domenica 24 aprile 2016

PENSIERI CORTI, ANCHE CORTISSIMI





 Dedicato ai grandi visionari del passato e del presente perché da loro verrà il futuro del mondo.

Nuova edizione aggiornata. Copyright 2016- Agostino Spataro-Tutti i diritti riservati

Pagine 190, formato 15x23
Si può acquistare presso:
http://www.lafeltrinelli.it/libri/spataro-agostino/257930

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 “Una società senza giardini è una società moralmente e umana­mente sconfitta” (F. Zabbal in “Qantara”, 2001)

 (Questo libro non ha indice né capitoli, ma 21 “giardini” per ognuno dei quali sono indicati i titoli dei pensieri contenuti)

I 21 GIARDINI

Il Giardino d’Oriente
La luce della sapienza; C’era una volta … il viaggio in Oriente; La favolosa saggezza del sultano dell’Oman; Una notte damascena; L’Oriente visto dall’Occidente; Alla ricerca della Madre; Mondo arabo: suolo e sottosuolo; Lo spirito del mondo; Riflessioni sopra un tappeto afghano; Martiri necessari; Tripoli, bella di notte; Petrolio e dittatura; Quella volta Federico a Gerusalemme; Senza il “prima” non ci sarà il “dopo”; Le anime dei Templari?; La Luna era lo sposo e il Sole la sua sposa; Non vi sono “popoli eletti” e primi dei non-eletti!; Il potere dello zero; La casbah: memoria e intelligenza della città araba; Nel magico paese di Magan; Quando un ateo favorisce la costruzione di una moschea; Terrificante “utilità”; Mareb e i suoi due giardini; Gerusalemme: fra santità e conflitto;  Il paradiso degli “assassini”; Alessandria; Kamikaze e shahid; Taiz, la porta dell’amore; Hotel Saint George ad Algeri.

Il giardino delle fontane zampillanti
Messico e…Lila; Il padrone dell’orizzonte; Profumo; Panis angelicus; Il leone di Herend; Alla Quisquina, nelle terre del socialismo spontaneo; Il “vortice” di Glass; Come barca nel mare di grano; Sensazioni; Mondello in grigio perla;  Buenos Aires; La voce di Enja; Vasary Tamas, il mistico della musica ungherese; Cielo liquido; Sole delle Ande; Il tumulo di Vergina; Elogio del lentore messicano; Sorriso creolo; Il cielo di Praga; La Sicilia; L’arancia di Borges; Palermo di Buenos Aires; In Patagonia; Cielo brasilero; Auckland, quella finestra della casa di fronte; Il potere idrico: La meraviglia di Iguazù.

Il Giardino della sapienza a…buon mercato
Resurrezione: una promessa o una minaccia?; La classe non è acqua ma sangue che ribolle; Schiavi ; Pianeta onirico; Il ricordo; Comunismo; Il benessere scaccia Dio; La memoria del presente; Il possesso; Indietro tutta; Perseveranza; Bramosia e gusto; Stravagante; Uomo faber; La fantasia;  Popolo e forze dell’ordine; Caducità; Tierras ociosas; L’amicizia; Nascerà una nuova razza?; Il vecchio e il nuovo; Immortalità?; La sede dell’anima; Tornare indietro; Viaggiare, un diritto umano; Della tolleranza; Il futuro?; La storia; Bisogni e libertà; Solitudine; Eroi; Vitalità della democrazia; Guerra contro il tempo; Tenebra; Per ricominciare… a lottare; Il corpo umano; Il tragico paradosso della libertà; Potenza di un locativo; Urge una nuova idea di salvezza; Il mondo secondo Pirandello; Off-limits; Felicità tecnologica; Negli spazi anonimi della civiltà; Nei panni delle vittime; Religioni e civiltà; La libertà dell’acqua; L’ultima età.

Il Giardino delle visioni notturne
Le notti di Borges; I Lestrigoni sono fra noi; Oltretomba; La profezia; Alma gelida; Torniamo in una notte oscura…; Cavalieri del Santo sepolcro; Suolo e sottosuolo; Una strana custodia; Il segreto del potere; La torre di Auckland; Il ciclo; L’altra metà del tempo; La voce della Terra; Chi fu veramente Giuda Iscariota?; L’ignoto; Cibo per la notte; La quarta Roma; La danza dei “numeri” al cimitero di Fabaria ; Venezia; Sentieri scomparsi; La notte dell’attesa; Regressione feconda; La bella morte; Bruttezza a tavola; Il dubbio; Vaghiamo bendati; Morte; Il Nobel ai “cartoneros” di Buenos Aires ; L’eredità dei morti; Europei, verso l’estinzione?;

Il Giardino d’Occidente
Dove va l’Occidente?; Importare il “terzo mondo” nel primo; La dittatura degli investimenti; Neoliberismo; Vecchia Europa un corno! ; Spinoza, un clamoroso caso d’intolleranza ebraica; L’economia del terrore; L’Occidente visto dall’Oriente; Alla conquista dello Stato/ spa; Un Papa argentino per “recuperare” l’anomalia sudamericana?; Meno Stato, meno diritti; Usa, le guerre non vinte; Euro-Russia: unire Europa e Russia;

Il Giardino dei frutti amari
L’albero della coerenza; La chiave dell’acqua; La privatizzazione dell’acqua; Canto greco; Il potere del sottosuolo; Ordine perfetto; L’equità della pistola; Festa Judia; Inclusione o esclusione: questo é il problema!; A monte, a valle; La sindrome del convertito; Una questione fonetica; Cambio di regime; L’industria del reato; Pensiero profondo, pensiero oscuro; Azienda Italia?; Si può vincere la guerra e perdere il dopoguerra; Domandare o spiare?; Termini Imerese, si cambia!; Madre Terra; Il sottosuolo di Empedocle; In Cina, quando ancora il sole illuminava il giorno; Sicilia, anticamera del deserto; Atene e Napoli; Ecatombe delle lingue; Il cacciatore e la preda, a parti invertite;  Il pozzo di Sofia.

Il Giardino delle nequizie
Sterilizzare i piccioni e gli…indiani ; Rifiuti umani; Il capolavoro dei ricchi; Evoluzione sicula; Il sogno dei tiranni; La circoncisione femminile; Globalizzazione; Quando si dice “quisling”; Quel fottuto iper- garantismo di sinistra; L’illusione del governo apolitico; Repubbliche ereditarie; Europa plutocratica; Palestinesi e israeliani; Il cinismo dei potenti; Il Papa polacco; La bestia divoratrice; Heil Boss! ; Pubblico ignobile; Grecia, l’alternanza fra due… famiglie; Lo strano crollo dell’Unione Sovietica; La corruzione come sistema di scambio; L’abietto dono;  Il potere delle sette; Mission; Ricchezza immateriale e povertà materiale; Sul carro del vincitore; Silenzio killer; Ricchi e cretini; Quando ricchezza e povertà crescono insieme; La dittatura delle minoranze; I delitti dei medici; Xiumi surdu (fiume sordo); Affollamento; La scorta; A mezza parola; La porta girevole; Fabbricanti di prove; Odio e antipolitica; L’agonia di Agrigento ; La sindrome di accumulazione compulsiva; La città fantasma.

Il Giardino delle armonie terrestri
Erice cilena; Ellade! Ellade!; Malta ovvero la Sicilia senza la mafia; La Bibliotheque Mazarine; Stoccolma; Partire; La fine dei Miti; Sentieri; Sul treno per Gol; Prevedibile; Visit Yemen; La baia di Sydney; Rio Paranà, pasajero eterno; Elogio del gelso rosso di Siculiana; La Croce del Sud; Il cerchio di Markò; Incorporazione; Cielo di foglie; Alba d’oro; La pecora nera; Saponette all’arancia; Meteora; “Monte vide eu”; La residenza sulla Terra; Verde verticale; Due verbi bellissimi; Isla Negra; Il mistero delle campane di Burgio; Senigallia; Mercedes Sosa; Cinciallegra; Fiori sull’altrui tomba; La dolce canzone dell’acqua; Ombra infedele; Letizia Battaglia.

Il Giardino delle foglie appassite
La danza de la Muerte; Dalla cucina alla latrina; Vivere male per morire meglio; Il vento; Sotto la porta; Ombre in Patagonia; Fatiscente eternità; Invidia; Gorbaciov o del corpo del reato; Il mio paese-voliera; Agrigento: da metropoli a necropoli; Attenti agli Usa; Bellezza e rivoluzione; Amore coniugale; Donne di Mar del Plata; Il dono dell’ambiguità; Il cimitero dei miti; L’erba taglio; Ottantacinquemila parole; Legofagi o mangiatori di leggi; La Sicilia dei “Vicerè”; Amico degli amici…degli amici; L’eterna incompiuta: il tempio di Zeus Olimpico; La modestia di Madrid; Nuvole.

Il Giardino delle perline di vetro
Amore per i cani e crudeltà verso gli umani; A una gazzella dagli occhi verdi di acqua marina; Delirio urbano; Matrimonio e funerale; Le frontiere dell’intelligenza;  Il pesce pagliaccio; Un primato invidiabile; Lettera alla moglie; Indebita superiorità; Brasile, vincerà la “madre” o il “padre” ?; Intellettuale e potere; Il dramma dei siciliani; Immigrazione: società laica o mosaico di comunità?; I siciliani, secondo Pirandello; La misura dell’amore; Il girafoglio; Vita beata dei sicelioti; Spaventosamente attraente; Al funerale di Amalia; La discesa verso il nord; L’umanità del Partito; Chi integra chi: un caso d’integrazione in controtendenza; Grecia e Magna Grecia hanno già dato; Ancora buone notizie dall’America del Sud; L’occhio o del limite della verità; L’oro dei “roma”.

Il Giardino delle apparenze
I morti volanti; Librerie di Buenos Aires; La pseudo democrazia dell’alternanza; Rotazione; Voglia di volare; Miseria nascosta; Il pozzo Dominici; Chant Cler; Buoni romanzi; Gli “amici della Noce”; Il dramma dell’errore non trovato; La sacralità delle mammelle; L’invenzione di Dio; Maccalube, fine di un mito; Verità difficili; Un dramma in cielo; Le anime degli assenti; La guerra dei “centri” ; Double-face.

Il Giardino delle eroiche virtù
L’urlo dei tamburi a Buenos Aires; Il terzo palco;  La morte del Che; Ironia sotto la forca; Moro e Berlinguer; Fabbricanti di martiri; L’assassinio di Aldo Moro; A due eroi involontari che amavano la madre e la vita ; Il rebus delle atrocità; Palestina: due domande in una; Omicidi che allungano la… vita.

Il Giardino dei supplizi
Il supplizio dell’omertà; L’indio; La vendetta dei preti; Una menzognera pietra tombale; Uccelli suicidi; Aridità; Terra morta; Possesso maniacale; Lo “sbadiglio” di Munch sul treno per Bergen; Obiettivo 1;  Il senso di colpa; Il pedofilo in nero; La guerra; L’invenzione del terrorismo; Miserie dei tiranni; La matanza dei mapuches; A morte l’ateo; Le guerre dei codardi; Caos; Latrocinio e dittatura; Domenicani che giocano a carte; Vietato strangolare le oche ; Concerto per l’inquisitore; B&B; Col senno del …prima; Terror Haza: una sorprendente verità.

Il Giardino dei fiori di cactus
Sicilia, l’antinazione; Idiozia rivoluzionaria; Rieducazione; Il non potere; Volontà e intelligenza; Oligarchie illuminate; Bienvenidos, nel primer mundo; Carrierismo; Il limite della libertà; Madre argentina; Su WikiLeaks; Comunismo e consumismo; Il ciclo delle migrazioni; I problemi dell’accoglienza; Nutrimenti; La profezia di Sciascia anche in Norvegia?; Il silenzio; Si spengono le luci…a una a una; Pericolo turco; Commissioni consultive; La rivoluzione non è di genere; Dragunera; I figli della roccia vanno alla guerra; Cina, espandersi o perire!; Governo e potere; Antisemitismo o antiebraismo?; Miseria; Dialogo; La cerimonia segreta della solitudine; Elogio dell’inclusione; La percezione dello straniero; Lotta fra classi sociali o fra classi…d’età?; Una busta di “buone ragioni”; Il separatismo egoista; La Sicilia secondo Petrarca; La rivincita degli esclusi; Sicilia, un regime a sovranità limitata; La Tav e la Sicilia; Materialismo capitalista; Perché ci chiamiamo siciliani?; Il dramma degli affetti; Moto; Il ritorno dell’assente.

Il Giardino degli oblii                                                                                          
Morte sotto la luna; Indebita appropriazione; Perfezione suicida; Antichità; Il cimitero dei pensieri perduti; Sculture; A nord dell’indifferenza; L’uomo non guarda più il cielo; Garibaldi marciò su Roma o verso i Balcani? Egli non fu; Aldo Moro e le due Sicilie; Ci hanno rubato il canto e le canzoni; Mnemocidio; Eterno presente; Che Guevara, quella targa sulla parete della casa di fronte; Il Genio di Palermo; Leonardo Sciascia deputato radicale; Il Nobel è mancato a Borges o viceversa?; Beirut brucia; Tristezza; Il potere materno; L’immortale?; L’origine incestuosa  dell’umanità; El Teniente: la verità non é per sempre.

Il Giardino delle pietre cadute
Che tristezza la vita senza Marx!; Lingue imperiali; Solitudini ben ordinate; Bronzo sprecato; Tedeschi; Complicità; Civiltà; Muri per impedire l’entrata o l’uscita?; Fuochi fatui; Le statue di Stavanger;  Montmartre; Cimiteri di lusso e casa abusive; Sicilia militarizzata; Folla ingravidata; Partito o movimento?; Petrolio; L’opposizione stanca; Se la destra governa mediante la sinistra; L’Odissea degli ex Pci; Informazione fai da te ; La spina e la presa; Gli ungheresi ricchi a metà; La morte del denaro; Le madri del Sud; Libertà dal…lavoro; Il cambiamento; Il rispetto; Il sole malato; Biarritz; Praterie tzigane; Mezzogiorno, fuori del mondo; Pavarotti; Cuore d’argilla; La lotta di una sola classe; Vincitori affascinati dai vinti; Società orizzontale; L’era interglaciale; Il crollo delle ideologie?; Quanti compagni al Tempio!

Il Giardino della seducente follia
Allo zoo degli umani; Poesia e follia; Morte e vacanza; La pianeta; Il piacere del plagio; Quel granulo di follia…; Rendez-vous fra un milione di anni; Insaccare il vento; La bella solitudine; La felicità è pazzia; Pianeta onirico; La follia, caglio per la mente; Il suicidio del poeta; Poesia dell’assurdo; Il grado più alto della conoscenza; Il re della sintesi fonetica;  Ma la tomba no!; Un cataclisma ci salverà!; Festa di compleanno; Ladri di mani; La seducente bellezza dell’ira di Dio; La pazzia (in) esistente; Il triangolo della follia; Dedalo a Sant’Angelo Muxaro.

Il Giardino delle dolci amenità
Paulo Coelho e gli asini di Empedocle;  Un futuro… dietro di se; Una moglie per marito; Capelli scuri, idee chiare; Perché si dice “cornuto e contento”; Il barbiere di Ganzirri; Una mostruosa macchina per scrivere; Le due metà del giorno; Lineamenti della dignità; L’uccello di Andreotti; I monumenti di Uppsala; Il cielo all’ingiù ; Da Paul, a Champs Elisées: Messaggio chimico; Il buon servo; Senilità; Sputi svedesi; Bunaca; La vela nera; Fado; Casa; I montanari; Ordine; Culto astrale; Celibato dei preti; Dio mal sopporta i suoi emuli; Errore cromatico; Il metro; Il viaggio; Teatro anatomico; Il buon ricordo; Un mondo popolato di galline; Bellezza o ricchezza?Il paraninfo; La felicità; Una “sentenza” inappellabile; Fuori la mafia dal …vocabolario; I cinesi che giocano a palla; Un mondo senza uccelli?; Sfida tra titani; Sul rio el Tigre; Il viaggio interminabile; Miscateddri; Droghe; La “ntinna”; Taccagneria dei genovesi; Saluti a papà; Altezza; Impudicizia senile; Prova di morte; Una regione a statuto speciale a… Gerusalemme; Compleanno; La corda lunga; Budapest, un debito d’amore.

Il Giardino delle vacue beltà
Il Golem del potere; Jet-set internazionale; La dieta ingrassante; Quando non si ha la forza di tornare; La signorina Lisbona; I norvegesi nella UE; Il consigliere del Re; Scirocco; Aborigeni; L’alternativa oggi in Italia; Sensibilità estetica; Cultura eurocentrica; Una mano di vernice fresca; Coiffeur pour femmes; Razzismo edulcorato; Amarissima; Miserie deportate; La signora banconota; Un manichino umano; Il lato oscuro della Sicilia; “Carta cannusciuta”; Hambre; Magnificenza e dittatura; Eterna giovinezza?; La Terra; Patria: di tutti o di chi?; Monumento alle vittime del ’56; Il colore dei pensieri; Rompicapo siculo; Il cugino americano.

Il Giardino dei bonsai
Il Cafè dei Lumi; L’increato; Libertà; Brevilinei al potere; Usa, l’identità debole; Per i sentieri del tempo; L’arte nelle colonie; Zabut, un’asfissiante omonimia; Il saggio; Passeri obesi; La voce e la parola; Nelle alte regioni del vizio; Saddam alla guerra contro i “curti”; Budapest; Cibo per gli uccelli; L’eredità di don Tanu Basile; Il patriarca; Il delegato egiziano; Il caro piscio; Un’acca; Il piacere; Urlatori; La memoria degli odori; Il cubo di Rubik; Il gatto con l’occhio di vetro; La fotografia; Berlusconi, l’anti-Lega; Dietro il trono; Il patriarca in carcere; Stazione Keleti; Mafiosi; Eclissi di sole; Associazione benevolenza; Strauliari; Agli amici di Facebook; Argentina; Dato anagrafico; Visit Ancona; Rispetto a metro; Un piede dentro il Pentagono; Tortura involontaria; Non ho nido su questa terra; Graffiti imbarazzanti; Sciocchi.

Il Giardino dei facili inganni
L’ingravidamento fluviale di Nicole Kidman; Abbattere il tiranno e anche la tirannia; Essere o apparire; Relatività dell’acqua; “Il re degli uomini”; La patria; L’uomo-uccello; Pioggia; Sicilia, il futuro rubato; Humahuaca, i cardones patriottici; Comunismo con l’uniforme; Anti-complottisti; Dalla parte dei carnefici; Grattacieli; Acqua giogia; Un passo alla volta; Sesquipedale; C’è chi sale e c’è chi scende, a Canicattì; A ogni morte si chiude una casa; Le ceneri del padre; Il peso del deputato; Cina, lo strozzino intelligente; Il sorpasso; Sicilia, mezza piena, mezza vuota; La nuova età del ferro; Nuovi guerrieri; Il genitivo siculo; USA, un nome improprio; Crimine contro l’ospitalità; Terzo sesso?; Il dolce…dopo.

FINE






venerdì 15 aprile 2016

BORGES NELLA SICILIA DEL MITO/ Tributo allo scrittore argentino nel 30° anniversario della morte.


           

Nel 30° anniversario della mortedi Jorge Luis Borges, con questo piccolo libro, stampato per il mio personale diletto,  desidero ricordare il suo viaggio a Palermo, in Sicilia, nel 1984 e rendere un sincero tributo alla sua vasta opera immortale e a Buenos Aires sua città natale. 
Ventisei anni dopo, chiesi a  Maria  Kodama, vedova dello scrittore e presi­dente della Fondazione Internazionale Borges, di rievocare quel viaggio  per “La Repubblica” e di raccontare, durante una stravagante conversazione in taxi sull'autostrada che da Buenos Aires conduce all'aeroporto di Ezeiza, taluni aspetti inediti, momenti particolari, sensazioni, aneddoti, equivoci del soggiorno palermitano. Alcuni sono riportati in questo libro. (a.s.)

 



Bio-bibliografia dell’autore in:
- it.wikipedia.org/Agostino_Spataro
- montefamoso.blogspot.it/2014/04/agostino-spataro-bibliografia.html


Pubblicazione non in vendita




                                                              

LA DEDICA

Jorge Luis Borges con Maria Kodama (foto: www.elpais.com).












“Come tutti gli accadimenti dell' universo, la de­dica di un libro è un gesto magico.
La si potrebbe anche definire il modo più gradevole e sensibile di pronunciare un nome.
Io pronuncio ora il suo nome: Maria Kodama. Quante mattine, quanti mari, quanti giardini del­l'Oriente e dell'Occidente, quanto Virgilio.” J.L. Borges *

* in “Borges. Tutte le opere”, a cura di Domenico Porzio, Ed. Mondadori, Milano, 2003

(In copertina: Jorge Luis Borges a Palermo, 1984 - Foto di F. Scianna in: www.digitalist-Borges.blogspot.com )





INDICE

Borges in Sicilia, un viaggio memorabile .....  1

Tributo a Borges e a Buenos Aires
-       Borges, da una Palermo all’altra;
-       a Buenos Aires per i sentieri di Borges;
-       la più grande metropoli “mediterranea”;
-       il Nobel ai “cartoneros” di Buenos Aires;
-       un debito d’amore verso Buenos Aires;
-       librerie: el gato dueno de los libros;
-       il rio Paranà, pasajero eterno.

Una stravagante intervista in taxi ................  17

Testo integrale dell’intervista a Maria Kodama
          spagnolo ..............................................  25
          italiano ................................................. 37
Una registrazione involontaria
          italiano ................................................. 47
          spagnolo .............................................. 59

ALLEGATI
-       Borges, viaggio nella Sicilia del mito ......  71
-       Fotocopia articolo de “La Repubblica” ... 80
-       D. Porzio sul viaggio di Borges in Sicilia   82
-       A Buenos Aires, la Palermo degli artisti   84
-       El enigma de Judas Iscariote ..................  89
-       Borges, un’altra ipotesi su Giuda ............ 94
-       Bibliografia ............................................... 98



Pubblicazione non commerciale. 
Copyright 2016 - Agostino Spataro. 
Tutti i diritti riservati.




Ringraziamenti
Desidero ringraziare tutte le persone che hanno contribuito a ren­dere possibile questo lavoro.
In primo luogo, la signora Maria Kodama Borges per la sua simpatica, cordiale disponibilità e per l’indimenticabile, extravagante conversazione sul taxi che da Buenos Aires la conduceva all’aero-porto.
 In questo lavoro mi sono stati di grande aiuto e per questo li ringrazio sinceramente:
-la signora Nicoletta De Guglielmi, dell’Ambasciata italiana a Buenos Aires, la quale mi ha, gentil­mente, assistito (anche come interprete) durante la conversazione con Maria Kodama e tradotto la re­gistrazione dell’intervista pubblicata in “La Re­pubblica” ;
-il signor Ulyses Rossi per la sua preziosa e ami­chevole collaborazione in questo come in altri miei lavori. In questo caso, per avere egli sbobinato e tradotto (in italiano) la registrazione della conver­sazione in taxi con Maria Kodama.
Alcune foto sono mie, altre le ho prese da vari siti web che ringrazio.
Un grazie particolare va a Ferdinando Scianna per le bellissime foto, scattate durante la visita in Sici­lia del Maestro, pubblicate nel sito:
http://www.letraslibres.com/revista/portafolios/borges-en-sicilia


Avvertenza
Quasi tutti i materiali pubblicati sono in castillano (spagnolo) e in italiano.
Mi scuso per qualche imprecisione, per alcuni “vuoti” dovuti alle difficoltà dell’audio e alle ru­morose interferenze derivate dal traffico autostra­dale.
Poiché, la registrazione (per altro involontaria) av­venne in condizioni molto precarie dentro un taxi che andava oltre i 100 km/h e mediante un piccolo apparecchio riposto in una tasca interna della giacca ch’ero convinto di avere chiuso... (a.s.)




BORGES IN SICILIA,
UN VIAGGIO MEMORABILE

Nel ricordo di Maria Kodama


Aeroporto Ezeiza di Buenos Aires. Agostino Spataro intervista Maria Kodama

“La signora Kodama è stata per lo scrittore compagna di vita e di lavoro, collaboratrice 
preziosa e intelligente; e anche la vista dei suoi occhi spenti. Oggi, è la più fedele custode 
dei suoi ri­cordi…”( a.s.)






TRIBUTO A BORGES E A BUENOS AIRES SUA CITTA' NATALE

Borges, da una Palermo all'altra




1.       Prima del fatto ossia la conversazione/intervista con la signora Maria Kodama è necessario accennare all’an­tefatto ossia alla venuta a Palermo, in Sicilia, nel marzo del 1984, di Jorge Luis Borges, celebrato scrittore ar­gentino, per ritirare il premio “La Rosa d’oro”, istituito dalla editrice palermitana “Nove­cento” di Domitilla Alessi. Egli, che aveva vissuto l'infanzia nel bellissimo barrio Palermo di Buenos Aires, giungeva per la prima volta nella nostra Palermo contento di poterne respirare l'aria di antica capitale dell’Isola dei miti, ma anche di capoluogo di una terribile, decadente realtà, in quei giorni, appesantita dalla decisione del governo di rendere operativi i missili nucleari della Nato installati a Comiso. Da una Palermo all'altra, si potrebbe dire.
   La cerimonia di consegna si svolse la sera del 27 marzo nel salone della Fondazione Mormino del Banco di Sicilia (sponsor del Premio) alla quale fui invitato -credo- nella qualità di deputato nazionale.
Accolsi l’invito anche se ero al corrente di taluni giudizi politici molto critici su Borges che circola­vano negli ambienti della sinistra a causa di certi suoi approcci con la dittatura militare che solo l’anno prima era uscita dalla scena politica argentina.
Certo, nel comportamento di Borges ci fu quanto­meno un errore politico, abilmente sfruttato dalla dittatura che – il mondo saprà dopo- fece sparire, assassinare circa trentamila giovani oppositori (de­saparecidos) con metodi brutali e inumani e senza uno straccio di processo. Un genocidio!
Tuttavia, credo che non si possa giudicare uno scrittore di razza, per altro impolitico, soltanto per qualche errore di tipo politico ma, soprattutto, per il valore, l’essenza della sua opera letteraria.
Pertanto, senza voler assolvere, né mitizzare nessuno, nemmeno Borges, andai a Palermo per salu­tare, per ascoltare l’autore di alcune opere che mi avevano affascinato: “Finzioni”, “L’Aleph”, “Sto­ria universale dell’infamia”, “Fervore di Buenos Aires”, ecc.
Mi fu riservato un posto in prima fila che trovai quasi interamente occupata dalle autorità palermi­tane e siciliane.
Al centro, assisi in una posa solenne, statuaria, c’erano i presidente della Regione e dell’Ars.
Di fronte, dietro il grande tavolo, avevano preso posto Borges e gli organizzatore del premio.

2.       Avvertii come un disagio a star seduto in quella prima linea di ottimati. Mi guardai intorno e vidi in fondo al salone, solitario e raccolto, l’on. Sergio Mattarella, da qualche mese mio collega alla Camera dei Deputati.
Il fratello di Piersanti mi parve volersi tenere alla larga da quella prima fila. Anche se lo conoscevo da poco, decisi di raggiungerlo in quell’anonima (e più confortevole) “retrovia”.
Tutto si svolse in pochi attimi: mi avvicinai al ta­volo e pregai Umberto Di Cristina di presentarmi a Borges per potergli stringere la mano. Null’altro.
Mi restò impresso il suo sguardo vacuo, il suo largo sorriso di circostanza rivolto a un illustre scono­sciuto.
Attimi fugaci nei quali intravvidi come un alone di luce giallognola, che per me è il colore della sa­pienza matura, avvolgere il volto dello scrittore segnato da un malcelato ghigno di un dolore antico, mai rimarginato.
Salutato il Maestro, invece di riguadagnare il posto assegnatomi, deviai verso il fondo della sala a oc­cupare la sedia vuota accanto a Mattarella.
E da lì ci gustammo, serenamente, la dotta prolu­sione di Borges.
Questo è quanto. Nulla di eccezionale. Solo piccoli gesti, necessari per segnare un confine evidente all’interno di un ambiguo contesto politico e morale che, in quel tempo tragico, dominava a Palermo.
Anche in occasione di un evento eminentemente culturale qual era la venuta di Borges in Sicilia, bi­sognava far vedere da che parte si stava.

A Buenos Aires per i sentieri di Borges
Con il passare degli anni, crebbe il mio interesse per l’opera del grande autore argentino, più di Bue­nos Aires direi, che, parafrasando lo stesso Borges, potremo definire il meno sudamericano fra gli scrittori sudamericani.
La parafrasi nasce da una battuta di Borges su Sha­kespeare che -secondo lui- “doveva essere di ori­gine italiana perchè tendeva troppo all’iperbole nella metafora; è il meno inglese degli scrittori in­glesi...”*
* (Domenico Porzio in “Borges. Tutte le opere”, Mondadori)
L’osservazione non é poi tanto peregrina, anzi, in qualche misura, anticipa - di almeno un ventennio- l’ipotesi proposta nel libro del professor Martino Iuvara* il quale, basandosi su una lunga e articolata ricerca, arriva a sostenere che il grande po­eta e drammaturgo inglese era in effetti italiano, nativo di Messina.
*(in “Shakespear era italiano”, Ed. Kromatografica, 2002)
Fondata o meno che sia l’ipotesi di Iuvara, bisogna riconoscere che é piuttosto argomentata, mentre ri­mangono incerti, aleatori alcuni aspetti della vita  del poeta. Taluni, addirittura, mettono in dubbio la sua effettiva identità, perfino l’esistenza.
Ma torniamo a Borges di cui continuai a leggere tutto quanto mi capitava per le mani.
Per conclu­dere con la monumentale edizione (in due volumi) di “Borges. Tutte le opere” magistralmente curata da Domenico Porzio il quale nella sua dotta “Introduzione” annota alcuni episodi, aneddoti re­lativi alla visita dello scrittore in Sicilia e ci lascia un’interpretazione, a tratti maieutica, dell’opera borgesiana: “Una letteratura che insegue i lucidi piaceri del pensiero, ma ha coscienza della propria irrealtà e del suo essere sogno, è un’arte misteriosa come gli altri elementi del mondo. La prestidigitazioine definitoria di Borges va oltre: una pagina o un verso fortunato non devono inor­goglirci: “sono un dono del Caso o dello Spirito; solo gli errori sono nostri”.
Per me, totalmente preso dalle vicende politi­che nostrane e da quelle più ingarbugliate e terribili dei Paesi arabi e mediterranei, dell’eterno conflitto fra palestinesi e israeliani, la lettura di Borges fu come una discesa in un mondo veramente nuovo, fantastico e crudo al tempo stesso; dentro il quale scoprii, fra l’altro, qualcosa di noi che era fuggito in Argentina, tanto tempo fa.
Buenos Aires mi apparve come una stella lontana e scintillante, ora raggiungibile seguendo i sentieri tracciati da Borges.

La più grande metropoli “mediterranea”                             

1.    Fu così che cominciai a esplo­rare Buenos Aires, a girovagare, a curiosare per i suoi "barrios", per le   sue  calles e avenide, per i suoi parchi e musei, ecc. Solo sensazioni, impressioni, le mie. E tanto amore… per questa città gioiosa, impetuosa ma anche fragile, triste che, col tempo, ho imparato ad apprezzare per quella che è, con i suoi difetti e le sue virtù.  
                      L'esplorazione continua poichè c'è ancora molto da conoscere, da capire di questa sorta di "foresta incantata" che spero possa migliorare e divenire più equa e solidale per il bene dei suoi tre milioni di abitanti che diventano quattordici con la popolazione dei sobborghi.
La “più grande metropoli mediterranea”così Ga­briela Habich*, una cara amica portegna, ha defi­nito la capitale federale argentina, volendone sotto­lineare la multi etnicità e la straordinaria predispo­sizione all’accoglienza di gente arrivata da ogni continente e, in primo luogo, dai paesi rivieraschi del Mediterraneo.
*Politiche di confine nel Mediterraneo” Ed. Rubettino 2004.
A ben vedere, Carlos Fuentes annotò, ironicamente, che: “gli argentini discendono dalle navi...”
Infatti, l’Argentina -come gli Stati Uniti d’America, il Canada, l’Australia, ecc- più che una “nazione”, nell’accezione classica del termine, è un mosaico di comunità; la risultanza di correnti migratorie venute prima al seguito degli occupanti colonialisti spa­gnoli e dopo, su richiesta dei governi locali, per at­tuare i grandi programmi di effettiva colonizza­zione di sterminati territori sottratti, con la violenza, ai popoli nativi.
Un variegato mosaico etnico, alla ricerca di un' identità.
Nel corso della loro storia, l’Argentina, Buenos Ai­res hanno accolto folle di migranti provenienti, per la più parte, dai paesi del sud-Europa e del Mediter­raneo: italiani, spagnoli, francesi, libanesi, siriani, ebrei, slavi, greci, turchi, armeni, ecc.
Da qui, l’originale definizione della Habich.
Da notare che in questa grande metropoli “mediter­ranea” si realizza una singolarità degna di una men­zione d’onore.
Osservando, infatti, le nazionalità dei migranti, si  rileva che trattasi, in prevalenza, di popoli che per secoli si sono fatti la guerra, si sono sgozzati a vi­cenda per un territorio conteso o per ordine di un dio vindice, ovviamente strumentalizzato dai belli­geranti. Odi e rancori ancora, tragicamente, non so­piti nei territori originari. Come per incanto, a Bue­nos Aires e in altre città argentine queste etnie con­vivono in pace, conservando aspetti importanti delle loro culture e tradizioni, dei loro stili di vita, tut­tavia sforzandosi di realizzare un’identità argen­tina.
Una riconciliazione felice, indotta dall’espianto mi­gratorio, dallo sradicamento; come se i “nuovi argentini”, al momento del distacco si fossero spo­gliati degli atavici odi e li avessero abbandonati nei porti di partenza.
  
2.   Tantissimi sono i fatti, gli esempi che si potrebbero portare a conferma di tale benefica metamorfosi. Ne segnalo uno piccolo che, in un sol colpo, annulla ogni pretesa di sciovinismo nazio­nalistico
In un giardino pubblico, dalle parti di Plaza Italia, vidi due monumenti a ricordo di caduti, fra loro nemici, che si combatterono sulle montagne del Carso durante la prima guerra mondiale.
Caduti ungheresi e caduti italiani.
Diedi una scorsa ai nomi e mi sorse una domanda: chissà se quel Farkas Lajos dell’epigrafe ungherese non fu ucciso da quel Principato Vincenzo dell’epigrafe di fronte o viceversa?
Chi può escluderlo?
Vittime di una stolta e crudele guerra, questi uo­mini, da vivi, furono costretti a odiarsi pur senza conoscersi, a sbudellarsi a colpi di baionetta e oggi, da morti, convivono nella pace (eterna), a pochi metri di distanza gli uni dagli altri. A Buenos Aires.
Tuttavia, il giusto riconoscimento di tale, grande disponibilità all’accoglienza non dovreb­be far dimenticare che tanta generosità fu pre­ceduta da una caccia spietata all’indio, da una serie di massacri dei popoli nativi.
“La campagna del desierto” del generale Roca ne fu un esempio davvero truce e definitivo.
Si trattò, infatti, di una sorta di pulizia etnica ante litteram che, nella seconda a metà dell’ottocento, praticamente liquidò la presenza degli “amerindi” (mapuches e altre etnie indigene) che abitavano le pampas, al di qua e al di là del Rio Negro, da mi­gliaia di anni.
Una pagina dolorosa e vergognosa, una ferita an­cora aperta ai piedi delle Ande di cui poco si parla e si scrive. Solo alcuni hanno avuto il coraggio di raccontarla per intero.

Il Nobel ai “cartoneros” di Buenos Aires
1.       Buenos Aires, dunque, dei forti contrasti, delle contraddizioni sociali evidenti: città ricca, potente, elegante per alcune centinaia di famiglie di magnati e di tierratenientes, ma anche madre dolente di tan­tissimi suoi figli esclusi dal benessere.
Una vera tristezza, una dannazione per milioni di essere umani che vivono, ammassati e in condizioni precarie, proibitive.
Specie, nelle sterminate periferie che assediano il Centro dove, storicamente, è insediato un ceto alto borghese sempre più ristretto, elitario, perfino dina­stico, subalterno alla grande finanza internazio­nale, che spinge il “medio” e il “piccolo” verso i gradini più bassi della scala sociale.
Un processo terribile, disumano che può essere sintetizzato con una sola parola : “esclusione”
Una situazione grave, degradante che genera disu­guaglianze, odi sociali e le più gravi incertezze per il futuro di questo grande e ricco Paese latinoameri­cano.
E - si sa- le disuguaglianze, l’esclusione sociale hanno provocato rivolte popolari, moti di giustizia per la sopravvivenza, quasi sempre repressi nel sangue.
Il sangue dei poveri!
Oggi, è riapparso lo spettro di quel ciclo infernale dal quale l’Argentina sembrava essere uscita.  
Nello scenario sociale e politico stanno, infatti, riemergendo incertezze, paure, inquietudini che parevano essersi allontanate o co­munque diluite in questi primi anni del nuovo se­colo.
Un’evoluzione lenta, contrastata ma positiva che ho potuto costatare personalmente durante i miei soggiorni in questo Paese di circa 40 milioni di abitanti distribuiti fra la capitale e un territorio sette volte più esteso di quello italiano.
La prima volta che visitai Buenos Aires fu nel 2001 ossia nel vivo di una fase segnata dal caos politico e sociale, dalla disperazione popolare causata dall’iperinflazione, dal “cacerolazo”per il falli­mento dello Stato provocato dalle politiche “neo-liberiste” avviate dai generali e proseguite dai successivi go­verni al guinzaglio del FMI.
A partire dal 2003 (con la vittoria di Nestor Kir­ch­ner) la situazione è stata, gradualmente, corretta, in parte recuperata, seppure con errori e qualche ec­cesso, dai governi della sinistra peronista.
L’ultima volta che ci andai è stato nel novembre 2015 per seguire le elezioni presidenziali che hanno decretato (seppure di strettissima misura) il ritorno al potere di quelle stesse consorterie economiche, affaristiche che portarono l’Argentina al fallimento e alla dittatura, le quali, contravvenendo alle pro­messe elettorali, stanno inasprendo, rendendola più acuta ed esplosiva, la difficile condizione dei lavoratori, del popolo argentini.

2.       Ma torniamo alla Buenos Aires che più amo, alle sensazioni, alle pulsazioni, agli umori, ai dolori, alle civetterie, agli sguardi disincantati che si colgono fendendo la folla, incessante e nevrotica, delle grandi avenide. Specie fra quelle del barrio Palermo dove - mi pare- più si concentra l’essenza umanitaria e cultu­rale di questa metropoli.
“Santa Fè, Scalabrini-Ortiz, Libertador, Malabia, Sarmiento, Belgrano, Borges, Cortazar, ecc.
Nomi, luci di nomi che rischiarano la storia trava­gliata della nazione argentina; una sequela di eroi e letterati che vogliono restare, o tornare, a Pa­lermo, anche da morti.
(A. Spataro in “Girodivite- Le città invisibili” 14/1/2006)
Le vie sono lo specchio animato di Buenos Aires. Qui scorrono, e s’incontrano, le sue diverse “anime”: ricchezza e povertà, sofferenza e ignobili viltà vestite a festa, corruzione dei potenti e urla di giu­stizia degli innocenti, violenza e trasgressione.
Sia chiaro, tutto ciò non è un maleficio, né appannaggio esclusivo di questa metropoli. Accade anche altrove, in altre grandi e piccole città del mondo, secondo i tempi, i ritmi, le logiche economiche della dissennata urbanizzazione che stiamo su­bendo.

3.     Città da amare, Buenos Aires. Evitando, però, che la passione ci renda ciechi e sordi e non ci faccia vedere l’intero arco delle sue vicissitudini, delle sue violenze, della sua realtà sociale. In primo luogo, quella dei ceti meno ab­bienti, degli “esclusi”, come i “cartoneros” per i quali propongo il Nobel più importante: quello per la salvezza del Pianeta, dell’umanità. 
Il Premio che non é stato assegnato a Borges, il cittadino più illustre di Buenos Aires, si potrebbe conferire a questi suoi concittadini, a torto, considerati "ultimi".
Ultimi o primi? 
Tante volte ho osservato a lungo i “cartoneros” di Buenos Aires ossia un esercito di umili, di uomini, donne, bambini, poverissimi di beni ma ricchissimi di dignità, vaganti nella notte per le eleganti ave­nide a raccogliere cartoni e altri materiali di rifiuto.
Gente che avrebbe tutte le ragioni per bruciare il mondo, invece cerca di salvarlo, di alleggerirne le pene mediante un’efficace e ben organizzata opera di raccolta differenziata.
Invece, i ricchi, che avrebbero tutte le ragioni per salvare, per conservare il mondo che li privilegia, conti­nuano a inquinarlo, a distruggerlo.

Un debito d’amore verso Buenos Aires
Non so a voi, ma a me capita, sempre più spesso, di avvertire un sentimento di affetto autentico per al­cune città quali Buenos Aires, Roma, Lisbona, Bu­dapest, Damasco, Sanaa e poche altre in cui ho soggiornato più o meno a lungo.
Saranno l'età che avanza o la presunta saggezza che m’inducono a vedere, con occhi impertinenti, la vita attraversata che mi ha condotto a un livello di libertà praticamente illimitata, quasi al limite della follia liberatrice, e che riesce a capovolgere perfino le gerarchie dei sentimenti, delle passioni.
Così, può capitare di scoprire che l'amore per le città, per i luoghi più cari prenda il sopravvento su altre passioni ormai in declino.
Una sensazione intima, solo raramente confessata a qualche amico che l’ha voluta interpretare scherza-zandoci sopra: “ Hai forse il nido a Buenos Aires ?”
Un’insinuazione indulgente, complice alla quale si potrebbe rispondere con i versi di José Hernandez (autore di “Martin Fierro”): “Vorrei vivere libero, come un passero in cielo; non ho nido in questo suolo dove c’è tanto da soffrire”.
Ma lasciamo i passeri volare in pace...
Voglio dire che, nonostante i contrasti accennati, Buenos Aires mi appare come una gran bella donna: matura, intelligente, irriverente, mondana, triste e sensuale come il tango. Una donna ideale che, magnificamente, si riassume in questa "Alegoria de la noche" di Joseph M. Pollet che troneggia nell'anticamera del Museo nazionale di arti decorative.

"Alegoria de la noche". Museo Nacional de Arte Decorativo. Buenos Aires

Una città ariosa che sprizza un magnetismo esotico che ti attira, ti lega, ti strega. Dove, è meglio non andare se non si ha la forza di ripartire.
Una città di grattacieli impavidi ondeggiante fra le chiome azzurrognole dei suoi meravigliosi jacaranda e gli splendori delle sue architetture e i suoi fervori artistici, intellettuali che ne fanno una delle capitali più eclettiche del pianeta, per la sua passione per il tango e la milonga, per il suo disperato richiamo alla libertà, troppo spesso conculcata, violata. Verso questa città sento di avere un debito d’amore.


Librerie: el gato dueno de los libros

Una metropoli colta, creativa, fantasiosa che può vantare un patrimonio di siti culturali di prim’ordine, una rete capillare di musei e gallerie, di teatri maestosi e celebrati e di officine sperimentali, di grandi centri culturali, di scuole di danza, di club d’ogni specie, di café accoglienti e ricreanti dove è ancora possibile conversare, meditare, scrivere, leggere il giornale, osservare la gente che passa nella via, udire gli scrosci della pioggia australe.

Tutto è fatto per migliorare la qualità della vita de­gli abitanti e per rendere gradevole, interessante il soggiorno dei visitatori.

Buenos Aires, una città dove per essere felici non è necessario essere ricchi sfondati.

Che spettacolo quelle lunghe file di spettatori con i biglietti in mano dietro gli ingressi dei teatri!

Roba che in Italia non capita di vedere.


Libreria rotonda


Quanta bellezza e ricchezza nelle sue librerie piene di libri e di avventori!

Talune, addirittura, ostentano la solennità di san­tuari del sapere universale. Altre, più popolari e più accoglienti, offrono ottimi libri a prezzi ragionevoli e, talvolta, occasioni per incontrare autori con la penna pronta per l’autografo e anche un gatto e un topo, ovviamente in conte­sti separati.

Come quel gatto, maestoso e silente, che vidi assiso sopra una catasta di riviste in una libreria antiquario di avenida Santa Fè. 

Chiesi all’ometto che stava alla cassa cosa ci fa­cesse quel gatto in libreria. Mi rispose: “El es el dueno de los libros” ossia il padrone dei libri.

Una notte, in una libreria di Corrientes (la grande avenida che “non dorme mai”), restai sorpreso nel vedere un topolino, per nulla intimidito, saltellare fra i banchi. Una ragazza che seguiva la “scena” mi ricordò, serafica, che a Buenos Aires “anche i topi hanno il diritto di frequentare le librerie”.

Effettivamente, non c’è una norma che vieta ai topi di farsi un giretto in libreria!

Distese, montagne di libri, scaffali di stampe, di di­schi, di fotografie: un’ordinata orografia cartacea governata da librai autentici che, in genere, ben conoscono la “merce” esposta in vendita.

Davvero troppo grandi, fantastiche, visionarie le librerie di Buenos Aires, come se volessero emulare la “biblioteca universale" immaginata da Borges.



Il Paranà, pasajero eterno


Città superba e gentile che ama specchiarsi nel suo fiume/mare, sicuramente il dono più bello della Natura alla terra degli amerindi.

Il Paranà è lo specchio mobile di Buenos Aires.

Un serpentone d’acqua verdognola, lungo migliaia di chilometri, che scende dalla selva amazzonica e attraversa o lambisce le foreste, le pampas di ben quattro Paesi (Brasile, Paraguay, Uruguay, Argen­tina), raccogliendo i loro fiumi, (fra i quali l’Iguazu che forma le cascate più spettacolari del mondo) e continua a correre, stracarico di ac­qua e di speranza, verso l’Atlantico.

Oltre Sant’Isidro, il Paranà invade l’immensa conca , cambia nome e diventa rio de la Plata o mar de la Plata.

Un mare d’acqua dolce dove incro­ciano barche e natanti, petroliere e buquebus e che alla confluenza con l’oceano Atlantico raggiunge un’ampiezza inaudita: 220 chilometri!

Un “mare” ambiguo che, più volte nell’antichità, ingannò i navigatori in cerca del passaggio dall’Atlantico al Pacifico.

Celebrato e temuto come un Dio greco, padre delle foreste brasiliane e signore delle pampas argentine, il Paranà è un tutt’uno con la città.

“Chi non ha ascoltato la voce del Rio -scrive Leo­poldo Marechal- non comprenderà mai la tristezza di Buenos Aires!”

Più volte, sono stato alla Costanera nord di Buenos Aires per ascoltare la voce del rio, per scrutare l’orizzonte d’acqua torbida, per capire il mistero del suo implacabile fluire; sperando di avvistare la sua riva nord, dirimpetto, dove siede, austera e soddisfatta, Montevideo.

Due magnifiche capitali, divise dallo stesso fiume, che non si scorgono l’una con l’altra.
Tanto è curvato l’arco dell’orizzonte che le congiunge. Paranà, pasajero eterno...
 








UNA STRAVAGANTE INTERVISTA IN TAXI


(Buenos Aires, settembre 2010)
1.       Entrando nella Fundacion Internacional Jorge Luis Borges” di Buenos Aires (in calle An­chorena) la prima cosa che vedi in vetrina è la “Rosa d’Oro” che, nel 1984, l’editrice palermitana “Novecento” assegnò al grande scrittore argentino. 
















Fra i tanti premi e riconoscimenti qui raccolti, la “Rosa” palermitana mi parve esposta come princi­pale trofeo di una guerra sordida e lunga, combat­tuta fra le grandi istituzioni culturali internazionali e i sostenitori dello scrittore che desideravano ve­dere riconosciuto il valore universale della sua let­teratura .
Il Nobel intendo dire che a lui fu negato più per pregiudizio che per un giudizio di merito, di valore.
Alla luce di certe, recenti assegnazioni, a dir poco discutibili, la mancata assegnazione di tale ricono­scimento a uno dei più grandi letterati del nove­cento, oltre ad avere provocato una scia di polemi­che, ha lasciato, insoluta, una domanda: il Nobel è mancato a Borges o il nome di Borges manca al palmares della prestigiosa accademia svedese?
Probabilmente, la mancata assegnazione è stata/è avvertita da entrambe le parti.
La vista di quell’oggetto luccicante, venale ma denso di significati risarcitori, mi ricordò quella stretta di mano con lo scrittore tanto amato.
Da qui, l’idea di proporre un’intervista sul viaggio a Palermo alla signora Maria Kodama, vedova di Borges e presidente della Fondazione.
Dal giornale mi diedero lo sta bene accompagnato da una frase poco beneaugurante: “Va benissimo, se ci riesci...”
Effettivamente, dopo i primi approcci, mi resi conto che non era impresa facile ottenere un’intervista dalla signora Kodama, per altro in quei giorni oc­cupatissima a preparare il suo imminente viaggio che l’avrebbe portata in diverse città europee e in Canada dove era stata invitata per partecipare a va­rie kermesse culturali e per incontrare alcuni edi­tori.

2.        Iniziai una sorta d’inseguimento. Cosa che uso fare solo in rare occasioni, quando la “preda” è veramente degna di essere inseguita; quando ne vale la pena, come mi parve in quel caso.
Dopo 3-4 giorni, finalmente la signora Maria Ko­dama Borges rispose al telefono.
In pochi minuti, mi rovesciò addosso una serie d’impegni, di appuntamenti internazionali: dalla fiera del libro di Francoforte a quella di Vienna, a una conferenza in Canada, passando per Parigi e Barcellona per incontrare alcuni editori.
Poco tempo dopo, si seppe che a Barcellona firmò un poderoso contratto con la Random House  Mondadori/spagnola cui vendette, in esclusiva, i diritti di tutte le opere in spagnolo di Borges.
Insomma, mi sembrò che la signora volesse farmi capire di essere stato molto fortunato a raggiun­gerla, a poterle parlare proprio alla vigilia del suo lungo e impegnativo viaggio.
Concordammo l’intervista per venerdì 24 settembre alle ore 16,00 presso il barristorante “Parada Norte”, esquina fra calle Riobamba e Juncal.
Ma le cose non andarono per il giusto verso, come si può rilevare da questa sintetica annotazione sul mio diario.

23/9/2010.
Mi metto in movimento per preparare l’intervista.
Per prima cosa, compro un piccolo registratore e prendo accordi con la signora Sartori (impiegata della Fondazione Internazionale Borges) alla quale avrei inviato le domande che avrebbe cortesemente tradotto e fatte avere alla signora Kodama.
Scrivo le domande (sei in tutto, un paio di riserva) e le invio per email alla signora Sartori. Dopo un paio d’ore, telefono per accertarmi se fossero pervenute. La signora dice di aver ricevuto una email prece­dente (con i due articoli su Borges), ma non quella con le domande per l’intervista.
Rimando la email che stavolta riceve, però non rie­sce a fare la traduzione sul file.
Provvedo a inviare l’email per la terza volta.
Tutto bene, ma -come si suol dire- le soprese non finiscono mai. In serata, la signora Sartori mi invia una e-mail per dirmi di avere tradotto e girato le domande alla Kodama, ma che non potrà venire all’incontro di domani al “Parada Norte”.
Tento di convincerla, ma invano.
Strano! E dire che il giorno prima si era dichiarata addirittura “felice” di accompagnarmi e di assi­stermi durante l’intervista, anche se aggiunse una frase un pò sibillina, dubitativa: “però bisogna ve­dere se anche lei, (la Kodama n.d.r.) desidera la mia presenza”. Mi è parso di capire che fra loro ci fosse un pò di ruggine.
Senza un interprete non avrei potuto condurre l’intervista.
Perciò, mi metto al telofono alla ricerca di un inter­prete volontario ossia senza pretese pecuniarie. Il giornale aveva autorizzato l’intervista ma non i ne­cessari rimborsi, nemmeno per l’interprete. Chiamo alcuni amici di Buenos Aires, ma non trovo nes­suno. Alcuni avevano cambiato numero.
Mi ricordo della gentile disponibilità del dottor Gu­gliemino incaricato d’affari all’Ambasciata italiana in attesa di trasferimento (come ambasciatore) a Dacca, in Bangla Desh.

24/9/10
Di buon mattino, chiamo la nostra Ambasciata. Il ministro Guglielmino non era in sede.
Forse ho chiamato troppo presto. Richiamo altre due volte, a intervalli di mezz’ora.
La centralinista si mostra molto gentile. Le spiego il mio problema. Chissà? La signora, che si presenta come Nicoletta, si offre di aiutarmi, previo avviso che lei stessa avrebbe dato a Guglielmino.
Per me andava benissimo. La ringrazio e le comu­nico l’indirizzo e l’ora dell’incontro con la signora Kodama. La richiamo per avere conferma e mi dice che il dr. Guglielmino aveva acconsentito alla mia richiesta d’assistenza.
Esco per comprarmi una “campera” (giacca) più idonea all’incontro e soprattutto più calda.
La primavera portegna é ancora freddina. Vado al negozio del mio amico armeno in calle Coronel Diaz. Da quando ha saputo che ho visitato Yerevan e alcuni luoghi dell’Armenia, quest’uomo mi ha preso in simpatia e mi fa sempre uno sconto sugli acquisti. Una volta mi confessò che certe notti se la sogna Yerevan. Non c’è mai stato, pur essendo di famiglia armena rifugiatasi in Argentina per sfug­gire al genocidio perpetrato dai turchi.
Rientro a casa per provare il registratore. A leggere le istruzioni tutto è facile, ma non per me che sono refrattario a questi aggeggi tecnologici.
Squilla il telefono. Si ode una una voce che sta re­gistrando un messaggio.
 “Soy Maria Kodama...voy hablar col senor Ago­stino Spataro... “
La lascio parlare, senza interferire. Dice di avere problemi con il passaporto e che pertanto non sa­rebbe potuta venire all’incontro delle 16,00 per l’intervista.
A questo punto, “entro” nella telefonata e chiedo spiegazioni. Mi risponde che è molto dispiaciuta, ma ancora non é riuscita a risolvere il problema dei visti d’ingresso in alcuni paesi europei.
È molto nervosa, arrabbiata con gli addetti dei con-solati interessati (Germania, Francia, Austria e Ca­nada) e anche con quelli degli uffici del mini­stero argentino.
Spera -comunque- di ottenere i visti in serata.
Le ricordo l’intervista, così tanto per dire qualcosa. In cuor mio, ero convinto che l’occasione fosse sfumata per colpa dei...consolati europei.
Lei risponde con una certa nonchalance: “Se vuole potremo farla sul “remise “ (taxi speciale), domani alle ore 13, durante il viaggio verso l’aeroporto di Ezeiza, dove m’imbarcherò sul volo per Franco­forte. Questa è l’unica possibilità. Mi dispiace. Chiedo perdono, ma non c’è altra data...”
Mi pare una bizzarria, ma non ho scelta. Accetto. Restiamo intesi di vederci domani (sabato 25 set­tembre) alle ore 13,00 precise in calle Rodriguez Pena per partire insieme verso Ezeiza.

25/9/2010
Alle ore 12,25 con la signora De Guglielmi ci pre­sentiamo presso l’abitazione di Maria Kodama. Il taxi è in attesa davanti il portone del palazzo. Ve­diamo giungere la signora con due enormi valigie che porge al taxista. Saluti e presentazioni e via, di corsa, all’aeroporto.
È sabato e s’incontra poco traffico per le vie. La si­gnora è arrabbiata con qualcuno dell’associazione canadese che ha sbagliato qualcosa nel programma del suo viaggio in Canada.
Con tutto il rispetto per il suo stato d’animo, io fremo per iniziare l’intervista e fare un paio di foto.
Temo un nuovo inconveniente.
Le ricordo l’impegno della sera prima. Mi promette che l’intervista la faremo a Azeiza. Altro rinvio.
Si farà mai questa benedetta intervista?
A un certo punto, per cambiare registro, le chiedo se ricorda qualcosa del viaggio fatto con Borges a Palermo, in Italia.
Maria Kodama sembra rasserenarsi. Ora appare se­rena, disponibile. Mentre l’auto svicola nel traffico sempre torrenziale dell’Avenida 9 de Julio (la più larga del mondo) cominciamo a parlare della Sici­lia. La signora Kodama si abbandona ai ricordi, an­cora nitidi, minuziosi. Parla di fatti specifici e cita nomi di persone e di luoghi come se l’avesse in­contrati il giorno prima. Ricorda e come ricorda!
Inizia a raccontare qualche aneddoto a proposito di alcune foto scattate da Ferdinando Scianna che se­guì la coppia durante il soggiorno siciliano. Ride, divertita, dei tanti piccoli equivoci verificatisi.
Parla molto bene di Domitilla Alessi e del marito Umberto Di Cristina del quale racconta l’episodio del suo “bel cappello”, più dettagliatamente de­scritto nelle pagine relative alla conversazione in taxi.
Ricorda anche Franco Maria Ricci, molto stimato da Borges per le sue pregiate edizioni.
Tiro fuori il registratore per registrare. Lei mi prega di chiuderlo, l’intervista vera e propria l’avremmo fatta all’aeroporto, come promesso.
Chiudo l’apparecchio e lo ripongo in tasca. Ezeiza è ancora lontano.
La signora Kodama continua a raccontare episodi, impressioni, sensazioni del viaggio in Sicilia, fra Palermo e Selinunte.
L’apparecchietto, rimasto inavvertitamente aperto, continuò a fare il suo lavoro per l’intera durata del viaggio. Anche se in condizioni molto precarie, in­camerò le sue parole divertite, le sue risa, i suoi “bueno”...




TESTO INTEGRALE DELL’INTERVISTA ALL’AEROPORTO DI BUENOS AIRES*
 (spagnolo)

Agostino Spataro (A.S): Vorrei farle qualche do­manda sul viaggio in Sicilia di Jorge Luis Borges. Lei ricorda questo viaggio, soprattutto il soggiorno nella città di Palermo che, peraltro, porta lo stesso nome del barrio Palermo dove Borges visse la sua infanzia? Quali effetti produsse in lei, in Borges?

Maria Kodama (M.K): Sí, a Borges le gustó mu­chísimo la idea de ir a Palermo invitado por la casa editorial Novecento que dirige Domitilla Alessi, y para él era doblemente grato ya que había sido con­vocado para recibir un premio creado para él por Domitilla Alessi, que era el premio de la Rosa d’Oro, basado o inspirado en un dibujo de William Morris, uno de los escritores y hombres, así polifa­céticos, preferidos por Borges también… esa capa­cidad para abarcar varias cosas y artísticas a la vez.
Entonces ese era uno de los motivos y el otro mo­tivo conocer lo que realmente había sido el nombre original de lo que fue su barrio al que él, dónde él mejor dicho “refunda” la ciudad de Buenos Aires, ya que él considera que son mentiras que su ciudad nació en La Boca, su ciudad nació en la manzana que él describe en la “Fundación mítica de Buenos Aires”, así que para él ese viaje fue, digamos, un viaje de descubrimiento, un viaje iniciático en mu­chos sentidos.

 Aeroporto di Buenos Aires. Maria Kodama e Nicoletta De Guglielmi (foto a.s.)



















A.S: In Sicilia fummo colpiti positivamente per la venuta del Maestro a Palermo. Vorremmo capire quali sensazioni produsse in voi questa Isola piena di contraddizioni e di contrasti sociali, ma anche ricca di cultura, di tradizioni; terra del mito e della presenza greca.

M.K: Bueno. A Borges lo emocionó mucho, so­bretodo cuando fuimos a visitar las ruinas de Seli­nunte. A él le encantaba el museo ya que él pudo tocar así algunas estatuas que le gustaban. Borges tenía el hábito de ir a los museos y de hecho cuando llegábamos a una ciudad lo primero que me decía era “bueno ahora vamos a visitar a nuestros ami­gos” y nuestros amigos eran los pintores que a él le gustaban, que a mí me gustaban.
Entonces, digamos, para él el hecho de estar en un lugar donde podía tocar las columnas que habían sido construidas tantos siglos antes por gentes cu­yos nombres no sabemos, era para él una emoción así muy muy especial.

A.S: Emozione! A quel tempo, Borges, purtroppo, già non vedeva quali emozioni poteva ricavare da quelle rovine?

M.K: Bueno, lo que pasa es que él… hay diferentes maneras de ver. Y para cada persona, ver es una cosa diferente y lo que se ve no es igual para dos personas que están compartiendo ese mismo mo­mento tampoco.
Entonces, digamos que la forma de ver de Borges era… primero él tenía recuerdos de cuando él veía porque leía, él tenía libros de arte en su casa, es de­cir que de algún modo ese material estaba dentro de él ya. Por otra parte, en una parte de Europa, bueno ellos habían estado también en Venecia cuando hi­cieron su primer viaje a Europa. No le era total­mente desconocido.
Y por otra parte, como él decía y él tenía esa sensi­bilidad muy muy especial hay algo que transmiten las personas a la otra, o los lugares, que está más allá de las palabras o de lo que uno pueda ver en eso, hay otra forma de sentir, de ver, de entender las cosas, y esa otra forma de ver, de sentir y de enten­der es la que Borges tenía, es como…
Borges por ejemplo entraba a una casa, me acuerdo una vez que fuimos a una casa espléndida en Esta­dos Unidos, porque había una huelga y nos dejaron en una casa, no podíamos ir a un hotel.
Estaban todos tomados… no era una huelga, era una convención, una convención de diseñadores de calzado.
Y habían tomado todos los hoteles. Entonces nos pusieron, el editor, en la casa de un amigo de él. Y cuando entramos a esa casa yo sentí lo mismo que él pero no lo dije porque a lo mejor yo se lo tran­smitía a él, no lo sé.
Pero me pareció una casa… y él dijo el término exacto, que es un término intraducible al español y que en inglés quiere decir algo como que está en el límite entre lo sobrenatural pero un poco negativo y lo normal, que es la palabra “uncanny”. Y él me dijo María, no, tenemos que irnos, esta casa es “un­canny”. Y yo le dije como usted quiera, porque yo iba a aumentar esa angustia si no podíamos ir a otro lugar. No tenía sentido.
Entonces le dije bueno, si usted quiere sí, nos va­mos, pero usted no la siente así, bueno un poco, pero le molesta quedarse, no, pero si tenemos que quedarnos no hay ningún problema, además esta­mos juntos cuál es el problema. Ah no, si, tiene ra­zón. Pero después logramos cambiarnos.

A.S: Signora, mi scusi, siete stati anche ad Agri­gento, la patria di Empedocle, a visitare i templi greci? Nei libri di Borges c’è un riferimento fre­quente alla classicità greca, a Empedocle. Questo nome, Empedocle, cosa evocò in lui? Se ricorda…

M.K: Bueno. Una de sus lecturas desde niño y de las enseñanzas que su padre le dio antes de que pu­diera él leer o escribir era justamente sobre los filó­sofos griegos, no.
Y toda la formación que Borges tiene sobre ellos es admiración justamente por lugares así, Agrigento y Grecia por supuesto también que es la cuna, la ma­dre de todo eso.
Le viene por el lado de las enseñanzas que su padre le hacía. Su padre por ejemplo, no le enseñaba esta es la doctrina filosófica tal, su padre me contaba él que por ejemplo le mostraba una naranja y le decía ¿qué es esto?, él decía una naranja, bueno ahora mi­rala bien y cerrá los ojos y decime qué es la naranja ¿es su perfume, es su sabor, es su color? Para ense­ñarle el idealismo.
Entonces así cuando él creció y empezó a leer los libros de filosofía, fue encontrando en esos libros lo que su padre le había dado como juegos, con cosas de la vida cotidiana. Entonces eso es muy fasci­nante no, es increíble, y es muy interesante porque por ejemplo las personas que más influyeron en la vida y en la literatura de Borges y también en sus gustos, fueron su padre en lo que respecta a la filo­sofía, y su abuela inglesa en lo que respecta a toda esa … ese paralelismo y a esas cosas que salen continuamente en la obra de Borges sobre la Biblia.
Las historias también con los indios, todas esas hi­storias le vienen por el lado de su abuela. Su abuela era inglesa y en la época de su abuela para los cató­licos la lectura de la Biblia estaba prohibida por te­mor a las malas interpretaciones.
En cambio para los ingleses, la lectura de la Biblia para los protestantes era obligatoria.
Entonces Borges me contaba que su abuela sabía por ejemplo versículos y versículos de memoria de la Biblia. Y eso uno lo ve luego en muchas de las composiciones de Borges, y lo mismo las historias que su abuela le contaba de la vida que ella había llevado en la frontera con el indio en Junín, porque su abuela se casa y va a Junín con el coronel Bor­ges, abuelo de Borges que estaba destinado a ese
lugar.

A.S: Signora Kodama, un’altra domanda: Domi­tilla Alessi e Umberto Di Cristina hanno avuto il grande merito di portare Borges in Sicilia. Cosa ricorda, cosa può dirci di queste due persone, della casa editrice Novecento?
Magari qualche episodio, qualche momento parti­colare vissuto lì, a Palermo.

M.K: Sí, nosotros fuimos invitados por la editorial Novecento que dirige Domitilla Alessi y allí cono­cimos a Umberto Di Cristina que me acuerdo a Borges le impresionó muchísimo, tenía una casa espléndida, bueno creo que es una pareja realmente maravillosa y que hacen mucho, se han esforzado mucho para dar a conocer en Sicilia y para llevar a Sicilia las personalidades del mundo del arte y tam­bién del mundo de la moda que es un arte también.
Entonces yo creo que la labor que han hecho es muy importante y a Domitilla Alessi… nosotros entramos en contacto con ella a través de Franco Maria Ricci, que es realmente, yo creo que de todos los editores es el que siempre, creo que es el que más quería a Borges, porque es el editor que siem­pre buscó cosas, actos para darle felicidad, que es el mismo caso de Domitilla Alessi creando este pre­mio para Borges.
Es decir, para hacerlo feliz y eso me parece real­mente maravilloso, entonces les tengo a los tres muchísimo cariño.

A.S: Accennava al pranzo nel palazzo del “Gatto­pardo” di Tomasi di Lampedusa.
Ricorda, può dirmi qualcosa di quel pranzo?

M.K: Ah si. Pero eso fue después que Borges mu­rió. Creo que era el premio que le habían dado a Yves Saint Laurent. Y organizó una espléndida comida en el salón de baile que sale en la película “El Gatopardo”.
Bueno, fue una comida realmente maravillosa, con músicos, y con conversaciones así interesantes en torno al mundo de la moda.

A.S: L’ultima domanda: vorrebbe tornare in Sici­lia?

M.K: ¡Ah pero claro, cuando quieran ahí estoy!
A.S: Dunque, Lei è sempre pronta a tornare in Si­cilia. Ne prendo nota.
Ora sta partendo per un giro in Europa, per Vienna, per la fiera del libro di Francoforte, mi pare, molto impegnata…

M.K: sí, yo ahora tengo que ir a la feria de Fran­kfurt y después tengo que ir un día a Viena, y luego a Quebec, y luego a Nueva York, y antes tengo que pasar un día por Barcelona, y en París por una emi­sión que quieren hacer, sí.

Buenos Aires, I sentieri di Borges
A.S: La Fondazione internazionale Borges é molto attiva?

M.K: Sí, organizamos cosas, digamos siempre hay demanda para organizar actos y cosas en la funda­ción y lo más importante es que cumplí finalmente la meta que me quedaba, que era hacer el museo Borges.
Y el año pasado con la presencia de las autoridades del gobierno de la ciudad y de los alemanes justa­mente, que yo no sabía, fueron los que crearon la noche de los museos, es decir la noche en que los museos están abiertos hasta las dos de la madru­gada, se inauguró el museo Borges que está en An­chorena 1660 y el año próximo habilitaremos para que la gente pueda ver el cuarto de Borges y que pueda ver desde afuera también su biblioteca, que está catalogada y tiene alrededor de 3000 ejempla­res.
Lo importante de esta biblioteca es que tiene notas de Borges en la parte del comienzo y del fin y es muy interesante porque las notas en un libro son muy peligrosas, es como si uno hiciera el striptease de su alma, porque de acuerdo a lo que uno elige a favor o en contra, alguien que lee esas notas puede ir sacando lo más íntimo de uno. Por eso no hay que prestar nunca libros a los que uno le ha hecho notas.

A.S: Bene. Desidero ringraziarLa tantissimo per questa amabile conversazione qui all’aeroporto di Buenos Aires, in attesa della sua partenza per l’Europa. Speriamo di rivederla in Sicilia, in Italia quanto prima.

M.K: Yo les agradezco muchísimo que hayan ve­nido hasta acá y que me hayan disculpado el no ha­ber podido atenderlos a ustedes por todo el pro­blema que tuve con mi pasaporte.

A.S: Muchas gracias e buona trasvolata..




LA TRADUZIONE IN ITALIANO DI NICOLETTA DE GUGLIELMI

Agostino Spataro (A.S): Vorrei farle qualche do­manda sul viaggio in Sicilia di Jorge Luis Borges. Lei ricorda questo viaggio, soprattutto il soggiorno nella città di Palermo che, peraltro ha lo stesso nome del barrio Palermo dove Borges visse la sua infanzia? Quali effetti produsse, in lei, in Borges?

Maria Kodama (M.K): Sì. A Borges piacque molto l’idea di andare a Palermo invitato dalla casa edi­trice Novecento diretta da Domitilla Alessi. Per lui era una doppia gratificazione giacché era stato in­vitato a ritirare un premio creato per lui da Domi­tilla Alessi, che era il premio della Rosa d’Oro, ba­sato o ispirato da un disegno di William Morris, uno degli scrittori e uomini così multiformi preferiti da Borges. Quello era il primo motivo. L’altro era conoscere veramente il nome originale di quel che fu il suo quartiere, nel quale lui “rifonda” la città di Buenos Aires, giacché non era d’accordo con quanti sostengono che sia nata a La Boca. La sua città nacque nell’isolato che lui racconta nella “Fondazione mitica di Buenos Aires”. Così che per lui quel viaggio fu, diciamo, un viaggio di scoperte, un viaggio di iniziazione per molti aspetti.

A.S: In Sicilia fummo molto contenti della presenza del Maestro.
Vorremmo capire che opinione vi faceste di questa Isola piena di contraddizioni e di contrasti sociali, ma anche ricca di cultura, di tradizioni, della terra del mito, della presenza dei greci, ecc. Cosa pen­sava, cosa disse Borges durante il viaggio?

M.K: Dunque, Borges sentì molta emozione, so­prattutto quando andammo a visitare le rovine di Selinunte. A lui piaceva il museo giacché poté toc­care alcune statue che gli piacevano. Borges aveva l’abitudine di andare ai musei. Infatti, quando arri­vavamo in una città la prima cosa che mi diceva era “bene, ora andiamo a visitare i nostri amici”. 
Borges al Museo Archeologico di Palermo (foto F. Scianna)
E i nostri amici erano i pittori che a lui piacevano, che anche a me piacevano. Pertanto, il fatto di es­sere in un posto dove poteva toccare le colonne co­struite tanti secoli fa da gente i cui nomi non sap­piamo, era per lui un’emozione molto speciale.

A.S: Emozione! A quel tempo, Borges, purtroppo, già non vedeva quali emozioni poteva ricavare da quelle rovine?

M.K: Esistono diversi modi di vedere. Per ogni persona, vedere è una cosa diversa e ciò che si vede non è lo stesso nemmeno per due persone che stanno compartendo lo stesso momento. Pertanto, diciamo che il modo di vedere di Borges era un pò particolare.
Per prima cosa, lui aveva ricordi da quando vedeva perché leggeva; aveva molti libri d’arte a casa sua, cioè vuol dire che quell’informazione in qualche modo era già dentro lui.
D’altronde, loro (la famiglia di Borges n.d.r.) erano stati anche a Venezia quando fecero il loro primo viaggio in Europa. Perciò Venezia non era una cosa totalmente sconosciuta per lui. Come lui diceva, egli aveva quella sensibilità molto speciale.
C’è qualcosa che le persone trasmettono alle altre, o i luoghi, che vanno al di là delle parole o di ciò che ciascuno può vedere in essi. C’è un altro modo di sentire, di vedere, di capire le cose, e quel modo è quello che Borges aveva. Anche quando entrava in una casa.
Mi ricordo che una volta siamo stati in una casa splendida negli Stati Uniti, perché c’era uno scio­pero e ci avevano alloggiato in una casa, non pote­vamo andare in un albergo.
Erano tutti occupati… non era uno sciopero, era un congresso, un congresso di disegnatori di scarpe. Avevano occupato tutti gli alberghi.
Allora, l’editore ci sistemò in casa di un amico suo. E quando entrammo in quella casa io sentii la stessa sensazione di lui ma non lo dissi perché forse glielo trasmettevo, non lo so. Ma mi parve una casa bella come tante altre.
Lui la definì con il termine esatto “uncanny”, una parola intraducibile in spagnolo, che in inglese vuol dire qualcosa che si trova al limite tra il sopranatu­rale, ma in senso negativo, e il normale.
Jorge mi disse “Maria, no, dobbiamo andare via, questa casa è uncanny”. (2)
Gli risposi “Come lei desidera. Ok, se lei vuole così, ce ne andiamo”.
Mi rendevo conto che se non fossimo andati altrove avrei aumentato la sua angoscia.
Ma Lei non la sente così?” riprese.
«Sì, un po’. Ma la disturba rimanere, no? Comun­que se dobbiamo restare qua non c’è problema, inoltre stiamo insieme, qual è il problema?”
“Ah no, va bene...”
Alla fine, ci spostammo in un altro posto.

A.S: Signora, mi scusi, siete stati anche ad Agri­gento, la patria di Empedocle, a visitare i templi greci?
Nei libri di Borges c’è un riferimento frequente alla classicità greca, a Empedocle. Questo nome, Em­pedocle, cosa evocò in lui? Se ricorda…

M.K: Bueno. Una delle sue letture da bambino e dell’insegnamento che suo padre gli diede prima che fosse in grado di leggere o scrivere fu propria quella sui filosofi greci.
Da qui, da questa formazione, l’ammirazione che Borges ha di luoghi come questi: Agrigento e la Grecia, che certo è la culla, la mamma di tutto ciò.
Tuto questo gli viene dall’educazione di suo padre il quale -per esempio, non gli diceva “questa è la tale dottrina filosofica”, ma- mi raccontava Borges gli mostrava un’arancia e gli chiedeva “cos’è que­sto?”. Lui rispondeva “un’arancia”.
Bene adesso guardala bene, chiudi gli occhi e dimmi cos’è l’arancia? È il suo profumo? È il suo sapore? È il suo colore? Per insegnargli l’idealismo.

Buenos Aires, Centro Cultural Borges (foto a.s.)














 


Crescendo, Borges iniziò a leggere libri di filosofia. Trovò in quei libri ciò che suo padre gli aveva dato e detto per gioco nella loro vita quotidiana. Tutto ciò è molto affascinante, incredibile no!
Ed è molto interessante perché, per esempio, le per­sone che più influirono nella vita e nella letteratura di Borges e anche nei suoi gusti, furono suo padre per quanto riguarda la filosofia, e la sua nonna in­glese per quel parallelismo, per tutte quelle cose che appaiono continuamente nei suoi riferimenti alla Bibbia.
Le storie anche quelle degli indios e molte altre gli vengono da questa nonna. Nell’epoca in cui visse la sua nonna inglese era vietata ai cattolici la lettura della Bibbia per paura d’interpretazioni sbagliate. Invece, per i protestanti inglesi la lettura della Bib­bia era obbligatoria.
Borges mi raccontava che sua nonna sapeva -a memoria- versetti e versetti della Bibbia. E questo si nota in molte opere di Borges. Lo stesso si può dire con le storie che sua nonna gli raccontava sulla vita in frontiera, con gli indios a Junín[1] dove lei andò a vivere dopo aver sposato il colonnello Bor­ges, nonno di Jorge L. Borges, che era stato asse­gnato in quel posto.

A.S: Signora Kodama, un’altra domanda: Domi­tilla Alessi e Umberto Di Cristina hanno avuto il grande merito di far venire Borges in Sicilia.
Che cosa ricorda, cosa può dirci di queste due per­sone della casa editrice Novecento?
Magari qualche aneddoto, qualche momento parti­colare vissuto lì, a Palermo.

M.K: Sì. Fummo invitati dalla casa editrice Nove­cento diretta da Domitilla Alessi e lì conoscemmo Umberto Di Cristina, che -mi ricordo- fece a Bor­ges una bella impressione.
Aveva una casa splendida, credo che sia una coppia veramente meravigliosa e che fanno molto per far conoscere la Sicilia, per portare in Sicilia le perso­nalità del mondo dell’arte e anche del mondo della moda che è anche un’arte.
Allora io penso che il lavoro che hanno fatto è molto importante.
Entrammo in contatto con Domitilla Alessi tramite Franco Maria Ricci che fra tutti gli editori è quello che veramente più amava Borges. Perché ha sempre cercato cose, atti per dargli felicità, come ha fatto Domitilla Alessi creando questo premio per Borges.
Cioè per farlo felice e questo mi sembra veramente meraviglioso. Perciò ho molto affetto per tutti e tre.

A.S: Accennava al pranzo nel palazzo del “Gatto­pardo” di Tomasi di Lampedusa. Ricorda qualcosa di questo pranzo?

M.K: Ah sì, ma questo avvenne dopo la morte di Borges. Credo in occasione del premio assegnato a Yves Saint Laurent. Organizzarono uno splendido pranzo nel salone del ballo che appare nel film del Gattopardo. Un pranzo meraviglioso, con musicisti e con conversazioni interessanti attorno al mondo della moda.
A.S: Un’ultima domanda: vorrebbe tornare in Si­cilia?

M.K: Ah certo! Se mi chiamate corro.
A.S: Dunque, Lei è sempre pronta a tornare in Si­cilia. Ne prendo nota. Ora sta partendo per un giro in Europa, per Vienna, per la fiera del libro di Francoforte, mi pare, molto impegnata…

M.K: Sì. Ora devo andare alla fiera di Francoforte e poi un giorno a Vienna e poi a Québec e poi a New York, ma prima devo passare un giorno per Barcellona e a Parigi per un’emissione che vo­gliono fare là.

A.S: La Fondazione internazionale Borges é sem­pre molto attiva?

M.K: Certamente, organizziamo varie cose; c’è sempre domanda per organizzare eventi e incontri nella fondazione e quello più importante è che sono arrivata a finire un compito che mi rimaneva: fare il museo Borges.
L’anno scorso, con la presenza di autorità del go­verno della città e dei tedeschi, che vennero a mia insaputa, nella “notte dei musei” , cioè la sera in cui i musei sono aperti fino alle due di notte, si inau­gurò il museo Borges che si trova in via Anchorena 1660.
Il prossimo anno inaugureremo la camera di Borges e anche la biblioteca perché la gente possa guardare da fuori, una biblioteca catalogata che conta circa 3000 volumi.
La cosa importante di questa biblioteca è che con­tiene libri annotati a mano da Borges, al principio e nel finale ed è molto interessante poichè le note a mano sui libri sono molto pericolosi; è come se si facesse lo striptease dell’anima, perché secondo ciò che uno sceglie a favore o contro, chi leggerà gli scritti può tirar fuori l’intimo del suo estensore.
Perciò non si devono dare in prestito libri ai quali si sono fatti note a mano.

A.S: Bene. Desidero ringraziarLa tantissimo per questa amabile conversazione qui all’aeroporto di Buenos Aires, in attesa della sua partenza per Pa­rigi per i suoi appuntamenti e speriamo di rivederla in Sicilia, in Italia quanto prima.

M.K: Io vi ringrazio moltissimo per essere venuti fin qua. Spero mi abbiate perdonato per il fatto di non avervi potuto ricevere in casa, a causa di tutti i problemi che ho avuto per il mio passaporto.

AS: Tante grazie e buona trasvolata.




UNA REGISTRAZIONE INVOLONTARIA...
(Sbobinamento e traduzione di Ulyses Rossi)


Calle Maipu, 994, ultima dimora di Bor­ges a Buenos Aires  (foto a.s. 2012)

Voce di Maria Kodama (M.K)
(Riferimento temporale: marzo 1984; luogo: Palermo, Sicilia)
 “Scendo le scale e scopro un posto meraviglioso, con tante sedie a sdraio.
All’improvviso, come quando tu avverti che c’è un’ombra, apro gli occhi e vedo il viso di Ferdinan­do (Scianna n.d.r.) insanguinato, e gli dico: “Ma cosa ti è successo?”
Lui risponde: “Nulla di grave. Ho sceso le scale ed ero nascosto...”
Voleva scattarmi delle foto, ma non si era accorto che io aprii la porta{…}
Passai attraverso una piccola apertura. Lui si mise a correre e vi si schiantò contro…
Gli faccio: “Giusta punizione per fare quel che non dovevi”.
Nicoletta De Gugliemi (N.D.G)*: ¡Ay povero!

M.K: Sí, rideva. Siamo rimasti amici. Ricordo che una volta lo incontrai, per caso, a New York; dopo anni sono stata a una retrospettiva fatta per lui a Pa­rigi. Una retrospettiva… preziosa.
Ricordo che mi disse: “come ti ringrazio per il sole che mi facesti scattare a New York, perché era una palla di fuoco, nella prospettiva della strada, come se il sole fosse un punto di prospettiva dei gratta­cieli.
Scattò una foto preziosa. Sì, gliela feci scattare per­ché lui ci tentava sempre, gli dissi “guarda, guarda amico”. Ferdinando è divino!

Agostino Spataro (A. S): Alla Fondazione ci sono foto del viaggio in Sicilia?

M.K: No. Quelle foto devono essere perdute in qualche angolo della casa. Non perdute, smarrite. Borges mi diceva che io non perdevo mai niente, le cose si smarrivano. Sicuramente sono smarrite a casa mia.

A.S: Ah! Ho capito…

M.K: Altre foto le dovrebbe avere Miti.

A.S: Miti?

M.K: Domitilla. Miti, Miti.

A.S: Ah sí, sí. Ok quando io andrò a Palermo chie­derò alla signora Domitilla.

M.K: Certo, Miti le deve avere.

A.S: Io non la conosco, ho incontrato qualche volta il marito.

M.K: Umberto Da Cristina,

A.S: Umberto

M.K: Sí, divino Umberto. ¡Ah! con Umberto è suc­cessa una cosa anche divina… C’era un critico let­terario molto divertente, un signore in età avanzata che veramente mi mi voleva fare un regalo, perché mi disse: “Ti mostrerò una cosa, ti regalerò una cosa che non ti dimenticherai mai”.
Mi condusse in un posto, aprì le porte e c’era tutta la collezione di pellicce più incredibili del mondo di Fendi che stavano per essere esibite nella Rosa d’Oro, veramente non me l’aspettavo.
Era come un baule meraviglioso.
Ma questo signore di età avanzata, straordinario critico, ma un po’ appiccicoso, pesante.

A.S: Forse, era Gregorio Napoli?

M.K: No. Non conosco il suo nome. Voleva parlare con Borges, non so. Borges aveva pazienza. Aveva pazienza, ma a volte la perdeva, soprattutto quando viaggiava perché si stancava.
Allora lui (Borges) mi disse: “Senti io parlerò dieci minuti perché devo dormire. Lei mi accompagna e sarà lei a parlare con lui. No. Ha capito? Parli lei con lui.”
“Va bene.”, risposi.
Allora questo signore, mi conduce in una camera dove c’era un sofá….
Mi prende la mano e comincia a tirarmi verso di lui. Ed io mi dicevo: adesso che faccio!?
Un uomo di età avanzata, capisci? Non si può es­sere maleducata.
Io, tutta irrigidita, sorridevo mentre tentavo di svin­colarmi da lui e andare poco a poco dall’altra parte della stanza.
In quel momento arriva Domitilla, la mia salvezza ”Ah maestro”
Gli dà un bacio e domanda: “Borges?”
“No, è su sta riposando. Ah bene, bene, adesso viene Umberto. “
La fa sedere accanto a lui dall’altro lato del divano. Si creò una situazione imbarazzante, allucinante. All’improvviso arriva Umberto che aveva perso i suoi occhiali.
Umberto vede questo signore seduto fra noi due. Allora questo signore, che aveva una voce appena audibile, flebile, come morente, esclama: “Che bel cappello”, rivolgendosi a Umberto Di Cristina che era apparso con un cappello meraviglioso.
A questo punto, Umberto esclama : “Domitilla, hai sentito? Dunque, il Maestro vede! Miracolo!”
Domitilla lo rimbeccò:“ Ma non essere stupido, non è il Maestro”.

N.D.G: “Non aveva gli occhiali, non vedeva niente”.

M.K: In effetti, non vedeva niente. È un signore in età. È come me, io non vedo niente, sono miope. Da lontano, se tu ci sono persone fermo laggiù, per me non esistono.

N.D.G: Dunque, lui non aveva capito niente…

M.K: Certo. Lui vide un signore fra noi due e ne dedusse ch’era Borges. Ma non perché vedesse Borges.
Quando siamo scesi al ristorante con Umberto e Domitilla, questa racconta a Borges il divertente aneddoto.
Borges si gira verso di me e mi dice: “Ma sono tal­mente distrutto -come quel signore di cui parlate- tanto da scambiarmi con lui?”
“No, no – gli risponde Umberto -il fatto è che io non portavo gli occhiali.”
“Ah, bene”.

A.S: Signora. Mi scusi, dobbiamo fare il “viaggio a Palermo”

M.K: Voi viaggiate a Palermo?

A.S: No, no. Almeno non oggi. Intendo l’intervista sul viaggio di Borges a Palermo.

M.K: Sì, ma io non posso raccontare quelle storie così deliranti!

A.S: Cosa ha detto?

M.K: Quel tipo di storie!

A.S: Perchè no? Mi pare che conservi una bella memoria, una formidabile memoria.

M.K: Sono cose che ho vissuto e mi sono rimaste registrate perché sono così allucinanti, che è impos­sibile dimenticarle.
Penso che anche se volessi non potrei.

N.D.G: Ma questo signore perché l’avvicinava alla luce?

M.K: Eh, perché penso che stava tentando di… come Lady Gaga no, lui era un gagá. Non alla luce, ma lui ci avvicinava, perché stessimo vicine a lui. Che ne so ascoltava bene, mentre io parlavo.
Io non ho una voce potente e si sentiva a mala­pena...
Non era interessato ad ascoltare la mia voce, ma come il lupo per “meglio mangiarmi…”
Però fu molto divertente. Fu un signore divino, sa­peva moltissimo, e ti dico mi fece quel regalo che non dimenticherò mai.
Veramente non lo dimentico per questa assurda sto­ria.

A.S: Beh, una memoria davvero formidabile! Tutto questo accadeva nel 1984! Quanti anni sono tra­scorsi?

M.K: Ah, non so..

A.S: Molti anni…

M.K: Il segreto per mantenere la memoria è non contare gli anni, se si contano gli anni…

N.D.G: Specie se sono molti.

M.K: Allora sì…

N.D.G: Se uno si concentra sul tempo passato perde la memoria?

M.K: Certo, invece è meglio quando le cose riap­paiono spontaneamente.

A.S: bene, andrò a trovare Domitilla e Umberto e porterò i suoi saluti.

M.K: Sì, anche, certo. Sì li voglio bene. Con Do­mitilla e Umberto ci siamo divertiti incredibil­mente…

A.S: Posso farlo, perchè ogni tanto vado a Pa­lermo, al giornale “La Repubblica” con il quale collaboro.

M.K: Ora non so se Miti stia preparando qualcosa d’altro, visto che è stata occupatissima col bicente­nario. (¿??) non posso perché altrimenti divento pazza allora preferisco le cose… bicentenario, bi­centenario Come sta lei, bene, sì? […]

A.S: Che cosa sta preparando Domitilla?

M.K: Ah, non lo so. Starà preparando qualcosa, lei prepara sempre qualcosa.

A.S: Sì…

M.K: Ricordo che una volta ritornai in Sicilia. Pec­cato che Borges era morto quell’anno (1986 ndr). Credo fosse per il premio a Yves Saint Laurent.
Fu organizzato un pranzo nel palazzo del Gatto­pardo, nel salone del ballo che appare nel film. Che film meraviglioso!

Buenos Aires, Recoleta (foto a.s. 2012) 
A.S: Tratto dal romanzo di Tomasi di Lampedusa.

M.K: Sì. Un altro film che vidi e mi piacque è “Il deserto dei Tartari” tratto dal libro di di Dino Buz­zati. Un film bellissimo perché è molto difficile fare un film da un romanzo.
Il film è riuscito bene… con quella suspense…

A.S: Ad Agrigento siete andati?

M.K: Siamo andati alle rovine, sì… alle rovine di… e siamo stati a…

A.S: Agrigento?

M.K: Sì… e siamo stati a…

A.S: Ad Agrigento, l’antica Akragas, la città di Empedocle? (*)

M.K: Non ricordo bene il nome. Siamo andati a fare turismo.

A.S: Forse siete stati a Selinunte?

M.K: Selinunte! Sì, questo, sì. Che bel nome Seli­nunte! Misterioso, difficile…

A.S: la Selinus…

N.D.G: Perché decisero di andare in Sicilia?
MK: Perché Domitilla creò il premio e si mise in contatto con noi.

A.S: Il premio Novecento.

M.K: Si, lei creò il premio Novecento. Era molto amica di Franco Maria Ricci… fece una collezione paralella a quella di Franco Maria Ricci, la colle­zione di Borges.
Franco la conosceva da molti anni e dunque Domi­tilla organizzò questo premio. Chiese consigli a Franco su come si organizzano queste cose.
Da qui la nostra amicizia con Domitilla e Umberto.

A.S: Per noi siciliani fu un evento importante ve­dere Borges a Palermo…

M.K: Ah bene, certo!

A.S: Straordinario, direi. Novecento ha fatto que­sta bella cosa di portare Borges a Palermo

M.K: Recentemente, mi sono ricordata di questo viaggio. Veramente un ricordo molto bello. Poi, sono tornata, quando Borges non c’era più, e mi portarono a Roma e a Bomarzo.

A.S: Roma…?

M.K: a Bomarzo. L’opera di Mujica Lainez che si è basata su… ah! Che divino! Il duca di Bomarzo, questo è affascinante… io mi ricordo che sono an­data in giorni di pioggia e c’era una fotografa che era totalmente frenetica […]
Per la devozione accettavo qualsiasi cosa […]

(Si arriva alla fine della conversazione sul taxi. Ciò che segue si ascolta molto poco, quasi niente. In base a quel poco che si può capire, la fotografa che Maria Kodama incontra a Roma le propone di fare delle foto a Bomarzo.
Poi Maria Kodama si scusa per non aver avuto tempo per riceverci a casa sua e di dover fare l’intervista sul taxi e nel bar dell’aeroporto)

(*) “Più tardi, in albergo, (Borges ndr) mi chiede quanto dista, da Palermo, Agrigento. È una gita che vuole molto tempo. Do­vrà rinunciare ai templi, sarebbe un eccessivo strapazzo. Ma non pensa ai templi, pensa a Empedocle. Dice: Empedocle fu un maestro di Lucrezio: il poeta ne conosceva la filosofia...”
(Domenico Porzio, Introduzione a “Borges. Tutte le opere”)





TESTO SPAGNOLO DI UNA REGISTRAZIONE INVOLONTARIA
(Sbobinato da Ulyses Rossi)

Maria Kodama (M.K):…Entonces yo bajo las escaleras y había un lugar precioso, había como unas reposeras. Y de pronto, viste cuando vos sentís que hay como una sombra abro los ojos y veo la cara de Ferdinando sangrando, y le digo ¿pero qué le pasó?
Y me dice, no, claro, yo bajé las escaleras y estaba escondido, quería sacarme fotos, pero no se dio cuenta que yo abrí la puerta […] y yo pasé por una hendija muy pequeña que había .
Corre y se estampa contra… y le digo “justo castigo por hacer lo que no debes”.

Nicoletta De Gugliemi (N.D.G) ¡Ay pobre!

M.K: Sí, se reía. Después quedamos re amigos y me acuerdo que una vez lo encontré por casualidad en Nueva York después de años que estuve en una retrospectiva de él que se hizo en París que había una retrospectiva… preciosa.
Me lo crucé, me acuerdo que me dijo: “como te agradezco el sol que me hiciste sacar en Nueva York, porque era una bola de fuego, en la perspec­tiva de la calle, y era como si el sol fuera un punto de perspectiva de los rascacielos.
Sacó una foto preciosa, sí, yo se la hice sacar por­que él pasaba siempre, le digo “mirá, mirá, amigo”. Ferdinando es divino.

Agostino Spataro (A. S): Alla Fondazione ci sono foto di questo viaggio in Sicilia?

M.K: No, esas fotos deben estar perdidas en mi casa en algún rincón. No perdidas, extraviadas. Borges me decía que yo no perdía nunca nada, se extraviaban.
Están extraviadas en mi casa.

A.S: Ah! Ho capito

M.K: eso debe tenerlos Miti

A.S: Miti?

M.K: Domitilla. Miti, Miti.

A.S: Ah sí, sí. Ok quando io vada a Palermo parlo con la signora Domitilla.

M.K: Claro, Miti debe tener.

A.S: Conosco il marito.

M.K: Umberto Di Cristina,

A.S: Umberto

M.K: Sí divino Umberto.
¡Ah! con Umberto también una cosa así divina pasó: que había un crítico literario muy divertido, un hombre que era un señor muy muy mayor que realmente me hizo un regalo, porque me dijo “voy a mostrarte algo, voy a hacerte un regalo que nunca te olvidarás”, y me llevó a un lugar, abrió las puer­tas y estaba toda la colección de las pieles más in­creíbles del mundo de Fendi que iban a ser presen­tadas en la Rosa d’Oro, la verdad es que no lo espe­raba.
Era como un cofre maravilloso.
Pero era un señor muy muy mayor, extraordinario crítico, digo yo, no lo conosco.
Que era un poco denso, pesado.

A.S: Era, forse, Gregorio Napoli… ¿.

M.K: No. Y entonces, no se, quería hablar con Borges, no se. Y Borges tenía paciencia.
Tenía paciencia pero a veces no la tenía, sobretodo cuando viajaba porque estaba cansado.
Entonces él me dice: “mira yo hablo diez minutos porque tengo que dormir, me acompaña, entonces usted después charla con él. Noo usted entiende, charle con él. Bueno, está bien. Entonces este se­ñor, había un sofá…
Entonces este señor me agarra de la mano y em­pieza a tirarme contra él. Y yo decía, ¡yo qué hago! Un señor muy mayor, viste, tampoco podes ser gro­sera.
Yo sonreía rígida y trataba de irme cada vez más para el otro lado.
De pronto llega Domitilla, mi salvación. ¡Ah, mae­stro! Le da un beso. Se siente, Borges. No, está ar­riba descansando.
Ah bene, bene, ahora viene Umberto. Entonces este señor, como ella se sienta, porque él hizo que se sentara en otro lado. Era una situación alucinante.
De pronto llega Umberto, que había perdido sus anteojos. Entonces Umberto llega y ve a este señor mayor sentado entre nosotras dos.
Entonces este señor, que tenía una voz apenas audi­ble y así como muriéndose dice “che bel cappello” le dice a Umberto Di Cristina que aparece con un sombrero maravilloso.
Y entonces Umberto dice “vedi Domitilla il Mae­stro vede ¡miracolo!” y Domitilla le dice “no seas estúpido, no es el Maestro”

N.D.G: No tenía anteojos, no veía nada…

M.K: no veía nada. Es un señor mayor, es como yo, yo no veo nada, yo soy miope. Yo de lejos, si vos te parás allá, o vos, no existen.

N.D.G: Entonces él no entendió nada

M.K: claro, entonces él vió un señor entre nosotras dos, él esperaba el acto reflejo Borges con nosotras y dedujo que era Borges, pero no porque viera que era Borges.
Era como la del pasaporte…
Entonces cuando bajamos y vamos a comer con Umberto y Domitilla.
Domitilla le cuenta la anécdota que fue divertida. Borges me mira y me dice: “¿pero yo estoy tan de­struido como suena ese señor para que me con­funda?” “no, no le dice Umberto, es que yo no tenía los anteojos” “Ah, bueno”.

A.S: Signora, dobbiamo fare il viaggio a Palermo

M.K: ¿Ustedes hacen viajes?

A.S: No, no, l’intervista, il tema “Borges a Pa­lermo”.

M.K: ¡sí pero yo no puedo contar esas historias tan delirantes!

A.S: Cosa ha detto?

M.K: ¡Esas historias!

A.S: Davvero una bella memoria,una formidabile memoria.

M.K: No, son cosas que he vivido y que me han quedado marcadas porque son tan alucinantes, que es imposible olvidarlas. Yo creo que aunque quiera no puedo.

N.D.G: ¿Pero este señor porque la estaba acer­cando a la luz?

M.K: Y porque yo creo que estaba tratando de… como Lady Gaga no, estaba gagá. No a la luz, a él nos acercaba, viste, para que estuviéramos cerquita de él. Que se yo, escuchar escuchaba oía bien, por­que yo hablaba, yo no tengo voz alta, y me oía así que… no era para oir… como el lobo feroz para mirarte mejor ¿viste? Para comerte mejor… No, pero era muy divertido.
Fue un señor divino, divino, sabía muchísimo, y te digo me hizo ese regalo que nunca me voy a olvi­dar. Y la verdad que nunca lo olvido bueno por esta anécdota absurda y por lo otro que fue como […]

A.S: Beh!, tutto ciò accadeva nel 1984! Quanti anni sono passati?

M.K: Ah, no se..

A.S: Muchos años…

M.K: Una de las cosas para tener memoria es no llevar la cuenta de tantos años, si uno lleva la cuenta…

N.D.G: Si ya es demasiado.

M.K: Ya entonces sí…

N.D.G: Uno se concentra en el tiempo pasado y pierde la memoria.

M.K: Exactamente, en cambio así cuando surgen cosas espontáneamente, surgen y listo.

A.S: Bene, andrò a trovare Domitilla e Umberto e porterò i saluti suoi.

M.K: Sí, también, claro, sí, si los quiero muchí­simo. Con Domitilla y Umberto nos hemos diver­tido increíblemente…

A.S: Ogni tanto vado a Palermo alla redazione de de “La Repubblica” con la quale collaboro

M.K: Y ahora no se si Miti está preparando algo porque como ha estado con el bicentenario ocupa­dísima.. no, no puedo porque si no ya me vuelvo loca entonces prefiero las cosas… bicentenario, bi­centenario
Cómo anda ella, bien, ¿sí? […]

A.S: Che cosa sta preparando Domitilla?

M.K: Sí, ah no se, estará preparando algo, siempre prepara algo.

A.S: Sì…

M.K: Ah me acuerdo una vez que hizo ahí en Sici­lia, pero lástima que Borges se había muerto ese año… creo que era el premio a Yves Saint Laurent me parece, y… hizo una comida ahí en el palacio del Gattopardo, que sale en la película el salón de baile..
A.S: Ah, sì, il famoso ballo…

M.K: Que película maravillosa.

Borges, a Villa Palagonia, Bagheria (foto F. Scianna)


















A.S: Tomasi di Lampedusa.

M. K: Sí, sí… Otra película maravillosa que yo vi también y me encantó también era “El desierto de los tártaros” de Dino Buzzati.
Lindísima película hicieron porque es muy difícil hacer de una novela una película. La película salió bien bien… generaron ese suspenso…

A.S: Poi siete andati a […] il viaggio in Sicilia, no?

M.K: Sí, sí, después fuimos a las ruinas, sí… a las ruinas de… y estuvimos en…

A.S: A las ruinas de Agrigento?

M.K: Sí… y estuvimos en…

A.S: Empedocle? La ciudad de Empedocle en Agrigento…

M.K: Sí, sí claro.. pero después nos fuimos a hacer turismo.

A.S: Poi, forse, siete stati anche a Selinunte.

M.K: ¡a Selinunte! Si, eso, si. Además qué lindo nombre Selinunte

N.D.G: Si, no?

M.K: Misterioso, difícil…

A.S: la Selinus

N.D.G: ¿Y por qué decidieron ir a Sicilia?

M.K: Porque Domitilla creó el premio y entonces se contactó con nosotros.

A.S: Il premio Novecento.

M.K: Y ella creó el premio Novecento y ella era muy amiga de Franco Maria Ricci… puso una co­lección paralela a la de Franco Maria Ricci, la co­lección esa de Borges.
Este… tenía una relación de amistad, y entonces Franco la conocía de hace muchos años y entonces Domitilla arregló esto, le avisó a Franco, como se arman esas cadenas, y después nos hicimos muy amigos de Domitilla y de Umberto

A.S: Per noi siciliani fu un fatto importante vedere Borges a Palermo…

M.K: Ah bueno, claro!

A.S: Straordinario. Novecento ha fatto questa bella cosa di portare Borges a Palermo

M.K: Claro! Yo me acuerdo […]

M.K: Recién me doy cuenta y si, la verdad que fue muy lindo el recuerdo muy lindo.
Y después, bueno, Borges ya no estaba, me llevaron a mí a Roma a Bomarzo.

A.S: Roma…?

M.K: A Bomarzo. La obra de Mujica Láinez que se inspiró en… ¡ah, qué divino! El duque de Bomarzo, esto es fascinante…
Yo me acuerdo que fui en días de lluvia y había una fotógrafa que estaba totalmente enloquecida […]
Yo dada la devoción aceptaba cualquier cosa […]

(Se llega al fin del diálogo. Lo que sigue se oye muy poco, casi nada. Aparentemente la fotógrafa que María Kodama encuentra en Roma la invita a realizar una sección de fotos en Bomarzo. Luego se disculpa por no tener tiempo y tener que haber re­alizado la entrevista en el aeropuerto)
Buenos Aires, nov. 2015. Con Ulyses Rossi, traduttore della conversazione con Maria Kodama





ALLEGATI





BORGES,
VIAGGIO NELLA SICILIA DEL MITO*







Jorge Luis Borges a Villa Palagonia, Bagheria,1984
(Foto di F. Scianna in: www.digitalistBorges.blogspot.com


"La Rosa d’oro” palermitana
Agostino Spataro (di ritorno da Buenos Aires)
“Ricordo che Borges era molto contento di andare in Sicilia. Per lui era una sorta di viaggio iniziatico alla scoperta di Palermo, la città da cui si origina il nome del suo barrio natale, e dell’Isola di Omero e dei filosofi greci a lui tanti familiari, fin da bam­bino.”
Così Maria Kodama, vedova di Jorge Luis Borges, mi parla del loro viaggio a Palermo, in Sicilia, nel marzo del 1984 dove il grande scrittore e poeta ar­gentino fu insignito de “La rosa d’oro” un premio istituito dalla casa editrice palermitana “Novecen­to”.
La signora Kodama è stata per lo scrittore compa­gna di vita e di lavoro, collaboratrice preziosa e in­telligente; e anche la vista dei suoi occhi spenti.
Oggi, è la più fedele custode dei suoi ricordi; vive per Borges, per far conoscere la sua vasta opera, il suo pensiero. A questo scopo, oltre a dare interviste e a presenziare a premi e a simposi in giro per il mondo, ha creato, a Buenos Aires, il Museo e la Fundacion internacional J.L.Borges.
E visitando il Museo, dove è esposta in bella vista la Rosa d’oro palermitana, mi è venuta l’idea di domandarle un’intervista.
Occupatissima fra conferenze e preparativi per il suo nuovo giro europeo saltò l’appuntamento. In cambio mi propose di fare l’intervista sul taxi che, l’indomani, l’avrebbe condotta all’aeroporto da cui doveva imbarcarsi per Francoforte dov’era attesa per la fiera del libro e -come apprendemmo dopo- per firmare un poderoso contratto con la Random House Mondadori che, dal 2011, potrà pubblicare in esclusiva tutte le opere dello scrittore in lingua spagnola.
Una divertente intervista in taxi
Sulle prime mi parve un’idea stravagante. In realtà, si rivelerà un’occasione stimolante, perfino diver­tente, che meglio mi ha fatto cogliere il senso più intrinseco ed umano delle giornate siciliane di Bor­ges, anche negli aspetti più minuti e aneddotici.
E così, armato di un fiammante registratore, par­tiamo da calle Rodriguez Pena, di corsa, verso l’ae-roporto. Ci accompagna la signora Nicoletta De Guglielmi, dell’ambasciata italiana, che gentil­mente ci fa da interprete.
Maria Kodama ora appare serena, disponibile. La sua figura esile, stretta in una tunica candida, ri­splende della luce eburnea, abbagliante di questa Buenos Aires fervorosa, creativa ma sempre un po’ inquieta. Mentre l’auto svicola nel traffico torren­ziale dell’Avenida 9 de Julio (la più larga del mondo) cominciamo a parlare della Sicilia.
La signora Kodama si abbandona ai ricordi, ancora nitidi, minuziosi. Dopo ventisei anni, ne conserva una memoria davvero formidabile.
Parla di fatti specifici e cita nomi di persone e di luoghi come se l’avesse incontrati il giorno prima: Villa Igiea, via Libertà, Agrigento, Selinunte, Do­mitilla Alessi e Umberto di Cristina (una pareja me­ravigliosa, dice), Ferdinando Scianna, ecc.
Mi prega di non registrare perché desidera parlare liberamente di alcune battute ironiche di Borges, di taluni episodi un po’ farseschi capitati durante quel soggiorno. Al ristorante dell’aeroporto -promette- avremmo fatto l’intervista vera e propria.
Ripongo l’aggeggio in tasca, senza accorgermi di non averlo saputo spegnere.
E così, senza volerlo, mi ritrovo, interamente regi­strato, il suo resoconto del viaggio di Borges in Si­cilia, impreziosito da commenti, battute e tante belle risate che -credo- sia la parte più vivace e ge­nuina della conversazione.
L’arancia come rappresentazione del mondo
La prima domanda è d’obbligo: Borges, già com­pletamente cieco, come percepì, come “vide” Pa­lermo e i monumenti di Agrigento e Selinunte?
“Borges era dotato di una sensibilità speciale che gli permetteva di captare, di vedere le cose al di là delle parole e della vista. Fin da bambino, Borges aveva incamerato tante informazioni ed immagini che ora gli consentivano di “vedere” i monumenti, i templi greci…”
A proposito di questa sua precoce formazione la si­gnora racconta un fatto -credo- inedito e alquanto singolare: “Per avviarlo alla cultura classica, alla metafisica il padre gli faceva il “gioco dell’arancia.. Gli mostrava un’arancia e gli diceva “guardala bene e poi chiudi gli occhi e immagina.
Cos’è l’arancia? La sua forma, il suo colore, il suo profumo…”
Insomma, l’arancia come rappresentazione del mondo.
“Il nome di Palermo gli ricordava il suo amato bar­rio natale, nel quale visse la sua infanzia, dove- come scrive nella “Fundacion mitica di Buenos Ai­res” -è nata la città. Per Borges, Buenos Aires non è nata a la Boca, ma a Palermo…” (1)
La controversia ormai è chiarita giacché -come an­che noi abbiamo accertato (2) -la Palermo di Bue­nos Aires prende il nome da Juan Dominguez, uomo d’affari di Palermo, che nel 1582 si trasferì dalla Sicilia alle rive del rio de la Plata.
“I templi li riconosceva attraverso gli scritti dei fi­losofi dell’antichità. Ha insistito per visitare le ro­vine di Agrigento, la patria di Empedocle, e di Seli­nunte. Mentre accarezzava le colonne mi chiese di leggergli qualche brano di Omero… Così Borges vedeva...”

Il Mediterraneo, il mare di Omero e di Virgilio
Oltre i templi c’è il Mediterraneo: il mare di Ome-ro, di Virgilio e delle grandi civiltà. Il Maestro volle vedere/toccare anche “ il mare, che è un de­serto splendente, simbolo di cose che ignoriamo…”
Borges era molto felice -continua Maria Kodama- di questa visita siciliana e molto grato a Domitilla e a Umberto Di Cristina (conosciuti tramite Franco Maria Ricci) che avevano istituito il premio de “La rosa d’oro”praticamente per lui. Un omaggio al suo “La rosa profunda” (2) nel quale Borges confessa di “avere perduto (con la vista n.d.r.) soltanto la vana superficie delle cose…e continua a pensare con le lettere e le rose…”
“Si. Era sempre molto contento di visitare i musei. “Mi diceva andiamo dai nostri amici…”intendendo gli autori delle opere esposte. Al museo di Seli­nunte si emozionò mentre toccava i vasi, le statue scolpite 25, 20 secoli prima, toccate ed ammirate da migliaia di persone prima di lui.”

La tigre di Borges e la pantera dei palermitani
Anche Domenico Porzio, ch’era al seguito del po­eta, ha sottolineato questa speciale sensibilità di Borges il quale, durante la visita al museo archeo­logico di Palermo, prese ad accarezzare un busto di Giulio Cesare recitando Skakespeare che -secondo lui- “doveva essere d’origine italiana giacché nella metafora tendeva troppo all’iperbole…ed era “il meno inglese degli scrittori inglesi”. (4)
Il racconto, gli aneddoti sono interessanti, ma il tempo stringe. Maria Kodama ora deve imbarcarsi sul suo volo. Le chiedo del suo “giardino segreto” (la fotografia), dei suoi racconti inediti che sap­piamo sono tanti ed anche molto belli.
Mi risponde che ne ha pubblicato solo uno (“Il di­nosauro”). Gli altri li tiene nel cassetto perché teme che qualcuno pensi che l’autrice non è Maria Ko­dama, ma la moglie di Jorge Luis Borges.
Avrei voluto domandarle un parere su cosa avrebbe pensato Borges, che amava tanto le tigri, di quei palermitani spaventati dalla pantera nera che, da qualche mese, appare e scompare come un fanta­sma in alcuni rioni di Palermo, quasi a voler turbare il sonno di questa città dolente e rassegnata. Per una singolare coincidenza, c’è una sua poesia che asso­cia il nome del felino a Palermo (barrio di Buenos Aires): “Era la tigre di quel mattino, a Palermo, e la tigre dell’Oriente…” (5)
Ma la signora si è già avviata ai controlli. La saluto e le chiedo se vorrebbe tornare in Sicilia.
“Se m’invitate, corro….”

* (testo ampliato e pubblicato, con altro titolo, in “La Repub­blica” del 26 ottobre 2010).
Note.
(1) J.L.Borges, “Fundacion mitica di Buenos Aires” in “Qua­derno San Martin”, in “Borges. Tutte le opere”, A. Mondadori, Milano, 2003
(2) A. Spataro “La Palermo di Buenos Aires” in “La Repub­blica” del 29 dicembre 2005
(3) J.L.Borges “La rosa profunda” ed. Emeces, Buenos Aires, 1975
(4) D. Porzio -“Introduzione a “Borges.Tutte le opere”, op. cit.
(5) J.L. Borges, “Storia della notte” op.cit.


FOTOCOPIA DELL’ARTICOLO IN “LA RE­PUBBLICA/PA” 










DOMENICO PORZIO SUL VIAGGIO DI BORGES IN SICILIA 

(Dall’Introduzione a “Jorge Luis Borges- Tutte le opere”, Arnoldo Mondadori Editori, Milano, 2003).








A BUENOS AIRES LA PALERMO DEGLI ARTISTI*
di Agostino Spataro
Fra le tante Palermo, esistenti fuori della Sicilia, si­curamente quella di Buenos Aires eccelle sopra tutte. In realtà, non è una città, ma un grande rione (il "barrio Palermo") che si stende per oltre 900 et­tari, dalle rive del rio de la Plata fino al cuore pul­sante di questa affascinante e popolosa metropoli. è una città nella città che, come in un gioco di ma­trioske, contiene altre Palermo: "chico", "vejo", "alto", che, a loro volta, contengono una Universi­dad, un bosco di 25 ettari e un ippodromo e l' Aero­parque per i voli nazionali, tutti col nome di Pa­lermo.
Palermo incombe ovunque: sui frontoni di teatri, milonghe, cinema, musei, ateliers, negozi antiquari e d' alta moda, ristoranti e caffè e librerie. In effetti, Palermo è un barrio popolare che attira gente di successo. Frotte di artisti, scrittori e divi del cinema e della televisione vi si stanno trasferendo facen­done aumentare il prestigio e i prezzi degli immo­bili.
Èdifficile fare raffronti con altre città omonime, an­cor meno con il capoluogo della Sicilia, tuttavia si può affermare che non c' è un altro luogo della terra dove il nome di Palermo venga così orgogliosa­mente evocato.
Una sensazione gradevole che, in qualche modo, compensa le amarezze subite in giro per il mondo a causa della triste nomea causata dalla mafia.
Ma perché si chiama Palermo?
Erroneamente si è creduto che il nome fosse un omaggio al capoluogo della regione di provenienza della numerosa colonia di emigrati siciliani che vi s' insediarono a partire dalla seconda metà del secolo XIX.
Si è anche ritenuto che derivasse dalla cappella in­terna al palazzo di campagna di un ricco proprieta­rio, Manuel de Rosas, dedicata al «santo negro Be­nito de Palermo cui rendevano culto gli uomini di colore della zona».
Il nome, come abbiamo accertato alla Biblioteca nazionale è preesistente all' arrivo degli emigrati siciliani e -come vedremo- risale addirittura all' epoca della seconda fondazione di Buenos Aires (1580).
«Già nel 1938, Miguel Sorondo aveva accertato che il nome non proveniva né dal santo negro Benito di Palermo né da Rosas, ma dal popolatore Juan Do­minguez di Palermo, giunto a Buenos Aires intorno al 1582» (Elisa Radovanovic in "Palermo 1876-1960", edi­zioni Università di B. A.)
Una documentata conferma ci viene dallo storico Diego Del Pino il quale nel suo "Palermo-Barrio portegno", edito, nel 1991, dalla Fundacion Banco de Boston, scrive: «Nel 1560, nacque in Sicilia Juan Dominguez Palermo, nel tempo in cui questa regione apparteneva al Regno d' Aragona. A pochi anni dalla fondazione della nostra Città, arrivò su queste coste questo siciliano Juan Dominguez Pa­lermo sposò Isabel Goméz de la Puerta y Seravia, discendente di un fondatore».
Juan Dominguez trasformò i terreni paludosi portati in dote dalla moglie in fiorenti giardini di vigne e frutteti ed acquisì altri fondi contigui ampliando il suo possedimento.
«Il siciliano -continua il racconto di Del Pino- morì il 15 luglio 1635, fu sepolto nella Cattedrale, e da questo momento le sue terre cominciarono a chia­marsi Banados de Palermo o anche Vignas de la Punta de Palermo... Ecco, dunque, l' origine del nome di questo barrio "absolutamente especial" come lo definisce Jorge Luis Borges nel suo "Eva­risto Carriego" nel quale fa dire al grande poeta dei poveri e palermitano doc, "En Palermo naciò la Ciudad"».
Borges era innamorato del barrio Palermo degli inizi del XX secolo, dove visse la sua adolescenza a contatto con i figli di emigrati siciliani e calabresi, con i quali giocava per le vie polverose, come egli stesso ricordò nel salone della Fondazione Mor­mino, l' unica volta che venne nella nostra Palermo, in occasione del conferimento del premio "Nove­cento". A quel tempo, il barrio non era certo il mi­gliore dei mondi possibili.
Povero e sovrappopolato, violento e fascinoso al tempo stesso, per Borges «Palermo del coltello e della chitarra era una preoccupante povertà».
Fino a quando, durante le due decadi d' oro (anni '30 e '40), non raggiunse il massimo splendore.
L' economia argentina, in pieno boom, divenne un punto di forte attrazione per milioni di emigrati eu­ropei (soprattutto italiani, spagnoli, francesi e tede­schi).
Buenos Aires si trasformò in una moderna metro­poli che gareggiava con New York, Parigi, Londra e «nel barrio di Palermo -annota la Radovanovic- penetrarono diversi stili architettonici.
Tuttavia fu l' avanguardia che assunse un nuovo linguaggio a partire dal 1930 realizzando edifici ca­ratterizzati dal bianco».
Ancora oggi, nonostante la crisi degli ultimi tre de­cenni, il Paese, che conta 35 milioni di abitanti, produce grano per circa 300 milioni di persone. Si stima che circa il 40 per cento della popolazione sia di origine italiana; molti i siciliani che hanno rag­giunto posizioni di prestigio.
Dal "catanese" Alfio Coco Basile, allenatore del mitico "Boca Juniors" di Maradona alla neo mini­stra dell' economia Felisa Josefina Miceli, una si­gnora di 52 anni originaria di Leonforte, Enna. Per gustare Palermo bisogna passeggiare per queste strade, sbirciare fra i cortili e i patii delle case anti­che alla ricerca dello spirito "bohemio y creativo" e la sera andare da "Homero Manzi" o al "Club del vino" dove ci sono il miglior tango e il miglior vino. è tutto un gran fermento, sembra che Palermo stia vivendo il suo secondo rinascimento.
Accanto alle dimore dei poeti e degli artisti stanno nascendo l' alta moda, il disegno, l' editoria.
La nuova sfida è armonizzare tradizione e innova­zione.
* In “La Repubblica/Pa” del 29 dicembre 2005 sez. Archivio la Repubblica.it 2005



EL ENIGMA DE JUDAS ISCARIOTE*
Agustín Spataro (Italia)
En estos días antes de Pascua, en nuestros pueblos y ciudades a ver las procesiones de muchos de los "Vía Crucis" Como se recordará el sacrificio de Cristo y el drama humano de Judas, su Mensajero, todos de marca como el traidor por excelencia.
Hasta el punto que algunos consideran el compor­tamiento dell'Iscariota popular como la más abyecta cobardía entre las miserias de la tierra y, a veces, teniendo en demasiado amplia, llega a cambio de "traición a la patria" un acto de deber cívico y / o la disociación de el mal.
De hecho, "Judas" se puede apelar, incluso una per­sona en posición vertical denunciar un crimen, abuso, un "arrepentido" mafioso, un político que va de un extremo a corromper, y así sucesivamente. Por supuesto, antes de que juez, usted debe com­probar el punto de vista desde el cual se mueve la parte recurrente.
Pero Judas era realmente un traidor del mal?
El teólogo sueco Nils Runeberg lo dudo y, en su li­bro principios del siglo pasado, trató de responder, valiente como doloroso, el terrible dilema: ¿Quién era realmente Judas Iscariote un traidor o un reflejo de Jesús?
Cuestión compleja, que también investiga intrigante Jorge Luis Borges con un ensayo profético un poco "(" Fiction "de 1944, reimpresa en 2004 por Ei­naudi) donde el escritor argentino famoso análisis de la tesis audaz que figura en el" Judas och Kristus "por Runeberg que favorecen el segundo atributo, llegando incluso a afirmar que "no uno, sino todos los que la tradición atribuye a Judas Iscariote son falsas".
Como era de esperar, Runeberg -Borges asegura que ser "muy religioso" y miembro de la Nacional Evangélica de la marca y será repudiado por herejía por los representantes de todas las confesiones cri­stianas consideran intolerable que sus teorías.
No vamos a entrar en estas cuestiones complejas, y mucho menos parte de una tesis u otra, sino sólo informar al lector de la originalidad de las obras mencionadas anteriormente y pasajes especialmente sobresaliente del ensayo de Borges que, si nada más, tiene la mérito intelectual de dar dignidad a una tesis que, en contra de la tendencia, se ha atre­vido a desafiar la maldición.
Incluso con todo el respeto debido a los sentimien­tos genuinos de la religión popular, el argumento para nada blasfemo, al menos, merece una conside­ración de la moneda adquirida después de la publi­cación en 2005 por la National Geographic llamado "Evangelio de Judas", que es el traducción del pa­piro en lengua copta, que se encuentra en Egipto en los años 70.
Pero vamos a seguir el razonamiento del teólogo sueco que, perseguido por varias condenas de con­vergencia de la herejía, se vio obligado a reescribir su libro tres veces, pero no renunciar a su tesis fun­damental.
En primer lugar, toma nota de la "superflua" la trai­ción de Judas a Jesús como para identificar, o un famoso predicador que hablaba todos los días y obraba milagros ante miles de personas, que no era necesario indicar un apóstol (con el famoso beso) para secuaces fueron a arrestarlo. De hecho, es una observación de que la lógica es impecable.
Sin embargo, -Runeberg continúa- el hecho ocurrió y no se debió a la causalidad simple (inaceptable en la Escritura), pero "lo que fue entregado, y que tuvo su lugar misterioso en la economía de la reden­ción."
¿Cuál fue el motivo? El argumento que justifica la aparición inexplicable es decir, el Verbo encarnado, "pasó de la eternidad a la historia, la felicidad sin límites a la mutación y la muerte ... y para respon­der a tal sacrificio era necesario para un hombre, lo que representa de todas las personas, debe hacer una condegno sacrificio.
Aquí, pues, aclarar el enigma de Judas Iscariote Runeberg que explica con detalle: era el único entre los apóstoles, para realizar la misión de Jesús y tremenda, como un buen discípulo, decidió traicionar a su amo, bajando la condición el informador y recoger treinta piezas de plata, el precio de la trai­ción, para aniquilar a los peores criminales y por lo tanto merecen el mayor culpable.
En la segunda edición del teólogo sueco, aunque algunos ajustes en ciertas áreas, confirmó su inter­pretación de la conducta de Judas que "no se puede atribuir a la codicia, y no un motivo opuesto y no­ble ascetismo ilimitada.
Judas actuó con humildad enorme, era estimado para ser indigno de su buen espíritu ... mortificado. La premedicación con terrible claridad sus pecados ... y escogió a aquellos que no visita ninguna virtud: el abuso de la confianza y el espionaje ... Judas bu­scó el Infierno, porque la dicha del Señor fue sufi­ciente. Pensó que la felicidad, también, es un atri­buto divino, que no debe usurpar la gente ".
En la tercera edición, Runeberg radicalizar su vi­sión para identificar a Judas como un espejo de Cri­sto.
Aunque pueda parecer absurdo, el espectáculo, en pocas palabras, sobre la base de la historia que hace Borges: Dios, sálvanos, podría haber elegido cual-quiera de los destinos que a través de la red con­fundido la historia podría haber sido Alejandro o Pitágoras o Rurik o Jesús eligió un destino humilde: Judas.
Judas, pues, el malentendido, el Dios Desconocido. No es coincidencia que el libro se abre con Runeberg un "epígrafe de Borges llamado" malvados ", que no es sino un versículo del Evangelio de Juan "El mundo era, y el mundo fue hecho por él y el mundo llegó a conocerlo."

*3/4/ 2015-Telesur, Caracas.




ARCHIVIO/ANTIQUITAS

BORGES: UN’ALTRA IPOTESI SU GIUDA
di Agostino Spataro

Chi fu veramente Giuda Iscariota: un traditore o lo specchio di Gesù?
Un terribile dilemma che riaffiora dalla lettura di “Finzioni”, un libro intrigante e un po’ presago di Jorge Borges, di recente ristampato da Einaudi, contenente un articolo del 1944 (“Le tre versioni di Giuda”) dove il celebre autore argentino analizza le ardite tesi contenute nel “Kristus och Judas” di Nils Runeberg, eminente teologo svedese, che propende per il secondo attributo, giungendo, addirittura, ad asserire che “non una sola, ma tutte le cose che la tradizione attribuisce a Giuda Iscariota sono false”.
Com’era prevedibile, Runeberg -che Borges assi­cura essere “profondamente religioso” e membro dell’Unione evangelica nazionale -sarà sconfessato e bollato d’eresia dai rappresentanti di tutte le con­fessioni cristiane che consideravano intollerabili le sue teorie.
Questioni, per me, “sopraelevate” nelle quali non desidero addentrarmi, né tanto meno parteggiare per l’una tesi o per l’altra. Mio solo intento è quello di segnalare al lettore i citati libri e soprattutto i passaggi salienti del saggio borgesiano che, se non altro, ha il merito di conferire dignità intellettuale ad una tesi che, andando controcorrente, ha osato sfidare l’anatema.
D’altra parte, trovandoci nel vivo delle celebrazioni della Settimana Santa e pur rispettando i più ge­nuini sentimenti della religiosità popolare, mi pare che l’argomento, per nulla blasfemo, sia quanto­meno d' attualità.
Cerchiamo di seguire il ragionamento del teologo svedese il quale, inseguito da diverse ma conver­genti condanne d’eresia, fu costretto a riscrivere il suo libro per ben tre volte, senza tuttavia abiurare alla sua tesi di fondo.
In primis, egli rileva “la superfluità” del tradimento di Giuda, poiché per identificare Gesù, ovvero un predicatore famosissimo che parlava ogni giorno o faceva miracoli davanti a migliaia di persone, non era necessario che un apostolo (Giuda) lo indicasse (col famoso bacio) agli sgherri venuti ad arrestarlo. Effettivamente, trattasi di un’osservazione logica che non fa una grinza.
Tuttavia -prosegue Runeberg- il fatto è accaduto e non fu dovuto a mera causalità (inammissibile nella Scrittura), ma “fu cosa prestabilita, e che ebbe il suo luogo misterioso nell’economia della reden­zione”. Quale ne fu il movente?
La tesi che giustifica l’incomprensibile accadi­mento è quella che, il Verbo, incarnandosi, “passò dall’eternità alla storia, dalla felicità senza limiti alla mutazione e alla morte…e che per rispondere a tanto sacrificio era necessario che un uomo, in rap­presentanza di tutti gli uomini, facesse un sacrificio condegno”.
Ecco, dunque, chiarito l’enigma di Giuda Iscariota che Runeberg spiega nel dettaglio: egli fu l’unico, tra gli apostoli, ad intuire la tremenda missione di Gesù e, da buon discepolo, decise di tradire il suo Maestro, abbassandosi alla condizione di delatore e incassando i trenta denari, il prezzo del tradimento, per annichilirsi a livello del peggiore malfattore e così meritarsi la più grande riprovazione.
Nella seconda edizione, il teologo svedese, pur cor­reggendo il tiro su taluni aspetti, confermò la sua interpretazione del comportamento di Giuda che “non può essere ascritto alla cupidigia”, semmai ad un movente opposto e nobile: l’ascetismo illimitato.
Giuda “agì con gigantesca umiltà; si stimò indegno d’esser buono…mortificò il suo spirito. Premeditò con lucidità terribile le sue colpe…e scelse quelle cui non visita alcuna virtù: l’abuso di fiducia e la delazione…Giuda cercò l’inferno, perché la felicità del Signore gli bastava. Pensò che la felicità, come il bene, è un attributo divino, cui non debbono usurpare gli uomini”.
Nella terza edizione, Runeberg estremizzò la sua visione fino ad identificare Giuda come specchio di Cristo.
Per quanto possa apparire assurda, la riportiamo, in estrema sintesi e sulla base del racconto che ne fa Borges: Dio, per salvarci, avrebbe potuto scegliere uno qualunque dei destini che tramano la perplessa rete della storia; avrebbe potuto essere Alessandro o Pitagora o Rurik o Gesù; scelse un destino infimo: fu Giuda”.
Giuda, dunque, l’incompreso, il Dio sconosciuto. Non a caso il libro di Runeberg si apre con un’epi-grafe, da Borges definita “perfida”, che altro non è che un versetto del Vangelo di Giovanni: “Nel mondo era, e il mondo fu fatto per lui, e il mondo non lo conobbe”. 

 (aggiunta) da "IL VENERDI'" di Repubblica del 27 maggio 2016





                   Copertina dell'e-book pubblicato in Amazon Kindle 


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Bibliografia

“Borges. Tutte le opere”, (a cura di Domenico Porzio) Mi­lano, Mondadori, 2003

Martino Iuvara, “Shakespear era italiano”, Ed. Kromatografica, 2002

Gabriela Habich (a cura di) “Politiche di con­fine nel Mediterraneo” Ed. Rubettino 2004.

Agostino Spataro in “Girodivite- Le città invi­sibili” 14/1/2006)

José Hernandez in “Martin Fierro”,

Leopoldo Marechal, “Cinco Poemas austra-les”, Ed, Convivio, Buenos Aires

Jorge L.Borges, “Fundacion mitica di Buenos Aires” in “Qua­derno San Martin”, in “Borges.
 Tutte le opere”, A. Mondadori, Milano, 2003

A. Spataro, “La Palermo di Buenos Aires” in “La Repub­blica” del 29 dicembre 2005

Jorge L. Borges, “La rosa profunda” Ed. Eme­ces, Buenos Aires, 1975

D. Porzio -“Introduzione a “Borges. Tutte le opere”, op. cit.

Jorge L. Borges, “Storia della notte” in op. cit.

Nils Runeberg, “Kristus och Judas”

Elisa Radovanovic in "Palermo 1876-1960", Ed. Università di Buenos Aires

Diego Del Pino, "Palermo. Barrio portegno", Fundacion Banco de Boston, 1991.


Piero Melati, "Da Palermo aPalermo", "Il Venedì " di Repubblica del 27/5/2016.


FINE
(Joppolo Giancaxio, 2016)

Con le "Madres" a Plaza de Mayo, manifestazione popolare per l'anniversario del colpo di stato militare

Passeggiando per Buenos Aires, ottobre 2015. "Floralis", Avenida del Libertador. 

Bio-bibliografia dell'autore:
it.wikipedia.org/Agostino_Spataro
montefamoso.blogspot.it/2014/04/agostino-spataro-bibliografia.html



[1] Junín: città a 260km a ovest di Buenos Aires
2 Sconcertante, misterioso