lunedì 28 aprile 2014

OMAGGIO A LILA DOWNS

MESSICO E...LILA Sono andato in Messico e ho visto piramidi imponenti, grandi cattedrali e città disseminate, campi di mais e sierras di cactus morenti, l’alegria e la miseria della gente. Il mistero di una Morte ballerina, dipinta d’ironia, che s’incontra ovunque, complice e gioviale ancella della vita. Soprattutto, ho conosciuto Lila. Lila Downs, i suoi fiori, i suoi colori, la sua voce, il suo richiamo potente alla vita, all’amore, al ritorno verso i territori irredenti degli ancestri, ai culti astrali, alle sessantotto lingue, ancora viventi, di questo Paese immerso nelle tradizioni e dilaniato dalle “modernità” importate. Canto general, amore di una madre per il Messico, per Benito. Canto maestoso, suadente che sgorga, fluente, dalla sua bellezza, autarchica e solenne e gentile, che ricalca la fiera umanità del padre yankée e la forza seducente di Zapata. A ogni concerto il milagro, la simbiosi mistica fra il suo canto e il Messico che, finalmente, si schioda da terra e guarda il cielo; a ogni canzone l’affondo del suo artiglio felino, un inno alla dignità, alle radici, agli intrecci sanguigni di un’esistenza vagante. Nella libertà. La musica, la voce, il sorriso di Lila penetrano questo mondo, l’attraversano, raschiano dalle sue pareti antiche gioie e antichi supplizi facendone corone per la fiesta. Lila è la fiesta e tanto altro. Molto altro. È lode del Messico colorato, violato, dolente, combattente di una “revolucion” interminabile che non riesce a imboccare la via della vittoria definitiva. Che altro si può dire? Se è vero che nel (bel) canto delle donne c’è tutta l’armonia del mondo, credo che la voce di Lila oltrepassi questo confine e penetri la sommità del cielo per diffondersi nello spazio infinito come messaggera aulica di questa nostra umanità smarrita. Poiché nell’universo solo certe voci e certi suoni s’incontrano e si riconoscono…(2013) (da “Il giardino delle fontane zampillanti”)

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