a Lampedusa?;
Lampedusa, i nostri
due ragazzi della FGCI; Oltre Lampedusa; Flussi migratori, la Sicilia il collo
dell’imbuto; Quelli che restano…
La moderna schiavitù Pag
59
Morte sotto la luna;
L’emergenza prossima futura; Ritorna la schiavitù; Budapest, cronaca di una
partenza negata; “Il dramma migratorio deve essere risolto subito”. (intervista
a “La Capital”-Argentina)
Accoglienza e multiculturalità Pag 79
Gli immigrati
nell’Italia che verrà: società laica o mosaico di comunità?; Minareti e
crocifissi: una pericolosa mistificazione; Patria, di tutti o di chi?; Quando
un ateo favorisce la costruzione di una moschea; La Sicilia sbarca a Le Kram; Servono
dialogo e cooperazione.
Che fare? Pag
105
Una conferenza intergovernativa sulle migrazioni: Si può
ancora trattare con il regime libico?; Parole chiare sull’immigrazione; Fermare
la pericolosa deriva dell’Europa!; Il diritto di non emigrare.
Il dolore e la rabbia di una madre del Sud(racconto). Pag.
127
Introduzione
IMMIGRATI, ACCOGLIENZA NELLA LEGALITÀ
1.
Con questo libro, frutto di una selezione di miei
articoli e interventi, desidero offrire soltanto un modesto contributo al
dibattito in corso, soprattutto fra le forze progressiste e di sinistra, sulle
migrazioni attraverso l’area mediterranea che, in vario modo, seguo dagli
inizi degli anni ’80 del secolo trascorso. Ciò anche per far notare che non
parliamo per sentito dire. Per altro, da siciliano figlio di operaio emigrato, osservo
il fenomeno da una posizione “privilegiata” essendo la Sicilia divenuta il
principale punto di approdo e di transito dei flussi di emigranti. Ovviamente,
non è un problema solo siciliano, ma una drammatica questione globale nata da
cause diverse e che interessa tutte le regioni del Sud del mondo: dall’Africa
all’America Latina, dal Medio Oriente alla Cina, dall’India al Sud est asiatico,
al Sud Europa.Insomma, una “moderna schiavitù” che, come quella dei secoli passati,
proviene, soprattutto dall’Africa ossia dalla nostra Terra madre, un continente
ricchissimo di risorse naturali e di contraddizioni politiche e sociali.
Ovviamente, certe condizioni sono mutate ma non la
sostanza. A quel tempo, il traffico schiavistico verso le Americhe era
promosso, organizzato da spietati negrieri e mercanti islamici in combutta
(d’affari) con cristianissimi armatori europei e latifondisti delle Americhe.
Oggi, i “nuovi schiavi” non vengono cacciati e
incatenati come i loro antenati, ma sospinti, incoraggiati, talvolta anche
finanziati, a emigrare clandestinamente verso questa vecchia Europa, opulenta
e morente, dove saranno usati come manodopera irregolare in taluni settori
dell’economia locale.
Partono, all’avventura. Soprattutto quelli che sono in
grado di pagare l’esoso passaggio ai trafficanti della “prima catena” (che si
snoda dal luogo di residenza alle coste europee), di sobbarcarsi migliaia di
km per deserti inospitali, mesi e mesi di permanenza in terribili campi di
concentramento, traversate a bordo di natanti precari e rischiosi, ecc. E,
finalmente, quando i più fortunati riescono ad approdare in Europa li attende
una seconda, variegata catena di profittatori.
In realtà, questi flussi sono anche incoraggiati
dalle grandi oligarchie globalizzate dominanti che perseguono un obiettivo
chiaro e, per loro, molto conveniente: produrre a costi da terzo mondo e
vendere a prezzi da primo mondo.
2.
Tutto ciò è umano? Chi è il vero razzista? Il
lavoratore proccupato di perdere il posto di lavoro, la vecchia signora che
si lamenta per certi disagi che riscontra nel suo quartiere di periferia o chi
organizza e/o sponsorizza tali traffici per trarne vantaggi e profitti
scandalosi?
La questione non è nominalistica ma di sostanza ed ha
un risvolto specificamente italiano. C’è, infatti, un dato drammatico,
largamente sottovalutato, ignorato, che segnala una fragorosa ripresa dell’emigrazione
italiana. I numeri sono davvero allarmanti. Dai media si apprende che, negli
ultimi anni, sono emigrati all’estero 265.000 cittadini italiani. Si legge che
dalla Sicilia ne siano partiti, addirittura, 1.000 al mese!
Immigrazione ma anche emigrazione, dunque.
Comunque sia, di la delle singole situazioni, bisogna
affrontare tali problematiche riaffermando i principi di solidarietà nella
legalità, secondo un assunto inconfutabile: il mondo é uno ed é abitato da una
sola razza, quella umana! Non ci sono superuomini, popoli eletti e primi dei
non eletti! Siamo tutti uguali. Figli dello stesso Sole che ci scalda e della
stessa Terra che ci nutre…
Storicamente, l’umanità è stata tormentata da grandi
disuguaglianze di classe, oggi acuite dalla ricerca spasmodica del profitto,
spesso illecito, come vuole il
neoliberismo dominante che produce ingiustizie e nuove povertà; che, di fatto,
ha annullato il diritto a un lavoro stabile e sicuro, ha alterato pesantemente,
a suo favore, il rapporto capitale-lavoro fino a degradare il lavoratore da
persona a “capitale umano”, a “risorsa umana” .
Nefandezze che offendono la dignità dei lavoratori e
, ancor di più, quella degli emigrati che si vogliono schiavi e proni ai voleri
di padroni e padroncini.
Contro tali ingiustizie le forze di progresso
dovranno riprendere la sana abitudine di battersi, unite e dovunque nel mondo,
per riformare le società, l’economia secondo principi di equità, nel rispetto
della Natura e dell’ambiente, all’insegna della cooperazione fra i popoli e
gli Stati, anche per ciò che riguarda l’emigrazione.
A mio parere, l’Europa, per mantenere un livello
accettabile e diffuso di benessere, deve far ricorso all’immigrazione. Ma
questo non può avvenire, come oggi avviene, in maniera disumana, incivile e illegale.
I “corridoi umanitari” invocati possono lenire parte delle sofferenze ma non
estinguerle. Ci vogliono accordi di cooperazione con i Paesi d’origine, per
legalizzare i flussi e sottrarli alle catene di profittatori. Gli emigrati
dovrebbero venire in Europa con aiuti statali a bordo di mezzi di trasporto moderni
e sicuri e, una volta inseriti nelle realtà produttive, devono essere trattati
alla pari dei lavoratori residenti. Questa sarebbe la vera svolta! Altro che la
carità pelosa, il pietismo d’occasione, invocato anche dagli alti pulpiti.
3.
Ciò detto, andiamo al tema specifico che dovrebbe
essere affrontato non con le contumelie, con le intolleranze, con odio
perfino, ma con serenità e con proposte risolutive.
E’ inaccettabile questa conflittualità da “opposti
estremismi” che impedisce una discussione libera e proficua, che rischia d’
intaccare perfino il diritto costituzionale di potere esprimere la propria opinione.
Della serie: chi più blatera ha più ha ragione. E dire che, solo pochi mesi fa,
abbiamo difeso, a grande maggioranza, la nostra bellissima Costituzione laica
e antifascista.
In realtà, siamo in presenza di una colossale
mistificazione che vorrebbe dividere gli italiani in razzisti e buonisti!
Si tratta di due rumorose minoranze, due opposti che
alla fine convergono: da un lato una subcultura di tipo razzistico, xenofobo
che rifiuta l’immigrato per principio, cui si contrappone una subcultura di
stile “buonista”, per usare una fraseologia impropria, che non si fa carico di
tutti i problemi (e dei diritti) delle comunità d’origine e di accoglienza.
In questo crogiuolo di posizioni convivono posizioni
“in buona fede” e mire inconfessabili di carattere elettorale e venale. Il
problema è uscire da questa logica paralizzante e ragionare, lottare per una
giusta accoglienza nella legalità. A certa “sinistra” impellicciata si deve
ricordare che - così agendo - si finisce per favorire l’affermazione elettorale
(e culturale) delle destre in Europa e non solo.
I risultati delle recenti elezioni tedesche e
austriache dovrebbero essere di monito per la sinistra europea e per tutte le
altre forze democratiche. Un’Europa dominata dalle destre non sarebbe un buon
viatico, prima di tutto per gli emigrati.
4.
Il libro si apre con alcuni documenti politici e
parlamentari del PCI che dimostrano come un grande partito popolare, autenticamente
di sinistra, affrontò (già agli inizi degli anni ’80 del ‘900) il problema,
proponendo misure eque, umanitarie in favore dei lavoratori immigrati regolari
e delle loro famiglie e sanzioni contro gli speculatori e quei settori
economici che sfruttavano l’immigrazione irregolare per realizzare profitti
scandalosi. Dopo oltre un ventennio di migrazioni verso l’Italia e l’Europa,
appare chiaro che non trattasi di un’emergenza ma di un fenomeno di massa incontrollato,
indotto da plausibili cause socio-economiche, sovente strumentalizzate (talvolta
alimentate) da certi gruppi di potere locali e internazionali per obiettivi che
poco o nulla hanno a che fare con la dignità degli emigrati e con l’umanitarismo
da più parti invocato.
Un’emergenza si apre e si chiude entro breve tempo.
Quando supera l’arco dei decenni diventa qualcos’altro che abbiamo il diritto
di capire e, se del caso, regolamentare per correggerne le storture.
Ogni Paese ha dei limiti nel suo sviluppo, problemi
di compatibilità, di legalità, di bilancio, di sicurezza collettiva di cui
tener conto e di cui devono farsi carico i governi e le forze responsabili, con
spirito di solidarietà e in armonia con le norme del diritto nazionale e
internazionale.
Intanto ribadendo, con chiarezza, la differenza
giuridica fra profughi e altri flussi di migranti. Secondo le vigenti
Convenzioni internazionali, i profughi sono persone provenienti da zone di
guerra o con gravi limitazioni dei diritti umani, ecc.
Con i mezzi di oggi non dovrebbe essere difficile
accertare, in tempi brevi, lo status giuridico di ogni richiedente asilo.
5.
Ogni Stato europeo, firmatario di tali convenzioni, ha
il dovere di accogliere i profughi provenienti da ogni parte del mondo, nella
misura necessaria e sulla base di un’equa distribuzione sul territorio dello
Stato nazionale e dei diversi Paesi aderenti all’U.E.
A proposito di accoglienza dei profughi c’è - a mio
avviso- un aspetto non secondario, di solito trascurato, e che riguarda la
responsabilità risarcitoria di chi ha provocato il “danno”ossia le guerre, gli
atti di terrorismo, le occupazioni militari, ecc.
Si dovrebbe trovare, cioè, il modo di stabilire,
nelle sedi opportune (Onu, tribunale internazionale), un obbligo di
accoglienza, commisurato al danno provocato, da parte di quei Paesi che, con
il loro interventismo militare e con i loro intrighi politici, hanno generato
decine di milioni di profughi dal Medio Oriente all’Africa, al Sud est
asiatico, ecc.
Il discorso vale anche per le quote di partecipazione
agli aiuti che la “comunità internazionale” dovrà mettere a disposizione per la
ricostruzione dei Paesi distrutti o fortemente danneggiati.
Non é ammissibile, politicamente e moralmente, che i
Paesi aggressori, taluni per altro molto ricchi, possano godersi la “scena”
delle loro distruzioni e passare il conto all’Europa o comunque a Paesi indenni
da tali colpe.
La lista dei Paesi “interventisti” è arcinota. A chi
rifiuta: sanzioni, sanzioni, sanzioni!
6.
Per i flussi di altro tipo valgono le norme vigenti nei
singoli Paesi di accoglienza che i governi devono applicare, invece che stare a
guardare o, peggio, assecondare gli avvenimenti.
Compito dei governi è, per l’appunto, governare anche
i fenomeni così complessi. Su come e con quali proposte si può discutere. Anzi
se ne deve discutere. Importante è ragionare sulla base di giudizi ponderati e
non di pregiudizi inveterati, come spesso accade.
In attesa delle nuove regole, l’Unione Europea,
invece di limitarsi a gestire malamente i flussi, dovrebbe attivarsi per
costruire, insieme ai Paesi d’origine, una soluzione politica duratura e
condivisa. Potrebbe promuovere una Conferenza intergovernativa sulle
migrazioni per giungere ad accordi, bilaterali e multilaterali di
regolamentazione dei flussi, di cooperazione, di aiuto ai Paesi più poveri,
finanziando programmi per uno sviluppo auto-centrato e diversificato.
“A chi ha fame - diceva Mao - non si deve offrire un
pesce, ma insegnargli a pescare”. A tale fine, appare necessario riformulare
gli strumenti d’intervento della cooperazione internazionale, introdurre nuove
norme per riqualificare la spesa di settore e rimodulare e re-indirizzare il
ruolo delle Ong le quali devono produrre, in loco, istruzione, formazione e,
soprattutto, assistenza allo sviluppo economico, occupazione e cultura
democratica, ecc.
Ovviamente, tali ipotesi non sono esaustive. Altre ve
ne sono o potranno venire. Il dibattito resta aperto, senza dimenticare un
diritto umano fondamentale che ho richiamato nel testo: “Se il mondo fosse più
giusto e solidale, dovrebbe riconoscere, e attuare, come primo diritto umano
quello di non- emigrare ossia non costringere gli uomini e le donne del
Pianeta ad abbandonare la propria casa, la propria terra in cerca di un
lavoro, di una vita migliore.
Per chi lo desidera, dovrà sempre esserci un diritto
a emigrare, di spostarsi liberamente. Ma per scelta non per costrizione. Purtroppo
così non è.”
(Gennaio, 2018)
File del libro:
https://ilmiolibro.kataweb.it/libro/saggistica/365933/immigrazione-la-moderna-schiavit/