lunedì 30 giugno 2014
QUELLA VOLTA CHE NAPOLITANO DISSE QUALCOSA DI SINISTRA...
Personalmente, sono stato critico verso certe posizioni politiche di Giorgio Napolitano, anche quando non era Presidente della Repubblica. Oggi, in occasione del suo 89° compleanno, desidero augurargli la buona salute e, andando un po’ controtendenza, ricordare che qualche volta ha avuto posizioni ampiamente condivisibili. Come…
“QUEL GIORNO NAPOLITANO ALLA CAMERA…
Ma in quel dibattito la vera sorpresa fu l’intervento di Giorgio Napolitano, presidente del gruppo parlamentare del Pci.
Quel giorno, mi piacque assai Giorgio il quale, notoriamente, non nutriva grandi simpatie per Gheddafi e per i rais dei Paesi arabi.
Egli, “riformista” della prima ora, disse in parlamento “qualcosa di sinistra” e, soprattutto, ristabilì la verità in ordine alle gravi responsabilità Usa sulla questione israelo-palestinese e su quella libica.
Esordì con un concetto chiaro: “Da sinistra non si ritiene che si possa isolare come da altre parti si è preteso di fare un caso Libia come un piccolo regno del male nel Mediterraneo: questa sarebbe una semplificazione fuorviante. Allo stesso modo, da sinistra si ritiene fuorviante attenuare la portata dell’elemento di crisi rappresentato dal deterioramento nel tentativo di negoziato giordano/palestinese.
Al centro dell’atteggiamento dell’Italia e dell’Europa deve essere, al contrario, ben presente l’esigenza che venga riaperta la prospettiva di dare una patria ai palestinesi…del tutto assente dalle prospettive dell’amministrazione Reagan…”
Finalmente, parole chiare sulla Libia di Gheddafi e sulla questione palestinese! Quel pomeriggio alla Camera, Napolitano sorprese un po’ tutti. Finalmente, parlò nella nostra lingua: quella dei comunisti e dei progressisti italiani.
Ci fece sognare. Era lui o non era lui?
Il suo intervento non si limitò a tali, sacrosante considerazioni, ma proseguì in un crescendo di posizioni d’inequivocabile condanna dell’avventurismo reaganiano nel Mediterraneo.
Leggete queste:“I comunisti, associandosi al dissenso espresso dal Governo per le recenti iniziative assunte dagli Stati Uniti, hanno inteso anche manifestare sensibilità per le vittime innocenti sia di atti terroristici sia di rappresaglie indiscriminate. In realtà, appare pericoloso che da parte USA la Libia sia stata semplicisticamente individuata come l’unica responsabile, poiché questo ha sollevato gli stessi Stati Uniti dall’obbligo di ricerca di una prova specifica a sostegno delle accuse mosse…il terrorismo internazionale va combattuto nel pieno rispetto del diritto internazionale”
Traduco per gli increduli: Giorgio si dissociò dalle “rappresaglie indiscriminate” degli Usa e chiese che la lotta al terrorismo si svolgesse “nel pieno rispetto del diritto internazionale”.
Altri tempi! Eravamo nel 1986. Tali posizioni e perorazioni di principio avrebbero un senso anche oggi, forse più di ieri.
Napolitano giunse a proporre: “la strada migliore da percorrere è quella di saggiare la concreta disponibilità della Libia a collaborare nella lotta comune contro il terrorismo internazionale, tanto più che il deterioramento dei rapporti con la Libia ha evidentemente comportato conseguenze negative per l’Italia”.
Traduco per i soliti increduli: Giorgio chiese di associare la Libia (di Gheddafi) nella lotta al terrorismo internazionale. E vedeva giusto!
Diede persino una piccola soddisfazione ai compagni sovietici quando affermò: “Non ci si può illudere che una impostazione di questo tipo possa sortire risultati immediati, poiché essa comporta iniziative politiche complesse che vedano associate le due superpotenze. La questione del Mediterraneo va inquadrata anch’essa nell’organica visione dei rapporti Est - Ovest.”
Quel giorno, Giorgio Napolitano, leader della tendenza “migliorista” all’interno del PCI, stupì tutti, amici e avversari. In primo luogo, gli uomini dell’ambasciata di Via Veneto che seguivano quel dibattito con il più vivo interesse. Stupì e scavalcò, a sinistra, anche noi che eravamo etichettati come “ingraiani”, amici di Gheddafi, di Arafat e degli arabi in genere.
Confesso che quella volta mi sentii pienamente rappresentato da Napolitano e anche un po’ rinfrancato per le tante accuse ingiuste dei giornali e per i tanti sorrisini ironici dei colleghi. Purtroppo, non si sarebbe più ripresentata l’occasione di prendermi un’altra “viva e vibrante soddisfazione”, come suole ironizzare Maurizio Crozza parlando del Presidente Napolitano.”
(Agostino Spataro in “NELLA LIBIA DI GHEDDAFI”, Ed. Centro studi mediterranei, 2014. Il “virgolettato” è tratto dall’intervento alla Camera dei Deputati dell’on. Giorgio Napolitano - seduta del 4 giugno 1986.)
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Capisco la tua soddisfazione in quell'Ottantasei; ma - contestualizzandolo - l'intervento di Napolititano non appare così strano. Sul finire dell'85 c'era stata la crisi di Sigonella e si era manifestata una forte autonomia del governo rispetto agli Usa. Nonostante la lettera di Reagan a Craxi ("Dear Bettino") il presidente Craxi sulla questione palestinese e su una politica mediterranea autonoma dall'asse Usa-Israele teneva il punto. L'intervento di Napolitano era di sostegno al governo e al suo dissenso dai bombardamenti in Libia; e Craxi in quel momento non godeva di buona stampa tra i tanti filoamericani senza se e senza ma. La mia impressione è che quelle posizioni dure, che nel partito sorpresero un po', avessero motivazioni più interne che internazionali e rientrassero nel generale filocraxismo dei miglioristi. Esso si esprimeva anche nelle critiche alla cosiddetta "diversità" comunista e al connesso "moralismo", considerati una eredità negativa della stagione di Enrico Berlinguer. Espliciti in questo senso erano soprattutto Jotti e Napoleone Colajanni, ma anche Napolitano le lasciava trasparire con il suo stile curiale e cifrato.
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