di Agostino Spataro
1… In questa fase altamente critica per la vita degli enti locali e della stessa regione, c’è in Sicilia un piccolo borgo dove una luce di speranza illumina una realtà in controtendenza, un esempio di dinamismo virtuoso in contrasto con la crisi paralizzante delle autonomie isolane molte delle quali, fra tagli, evasioni tributarie e malgoverno, rischiano la deriva, la bancarotta.
Stiamo parlando di Montedoro, 1.700 abitanti nel nisseno, appollaiato fra le antiche solfatare del Vallone e le verdi vigne di Canicattì, ossia di una preziosa rarità amministrativa che può vantare, e fruire, una rete di servizi e opere sociali che rendono vivibile una condizione umana altrimenti triste e decadente.
Con ciò non si vuol dire che Montedoro sia il migliore dei mondi possibili poiché anche qui sono presenti acuti problemi sociali: emigrazione, disoccupazione, precarietà, ecc.
Solo segnalare che si sta lavorando per costruire un futuro che scongiuri quella sorta di “morte civile” che incombe su tanti piccoli comuni dell’interno dove, per tre quarti dell’anno, s’odono soltanto rintocchi di campane a morto e latrati di cani.
2… Visitando Montedoro si coglie un senso di sano fervore, quasi interamente declinato sul versante della socialità. Par di vivere il sogno, in scala ridotta, del “socialismo pragmatico” emiliano.
Ma non siamo in Emilia e nemmeno a Marinaleda, la cittadina dell’Andalusia, diretta dal 1979 da un “alcalde” comunista, Manuel Sanchez Gordillo, dove “i servizi alla cittadinanza hanno un costo simbolico… E la cura degli spazi comuni compete a tutti i cittadini…La Polizia Locale non esiste e, manco a dirlo, non esiste la criminalità. Come la disoccupazione.” (“La Repubblica”, 27/12/2013)
Siamo in un borgo dell’aspro entroterra siciliano senza grandi pretese ma con tanti risultati all’attivo che, per certi versi, costituisce un esempio perfino imbarazzante poiché pone un interrogativo ineludibile: perché qui si sono potuti realizzare tanti servizi e opere sociali e altrove no?
Miracolo? No, solo programmazione, buongoverno! Opera certosina e di lunga lena di diverse compagini di sinistra guidate, per un trentennio, da Federico Messana (Pd) uomo di solida cultura e di esemplare efficienza amministrativa. E d’inattaccabile onestà. Virtù rare, anzi rarissime, di questi tempi, specie se riunite nella stessa persona.
Quest’uomo, minuto e schivo, dal piglio vagamente volterriano, è il protagonista della “favola” che andiamo a raccontare; favola di un potere forte, perché democratico e trasparente, che ha prodotto risultati davvero brillanti, apprezzati dai suoi concittadini che l’hanno confermato sindaco per la settima volta. Altro che rottamazione!
3… La prima tappa è al museo della Zolfara, insediato dentro e intorno alla vecchia miniera sociale “Nadurello” (una storia di sofferenze e di lotte che portarono all’autogestione operaia), dove si possono vedere immagini e ricostruzioni della drammatica condizione operaia, specie dei “carusi” (bambini annichiliti dal sopruso e deformati dalla fatica), cogliere l’importanza strategica dello zolfo che rendeva una fortuna ai padroni, ai gabellieri, sovente mafiosi, e miserie e malattie ai minatori.
Sul piazzale, come a guardia del museo, un corteo pietrificato di eroi della miniera. Lo apre Leonardo Sciascia e lo chiude Luigi Pirandello, gli autori siciliani più legati alla realtà della zolfara.
In tutto l’ordito dell’organizzazione museale si coglie, talvolta in filigrana, l’intreccio fra zolfara e letteratura abilmente volto anche all’attrazione turistica. Ispirato da una novella del Nobel agrigentino, è nato “l’itinerario di Ciaula”, il carusu uscito dalla bocca dell’inferno che, finalmente, “scopre la luna”, il mondo circostante, la speranza di una vita nuova.
Al moderno Ciaula, che non guarda più il cielo perché accecato dai bagliori del delirio urbano, la Stargeo (associazione locale di gestione dei servizi) offre la possibilità di salire sulla sommità del monte Ottavio (30 ettari di pineta, trasformata in parco urbano attrezzato), a visitare l’Osservatorio astronomico, per scoprire la luna e indagare i misteri delle connessioni astrali, per “viaggiare” nello spazio infinito… con Leopardi cui è dedicata la struttura.
Accanto c’è il Planetario, una formidabile opera scientifico-divulgativa, con una cupola dal diametro di 7 metri e di 50 posti a sedere per l’osservazione guidata, molto apprezzata dalle scolaresche.
4… Scendendo verso l’abitato s’incontrano alcuni capannoni dai quali salgano cori di pecore belanti appena rientrate dal pascolo negli ovili sociali realizzati dal Comune e assegnati ai pastori. Un’iniziativa lodevole che ha salvaguardato una piccola economia e una tradizione, la civiltà pastorale, che da millenni fornisce all’uomo alimenti insostituibili.
Seguendo la “mappa dei tesori”, distribuiti per l’intero l’abitato, s’incontrano diversi servizi e strutture per il tempo libero e per la crescita culturale. A Montedoro operano ben quattro centri d’incontro differenziati secondo l’età (dai bambini ai giovani, agli anziani, ecc), un palazzetto che ospita una ricca biblioteca (25mila volumi) con annessi spazi ricreativi e didattici, perché l’obiettivo- mi dice Federico - è quello di coniugare studio, svago e creatività.
Il minuscolo borgo si è permesso il “lusso” di dotarsi di un moderno Teatro comunale, una smagliante architettura in vetro blu di 250 posti che, in certi periodi, diventa cinema.
Non è il solito monumento alla vanagloria del sindaco o del suo protettore politico, ma una struttura viva, operativa con una programmazione stagionale che può contare su 180 abbonamenti e su un certo numero di spettatori provenienti anche dai comuni vicini.
Durante l’estate il teatro si sposta all’Arena, nel cuore della grande villa comunale, dove i posti diventano 1.000.
5… Forse, un giorno, a Montedoro arriverà anche il… mare. Nell’attesa, vi sono due piscine comunali: una semiolimpionica che funge da vero e proprio lido e un’altra, più piccola, all’interno del complesso culturale - ricreativo “Le cupolette rosse”, dove si trovano un ristorante-pizzeria, sale per convegni, per feste, abbellite da murales e sculture di nobilissima fattura. Com’è noto, il grande problema (in genere irrisolto) delle opere sociali pubbliche non è solo quello di realizzarle, ma di farle funzionare. In Sicilia, la domenica, non aprono nemmeno i musei più rinomati!
A Montedoro la gestione è stata affidata a società private del luogo che pagano un canone al Comune e si accollano le spese di manutenzione degli impianti. Un ottimo risultato per un piccolo ente locale che, senza spesa, riesce a offrire una serie di servizi alla popolazione, ai turisti e ci guadagna pure.
Camminando fra case di gesso e cortili fioriti, andiamo a visitare le cinque “case-museo”, architetture semplici, tipiche della “civiltà contadina”, adattate secondo un’originale concezione etnografica: abitazioni antiche che diventano museo di quel che sono state.
C’è la casa del bracciante senza terra che mostra la povertà delle sue attrezzature e i segni di una triste condizione umana. Al contrario, quella del “burgisi”, (proprietario agiato, spesso “gabelloto” del feudatario) dove, più che arnesi da lavoro, sono esposte le “comodità” sue e della famiglia.
A complemento, ecco la “casa- museo” degli antichi mestieri - quasi tutti spariti - dove il visitatore può “vedere” la bottega di un fabbro, di un barbiere, di un sarto, ecc; el e novene del “Natale”, con i presepi e gli altarini votivi, illustrate dalla penna di una raffinata scrittrice anglo-francese, Luise Hamilton, che visse a lungo a Montedoro.
6… Un patrimonio ricco, variegato che richiama una quantità crescente di visitatori, anche scolaresche che qui giungono per una gita istruttiva e ricreante. Flussi interessanti che hanno indotto il Comune a creare “l’albergo diffuso” ossia una rete di residenze, di mini appartamenti distribuiti nel centro storico, per un totale di 160 posti-letto, dotati di tutti i comfort (bagno, tv, aria condizionata, ecc) offerti, a prezzi accessibili, dalla società privata “Il borgo” che ne ha la gestione.
Infine, due parole per segnalare un’altra “meraviglia”: il parco delle sculture a cielo aperto, disseminate nelle ville e negli angoli più suggestivi del paese. Si tratta di decine di opere di scultura, realizzate in pietra di Sabucina, donate al Comune dagli artisti, provenienti da ogni angolo del Pianeta, partecipanti alle diverse edizioni di “Montedoro Arte”.
Vi sarebbero altre cose meritevoli di una menzione (le case comunali assegnate alle famiglie meno abbienti, le case popolari realizzate con una procedura “personalizzata”, la “Casa dell’acqua” l’impianto pubblico di acqua depurata, ecc.), ma spero di aver reso un’idea di questo grazioso paesino dove si può trascorrere un week-end sereno, alternativo. Agli scettici, anche fra gli amministratori, non resta che andare a Montedoro a verificare e, perché no, anche a imparare.
(Agostino Spataro, 9 novembre 2014)
Serie di (mie) foto:
n.1, Museo della zolfara; n.2, Federico Messana; n.3, Centro sociale e culturale; n.4, Planetario sul monte Ottavio; n.5, Ovili sociali; n.6, Casa dell'acqua; n.7, Le "cupolette rosse"; n.8, Arena alla Villa comunale; n.9, Casa-museo delle lotte contadine; n.10, Teatro comunale; n.11,Osservatorio astronomico; n.12, Arte in piazza.