Nel 30° anniversario della mortedi Jorge Luis Borges, con questo piccolo libro, stampato per il mio personale diletto, desidero ricordare il suo viaggio a Palermo, in
Sicilia, nel 1984 e rendere un sincero tributo alla sua vasta opera immortale e
a Buenos Aires sua città natale.
Ventisei anni dopo, chiesi a Maria Kodama, vedova dello scrittore e presidente
della Fondazione Internazionale Borges, di rievocare quel viaggio per “La Repubblica” e di raccontare, durante una stravagante
conversazione in taxi sull'autostrada che da Buenos Aires conduce all'aeroporto di Ezeiza, taluni aspetti inediti, momenti particolari, sensazioni,
aneddoti, equivoci del soggiorno palermitano. Alcuni sono riportati in questo
libro. (a.s.)
Bio-bibliografia
dell’autore in:
-
it.wikipedia.org/Agostino_Spataro
-
montefamoso.blogspot.it/2014/04/agostino-spataro-bibliografia.html
Pubblicazione non in
vendita
LA DEDICA
“Come tutti gli accadimenti dell' universo, la dedica di un libro è un gesto magico.
La si potrebbe anche definire
il modo più gradevole e sensibile di pronunciare un nome.
Io pronuncio ora il suo nome:
Maria Kodama. Quante mattine, quanti mari, quanti giardini dell'Oriente e
dell'Occidente, quanto Virgilio.” J.L. Borges *
* in “Borges. Tutte le opere”, a cura di
Domenico Porzio, Ed. Mondadori, Milano, 2003
(In copertina: Jorge Luis Borges a
Palermo, 1984 - Foto di F. Scianna in: www.digitalist-Borges.blogspot.com
)
INDICE
Borges
in Sicilia, un viaggio memorabile ..... 1
Tributo a Borges e a Buenos Aires
- Borges, da una Palermo all’altra;
- a Buenos Aires per i sentieri di Borges;
- la più grande metropoli “mediterranea”;
- il Nobel ai “cartoneros” di Buenos Aires;
- un debito d’amore verso Buenos Aires;
- librerie: el gato dueno de los libros;
- il rio Paranà, pasajero eterno.
Una
stravagante intervista in taxi ................ 17
Testo
integrale dell’intervista a Maria Kodama
spagnolo .............................................. 25
italiano ................................................. 37
Una
registrazione involontaria
italiano ................................................. 47
spagnolo .............................................. 59
ALLEGATI
- Borges,
viaggio nella Sicilia del mito ...... 71
- Fotocopia
articolo de “La Repubblica”
... 80
- D. Porzio
sul viaggio di Borges in Sicilia 82
- A
Buenos Aires, la Palermo
degli artisti 84
- El
enigma de Judas Iscariote .................. 89
- Borges,
un’altra ipotesi su Giuda ............ 94
- Bibliografia
............................................... 98
Pubblicazione non
commerciale.
Copyright 2016 - Agostino
Spataro.
Tutti i diritti riservati.
Ringraziamenti
Desidero ringraziare tutte le persone che hanno contribuito a rendere possibile questo
lavoro.
In primo luogo, la signora Maria Kodama
Borges per la sua simpatica, cordiale disponibilità e per l’indimenticabile,
extravagante conversazione sul taxi che da Buenos Aires la conduceva all’aero-porto.
In
questo lavoro mi sono stati di grande aiuto e per questo li ringrazio
sinceramente:
-la signora Nicoletta De Guglielmi, dell’Ambasciata
italiana a Buenos Aires, la quale mi ha, gentilmente, assistito (anche come
interprete) durante la conversazione con Maria Kodama e tradotto la registrazione
dell’intervista pubblicata in “La
Repubblica” ;
-il signor Ulyses Rossi per la sua preziosa e
amichevole collaborazione in questo come in altri miei lavori. In questo caso,
per avere egli sbobinato e tradotto (in italiano) la registrazione della conversazione
in taxi con Maria Kodama.
Alcune foto sono mie, altre le
ho prese da vari siti web che ringrazio.
Un grazie particolare va a Ferdinando Scianna
per le bellissime foto, scattate durante la visita in Sicilia del Maestro,
pubblicate nel sito:
http://www.letraslibres.com/revista/portafolios/borges-en-sicilia
Avvertenza
Quasi tutti i materiali pubblicati sono in
castillano (spagnolo) e in italiano.
Mi scuso per qualche imprecisione, per alcuni
“vuoti” dovuti alle difficoltà dell’audio e alle rumorose interferenze
derivate dal traffico autostradale.
Poiché, la registrazione (per altro
involontaria) avvenne in condizioni molto precarie dentro un taxi che andava
oltre i 100 km/h
e mediante un piccolo apparecchio riposto in una tasca interna della giacca
ch’ero convinto di avere chiuso... (a.s.)
BORGES IN SICILIA,
UN VIAGGIO MEMORABILE
UN VIAGGIO MEMORABILE
Nel ricordo di Maria Kodama
Aeroporto Ezeiza di Buenos Aires. Agostino Spataro intervista Maria Kodama |
“La signora Kodama è
stata per lo scrittore compagna di vita e di lavoro, collaboratrice
preziosa e intelligente; e anche la vista dei suoi occhi spenti. Oggi, è la più fedele custode
dei suoi ricordi…”( a.s.)
preziosa e intelligente; e anche la vista dei suoi occhi spenti. Oggi, è la più fedele custode
dei suoi ricordi…”( a.s.)
TRIBUTO A BORGES E A BUENOS AIRES SUA CITTA' NATALE
Borges, da una Palermo all'altra
1. Prima
del fatto ossia la conversazione/intervista con la signora Maria Kodama è
necessario accennare all’antefatto
ossia alla venuta a Palermo, in Sicilia, nel marzo del 1984, di Jorge Luis
Borges, celebrato scrittore argentino, per ritirare il premio “La Rosa d’oro”, istituito dalla
editrice palermitana “Novecento” di Domitilla Alessi. Egli, che aveva vissuto
l'infanzia nel bellissimo barrio Palermo di Buenos Aires, giungeva per la prima
volta nella nostra Palermo contento di poterne respirare l'aria di antica
capitale dell’Isola dei miti, ma anche di capoluogo di una terribile, decadente realtà, in
quei giorni, appesantita dalla decisione del governo di rendere operativi i
missili nucleari della Nato installati a Comiso. Da una Palermo all'altra, si
potrebbe dire.
La cerimonia di
consegna si svolse la sera del 27 marzo nel salone della Fondazione Mormino del
Banco di Sicilia (sponsor del Premio) alla quale fui invitato -credo- nella
qualità di deputato nazionale.
Accolsi l’invito
anche se ero al corrente di taluni giudizi politici molto critici su Borges che
circolavano negli ambienti della sinistra a causa di certi suoi approcci
con la dittatura militare che solo l’anno prima era uscita dalla scena
politica argentina.
Certo, nel
comportamento di Borges ci fu quantomeno un errore politico, abilmente sfruttato
dalla dittatura che – il mondo saprà dopo- fece sparire, assassinare circa
trentamila giovani oppositori (desaparecidos)
con metodi brutali e inumani e senza uno straccio di processo. Un genocidio!
Tuttavia, credo che
non si possa giudicare uno scrittore di razza, per altro impolitico, soltanto
per qualche errore di tipo politico ma, soprattutto, per il valore, l’essenza della sua opera
letteraria.
Pertanto, senza
voler assolvere, né mitizzare nessuno, nemmeno Borges, andai a Palermo per
salutare, per ascoltare l’autore di alcune opere che mi avevano affascinato: “Finzioni”, “L’Aleph”, “Storia universale dell’infamia”, “Fervore di Buenos Aires”, ecc.
Mi fu riservato un
posto in prima fila che trovai quasi interamente occupata dalle autorità
palermitane e siciliane.
Al centro, assisi in
una posa solenne, statuaria, c’erano i presidente della Regione e dell’Ars.
Di fronte, dietro il
grande tavolo, avevano preso posto Borges e gli organizzatore del premio.
2.
Avvertii
come un disagio a star seduto in quella prima linea di ottimati. Mi guardai
intorno e vidi in fondo al salone, solitario e raccolto, l’on. Sergio
Mattarella, da qualche mese mio collega alla Camera dei Deputati.
Il fratello di
Piersanti mi parve volersi tenere alla larga da quella prima fila. Anche se lo
conoscevo da poco, decisi di raggiungerlo in quell’anonima (e più confortevole)
“retrovia”.
Tutto si svolse in
pochi attimi: mi avvicinai al tavolo e pregai Umberto Di Cristina di
presentarmi a Borges per potergli stringere la mano. Null’altro.
Mi restò impresso il
suo sguardo vacuo, il suo largo sorriso di circostanza rivolto a un illustre
sconosciuto.
Attimi fugaci nei
quali intravvidi come un alone di luce giallognola, che per me è il colore
della sapienza matura, avvolgere il volto dello scrittore segnato da un
malcelato ghigno di un dolore antico, mai rimarginato.
Salutato il Maestro,
invece di riguadagnare il posto assegnatomi, deviai verso il fondo della sala a
occupare la sedia vuota accanto a Mattarella.
E da lì ci gustammo,
serenamente, la dotta prolusione di Borges.
Questo è quanto.
Nulla di eccezionale. Solo piccoli gesti, necessari per segnare un confine
evidente all’interno di un ambiguo contesto politico e morale che, in quel
tempo tragico, dominava a Palermo.
Anche in occasione
di un evento eminentemente culturale qual era la venuta di Borges in Sicilia,
bisognava far vedere da che parte si stava.
A Buenos Aires per i sentieri di Borges
Con il passare degli
anni, crebbe il mio interesse per l’opera del grande autore argentino, più di
Buenos Aires direi, che, parafrasando lo stesso Borges, potremo definire il
meno sudamericano fra gli scrittori sudamericani.
La parafrasi nasce
da una battuta di Borges su Shakespeare che -secondo lui- “doveva essere di origine italiana perchè
tendeva troppo all’iperbole nella metafora; è il meno inglese degli scrittori
inglesi...”*
* (Domenico Porzio in “Borges. Tutte le opere”, Mondadori)
L’osservazione non é
poi tanto peregrina, anzi, in qualche misura, anticipa - di almeno un ventennio-
l’ipotesi proposta nel libro del professor Martino Iuvara* il quale, basandosi
su una lunga e articolata ricerca, arriva a sostenere che il grande poeta e
drammaturgo inglese era in effetti italiano, nativo di Messina.
*(in “Shakespear era italiano”, Ed. Kromatografica, 2002)
Fondata o meno che
sia l’ipotesi di Iuvara, bisogna riconoscere che é piuttosto argomentata,
mentre rimangono incerti, aleatori alcuni aspetti della vita del poeta. Taluni, addirittura, mettono in
dubbio la sua effettiva identità, perfino l’esistenza.
Ma torniamo a Borges
di cui continuai a leggere tutto quanto mi capitava per le mani.
Per concludere con
la monumentale edizione (in due volumi) di “Borges. Tutte le opere” magistralmente curata da Domenico Porzio il quale
nella sua dotta “Introduzione” annota alcuni episodi, aneddoti relativi alla
visita dello scrittore in Sicilia e ci lascia un’interpretazione, a tratti
maieutica, dell’opera borgesiana: “Una
letteratura che insegue i lucidi piaceri del pensiero, ma ha coscienza della
propria irrealtà e del suo essere sogno, è un’arte misteriosa come gli altri
elementi del mondo. La prestidigitazioine definitoria di Borges va oltre: una
pagina o un verso fortunato non devono inorgoglirci: “sono un dono del Caso o
dello Spirito; solo gli errori sono nostri”.
Per me, totalmente
preso dalle vicende politiche nostrane e da quelle più ingarbugliate e
terribili dei Paesi arabi e mediterranei, dell’eterno conflitto fra palestinesi
e israeliani, la lettura di Borges fu come una discesa in un mondo veramente
nuovo, fantastico e crudo al tempo stesso; dentro il quale scoprii, fra
l’altro, qualcosa di noi che era fuggito in Argentina, tanto tempo fa.
Buenos Aires mi
apparve come una stella lontana e scintillante, ora raggiungibile seguendo i
sentieri tracciati da Borges.
La più grande metropoli “mediterranea”
1. Fu così che cominciai a esplorare Buenos Aires, a girovagare, a curiosare per i suoi "barrios", per le sue calles e avenide, per i suoi parchi e musei, ecc. Solo sensazioni, impressioni, le mie. E tanto amore… per questa città gioiosa, impetuosa ma anche fragile, triste che, col tempo, ho imparato ad apprezzare per quella che è, con i suoi difetti e le sue virtù.
1. Fu così che cominciai a esplorare Buenos Aires, a girovagare, a curiosare per i suoi "barrios", per le sue calles e avenide, per i suoi parchi e musei, ecc. Solo sensazioni, impressioni, le mie. E tanto amore… per questa città gioiosa, impetuosa ma anche fragile, triste che, col tempo, ho imparato ad apprezzare per quella che è, con i suoi difetti e le sue virtù.
L'esplorazione
continua poichè c'è ancora molto da conoscere, da capire di questa sorta di
"foresta incantata" che spero possa migliorare e divenire più equa e solidale per il
bene dei suoi tre milioni di abitanti che diventano quattordici con la
popolazione dei sobborghi.
La “più grande metropoli mediterranea”così Gabriela Habich*, una cara amica
portegna, ha definito la capitale federale argentina, volendone sottolineare
la multi etnicità e la straordinaria predisposizione all’accoglienza di gente
arrivata da ogni continente e, in primo luogo, dai paesi rivieraschi del Mediterraneo.
* “Politiche di confine
nel Mediterraneo” Ed. Rubettino 2004.
A ben vedere, Carlos
Fuentes annotò, ironicamente, che: “gli
argentini discendono dalle navi...”
Infatti, l’Argentina
-come gli Stati Uniti d’America, il Canada, l’Australia, ecc- più che una
“nazione”, nell’accezione classica del termine, è un mosaico di comunità; la
risultanza di correnti migratorie venute prima al seguito degli occupanti
colonialisti spagnoli e dopo, su richiesta dei governi locali, per attuare i
grandi programmi di effettiva colonizzazione di sterminati territori
sottratti, con la violenza, ai popoli nativi.
Un variegato mosaico etnico, alla ricerca di un' identità.
Un variegato mosaico etnico, alla ricerca di un' identità.
Nel corso della loro
storia, l’Argentina, Buenos Aires hanno accolto folle di migranti provenienti,
per la più parte, dai paesi del sud-Europa e del Mediterraneo: italiani,
spagnoli, francesi, libanesi, siriani, ebrei, slavi, greci, turchi, armeni,
ecc.
Da qui, l’originale
definizione della Habich.
Da notare che in
questa grande metropoli “mediterranea” si realizza una singolarità degna di
una menzione d’onore.
Osservando, infatti,
le nazionalità dei migranti, si rileva
che trattasi, in prevalenza, di popoli che per secoli si sono fatti la guerra,
si sono sgozzati a vicenda per un territorio conteso o per ordine di un dio
vindice, ovviamente strumentalizzato dai belligeranti. Odi e rancori ancora,
tragicamente, non sopiti nei territori originari. Come per incanto, a Buenos
Aires e in altre città argentine queste etnie convivono in pace, conservando
aspetti importanti delle loro culture e tradizioni, dei loro stili di vita, tuttavia
sforzandosi di realizzare un’identità argentina.
Una riconciliazione
felice, indotta dall’espianto migratorio, dallo sradicamento; come se i “nuovi
argentini”, al momento del distacco si fossero spogliati degli atavici odi e
li avessero abbandonati nei porti di partenza.
2. Tantissimi sono i fatti, gli esempi che si potrebbero portare a conferma di tale benefica metamorfosi. Ne segnalo uno piccolo che, in un sol colpo, annulla ogni pretesa di sciovinismo nazionalistico.
In un giardino pubblico, dalle parti di Plaza Italia, vidi due monumenti a ricordo di caduti, fra loro nemici, che si combatterono sulle montagne del Carso durante la prima guerra mondiale.
Caduti ungheresi e caduti italiani.
Diedi una scorsa ai
nomi e mi sorse una domanda: chissà se quel Farkas Lajos dell’epigrafe ungherese non fu ucciso da quel Principato Vincenzo dell’epigrafe di fronte o viceversa?
Chi può escluderlo?
Vittime di una
stolta e crudele guerra, questi uomini, da vivi, furono costretti a odiarsi
pur senza conoscersi, a sbudellarsi a colpi di baionetta e oggi, da morti,
convivono nella pace (eterna), a pochi metri di distanza gli uni dagli altri. A
Buenos Aires.
Tuttavia, il giusto
riconoscimento di tale, grande disponibilità all’accoglienza non dovrebbe far dimenticare
che tanta generosità fu preceduta da una caccia spietata all’indio, da una
serie di massacri dei popoli nativi.
“La campagna del desierto” del generale Roca ne fu un esempio davvero
truce e definitivo.
Si trattò, infatti,
di una sorta di pulizia etnica ante litteram che, nella seconda a metà
dell’ottocento, praticamente liquidò la presenza degli “amerindi” (mapuches e
altre etnie indigene) che abitavano le pampas, al di qua e al di là del Rio
Negro, da migliaia di anni.
Una pagina dolorosa
e vergognosa, una ferita ancora aperta ai piedi delle Ande di cui poco si
parla e si scrive. Solo alcuni hanno avuto il coraggio di raccontarla per
intero.
Il Nobel ai “cartoneros” di Buenos Aires
1.
Buenos
Aires, dunque, dei forti contrasti, delle contraddizioni sociali evidenti:
città ricca, potente, elegante per alcune centinaia di famiglie di magnati e
di tierratenientes, ma anche madre
dolente di tantissimi suoi figli esclusi dal benessere.
Una vera tristezza,
una dannazione per milioni di essere umani che vivono, ammassati e in condizioni
precarie, proibitive.
Specie, nelle
sterminate periferie che assediano il Centro dove, storicamente, è insediato un
ceto alto borghese sempre più ristretto, elitario, perfino dinastico, subalterno
alla grande finanza internazionale, che spinge il “medio” e il “piccolo” verso
i gradini più bassi della scala sociale.
Un processo
terribile, disumano che può essere sintetizzato con una sola parola : “esclusione”
Una situazione
grave, degradante che genera disuguaglianze, odi sociali e le più gravi
incertezze per il futuro di questo grande e ricco Paese latinoamericano.
E - si sa- le
disuguaglianze, l’esclusione sociale hanno provocato rivolte popolari, moti di
giustizia per la sopravvivenza, quasi sempre repressi nel sangue.
Il sangue dei poveri!
Oggi, è riapparso lo
spettro di quel ciclo infernale dal quale l’Argentina sembrava essere uscita.
Nello scenario
sociale e politico stanno, infatti, riemergendo incertezze, paure,
inquietudini che parevano essersi allontanate o comunque diluite in questi
primi anni del nuovo secolo.
Un’evoluzione lenta,
contrastata ma positiva che ho potuto costatare personalmente durante i miei
soggiorni in questo Paese di circa 40 milioni di abitanti distribuiti fra la
capitale e un territorio sette volte più esteso di quello italiano.
La prima volta che
visitai Buenos Aires fu nel 2001 ossia nel vivo di una fase segnata dal caos politico
e sociale, dalla disperazione popolare causata dall’iperinflazione, dal “cacerolazo”per il fallimento dello
Stato provocato dalle politiche “neo-liberiste” avviate dai generali e proseguite
dai successivi governi al guinzaglio del FMI.
A partire dal 2003
(con la vittoria di Nestor Kirchner) la situazione è stata, gradualmente, corretta,
in parte recuperata, seppure con errori e qualche eccesso, dai governi della
sinistra peronista.
L’ultima volta che
ci andai è stato nel novembre 2015 per seguire le elezioni presidenziali che
hanno decretato (seppure di strettissima misura) il ritorno al potere di quelle
stesse consorterie economiche, affaristiche che portarono l’Argentina al
fallimento e alla dittatura, le quali, contravvenendo alle promesse elettorali,
stanno inasprendo, rendendola più acuta ed esplosiva, la difficile condizione dei
lavoratori, del popolo argentini.
2.
Ma torniamo
alla Buenos Aires che più amo, alle sensazioni, alle pulsazioni, agli umori, ai
dolori, alle civetterie, agli sguardi disincantati che si colgono fendendo la
folla, incessante e nevrotica, delle grandi avenide. Specie fra quelle del
barrio Palermo dove - mi pare- più si concentra l’essenza umanitaria e culturale
di questa metropoli.
“Santa Fè, Scalabrini-Ortiz, Libertador,
Malabia, Sarmiento, Belgrano, Borges, Cortazar, ecc.
Nomi, luci di nomi che rischiarano la storia
travagliata della nazione argentina; una sequela di eroi e letterati che
vogliono restare, o tornare, a Palermo, anche da morti.
(A. Spataro in “Girodivite- Le città invisibili”
14/1/2006)
Le vie sono lo
specchio animato di Buenos Aires. Qui scorrono, e s’incontrano, le sue diverse
“anime”: ricchezza e povertà, sofferenza e ignobili viltà vestite a festa,
corruzione dei potenti e urla di giustizia degli innocenti, violenza e
trasgressione.
Sia chiaro, tutto
ciò non è un maleficio, né appannaggio esclusivo di questa metropoli. Accade
anche altrove, in altre grandi e piccole città del mondo, secondo i tempi, i
ritmi, le logiche economiche della dissennata urbanizzazione che stiamo subendo.
3. Città da amare, Buenos Aires. Evitando, però, che la passione ci renda ciechi e sordi e non ci faccia vedere l’intero arco delle sue vicissitudini, delle sue violenze, della sua realtà sociale. In primo luogo, quella dei ceti meno abbienti, degli “esclusi”, come i “cartoneros” per i quali propongo il Nobel più importante: quello per la salvezza del Pianeta, dell’umanità.
Il Premio che non é stato assegnato a Borges, il cittadino più illustre di Buenos Aires, si potrebbe conferire a questi suoi concittadini, a torto, considerati "ultimi".
Ultimi o primi?
Tante volte ho
osservato a lungo i “cartoneros” di Buenos Aires ossia un esercito di umili, di
uomini, donne, bambini, poverissimi di beni ma ricchissimi di dignità, vaganti
nella notte per le eleganti avenide a raccogliere cartoni e altri materiali di
rifiuto.
Gente che avrebbe
tutte le ragioni per bruciare il mondo, invece cerca di salvarlo, di alleggerirne
le pene mediante un’efficace e ben organizzata opera di raccolta differenziata.
Invece, i ricchi,
che avrebbero tutte le ragioni per salvare, per conservare il mondo che li
privilegia, continuano a inquinarlo, a
distruggerlo.
Un debito d’amore verso Buenos Aires
Non so a voi, ma a
me capita, sempre più spesso, di avvertire un sentimento di affetto autentico per
alcune città quali Buenos Aires, Roma, Lisbona, Budapest, Damasco, Sanaa e
poche altre in cui ho soggiornato più o meno a lungo.
Saranno l'età che avanza o la presunta saggezza che
m’inducono a vedere, con occhi impertinenti, la vita attraversata che mi ha
condotto a un livello di libertà praticamente illimitata, quasi al limite della
follia liberatrice, e che riesce a capovolgere perfino le gerarchie dei
sentimenti, delle passioni.
Così, può capitare di scoprire che l'amore per le città, per i luoghi più
cari prenda il sopravvento su altre passioni ormai in declino.
Una sensazione
intima, solo raramente confessata a qualche amico che l’ha voluta interpretare
scherza-zandoci sopra: “ Hai forse il nido a Buenos Aires ?”
Un’insinuazione
indulgente, complice alla quale si potrebbe rispondere con i versi di José Hernandez
(autore di “Martin Fierro”): “Vorrei vivere libero, come un passero in
cielo; non ho nido in questo suolo dove c’è tanto da soffrire”.
Ma lasciamo i
passeri volare in pace...
Voglio dire che,
nonostante i contrasti accennati, Buenos Aires mi appare come una gran bella donna:
matura, intelligente, irriverente, mondana, triste e sensuale come il tango. Una donna ideale che, magnificamente, si riassume in questa "Alegoria de la noche" di Joseph M. Pollet che troneggia nell'anticamera del Museo nazionale di arti decorative.
"Alegoria de la noche". Museo Nacional de Arte Decorativo. Buenos Aires |
Una città di grattacieli impavidi ondeggiante
fra le chiome azzurrognole dei suoi meravigliosi jacaranda e gli splendori
delle sue architetture e i suoi fervori artistici, intellettuali che ne fanno
una delle capitali più eclettiche del pianeta, per la sua passione per il tango
e la milonga, per il suo disperato richiamo alla libertà, troppo spesso conculcata,
violata. Verso questa città
sento di avere un debito d’amore.
Librerie: el gato dueno de los libros
Una metropoli colta,
creativa, fantasiosa che può vantare un patrimonio di siti culturali di
prim’ordine, una rete capillare di musei e gallerie, di teatri maestosi e
celebrati e di officine sperimentali, di grandi centri culturali, di scuole di
danza, di club d’ogni specie, di café accoglienti e ricreanti dove è ancora
possibile conversare, meditare, scrivere, leggere il giornale, osservare la
gente che passa nella via, udire gli scrosci della pioggia australe.
Tutto è fatto per migliorare
la qualità della vita degli abitanti e per rendere gradevole, interessante il
soggiorno dei visitatori.
Buenos Aires, una
città dove per essere felici non è necessario essere ricchi sfondati.
Che spettacolo quelle
lunghe file di spettatori con i biglietti in mano dietro gli ingressi dei teatri!
Roba che in Italia
non capita di vedere.
Libreria rotonda |
Quanta bellezza e
ricchezza nelle sue librerie piene di libri e di avventori!
Talune, addirittura,
ostentano la solennità di santuari del sapere universale. Altre, più popolari e
più accoglienti, offrono ottimi libri a prezzi ragionevoli e, talvolta, occasioni
per incontrare autori con la penna pronta per l’autografo e anche un gatto e un
topo, ovviamente in contesti separati.
Come quel gatto,
maestoso e silente, che vidi assiso sopra una catasta di riviste in una
libreria antiquario di avenida Santa Fè.
Chiesi all’ometto
che stava alla cassa cosa ci facesse quel gatto in libreria. Mi rispose: “El es el dueno de los libros” ossia il
padrone dei libri.
Una notte, in una
libreria di Corrientes (la grande avenida che “non dorme mai”), restai sorpreso
nel vedere un topolino, per nulla intimidito, saltellare fra i banchi. Una
ragazza che seguiva la “scena” mi ricordò, serafica, che a Buenos Aires “anche
i topi hanno il diritto di frequentare le librerie”.
Effettivamente, non
c’è una norma che vieta ai topi di farsi un giretto in libreria!
Distese, montagne di
libri, scaffali di stampe, di dischi, di fotografie: un’ordinata orografia
cartacea governata da librai autentici che, in genere, ben conoscono la “merce”
esposta in vendita.
Davvero troppo
grandi, fantastiche, visionarie le librerie di Buenos Aires, come se volessero
emulare la “biblioteca universale" immaginata da Borges.
Il Paranà, pasajero eterno
Città superba e
gentile che ama specchiarsi nel suo fiume/mare, sicuramente il dono più bello
della Natura alla terra degli amerindi.
Il Paranà è lo
specchio mobile di Buenos Aires.
Un serpentone
d’acqua verdognola, lungo migliaia di chilometri, che scende dalla selva
amazzonica e attraversa o lambisce le foreste, le pampas di ben quattro Paesi
(Brasile, Paraguay, Uruguay, Argentina), raccogliendo i loro fiumi, (fra i
quali l’Iguazu che forma le cascate più spettacolari del mondo) e continua a
correre, stracarico di acqua e di speranza, verso l’Atlantico.
Oltre Sant’Isidro, il Paranà invade l’immensa conca , cambia
nome e diventa rio de la Plata
o mar de la Plata.
Un mare d’acqua dolce dove incrociano barche e natanti,
petroliere e buquebus e che alla confluenza con l’oceano Atlantico raggiunge
un’ampiezza inaudita: 220
chilometri!
Un “mare” ambiguo
che, più volte nell’antichità, ingannò i navigatori in cerca del passaggio dall’Atlantico
al Pacifico.
Celebrato e temuto
come un Dio greco, padre delle foreste brasiliane e signore delle pampas
argentine, il Paranà è un tutt’uno con la città.
“Chi non ha ascoltato la voce del Rio -scrive Leopoldo Marechal- non comprenderà mai la tristezza di Buenos
Aires!”
Più volte, sono
stato alla Costanera nord di Buenos Aires per ascoltare la voce del rio, per scrutare
l’orizzonte d’acqua torbida, per capire il mistero del suo implacabile fluire;
sperando di avvistare la sua riva nord, dirimpetto, dove siede, austera e soddisfatta,
Montevideo.
Due magnifiche
capitali, divise dallo stesso fiume, che non si scorgono l’una con l’altra.
Tanto è curvato
l’arco dell’orizzonte che le congiunge. Paranà, pasajero eterno...
UNA STRAVAGANTE INTERVISTA IN TAXI
(Buenos Aires, settembre
2010)
1.
Entrando
nella “Fundacion Internacional Jorge
Luis Borges” di Buenos Aires (in calle Anchorena) la prima cosa che vedi in
vetrina è la “Rosa d’Oro” che, nel 1984, l’editrice palermitana “Novecento”
assegnò al grande scrittore argentino.
Fra i tanti premi e
riconoscimenti qui raccolti, la “Rosa” palermitana mi parve esposta come principale
trofeo di una guerra sordida e lunga, combattuta fra le grandi istituzioni
culturali internazionali e i sostenitori dello scrittore che desideravano vedere
riconosciuto il valore universale della sua letteratura .
Il Nobel intendo
dire che a lui fu negato più per pregiudizio che per un giudizio di merito, di
valore.
Alla luce di certe,
recenti assegnazioni, a dir poco discutibili, la mancata assegnazione di tale
riconoscimento a uno dei più grandi letterati del novecento, oltre ad avere
provocato una scia di polemiche, ha lasciato, insoluta, una domanda: il Nobel
è mancato a Borges o il nome di Borges manca al palmares della prestigiosa
accademia svedese?
Probabilmente, la
mancata assegnazione è stata/è avvertita da entrambe le parti.
La vista di quell’oggetto
luccicante, venale ma denso di significati risarcitori, mi ricordò quella
stretta di mano con lo scrittore tanto amato.
Da qui, l’idea di
proporre un’intervista sul viaggio a Palermo alla signora Maria Kodama, vedova
di Borges e presidente della Fondazione.
Dal giornale mi
diedero lo sta bene accompagnato da una frase poco beneaugurante: “Va
benissimo, se ci riesci...”
Effettivamente, dopo
i primi approcci, mi resi conto che non era impresa facile ottenere
un’intervista dalla signora Kodama, per altro in quei giorni occupatissima a
preparare il suo imminente viaggio che l’avrebbe portata in diverse città
europee e in Canada dove era stata invitata per partecipare a varie kermesse
culturali e per incontrare alcuni editori.
2. Iniziai una sorta d’inseguimento. Cosa che uso fare solo in rare occasioni, quando la “preda” è veramente degna di essere inseguita; quando ne vale la pena, come mi parve in quel caso.
Dopo 3-4 giorni,
finalmente la signora Maria Kodama Borges rispose al telefono.
In pochi minuti, mi
rovesciò addosso una serie d’impegni, di appuntamenti internazionali: dalla
fiera del libro di Francoforte a quella di Vienna, a una conferenza in Canada,
passando per Parigi e Barcellona per incontrare alcuni editori.
Poco tempo dopo, si
seppe che a Barcellona firmò un poderoso contratto con la Random House Mondadori/spagnola cui vendette, in
esclusiva, i diritti di tutte le opere in spagnolo di Borges.
Insomma, mi sembrò
che la signora volesse farmi capire di essere stato molto fortunato a raggiungerla,
a poterle parlare proprio alla vigilia del suo lungo e impegnativo viaggio.
Concordammo
l’intervista per venerdì 24 settembre alle ore 16,00 presso il barristorante
“Parada Norte”, esquina fra calle Riobamba e Juncal.
Ma le cose non
andarono per il giusto verso, come si può rilevare da questa sintetica
annotazione sul mio diario.
23/9/2010.
Mi metto in
movimento per preparare l’intervista.
Per prima cosa,
compro un piccolo registratore e prendo accordi con la signora Sartori
(impiegata della Fondazione Internazionale Borges) alla quale avrei inviato le
domande che avrebbe cortesemente tradotto e fatte avere alla signora Kodama.
Scrivo le domande
(sei in tutto, un paio di riserva) e le invio per email alla signora Sartori.
Dopo un paio d’ore, telefono per accertarmi se fossero pervenute. La signora
dice di aver ricevuto una email precedente (con i due articoli su Borges), ma
non quella con le domande per l’intervista.
Rimando la email che
stavolta riceve, però non riesce a fare la traduzione sul file.
Provvedo a inviare
l’email per la terza volta.
Tutto bene, ma -come
si suol dire- le soprese non finiscono mai. In serata, la signora Sartori mi
invia una e-mail per dirmi di avere tradotto e girato le domande alla Kodama,
ma che non potrà venire all’incontro di domani al “Parada Norte”.
Tento di
convincerla, ma invano.
Strano! E dire che
il giorno prima si era dichiarata addirittura “felice” di accompagnarmi e di
assistermi durante l’intervista, anche se aggiunse una frase un pò sibillina,
dubitativa: “però bisogna vedere se anche lei, (la Kodama n.d.r.) desidera la
mia presenza”. Mi è parso di capire che fra loro ci fosse un pò di ruggine.
Senza un interprete
non avrei potuto condurre l’intervista.
Perciò, mi metto al
telofono alla ricerca di un interprete volontario ossia senza pretese
pecuniarie. Il giornale aveva autorizzato l’intervista ma non i necessari
rimborsi, nemmeno per l’interprete. Chiamo alcuni amici di Buenos Aires, ma non
trovo nessuno. Alcuni avevano cambiato numero.
Mi ricordo della
gentile disponibilità del dottor Gugliemino incaricato d’affari all’Ambasciata
italiana in attesa di trasferimento (come ambasciatore) a Dacca, in Bangla
Desh.
24/9/10
Di buon mattino,
chiamo la nostra Ambasciata. Il ministro Guglielmino non era in sede.
Forse ho chiamato
troppo presto. Richiamo altre due volte, a intervalli di mezz’ora.
La centralinista si
mostra molto gentile. Le spiego il mio problema. Chissà? La signora, che si
presenta come Nicoletta, si offre di aiutarmi, previo avviso che lei stessa
avrebbe dato a Guglielmino.
Per me andava
benissimo. La ringrazio e le comunico l’indirizzo e l’ora dell’incontro con la
signora Kodama. La richiamo per avere conferma e mi dice che il dr. Guglielmino
aveva acconsentito alla mia richiesta d’assistenza.
Esco per comprarmi
una “campera” (giacca) più idonea all’incontro e soprattutto più calda.
La primavera
portegna é ancora freddina. Vado al negozio del mio amico armeno in calle
Coronel Diaz. Da quando ha saputo che ho visitato Yerevan e alcuni luoghi
dell’Armenia, quest’uomo mi ha preso in simpatia e mi fa sempre uno sconto
sugli acquisti. Una volta mi confessò che certe notti se la sogna Yerevan. Non
c’è mai stato, pur essendo di famiglia armena rifugiatasi in Argentina per sfuggire
al genocidio perpetrato dai turchi.
Rientro a casa per
provare il registratore. A leggere le istruzioni tutto è facile, ma non per me
che sono refrattario a questi aggeggi tecnologici.
Squilla il telefono.
Si ode una una voce che sta registrando un messaggio.
“Soy Maria Kodama...voy hablar col senor Agostino
Spataro... “
La lascio parlare,
senza interferire. Dice di avere problemi con il passaporto e che pertanto non
sarebbe potuta venire all’incontro delle 16,00 per l’intervista.
A questo punto,
“entro” nella telefonata e chiedo spiegazioni. Mi risponde che è molto
dispiaciuta, ma ancora non é riuscita a risolvere il problema dei visti
d’ingresso in alcuni paesi europei.
È molto nervosa,
arrabbiata con gli addetti dei con-solati interessati (Germania, Francia, Austria
e Canada) e anche con quelli degli uffici del ministero argentino.
Spera -comunque- di
ottenere i visti in serata.
Le ricordo
l’intervista, così tanto per dire qualcosa. In cuor mio, ero convinto che
l’occasione fosse sfumata per colpa dei...consolati europei.
Lei risponde con una
certa nonchalance: “Se vuole potremo
farla sul “remise “ (taxi speciale), domani alle ore 13, durante il viaggio
verso l’aeroporto di Ezeiza, dove m’imbarcherò sul volo per Francoforte. Questa
è l’unica possibilità. Mi dispiace. Chiedo perdono, ma non c’è altra data...”
Mi pare una
bizzarria, ma non ho scelta. Accetto. Restiamo intesi di vederci domani (sabato
25 settembre) alle ore 13,00 precise in calle Rodriguez Pena per partire insieme verso Ezeiza.
25/9/2010
Alle ore 12,25 con
la signora De Guglielmi ci presentiamo presso l’abitazione di Maria Kodama. Il
taxi è in attesa davanti il portone del palazzo. Vediamo giungere la signora
con due enormi valigie che porge al taxista. Saluti e presentazioni e via, di
corsa, all’aeroporto.
È sabato e
s’incontra poco traffico per le vie. La signora è arrabbiata con qualcuno
dell’associazione canadese che ha sbagliato qualcosa nel programma del suo
viaggio in Canada.
Con tutto il
rispetto per il suo stato d’animo, io fremo per iniziare l’intervista e fare un
paio di foto.
Temo un nuovo
inconveniente.
Le ricordo l’impegno
della sera prima. Mi promette che l’intervista la faremo a Azeiza. Altro
rinvio.
Si farà mai questa
benedetta intervista?
A un certo punto, per
cambiare registro, le chiedo se ricorda qualcosa del viaggio fatto con Borges a
Palermo, in Italia.
Maria Kodama sembra rasserenarsi. Ora appare serena, disponibile. Mentre l’auto svicola
nel traffico sempre torrenziale dell’Avenida 9 de Julio (la più larga del
mondo) cominciamo a parlare della Sicilia. La signora Kodama si
abbandona ai ricordi, ancora nitidi, minuziosi. Parla di fatti specifici e
cita nomi di persone e di luoghi come se l’avesse incontrati il giorno prima.
Ricorda e come ricorda!
Inizia a raccontare qualche aneddoto a proposito di alcune
foto scattate da Ferdinando Scianna che seguì la coppia durante il soggiorno
siciliano. Ride, divertita, dei tanti piccoli equivoci verificatisi.
Parla molto bene di
Domitilla Alessi e del marito Umberto Di Cristina del quale racconta l’episodio
del suo “bel cappello”, più dettagliatamente descritto nelle pagine relative
alla conversazione in taxi.
Ricorda anche Franco
Maria Ricci, molto stimato da Borges per le sue pregiate edizioni.
Tiro fuori il
registratore per registrare. Lei mi prega di chiuderlo, l’intervista vera e
propria l’avremmo fatta all’aeroporto, come promesso.
Chiudo l’apparecchio
e lo ripongo in tasca. Ezeiza è ancora lontano.
La signora Kodama
continua a raccontare episodi, impressioni, sensazioni del viaggio in Sicilia,
fra Palermo e Selinunte.
L’apparecchietto,
rimasto inavvertitamente aperto, continuò a fare il suo lavoro per l’intera
durata del viaggio. Anche se in condizioni molto precarie, incamerò le sue
parole divertite, le sue risa, i suoi “bueno”...
TESTO INTEGRALE DELL’INTERVISTA
ALL’AEROPORTO DI BUENOS AIRES*
(spagnolo)
Agostino Spataro
(A.S): Vorrei farle qualche domanda
sul viaggio in Sicilia di Jorge Luis Borges. Lei ricorda questo viaggio,
soprattutto il soggiorno nella città di Palermo che, peraltro, porta lo stesso
nome del barrio Palermo dove Borges visse la sua infanzia? Quali effetti
produsse in lei, in Borges?
Maria Kodama (M.K):
Sí, a Borges le gustó muchísimo la idea de ir a Palermo invitado por la casa
editorial Novecento que dirige Domitilla Alessi, y para él era doblemente grato
ya que había sido convocado para recibir un premio creado para él por
Domitilla Alessi, que era el premio de la Rosa d’Oro, basado o inspirado en un dibujo de William
Morris, uno de los escritores y hombres, así polifacéticos, preferidos por
Borges también… esa capacidad para abarcar varias cosas y artísticas a la vez.
Entonces ese era uno de los motivos y el otro motivo
conocer lo que realmente había sido el nombre original de lo que fue su barrio
al que él, dónde él mejor dicho “refunda” la ciudad de Buenos Aires, ya que él
considera que son mentiras que su ciudad nació en La Boca, su ciudad nació en la
manzana que él describe en la “Fundación mítica de Buenos Aires”, así que para
él ese viaje fue, digamos, un viaje de descubrimiento, un viaje iniciático en
muchos sentidos.
Aeroporto di Buenos Aires. Maria Kodama e Nicoletta De Guglielmi (foto a.s.) |
A.S: In Sicilia fummo colpiti positivamente per la venuta del Maestro a Palermo. Vorremmo capire quali sensazioni produsse in voi questa Isola piena di contraddizioni e di contrasti sociali, ma anche ricca di cultura, di tradizioni; terra del mito e della presenza greca.
M.K: Bueno. A
Borges lo emocionó mucho, sobretodo cuando fuimos a visitar las ruinas de Selinunte.
A él le encantaba el museo ya que él pudo tocar así algunas estatuas que le
gustaban. Borges tenía el hábito de ir a los museos y de hecho cuando
llegábamos a una ciudad lo primero que me decía era “bueno ahora vamos a visitar a nuestros amigos” y nuestros amigos
eran los pintores que a él le gustaban, que a mí me gustaban.
Entonces, digamos, para él el hecho de estar en un lugar
donde podía tocar las columnas que habían sido construidas tantos siglos antes
por gentes cuyos nombres no sabemos, era para él una emoción así muy muy
especial.
A.S: Emozione! A quel tempo, Borges,
purtroppo, già non vedeva quali emozioni poteva ricavare da quelle rovine?
M.K: Bueno, lo
que pasa es que él… hay diferentes maneras de ver. Y para cada persona, ver es
una cosa diferente y lo que se ve no es igual para dos personas que están
compartiendo ese mismo momento tampoco.
Entonces, digamos que la forma de ver de Borges era… primero
él tenía recuerdos de cuando él veía porque leía, él tenía libros de arte en su
casa, es decir que de algún modo ese material estaba dentro de él ya. Por otra
parte, en una parte de Europa, bueno ellos habían estado también en Venecia
cuando hicieron su primer viaje a Europa. No le era totalmente desconocido.
Y por otra parte, como él decía y él tenía esa sensibilidad
muy muy especial hay algo que transmiten las personas a la otra, o los lugares,
que está más allá de las palabras o de lo que uno pueda ver en eso, hay otra
forma de sentir, de ver, de entender las cosas, y esa otra forma de ver, de
sentir y de entender es la que Borges tenía, es como…
Borges por ejemplo entraba a una casa, me acuerdo una vez
que fuimos a una casa espléndida en Estados Unidos, porque había una huelga y
nos dejaron en una casa, no podíamos ir a un hotel.
Estaban todos tomados… no era una huelga, era una
convención, una convención de diseñadores de calzado.
Y habían
tomado todos los hoteles. Entonces nos pusieron, el editor, en la casa
de un amigo de él. Y cuando entramos a esa casa yo sentí lo mismo que él pero
no lo dije porque a lo mejor yo se lo transmitía a él, no lo sé.
Pero me pareció una casa… y él dijo el término exacto, que
es un término intraducible al español y que en inglés quiere decir algo como
que está en el límite entre lo sobrenatural pero un poco negativo y lo normal,
que es la palabra “uncanny”. Y él me dijo María, no, tenemos que irnos, esta
casa es “uncanny”. Y yo le dije como usted quiera, porque yo iba a aumentar
esa angustia si no podíamos ir a otro lugar. No tenía sentido.
Entonces le dije bueno, si usted quiere sí, nos vamos, pero
usted no la siente así, bueno un poco, pero le molesta quedarse, no, pero si
tenemos que quedarnos no hay ningún problema, además estamos juntos cuál es el
problema. Ah no, si, tiene razón. Pero después logramos cambiarnos.
A.S: Signora, mi scusi, siete stati anche ad Agrigento,
la patria di Empedocle, a visitare i templi greci? Nei libri di Borges c’è un
riferimento frequente alla classicità greca, a Empedocle. Questo nome,
Empedocle, cosa evocò in lui? Se ricorda…
M.K: Bueno. Una
de sus lecturas desde niño y de las enseñanzas que su padre le dio antes de que
pudiera él leer o escribir era justamente sobre los filósofos griegos, no.
Y toda la formación que Borges tiene sobre ellos es
admiración justamente por lugares así, Agrigento y Grecia por supuesto también
que es la cuna, la madre de todo eso.
Le viene por el lado de las enseñanzas que su padre le
hacía. Su padre por ejemplo, no le enseñaba esta es la doctrina filosófica tal,
su padre me contaba él que por ejemplo le mostraba una naranja y le decía ¿qué
es esto?, él decía una naranja, bueno ahora mirala bien y cerrá los ojos y
decime qué es la naranja ¿es su perfume, es su sabor, es su color? Para enseñarle
el idealismo.
Entonces así cuando él creció y empezó a leer los libros de
filosofía, fue encontrando en esos libros lo que su padre le había dado como
juegos, con cosas de la vida cotidiana. Entonces eso es muy fascinante no, es
increíble, y es muy interesante porque por ejemplo las personas que más
influyeron en la vida y en la literatura de Borges y también en sus gustos,
fueron su padre en lo que respecta a la filosofía, y su abuela inglesa en lo
que respecta a toda esa … ese paralelismo y a esas cosas que salen
continuamente en la obra de Borges sobre la Biblia.
Las historias también con los indios, todas esas historias
le vienen por el lado de su abuela. Su abuela era inglesa y en la época de su
abuela para los católicos la lectura de la Biblia estaba prohibida por temor a las malas
interpretaciones.
En cambio para los ingleses, la lectura de la Biblia para los
protestantes era obligatoria.
Entonces Borges me contaba que su abuela sabía por ejemplo
versículos y versículos de memoria de la Biblia.
Y eso uno lo ve luego en muchas de las composiciones de
Borges, y lo mismo las historias que su abuela le contaba de la vida que ella
había llevado en la frontera con el indio en Junín, porque su abuela se casa y
va a Junín con el coronel Borges, abuelo de Borges que estaba destinado a ese
lugar.
A.S: Signora Kodama, un’altra domanda: Domitilla
Alessi e Umberto Di Cristina hanno avuto il grande merito di portare Borges in
Sicilia. Cosa ricorda, cosa può dirci di queste due persone, della casa
editrice Novecento?
Magari qualche
episodio, qualche momento particolare vissuto lì, a Palermo.
M.K: Sí, nosotros
fuimos invitados por la editorial Novecento que dirige Domitilla Alessi y allí
conocimos a Umberto Di Cristina que me acuerdo a Borges le impresionó
muchísimo, tenía una casa espléndida, bueno creo que es una pareja realmente
maravillosa y que hacen mucho, se han esforzado mucho para dar a conocer en
Sicilia y para llevar a Sicilia las personalidades del mundo del arte y también
del mundo de la moda que es un arte también.
Entonces yo creo que la labor que han hecho es muy
importante y a Domitilla Alessi… nosotros entramos en contacto con ella a
través de Franco Maria Ricci, que es realmente, yo creo que de todos los
editores es el que siempre, creo que es el que más quería a Borges, porque es
el editor que siempre buscó cosas, actos para darle felicidad, que es el mismo
caso de Domitilla Alessi creando este premio para Borges.
Es decir, para hacerlo feliz y eso me parece realmente
maravilloso, entonces les tengo a los tres muchísimo cariño.
A.S: Accennava al pranzo nel palazzo del “Gattopardo”
di Tomasi di Lampedusa.
Ricorda, può dirmi
qualcosa di quel pranzo?
M.K: Ah si. Pero
eso fue después que Borges murió. Creo que era el premio que le habían dado a
Yves Saint Laurent. Y organizó una espléndida comida en el salón de baile que
sale en la película “El Gatopardo”.
Bueno, fue una comida realmente maravillosa, con músicos, y
con conversaciones así interesantes en torno al mundo de la moda.
A.S: L’ultima domanda: vorrebbe tornare in Sicilia?
M.K: ¡Ah pero
claro, cuando quieran ahí estoy!
A.S: Dunque, Lei è sempre pronta a tornare in Sicilia.
Ne prendo nota.
Ora sta partendo per
un giro in Europa, per Vienna, per la fiera del libro di Francoforte, mi pare,
molto impegnata…
M.K: sí, yo ahora
tengo que ir a la feria de Frankfurt y después tengo que ir un día a Viena, y
luego a Quebec, y luego a Nueva York, y antes tengo que pasar un día por
Barcelona, y en París por una emisión que quieren hacer, sí.
Buenos Aires, I sentieri di Borges |
A.S: La
Fondazione
internazionale Borges é molto attiva?
M.K: Sí,
organizamos cosas, digamos siempre hay demanda para organizar actos y cosas en
la fundación y lo más importante es que cumplí finalmente la meta que me
quedaba, que era hacer el museo Borges.
Y el año pasado con la presencia de las autoridades del
gobierno de la ciudad y de los alemanes justamente, que yo no sabía, fueron
los que crearon la noche de los museos, es decir la noche en que los museos
están abiertos hasta las dos de la madrugada, se inauguró el museo Borges que
está en Anchorena 1660 y el año próximo habilitaremos para que la gente pueda
ver el cuarto de Borges y que pueda ver desde afuera también su biblioteca, que
está catalogada y tiene alrededor de 3000 ejemplares.
Lo importante de esta biblioteca es que tiene notas de
Borges en la parte del comienzo y del fin y es muy interesante porque las notas
en un libro son muy peligrosas, es como si uno hiciera el striptease de su
alma, porque de acuerdo a lo que uno elige a favor o en contra, alguien que lee
esas notas puede ir sacando lo más íntimo de uno. Por eso no hay que prestar
nunca libros a los que uno le ha hecho notas.
A.S: Bene. Desidero ringraziarLa tantissimo per
questa amabile conversazione qui all’aeroporto di Buenos Aires, in attesa della
sua partenza per l’Europa. Speriamo di rivederla in Sicilia, in Italia quanto
prima.
M.K: Yo les
agradezco muchísimo que hayan venido hasta acá y que me hayan disculpado el no
haber podido atenderlos a ustedes por todo el problema que tuve con mi
pasaporte.
A.S: Muchas gracias e buona
trasvolata..
LA
TRADUZIONE IN ITALIANO DI NICOLETTA DE GUGLIELMI
Agostino Spataro (A.S):
Vorrei farle qualche domanda sul viaggio
in Sicilia di Jorge Luis Borges. Lei ricorda questo viaggio, soprattutto il
soggiorno nella città di Palermo che, peraltro ha lo stesso nome del barrio
Palermo dove Borges visse la sua infanzia? Quali effetti produsse, in lei, in
Borges?
Maria Kodama (M.K):
Sì. A Borges piacque molto l’idea di andare a Palermo invitato dalla casa editrice
Novecento diretta da Domitilla Alessi. Per lui era una doppia gratificazione
giacché era stato invitato a ritirare un premio creato per lui da Domitilla
Alessi, che era il premio della Rosa d’Oro, basato o ispirato da un disegno di
William Morris, uno degli scrittori e uomini così multiformi preferiti da
Borges. Quello era il primo motivo. L’altro era conoscere veramente il nome
originale di quel che fu il suo quartiere, nel quale lui “rifonda” la città di
Buenos Aires, giacché non era d’accordo con quanti sostengono che sia nata a La Boca. La sua città nacque
nell’isolato che lui racconta nella “Fondazione mitica di Buenos Aires”. Così
che per lui quel viaggio fu, diciamo, un viaggio di scoperte, un viaggio di
iniziazione per molti aspetti.
A.S: In Sicilia fummo molto contenti della presenza del Maestro.
Vorremmo capire che opinione vi faceste di
questa Isola piena di contraddizioni e di contrasti sociali, ma anche ricca di
cultura, di tradizioni, della terra del mito, della presenza dei greci, ecc.
Cosa pensava, cosa disse Borges durante il viaggio?
M.K: Dunque, Borges sentì molta emozione, soprattutto quando andammo a
visitare le rovine di Selinunte. A lui piaceva il museo giacché poté toccare
alcune statue che gli piacevano. Borges aveva l’abitudine di andare ai musei.
Infatti, quando arrivavamo in una città la prima cosa che mi diceva era “bene,
ora andiamo a visitare i nostri amici”.
Borges al Museo Archeologico di Palermo (foto F. Scianna) |
E i nostri amici
erano i pittori che a lui piacevano, che anche a me piacevano. Pertanto, il
fatto di essere in un posto dove poteva toccare le colonne costruite tanti
secoli fa da gente i cui nomi non sappiamo, era per lui un’emozione molto
speciale.
A.S: Emozione! A quel tempo, Borges, purtroppo,
già non vedeva quali emozioni poteva ricavare da quelle rovine?
M.K: Esistono diversi modi di vedere. Per ogni persona, vedere è una cosa
diversa e ciò che si vede non è lo stesso nemmeno per due persone che stanno
compartendo lo stesso momento. Pertanto, diciamo che il modo di vedere di
Borges era un pò particolare.
Per prima cosa, lui
aveva ricordi da quando vedeva perché leggeva; aveva molti libri d’arte a casa
sua, cioè vuol dire che quell’informazione in qualche modo era già dentro lui.
D’altronde, loro (la
famiglia di Borges n.d.r.) erano stati anche a Venezia quando fecero il loro
primo viaggio in Europa. Perciò Venezia non era una cosa totalmente sconosciuta
per lui. Come lui diceva, egli aveva quella sensibilità molto speciale.
C’è qualcosa che le
persone trasmettono alle altre, o i luoghi, che vanno al di là delle parole o
di ciò che ciascuno può vedere in essi. C’è un altro modo di sentire, di
vedere, di capire le cose, e quel modo è quello che Borges aveva. Anche quando
entrava in una casa.
Mi ricordo che una
volta siamo stati in una casa splendida negli Stati Uniti, perché c’era uno
sciopero e ci avevano alloggiato in una casa, non potevamo andare in un
albergo.
Erano tutti
occupati… non era uno sciopero, era un congresso, un congresso di disegnatori
di scarpe. Avevano occupato tutti gli alberghi.
Allora, l’editore ci
sistemò in casa di un amico suo. E quando entrammo in quella casa io sentii la
stessa sensazione di lui ma non lo dissi perché forse glielo trasmettevo, non
lo so. Ma mi parve una casa bella come tante altre.
Lui la definì con il
termine esatto “uncanny”, una parola intraducibile in spagnolo, che in inglese
vuol dire qualcosa che si trova al limite tra il sopranaturale, ma in senso
negativo, e il normale.
Jorge mi disse
“Maria, no, dobbiamo andare via, questa casa è uncanny”. (2)
Gli risposi “Come
lei desidera. Ok, se lei vuole così, ce ne andiamo”.
Mi rendevo conto che
se non fossimo andati altrove avrei aumentato la sua angoscia.
“Ma Lei non la
sente così?” riprese.
«Sì, un po’. Ma la disturba
rimanere, no? Comunque se dobbiamo restare qua non c’è problema, inoltre
stiamo insieme, qual è il problema?”
“Ah no, va bene...”
Alla fine, ci
spostammo in un altro posto.
A.S: Signora, mi scusi, siete stati
anche ad Agrigento, la patria di Empedocle, a visitare i templi greci?
Nei libri di Borges c’è un riferimento
frequente alla classicità greca, a Empedocle. Questo nome, Empedocle, cosa
evocò in lui? Se ricorda…
M.K: Bueno. Una delle sue letture da bambino e dell’insegnamento che suo
padre gli diede prima che fosse in grado di leggere o scrivere fu propria
quella sui filosofi greci.
Da qui, da questa
formazione, l’ammirazione che Borges ha di luoghi come questi: Agrigento e la Grecia, che certo è la
culla, la mamma di tutto ciò.
Tuto questo gli
viene dall’educazione di suo padre il quale -per esempio, non gli diceva
“questa è la tale dottrina filosofica”, ma- mi raccontava Borges gli mostrava
un’arancia e gli chiedeva “cos’è questo?”. Lui rispondeva “un’arancia”.
Bene adesso guardala
bene, chiudi gli occhi e dimmi cos’è l’arancia? È il suo profumo? È il suo
sapore? È il suo colore? Per insegnargli l’idealismo.
Buenos Aires, Centro Cultural Borges (foto a.s.)
|
Crescendo, Borges
iniziò a leggere libri di filosofia. Trovò in quei libri ciò che suo padre gli
aveva dato e detto per gioco nella loro vita quotidiana. Tutto ciò è molto
affascinante, incredibile no!
Ed è molto
interessante perché, per esempio, le persone che più influirono nella vita e
nella letteratura di Borges e anche nei suoi gusti, furono suo padre per quanto
riguarda la filosofia, e la sua nonna inglese per quel parallelismo, per tutte
quelle cose che appaiono continuamente nei suoi riferimenti alla Bibbia.
Le storie anche
quelle degli indios e molte altre gli vengono da questa nonna. Nell’epoca in
cui visse la sua nonna inglese era vietata ai cattolici la lettura della Bibbia
per paura d’interpretazioni sbagliate. Invece, per i protestanti inglesi la
lettura della Bibbia era obbligatoria.
Borges mi raccontava
che sua nonna sapeva -a memoria- versetti e versetti della Bibbia. E questo si
nota in molte opere di Borges. Lo stesso si può dire con le storie che sua
nonna gli raccontava sulla vita in frontiera, con gli indios a Junín[1] dove
lei andò a vivere dopo aver sposato il colonnello Borges, nonno di Jorge L.
Borges, che era stato assegnato in quel posto.
A.S: Signora Kodama, un’altra
domanda: Domitilla Alessi e Umberto Di Cristina hanno avuto il grande merito
di far venire Borges in Sicilia.
Che cosa ricorda, cosa può dirci di queste
due persone della casa editrice Novecento?
Magari qualche aneddoto, qualche momento
particolare vissuto lì, a Palermo.
M.K: Sì. Fummo invitati dalla casa editrice Novecento diretta da Domitilla
Alessi e lì conoscemmo Umberto Di Cristina, che -mi ricordo- fece a Borges una
bella impressione.
Aveva una casa
splendida, credo che sia una coppia veramente meravigliosa e che fanno molto
per far conoscere la Sicilia,
per portare in Sicilia le personalità del mondo dell’arte e anche del mondo
della moda che è anche un’arte.
Allora io penso che
il lavoro che hanno fatto è molto importante.
Entrammo in contatto
con Domitilla Alessi tramite Franco Maria Ricci che fra tutti gli editori è
quello che veramente più amava Borges. Perché ha sempre cercato cose, atti per
dargli felicità, come ha fatto Domitilla Alessi creando questo premio per
Borges.
Cioè per farlo
felice e questo mi sembra veramente meraviglioso. Perciò ho molto affetto per
tutti e tre.
A.S: Accennava al pranzo nel palazzo
del “Gattopardo” di Tomasi di Lampedusa. Ricorda qualcosa di questo pranzo?
M.K: Ah sì, ma questo avvenne dopo la morte di Borges. Credo in occasione
del premio assegnato a Yves Saint Laurent. Organizzarono uno splendido pranzo
nel salone del ballo che appare nel film del Gattopardo. Un pranzo
meraviglioso, con musicisti e con conversazioni interessanti attorno al mondo
della moda.
A.S: Un’ultima domanda: vorrebbe
tornare in Sicilia?
M.K: Ah certo! Se mi chiamate corro.
A.S: Dunque, Lei è sempre pronta a
tornare in Sicilia. Ne prendo nota. Ora sta partendo per un giro in Europa,
per Vienna, per la fiera del libro di Francoforte, mi pare, molto impegnata…
M.K: Sì. Ora devo andare alla fiera di Francoforte e poi un giorno a Vienna
e poi a Québec e poi a New York, ma prima devo passare un giorno per Barcellona
e a Parigi per un’emissione che vogliono fare là.
A.S: La Fondazione internazionale Borges é sempre molto
attiva?
M.K: Certamente, organizziamo varie cose; c’è sempre domanda per
organizzare eventi e incontri nella fondazione e quello più importante è che
sono arrivata a finire un compito che mi rimaneva: fare il museo Borges.
L’anno scorso, con
la presenza di autorità del governo della città e dei tedeschi, che vennero a
mia insaputa, nella “notte dei musei” , cioè la sera in cui i musei sono aperti
fino alle due di notte, si inaugurò il museo Borges che si trova in via Anchorena
1660.
Il prossimo anno
inaugureremo la camera di Borges e anche la biblioteca perché la gente possa
guardare da fuori, una biblioteca catalogata che conta circa 3000 volumi.
La cosa importante
di questa biblioteca è che contiene libri annotati a mano da Borges, al
principio e nel finale ed è molto interessante poichè le note a mano sui libri
sono molto pericolosi; è come se si facesse lo striptease dell’anima, perché
secondo ciò che uno sceglie a favore o contro, chi leggerà gli scritti può
tirar fuori l’intimo del suo estensore.
Perciò non si devono
dare in prestito libri ai quali si sono fatti note a mano.
A.S: Bene. Desidero ringraziarLa
tantissimo per questa amabile conversazione qui all’aeroporto di Buenos Aires,
in attesa della sua partenza per Parigi per i suoi appuntamenti e speriamo di
rivederla in Sicilia, in Italia quanto prima.
M.K: Io vi ringrazio moltissimo per essere venuti fin qua. Spero mi abbiate
perdonato per il fatto di non avervi potuto ricevere in casa, a causa di tutti
i problemi che ho avuto per il mio passaporto.
AS: Tante grazie e buona trasvolata.
UNA REGISTRAZIONE INVOLONTARIA...
(Sbobinamento e
traduzione di Ulyses Rossi)
Voce di Maria Kodama (M.K)
(Riferimento temporale: marzo 1984; luogo: Palermo, Sicilia)
“Scendo le scale e scopro un posto
meraviglioso, con tante sedie a sdraio.
All’improvviso, come
quando tu avverti che c’è un’ombra, apro gli occhi e vedo il viso di Ferdinando
(Scianna n.d.r.) insanguinato, e gli dico: “Ma cosa ti è successo?”
Lui risponde: “Nulla
di grave. Ho sceso le scale ed ero nascosto...”
Voleva scattarmi
delle foto, ma non si era accorto che io aprii la porta{…}
Passai attraverso
una piccola apertura. Lui si mise a correre e vi si schiantò contro…
Gli faccio: “Giusta
punizione per fare quel che non dovevi”.
Nicoletta De Gugliemi (N.D.G)*: ¡Ay povero!
M.K: Sí, rideva. Siamo rimasti amici. Ricordo che una volta lo incontrai, per caso, a New York; dopo anni sono stata a una retrospettiva fatta per lui a Parigi. Una retrospettiva… preziosa.
Ricordo che mi
disse: “come ti ringrazio per il sole che mi facesti scattare a New York,
perché era una palla di fuoco, nella prospettiva della strada, come se il sole
fosse un punto di prospettiva dei grattacieli.
Scattò una foto
preziosa. Sì, gliela feci scattare perché lui ci tentava sempre, gli dissi
“guarda, guarda amico”. Ferdinando è divino!
Agostino Spataro (A. S): Alla
Fondazione ci sono foto del viaggio in Sicilia?
M.K: No. Quelle foto devono essere perdute in qualche angolo della casa.
Non perdute, smarrite. Borges mi diceva che io non perdevo mai niente, le cose
si smarrivano. Sicuramente sono smarrite a casa mia.
A.S: Ah! Ho capito…
M.K: Altre foto le dovrebbe avere Miti.
A.S: Miti?
M.K: Domitilla. Miti, Miti.
A.S: Ah sí, sí. Ok quando io andrò a
Palermo chiederò alla signora Domitilla.
M.K: Certo, Miti le deve avere.
A.S: Io non la conosco, ho incontrato
qualche volta il marito.
M.K: Umberto Da Cristina,
A.S: Umberto
M.K: Sí, divino Umberto. ¡Ah! con Umberto è successa una cosa anche
divina… C’era un critico letterario molto divertente, un signore in età
avanzata che veramente mi mi voleva fare un regalo, perché mi disse: “Ti
mostrerò una cosa, ti regalerò una cosa che non ti dimenticherai mai”.
Mi condusse in un
posto, aprì le porte e c’era tutta la collezione di pellicce più incredibili
del mondo di Fendi che stavano per essere esibite nella Rosa d’Oro, veramente
non me l’aspettavo.
Era come un baule
meraviglioso.
Ma questo signore di
età avanzata, straordinario critico, ma un po’ appiccicoso, pesante.
A.S: Forse, era Gregorio Napoli?
M.K: No. Non conosco il suo nome. Voleva parlare con Borges, non so. Borges
aveva pazienza. Aveva pazienza, ma a volte la perdeva, soprattutto quando viaggiava
perché si stancava.
Allora lui (Borges)
mi disse: “Senti io parlerò dieci minuti perché devo dormire. Lei mi accompagna
e sarà lei a parlare con lui. No. Ha capito? Parli lei con lui.”
“Va bene.”, risposi.
Allora questo
signore, mi conduce in una camera dove c’era un sofá….
Mi prende la mano e
comincia a tirarmi verso di lui. Ed io mi dicevo: adesso che faccio!?
Un uomo di età
avanzata, capisci? Non si può essere maleducata.
Io, tutta
irrigidita, sorridevo mentre tentavo di svincolarmi da lui e andare poco a
poco dall’altra parte della stanza.
In quel momento
arriva Domitilla, la mia salvezza ”Ah maestro”
Gli dà un bacio e
domanda: “Borges?”
“No, è su sta
riposando. Ah bene, bene, adesso viene Umberto. “
La fa sedere accanto
a lui dall’altro lato del divano. Si creò una situazione imbarazzante,
allucinante. All’improvviso arriva Umberto che aveva perso i suoi occhiali.
Umberto vede questo
signore seduto fra noi due. Allora questo signore, che aveva una voce appena
audibile, flebile, come morente, esclama: “Che bel cappello”, rivolgendosi a
Umberto Di Cristina che era apparso con un cappello meraviglioso.
A questo punto,
Umberto esclama : “Domitilla, hai sentito? Dunque, il Maestro vede! Miracolo!”
Domitilla lo
rimbeccò:“ Ma non essere stupido, non è il Maestro”.
N.D.G: “Non aveva gli occhiali, non
vedeva niente”.
M.K: In effetti, non vedeva niente. È un signore in età. È come me, io non
vedo niente, sono miope. Da lontano, se tu ci sono persone fermo laggiù, per me
non esistono.
N.D.G: Dunque, lui non aveva capito
niente…
M.K: Certo. Lui vide
un signore fra noi due e ne dedusse ch’era Borges. Ma non perché vedesse
Borges.
Quando siamo scesi
al ristorante con Umberto e Domitilla, questa racconta a Borges il divertente
aneddoto.
Borges si gira verso
di me e mi dice: “Ma sono talmente distrutto -come quel signore di cui
parlate- tanto da scambiarmi con lui?”
“No, no – gli
risponde Umberto -il fatto è che io non portavo gli occhiali.”
“Ah, bene”.
A.S: Signora. Mi scusi, dobbiamo fare
il “viaggio a Palermo”
M.K: Voi viaggiate a Palermo?
A.S: No, no. Almeno non oggi. Intendo
l’intervista sul viaggio di Borges a Palermo.
M.K: Sì, ma io non
posso raccontare quelle storie così deliranti!
A.S: Cosa ha detto?
M.K: Quel tipo di storie!
A.S: Perchè no? Mi pare che conservi
una bella memoria, una formidabile memoria.
M.K: Sono cose che ho vissuto e mi sono rimaste registrate perché sono così
allucinanti, che è impossibile dimenticarle.
Penso che anche se
volessi non potrei.
N.D.G: Ma questo signore perché
l’avvicinava alla luce?
M.K: Eh, perché penso che stava tentando di… come Lady Gaga no, lui era un
gagá. Non alla luce, ma lui ci avvicinava, perché stessimo vicine a lui. Che ne so ascoltava bene, mentre io parlavo.
Io non ho una voce
potente e si sentiva a malapena...
Non era interessato
ad ascoltare la mia voce, ma come il lupo per “meglio mangiarmi…”
Però fu molto
divertente. Fu un signore divino, sapeva moltissimo, e ti dico mi fece quel
regalo che non dimenticherò mai.
Veramente non lo
dimentico per questa assurda storia.
A.S: Beh, una memoria davvero
formidabile! Tutto questo accadeva nel 1984! Quanti anni sono trascorsi?
M.K: Ah, non so..
A.S: Molti anni…
M.K: Il segreto per mantenere la memoria è non contare gli anni, se si contano
gli anni…
N.D.G: Specie se sono molti.
M.K: Allora sì…
N.D.G: Se uno si concentra sul tempo
passato perde la memoria?
M.K: Certo, invece è meglio quando le cose riappaiono spontaneamente.
A.S: bene, andrò a trovare Domitilla
e Umberto e porterò i suoi saluti.
M.K: Sì, anche, certo. Sì li voglio bene. Con Domitilla e Umberto ci siamo
divertiti incredibilmente…
A.S: Posso farlo, perchè ogni tanto
vado a Palermo, al giornale “La
Repubblica” con il quale collaboro.
M.K: Ora non so se Miti stia preparando qualcosa d’altro, visto che è stata
occupatissima col bicentenario. (¿??) non posso perché altrimenti divento
pazza allora preferisco le cose… bicentenario, bicentenario Come sta lei,
bene, sì? […]
A.S: Che cosa sta preparando
Domitilla?
M.K: Ah, non lo so. Starà preparando qualcosa, lei prepara sempre qualcosa.
A.S: Sì…
M.K: Ricordo che una volta ritornai in Sicilia. Peccato che Borges era
morto quell’anno (1986 ndr). Credo fosse per il premio a Yves Saint Laurent.
Fu organizzato un
pranzo nel palazzo del Gattopardo, nel salone del ballo che appare nel film.
Che film meraviglioso!
Buenos Aires, Recoleta (foto a.s. 2012) |
A.S: Tratto dal romanzo di Tomasi di
Lampedusa.
M.K: Sì. Un altro film che vidi e mi piacque è “Il deserto dei Tartari”
tratto dal libro di di Dino Buzzati. Un film bellissimo perché è molto
difficile fare un film da un romanzo.
Il film è riuscito
bene… con quella suspense…
A.S: Ad Agrigento siete andati?
M.K: Siamo andati alle rovine, sì… alle rovine di… e siamo stati a…
A.S: Agrigento?
M.K: Sì… e siamo stati a…
A.S: Ad Agrigento, l’antica Akragas,
la città di Empedocle? (*)
M.K: Non ricordo bene il nome. Siamo andati a fare turismo.
A.S: Forse siete stati a Selinunte?
M.K: Selinunte! Sì, questo, sì. Che bel nome Selinunte! Misterioso,
difficile…
A.S: la Selinus…
N.D.G: Perché decisero di andare in
Sicilia?
MK: Perché Domitilla creò il premio e si mise in contatto con noi.
A.S: Il premio Novecento.
M.K: Si, lei creò il premio Novecento. Era molto amica di Franco Maria
Ricci… fece una collezione paralella a quella di Franco Maria Ricci, la collezione
di Borges.
Franco la conosceva
da molti anni e dunque Domitilla organizzò questo premio. Chiese consigli a
Franco su come si organizzano queste cose.
Da qui la nostra
amicizia con Domitilla e Umberto.
A.S: Per noi siciliani fu un evento
importante vedere Borges a Palermo…
M.K: Ah bene, certo!
A.S: Straordinario, direi. Novecento
ha fatto questa bella cosa di portare Borges a Palermo
M.K: Recentemente, mi sono ricordata di questo viaggio. Veramente un
ricordo molto bello. Poi, sono tornata, quando Borges non c’era più, e mi
portarono a Roma e a Bomarzo.
A.S: Roma…?
M.K: a Bomarzo. L’opera di Mujica Lainez che si è basata su… ah! Che
divino! Il duca di Bomarzo, questo è affascinante… io mi ricordo che sono andata
in giorni di pioggia e c’era una fotografa che era totalmente frenetica […]
Per la devozione
accettavo qualsiasi cosa […]
(Si arriva alla fine della conversazione sul
taxi. Ciò che segue si ascolta molto poco, quasi niente. In base a quel poco
che si può capire, la fotografa che Maria Kodama incontra a Roma le propone di
fare delle foto a Bomarzo.
Poi Maria Kodama si scusa per non aver avuto
tempo per riceverci a casa sua e di dover fare l’intervista sul taxi e nel bar
dell’aeroporto)
(*) “Più tardi, in albergo, (Borges ndr) mi chiede quanto
dista, da Palermo, Agrigento. È una gita che vuole molto tempo. Dovrà
rinunciare ai templi, sarebbe un eccessivo strapazzo. Ma non pensa ai templi,
pensa a Empedocle. Dice: Empedocle fu un maestro di Lucrezio: il poeta ne
conosceva la filosofia...”
(Domenico Porzio, Introduzione
a “Borges. Tutte le opere”)
TESTO SPAGNOLO DI UNA REGISTRAZIONE INVOLONTARIA
(Sbobinato da Ulyses Rossi)
(Sbobinato da Ulyses Rossi)
Maria Kodama (M.K):…Entonces yo bajo las escaleras y había un
lugar precioso, había como unas reposeras. Y de pronto, viste cuando vos sentís
que hay como una sombra abro los ojos y veo la cara de Ferdinando sangrando, y
le digo ¿pero qué le pasó?
Y me dice, no,
claro, yo bajé las escaleras y estaba escondido, quería sacarme fotos, pero no
se dio cuenta que yo abrí la puerta […] y yo pasé por una hendija muy pequeña
que había .
Corre y se estampa
contra… y le digo “justo castigo por hacer lo que no debes”.
Nicoletta De Gugliemi (N.D.G) ¡Ay
pobre!
M.K: Sí, se reía. Después quedamos re amigos y me acuerdo que una vez lo
encontré por casualidad en Nueva York después de años que estuve en una
retrospectiva de él que se hizo en París que había una retrospectiva… preciosa.
Me lo crucé, me
acuerdo que me dijo: “como te agradezco el sol que me hiciste sacar en Nueva
York, porque era una bola de fuego, en la perspectiva de la calle, y era como
si el sol fuera un punto de perspectiva de los rascacielos.
Sacó una foto
preciosa, sí, yo se la hice sacar porque él pasaba siempre, le digo “mirá,
mirá, amigo”. Ferdinando es divino.
Agostino Spataro (A. S): Alla
Fondazione ci sono foto di questo viaggio in Sicilia?
M.K: No, esas fotos deben estar perdidas en mi casa en algún rincón. No perdidas,
extraviadas. Borges me decía que yo no perdía nunca nada, se extraviaban.
Están extraviadas en
mi casa.
A.S: Ah! Ho capito…
M.K: eso debe tenerlos Miti
A.S: Miti?
M.K: Domitilla. Miti, Miti.
A.S: Ah sí, sí. Ok quando io vada a
Palermo parlo con la signora Domitilla.
M.K: Claro, Miti debe tener.
A.S: Conosco il marito.
M.K: Umberto Di Cristina,
A.S: Umberto
M.K: Sí divino Umberto.
¡Ah! con Umberto
también una cosa así divina pasó: que había un crítico literario muy divertido,
un hombre que era un señor muy muy mayor que realmente me hizo un regalo,
porque me dijo “voy a mostrarte algo, voy a hacerte un regalo que nunca te
olvidarás”, y me llevó a un lugar, abrió las puertas y estaba toda la
colección de las pieles más increíbles del mundo de Fendi que iban a ser
presentadas en la Rosa
d’Oro, la verdad es que no lo esperaba.
Era como un cofre
maravilloso.
Pero era un señor
muy muy mayor, extraordinario crítico, digo yo, no lo conosco.
Que era un poco
denso, pesado.
A.S: Era, forse, Gregorio Napoli… ¿.
M.K: No. Y entonces, no se, quería hablar con Borges, no se. Y Borges tenía
paciencia.
Tenía paciencia pero
a veces no la tenía, sobretodo cuando viajaba porque estaba cansado.
Entonces él me dice:
“mira yo hablo diez minutos porque tengo que dormir, me acompaña, entonces
usted después charla con él. Noo usted entiende, charle con él. Bueno, está
bien. Entonces este señor, había un sofá…
Entonces este señor
me agarra de la mano y empieza a tirarme contra él. Y yo decía, ¡yo qué hago!
Un señor muy mayor, viste, tampoco podes ser grosera.
Yo sonreía rígida y
trataba de irme cada vez más para el otro lado.
De pronto llega
Domitilla, mi salvación. ¡Ah, maestro! Le da un beso. Se siente, Borges. No,
está arriba descansando.
Ah bene, bene, ahora
viene Umberto. Entonces este señor, como ella se sienta, porque él hizo que se
sentara en otro lado. Era una situación alucinante.
De pronto llega
Umberto, que había perdido sus anteojos. Entonces Umberto llega y ve a este
señor mayor sentado entre nosotras dos.
Entonces este señor,
que tenía una voz apenas audible y así como muriéndose dice “che bel cappello”
le dice a Umberto Di Cristina que aparece con un sombrero maravilloso.
Y entonces Umberto
dice “vedi Domitilla il Maestro vede ¡miracolo!” y Domitilla le dice “no seas
estúpido, no es el Maestro”
N.D.G: No tenía anteojos, no veía nada…
M.K: no veía nada. Es un señor mayor, es como yo, yo no veo nada, yo soy
miope. Yo de lejos, si vos te parás allá, o vos, no existen.
N.D.G: Entonces él no entendió nada…
M.K: claro, entonces él vió un señor entre nosotras dos, él esperaba el
acto reflejo Borges con nosotras y dedujo que era Borges, pero no porque viera
que era Borges.
Era como la del
pasaporte…
Entonces cuando
bajamos y vamos a comer con Umberto y Domitilla.
Domitilla le cuenta
la anécdota que fue divertida. Borges me mira y me dice: “¿pero yo estoy tan destruido
como suena ese señor para que me confunda?” “no, no le dice Umberto, es que yo
no tenía los anteojos” “Ah, bueno”.
A.S: Signora, dobbiamo fare il
viaggio a Palermo
M.K: ¿Ustedes
hacen viajes?
A.S: No, no, l’intervista, il tema
“Borges a Palermo”.
M.K: ¡sí pero yo no puedo contar esas historias tan delirantes!
A.S: Cosa ha detto?
M.K: ¡Esas historias!
A.S: Davvero una bella memoria,una
formidabile memoria.
M.K: No, son cosas que he vivido y que me han quedado marcadas porque son
tan alucinantes, que es imposible olvidarlas. Yo creo que aunque quiera no
puedo.
N.D.G: ¿Pero este señor porque la
estaba acercando a la luz?
M.K: Y porque yo creo que estaba tratando de… como Lady Gaga no, estaba gagá. No a la luz, a él nos acercaba, viste, para que estuviéramos cerquita de él. Que se yo, escuchar escuchaba oía bien, porque yo hablaba, yo no tengo voz alta, y me oía así que… no era para oir… como el lobo feroz para mirarte mejor ¿viste? Para comerte mejor… No, pero era muy divertido.
Fue un señor divino,
divino, sabía muchísimo, y te digo me hizo ese regalo que nunca me voy a olvidar.
Y la verdad que nunca lo olvido bueno por esta anécdota absurda y por lo otro
que fue como […]
A.S: Beh!, tutto ciò accadeva nel
1984! Quanti anni sono passati?
M.K: Ah, no
se..
A.S: Muchos años…
M.K: Una de las cosas para tener memoria es no llevar la cuenta de tantos
años, si uno lleva la cuenta…
N.D.G: Si ya es demasiado.
M.K: Ya entonces sí…
N.D.G: Uno se concentra en el tiempo
pasado y pierde la memoria.
M.K: Exactamente, en cambio así cuando surgen cosas espontáneamente, surgen y listo.
A.S: Bene, andrò a trovare Domitilla e Umberto e porterò i saluti suoi.
M.K: Sí, también, claro, sí, si los quiero muchísimo. Con Domitilla y Umberto nos hemos divertido increíblemente…
A.S: Ogni tanto vado a Palermo alla
redazione de de “La
Repubblica” con la quale collaboro…
M.K: Y ahora no se si Miti está preparando algo porque como ha estado con
el bicentenario ocupadísima.. no, no puedo porque si no ya me vuelvo loca
entonces prefiero las cosas… bicentenario, bicentenario
Cómo anda ella,
bien, ¿sí? […]
A.S: Che cosa sta preparando
Domitilla?
M.K: Sí, ah no se, estará preparando algo, siempre prepara algo.
A.S: Sì…
M.K: Ah me acuerdo una vez que hizo ahí en Sicilia, pero lástima que
Borges se había muerto ese año… creo que era el premio a Yves Saint Laurent me
parece, y… hizo una comida ahí en el palacio del Gattopardo, que sale en la
película el salón de baile..
A.S: Ah, sì, il famoso ballo…
M.K: Que película maravillosa.
Borges, a Villa Palagonia, Bagheria (foto F. Scianna) |
A.S: Tomasi di Lampedusa.
M. K: Sí, sí… Otra película maravillosa que yo vi también y me encantó
también era “El desierto de los tártaros” de Dino Buzzati.
Lindísima película
hicieron porque es muy difícil hacer de una novela una película. La película
salió bien bien… generaron ese suspenso…A.S: Poi siete andati a […] il viaggio in Sicilia, no?
M.K: Sí, sí,
después fuimos a las ruinas, sí… a las ruinas de… y estuvimos en…
A.S: A las ruinas de Agrigento?
M.K: Sí… y estuvimos en…
A.S: Empedocle? La ciudad de Empedocle en
Agrigento…
M.K: Sí, sí claro.. pero después nos fuimos a hacer turismo.
A.S: Poi, forse, siete stati anche a
Selinunte.
M.K: ¡a Selinunte! Si, eso, si. Además qué lindo nombre Selinunte
N.D.G: Si, no?
M.K: Misterioso, difícil…
A.S: la Selinus…
N.D.G: ¿Y por qué decidieron ir a Sicilia?
M.K: Porque Domitilla creó el premio y entonces se contactó con nosotros.
A.S: Il premio Novecento.
M.K: Y ella creó el premio Novecento y ella era muy amiga de Franco Maria
Ricci… puso una colección paralela a la de Franco Maria Ricci, la colección
esa de Borges.
Este… tenía una
relación de amistad, y entonces Franco la conocía de hace muchos años y
entonces Domitilla arregló esto, le avisó a Franco, como se arman esas cadenas,
y después nos hicimos muy amigos de Domitilla y de Umberto
A.S: Per noi siciliani fu un fatto
importante vedere Borges a Palermo…
M.K: Ah bueno,
claro!
A.S: Straordinario. Novecento ha
fatto questa bella cosa di portare Borges a Palermo
M.K: Claro! Yo me acuerdo […]
M.K: Recién me doy cuenta y si, la verdad que fue muy lindo el recuerdo muy
lindo.
Y después, bueno,
Borges ya no estaba, me llevaron a mí a Roma a Bomarzo.
A.S: Roma…?
M.K: A Bomarzo. La obra de Mujica Láinez que se inspiró en… ¡ah, qué
divino! El duque de Bomarzo, esto es fascinante…
Yo me acuerdo que
fui en días de lluvia y había una fotógrafa que estaba totalmente enloquecida
[…]
Yo dada la devoción
aceptaba cualquier cosa […]
(Se llega al fin del diálogo. Lo que sigue se
oye muy poco, casi nada. Aparentemente la fotógrafa que María Kodama encuentra
en Roma la invita a realizar una sección de fotos en Bomarzo. Luego se disculpa
por no tener tiempo y tener que haber realizado la entrevista en el
aeropuerto)
Buenos Aires, nov. 2015. Con Ulyses Rossi, traduttore della conversazione con Maria Kodama |
ALLEGATI
BORGES,
VIAGGIO NELLA SICILIA DEL MITO*
VIAGGIO NELLA SICILIA DEL MITO*
Jorge Luis Borges a Villa Palagonia, Bagheria,1984
(Foto di F. Scianna
in: www.digitalistBorges.blogspot.com
"La Rosa d’oro” palermitana
Agostino Spataro (di ritorno da
Buenos Aires)
“Ricordo che Borges
era molto contento di andare in Sicilia. Per lui era una sorta di viaggio
iniziatico alla scoperta di Palermo, la città da cui si origina il nome del suo
barrio natale, e dell’Isola di Omero e dei filosofi greci a lui tanti
familiari, fin da bambino.”
Così Maria Kodama,
vedova di Jorge Luis Borges, mi parla del loro viaggio a Palermo, in Sicilia,
nel marzo del 1984 dove il grande scrittore e poeta argentino fu insignito de
“La rosa d’oro” un premio istituito dalla casa editrice palermitana “Novecento”.
La signora Kodama è
stata per lo scrittore compagna di vita e di lavoro, collaboratrice preziosa e
intelligente; e anche la vista dei suoi occhi spenti.
Oggi, è la più
fedele custode dei suoi ricordi; vive per Borges, per far conoscere la sua
vasta opera, il suo pensiero. A questo scopo, oltre a dare interviste e a
presenziare a premi e a simposi in giro per il mondo, ha creato, a Buenos
Aires, il Museo e la
Fundacion internacional J.L.Borges.
E visitando il
Museo, dove è esposta in bella vista la
Rosa d’oro palermitana, mi è venuta l’idea di domandarle
un’intervista.
Occupatissima fra
conferenze e preparativi per il suo nuovo giro europeo saltò l’appuntamento. In
cambio mi propose di fare l’intervista sul taxi che, l’indomani, l’avrebbe
condotta all’aeroporto da cui doveva imbarcarsi per Francoforte dov’era attesa
per la fiera del libro e -come apprendemmo dopo- per firmare un poderoso
contratto con la Random
House Mondadori che, dal 2011, potrà pubblicare in esclusiva
tutte le opere dello scrittore in lingua spagnola.
Una divertente intervista in taxi
Sulle prime mi parve
un’idea stravagante. In realtà, si rivelerà un’occasione stimolante, perfino
divertente, che meglio mi ha fatto cogliere il senso più intrinseco ed umano
delle giornate siciliane di Borges, anche negli aspetti più minuti e
aneddotici.
E così, armato di un
fiammante registratore, partiamo da calle Rodriguez Pena, di corsa, verso l’ae-roporto.
Ci accompagna la signora Nicoletta De Guglielmi, dell’ambasciata italiana, che
gentilmente ci fa da interprete.
Maria Kodama ora
appare serena, disponibile. La sua figura esile, stretta in una tunica candida,
risplende della luce eburnea, abbagliante di questa Buenos Aires fervorosa,
creativa ma sempre un po’ inquieta. Mentre l’auto svicola nel traffico torrenziale
dell’Avenida 9 de Julio (la più larga del mondo) cominciamo a parlare della
Sicilia.
La signora Kodama si
abbandona ai ricordi, ancora nitidi, minuziosi. Dopo ventisei anni, ne conserva
una memoria davvero formidabile.
Parla di fatti
specifici e cita nomi di persone e di luoghi come se l’avesse incontrati il
giorno prima: Villa Igiea, via Libertà, Agrigento, Selinunte, Domitilla Alessi
e Umberto di Cristina (una pareja meravigliosa, dice), Ferdinando Scianna,
ecc.
Mi prega di non
registrare perché desidera parlare liberamente di alcune battute ironiche di
Borges, di taluni episodi un po’ farseschi capitati durante quel soggiorno. Al
ristorante dell’aeroporto -promette- avremmo fatto l’intervista vera e propria.
Ripongo l’aggeggio
in tasca, senza accorgermi di non averlo saputo spegnere.
E così, senza
volerlo, mi ritrovo, interamente registrato, il suo resoconto del viaggio di
Borges in Sicilia, impreziosito da commenti, battute e tante belle risate che -credo-
sia la parte più vivace e genuina della conversazione.
L’arancia come rappresentazione del mondo
La prima domanda è
d’obbligo: Borges, già completamente cieco, come percepì, come “vide” Palermo
e i monumenti di Agrigento e Selinunte?
“Borges era dotato
di una sensibilità speciale che gli permetteva di captare, di vedere le cose al
di là delle parole e della vista. Fin da bambino, Borges aveva incamerato tante
informazioni ed immagini che ora gli consentivano di “vedere” i monumenti, i
templi greci…”
A proposito di
questa sua precoce formazione la signora racconta un fatto -credo- inedito e
alquanto singolare: “Per avviarlo alla cultura classica, alla metafisica il
padre gli faceva il “gioco dell’arancia.. Gli mostrava un’arancia e gli diceva
“guardala bene e poi chiudi gli occhi e immagina.
Cos’è l’arancia? La
sua forma, il suo colore, il suo profumo…”
Insomma, l’arancia come rappresentazione del mondo.
“Il nome di Palermo
gli ricordava il suo amato barrio natale, nel quale visse la sua infanzia,
dove- come scrive nella “Fundacion mitica di Buenos Aires” -è nata la città.
Per Borges, Buenos Aires non è nata a la Boca, ma a Palermo…” (1)
La controversia
ormai è chiarita giacché -come anche noi abbiamo accertato (2) -la Palermo di Buenos Aires
prende il nome da Juan Dominguez, uomo d’affari di Palermo, che nel 1582 si
trasferì dalla Sicilia alle rive del rio de la Plata.
“I templi li
riconosceva attraverso gli scritti dei filosofi dell’antichità. Ha insistito
per visitare le rovine di Agrigento, la patria di Empedocle, e di Selinunte.
Mentre accarezzava le colonne mi chiese di leggergli qualche brano di Omero…
Così Borges vedeva...”
Il Mediterraneo, il mare di Omero e di Virgilio
Oltre i templi c’è
il Mediterraneo: il mare di Ome-ro, di Virgilio e delle grandi civiltà. Il
Maestro volle vedere/toccare anche “ il mare, che è un deserto splendente,
simbolo di cose che ignoriamo…”
Borges era molto felice
-continua Maria Kodama- di questa visita siciliana e molto grato a Domitilla e
a Umberto Di Cristina (conosciuti tramite Franco Maria Ricci) che avevano
istituito il premio de “La rosa d’oro”praticamente per lui. Un omaggio al suo
“La rosa profunda” (2) nel quale Borges confessa di “avere perduto (con la
vista n.d.r.) soltanto la vana superficie delle cose…e continua a pensare con
le lettere e le rose…”
“Si. Era sempre
molto contento di visitare i musei. “Mi diceva andiamo dai nostri
amici…”intendendo gli autori delle opere esposte. Al museo di Selinunte si
emozionò mentre toccava i vasi, le statue scolpite 25, 20 secoli prima, toccate
ed ammirate da migliaia di persone prima di lui.”
La tigre di Borges e la pantera dei palermitani
Anche Domenico
Porzio, ch’era al seguito del poeta, ha sottolineato questa speciale
sensibilità di Borges il quale, durante la visita al museo archeologico di
Palermo, prese ad accarezzare un busto di Giulio Cesare recitando Skakespeare
che -secondo lui- “doveva essere d’origine italiana giacché nella metafora
tendeva troppo all’iperbole…ed era “il meno inglese degli scrittori inglesi”.
(4)
Il racconto, gli
aneddoti sono interessanti, ma il tempo stringe. Maria Kodama ora deve
imbarcarsi sul suo volo. Le chiedo del suo “giardino segreto” (la fotografia),
dei suoi racconti inediti che sappiamo sono tanti ed anche molto belli.
Mi risponde che ne
ha pubblicato solo uno (“Il dinosauro”). Gli altri li tiene nel cassetto
perché teme che qualcuno pensi che l’autrice non è Maria Kodama, ma la moglie
di Jorge Luis Borges.
Avrei voluto
domandarle un parere su cosa avrebbe pensato Borges, che amava tanto le tigri,
di quei palermitani spaventati dalla pantera nera che, da qualche mese, appare
e scompare come un fantasma in alcuni rioni di Palermo, quasi a voler turbare
il sonno di questa città dolente e rassegnata. Per una singolare coincidenza,
c’è una sua poesia che associa il nome del felino a Palermo (barrio di Buenos
Aires): “Era la tigre di quel mattino, a Palermo, e la tigre dell’Oriente…” (5)
Ma la signora si è
già avviata ai controlli. La saluto e le chiedo se vorrebbe tornare in Sicilia.
“Se m’invitate,
corro….”
* (testo ampliato e pubblicato, con altro titolo, in “La Repubblica” del 26 ottobre
2010).
Note.
(1) J.L.Borges,
“Fundacion mitica di Buenos Aires” in “Quaderno San Martin”, in “Borges. Tutte
le opere”, A. Mondadori, Milano, 2003
(2) A.
Spataro “La Palermo
di Buenos Aires” in “La Repubblica”
del 29 dicembre 2005
(3) J.L.Borges
“La rosa profunda” ed. Emeces, Buenos Aires, 1975
(4) D. Porzio -“Introduzione a
“Borges.Tutte le opere”, op. cit.
(5) J.L.
Borges, “Storia della notte” op.cit.
FOTOCOPIA DELL’ARTICOLO IN “LA REPUBBLICA/PA”
DOMENICO PORZIO SUL VIAGGIO DI BORGES IN SICILIA
(Dall’Introduzione a
“Jorge Luis Borges- Tutte le opere”, Arnoldo Mondadori Editori, Milano, 2003).
A BUENOS AIRES LA PALERMO DEGLI
ARTISTI*
di Agostino Spataro
di Agostino Spataro
Fra le tante Palermo, esistenti fuori della Sicilia, sicuramente
quella di Buenos Aires eccelle sopra tutte. In realtà, non è una città, ma un
grande rione (il "barrio Palermo") che si stende per oltre 900 ettari,
dalle rive del rio de la Plata
fino al cuore pulsante di questa affascinante e popolosa metropoli. è una
città nella città che, come in un gioco di matrioske, contiene altre Palermo:
"chico", "vejo", "alto", che, a loro volta,
contengono una Universidad, un bosco di 25 ettari e un ippodromo
e l' Aeroparque per i voli nazionali, tutti col nome di Palermo.
Palermo incombe ovunque: sui frontoni di teatri, milonghe,
cinema, musei, ateliers, negozi antiquari e d' alta moda, ristoranti e caffè e
librerie. In effetti, Palermo è un barrio popolare che attira gente di successo.
Frotte di artisti, scrittori e divi del cinema e della televisione vi si stanno
trasferendo facendone aumentare il prestigio e i prezzi degli immobili.
Èdifficile fare raffronti con altre città omonime, ancor
meno con il capoluogo della Sicilia, tuttavia si può affermare che non c' è un
altro luogo della terra dove il nome di Palermo venga così orgogliosamente
evocato.
Una sensazione gradevole che, in qualche modo, compensa le
amarezze subite in giro per il mondo a causa della triste nomea causata dalla
mafia.
Ma perché si chiama Palermo?
Erroneamente si è creduto che il nome fosse un omaggio al
capoluogo della regione di provenienza della numerosa colonia di emigrati
siciliani che vi s' insediarono a partire dalla seconda metà del secolo XIX.
Si è anche ritenuto che derivasse dalla cappella interna al
palazzo di campagna di un ricco proprietario, Manuel de Rosas, dedicata al
«santo negro Benito de Palermo cui rendevano culto gli uomini di colore della
zona».
Il nome, come abbiamo accertato alla Biblioteca nazionale è
preesistente all' arrivo degli emigrati siciliani e -come vedremo- risale
addirittura all' epoca della seconda fondazione di Buenos Aires (1580).
«Già nel 1938, Miguel Sorondo aveva accertato che il nome
non proveniva né dal santo negro Benito di Palermo né da Rosas, ma dal
popolatore Juan Dominguez di Palermo, giunto a Buenos Aires intorno al 1582» (Elisa Radovanovic in "Palermo 1876-1960",
edizioni Università di B. A.)
Una documentata conferma ci viene dallo storico Diego Del
Pino il quale nel suo "Palermo-Barrio portegno", edito, nel 1991,
dalla Fundacion Banco de Boston, scrive: «Nel 1560, nacque in Sicilia Juan
Dominguez Palermo, nel tempo in cui questa regione apparteneva al Regno d'
Aragona. A pochi anni dalla fondazione della nostra Città, arrivò su queste
coste questo siciliano Juan Dominguez Palermo sposò Isabel Goméz de la Puerta y Seravia,
discendente di un fondatore».
Juan Dominguez trasformò i terreni paludosi portati in dote
dalla moglie in fiorenti giardini di vigne e frutteti ed acquisì altri fondi
contigui ampliando il suo possedimento.
«Il siciliano -continua il racconto di Del Pino- morì il 15
luglio 1635, fu sepolto nella Cattedrale, e da questo momento le sue terre
cominciarono a chiamarsi Banados de Palermo o anche Vignas de la Punta de Palermo... Ecco,
dunque, l' origine del nome di questo barrio "absolutamente especial"
come lo definisce Jorge Luis Borges nel suo "Evaristo Carriego" nel
quale fa dire al grande poeta dei poveri e palermitano doc, "En Palermo
naciò la Ciudad"».
Borges era innamorato del barrio Palermo degli inizi del XX
secolo, dove visse la sua adolescenza a contatto con i figli di emigrati
siciliani e calabresi, con i quali giocava per le vie polverose, come egli
stesso ricordò nel salone della Fondazione Mormino, l' unica volta che venne
nella nostra Palermo, in occasione del conferimento del premio "Novecento".
A quel tempo, il barrio non era certo il migliore dei mondi possibili.
Povero e sovrappopolato, violento e fascinoso al tempo
stesso, per Borges «Palermo del coltello e della chitarra era una preoccupante
povertà».
Fino a quando, durante le due decadi d' oro (anni '30 e
'40), non raggiunse il massimo splendore.
L' economia argentina, in pieno boom, divenne un punto di forte
attrazione per milioni di emigrati europei (soprattutto italiani, spagnoli,
francesi e tedeschi).
Buenos Aires si trasformò in una moderna metropoli che
gareggiava con New York, Parigi, Londra e «nel barrio di Palermo -annota la Radovanovic- penetrarono
diversi stili architettonici.
Tuttavia fu l' avanguardia che assunse un nuovo linguaggio a
partire dal 1930 realizzando edifici caratterizzati dal bianco».
Ancora oggi, nonostante la crisi degli ultimi tre decenni,
il Paese, che conta 35 milioni di abitanti, produce grano per circa 300 milioni
di persone. Si stima che circa il 40 per cento della popolazione sia di origine
italiana; molti i siciliani che hanno raggiunto posizioni di prestigio.
Dal "catanese" Alfio Coco Basile, allenatore del
mitico "Boca Juniors" di Maradona alla neo ministra dell' economia
Felisa Josefina Miceli, una signora di 52 anni originaria di Leonforte, Enna.
Per gustare Palermo bisogna passeggiare per queste strade, sbirciare fra i
cortili e i patii delle case antiche alla ricerca dello spirito "bohemio
y creativo" e la sera andare da "Homero Manzi" o al "Club
del vino" dove ci sono il miglior tango e il miglior vino. è tutto un gran
fermento, sembra che Palermo stia vivendo il suo secondo rinascimento.
Accanto alle dimore dei poeti e degli artisti stanno
nascendo l' alta moda, il disegno, l' editoria.
La nuova sfida è armonizzare tradizione e innovazione.
* In “La
Repubblica/Pa” del 29 dicembre
2005 sez. Archivio la
Repubblica.it 2005
EL ENIGMA DE JUDAS ISCARIOTE*
Agustín Spataro (Italia)
Agustín Spataro (Italia)
En estos días antes de Pascua, en nuestros pueblos y
ciudades a ver las procesiones de muchos de los "Vía Crucis" Como se
recordará el sacrificio de Cristo y el drama humano de Judas, su Mensajero,
todos de marca como el traidor por excelencia.
Hasta el punto que algunos consideran el comportamiento
dell'Iscariota popular como la más abyecta cobardía entre las miserias de la
tierra y, a veces, teniendo en demasiado amplia, llega a cambio de "traición
a la patria" un acto de deber cívico y / o la disociación de el mal.
De hecho, "Judas" se puede apelar, incluso una persona
en posición vertical denunciar un crimen, abuso, un "arrepentido"
mafioso, un político que va de un extremo a corromper, y así sucesivamente. Por
supuesto, antes de que juez, usted debe comprobar el punto de vista desde el
cual se mueve la parte recurrente.
Pero Judas era realmente un traidor del mal?
El teólogo sueco Nils Runeberg lo dudo y, en su libro
principios del siglo pasado, trató de responder, valiente como doloroso, el
terrible dilema: ¿Quién era realmente Judas Iscariote un traidor o un reflejo
de Jesús?
Cuestión compleja, que también investiga intrigante Jorge
Luis Borges con un ensayo profético un poco "(" Fiction "de
1944, reimpresa en 2004 por Einaudi) donde el escritor argentino famoso
análisis de la tesis audaz que figura en el" Judas och Kristus "por
Runeberg que favorecen el segundo atributo, llegando incluso a afirmar que
"no uno, sino todos los que la tradición atribuye a Judas Iscariote son
falsas".
Como era de esperar, Runeberg -Borges asegura que ser
"muy religioso" y miembro de la Nacional Evangélica
de la marca y será repudiado por herejía por los representantes de todas las
confesiones cristianas consideran intolerable que sus teorías.
No vamos a entrar en estas cuestiones complejas, y mucho
menos parte de una tesis u otra, sino sólo informar al lector de la
originalidad de las obras mencionadas anteriormente y pasajes especialmente
sobresaliente del ensayo de Borges que, si nada más, tiene la mérito
intelectual de dar dignidad a una tesis que, en contra de la tendencia, se ha
atrevido a desafiar la maldición.
Incluso con todo el respeto debido a los sentimientos
genuinos de la religión popular, el argumento para nada blasfemo, al menos,
merece una consideración de la moneda adquirida después de la publicación en
2005 por la
National Geographic llamado "Evangelio de Judas",
que es el traducción del papiro en lengua copta, que se encuentra en Egipto en
los años 70.
Pero vamos a seguir el razonamiento del teólogo sueco que,
perseguido por varias condenas de convergencia de la herejía, se vio obligado
a reescribir su libro tres veces, pero no renunciar a su tesis fundamental.
En primer lugar, toma nota de la "superflua" la
traición de Judas a Jesús como para identificar, o un famoso predicador que
hablaba todos los días y obraba milagros ante miles de personas, que no era
necesario indicar un apóstol (con el famoso beso) para secuaces fueron a
arrestarlo. De hecho, es una observación de que la lógica es impecable.
Sin embargo, -Runeberg continúa- el hecho ocurrió y no se
debió a la causalidad simple (inaceptable en la Escritura), pero
"lo que fue entregado, y que tuvo su lugar misterioso en la economía de la
redención."
¿Cuál fue el motivo? El argumento que justifica la aparición
inexplicable es decir, el Verbo encarnado, "pasó de la eternidad a la
historia, la felicidad sin límites a la mutación y la muerte ... y para responder
a tal sacrificio era necesario para un hombre, lo que representa de todas las
personas, debe hacer una condegno sacrificio.
Aquí, pues, aclarar el enigma de Judas Iscariote Runeberg
que explica con detalle: era el único entre los apóstoles, para realizar la
misión de Jesús y tremenda, como un buen discípulo, decidió traicionar a su
amo, bajando la condición el informador y recoger treinta piezas de plata, el
precio de la traición, para aniquilar a los peores criminales y por lo tanto
merecen el mayor culpable.
En la segunda edición del teólogo sueco, aunque algunos
ajustes en ciertas áreas, confirmó su interpretación de la conducta de Judas
que "no se puede atribuir a la codicia, y no un motivo opuesto y noble
ascetismo ilimitada.
Judas actuó con humildad enorme, era estimado para ser
indigno de su buen espíritu ... mortificado. La premedicación con terrible
claridad sus pecados ... y escogió a aquellos que no visita ninguna virtud: el
abuso de la confianza y el espionaje ... Judas buscó el Infierno, porque la
dicha del Señor fue suficiente. Pensó que la felicidad, también, es un atributo
divino, que no debe usurpar la gente ".
En la tercera edición, Runeberg radicalizar su visión para
identificar a Judas como un espejo de Cristo.
Aunque pueda parecer absurdo, el espectáculo, en pocas
palabras, sobre la base de la historia que hace Borges: Dios, sálvanos, podría
haber elegido cual-quiera de los destinos que a través de la red confundido la
historia podría haber sido Alejandro o Pitágoras o Rurik o Jesús eligió un
destino humilde: Judas.
Judas, pues, el malentendido, el Dios Desconocido. No es
coincidencia que el libro se abre con Runeberg un "epígrafe de Borges
llamado" malvados ", que no es sino un versículo del Evangelio de
Juan "El mundo era, y el mundo fue hecho por él y el mundo llegó a
conocerlo."
ARCHIVIO/ANTIQUITAS
BORGES: UN’ALTRA IPOTESI SU GIUDA
di Agostino Spataro
di Agostino Spataro
Chi fu veramente
Giuda Iscariota: un traditore o lo specchio di Gesù?
Un terribile dilemma
che riaffiora dalla lettura di “Finzioni”, un libro intrigante e un po’ presago
di Jorge Borges, di recente ristampato da Einaudi, contenente un articolo del
1944 (“Le tre versioni di Giuda”) dove il celebre autore argentino analizza le
ardite tesi contenute nel “Kristus och Judas” di Nils Runeberg, eminente
teologo svedese, che propende per il secondo attributo, giungendo, addirittura,
ad asserire che “non una sola, ma tutte le cose che la tradizione attribuisce a
Giuda Iscariota sono false”.
Com’era prevedibile,
Runeberg -che Borges assicura essere “profondamente religioso” e membro
dell’Unione evangelica nazionale -sarà sconfessato e bollato d’eresia dai
rappresentanti di tutte le confessioni cristiane che consideravano
intollerabili le sue teorie.
Questioni, per me,
“sopraelevate” nelle quali non desidero addentrarmi, né tanto meno parteggiare
per l’una tesi o per l’altra. Mio solo intento è quello di segnalare al lettore
i citati libri e soprattutto i passaggi salienti del saggio borgesiano che, se
non altro, ha il merito di conferire dignità intellettuale ad una tesi che,
andando controcorrente, ha osato sfidare l’anatema.
D’altra parte,
trovandoci nel vivo delle celebrazioni della Settimana Santa e pur rispettando
i più genuini sentimenti della religiosità popolare, mi pare che l’argomento,
per nulla blasfemo, sia quantomeno d' attualità.
Cerchiamo di seguire
il ragionamento del teologo svedese il quale, inseguito da diverse ma convergenti
condanne d’eresia, fu costretto a riscrivere il suo libro per ben tre volte,
senza tuttavia abiurare alla sua tesi di fondo.
In primis, egli
rileva “la superfluità” del tradimento di Giuda, poiché per identificare Gesù,
ovvero un predicatore famosissimo che parlava ogni giorno o faceva miracoli
davanti a migliaia di persone, non era necessario che un apostolo (Giuda) lo
indicasse (col famoso bacio) agli sgherri venuti ad arrestarlo. Effettivamente,
trattasi di un’osservazione logica che non fa una grinza.
Tuttavia -prosegue Runeberg- il fatto è accaduto e non fu
dovuto a mera causalità (inammissibile nella Scrittura), ma “fu cosa prestabilita,
e che ebbe il suo luogo misterioso nell’economia della redenzione”. Quale ne
fu il movente?
La tesi che
giustifica l’incomprensibile accadimento è quella che, il Verbo, incarnandosi,
“passò dall’eternità alla storia, dalla felicità senza limiti alla mutazione e
alla morte…e che per rispondere a tanto sacrificio era necessario che un uomo,
in rappresentanza di tutti gli uomini, facesse un sacrificio condegno”.
Ecco, dunque,
chiarito l’enigma di Giuda Iscariota che Runeberg spiega nel dettaglio: egli fu
l’unico, tra gli apostoli, ad intuire la tremenda missione di Gesù e, da buon
discepolo, decise di tradire il suo Maestro, abbassandosi alla condizione di
delatore e incassando i trenta denari, il prezzo del tradimento, per
annichilirsi a livello del peggiore malfattore e così meritarsi la più grande
riprovazione.
Nella seconda
edizione, il teologo svedese, pur correggendo il tiro su taluni aspetti,
confermò la sua interpretazione del comportamento di Giuda che “non può essere
ascritto alla cupidigia”, semmai ad un movente opposto e nobile: l’ascetismo
illimitato.
Giuda “agì con
gigantesca umiltà; si stimò indegno d’esser buono…mortificò il suo spirito.
Premeditò con lucidità terribile le sue colpe…e scelse quelle cui non visita
alcuna virtù: l’abuso di fiducia e la delazione…Giuda cercò l’inferno, perché
la felicità del Signore gli bastava. Pensò che la felicità, come il bene, è un
attributo divino, cui non debbono usurpare gli uomini”.
Nella terza
edizione, Runeberg estremizzò la sua visione fino ad identificare Giuda come
specchio di Cristo.
Per quanto possa
apparire assurda, la riportiamo, in estrema sintesi e sulla base del racconto
che ne fa Borges: Dio, per salvarci, avrebbe potuto scegliere uno qualunque dei
destini che tramano la perplessa rete della storia; avrebbe potuto essere
Alessandro o Pitagora o Rurik o Gesù; scelse un destino infimo: fu Giuda”.
Giuda, dunque,
l’incompreso, il Dio sconosciuto. Non a caso il libro di Runeberg si apre con
un’epi-grafe, da Borges definita “perfida”, che altro non è che un versetto del
Vangelo di Giovanni: “Nel mondo era, e il mondo fu fatto per lui, e il mondo
non lo conobbe”.
(aggiunta) da "IL VENERDI'" di Repubblica del 27 maggio 2016
(aggiunta) da "IL VENERDI'" di Repubblica del 27 maggio 2016
https://www.amazon.com/BORGES-NELLA-SICILIA-MITO-conversazione-ebook/dp/B01EXPTLIY
Bibliografia
Bibliografia
“Borges. Tutte le opere”, (a cura di Domenico Porzio) Milano, Mondadori, 2003
Martino Iuvara, “Shakespear era italiano”, Ed.
Kromatografica, 2002
Gabriela Habich (a cura di) “Politiche di confine nel Mediterraneo”
Ed. Rubettino 2004.
Agostino Spataro in “Girodivite- Le città invisibili”
14/1/2006)
José Hernandez in “Martin Fierro”,
Leopoldo Marechal, “Cinco Poemas austra-les”, Ed, Convivio,
Buenos Aires
Jorge L.Borges, “Fundacion mitica di Buenos Aires” in
“Quaderno San Martin”, in “Borges.
Tutte le opere”, A. Mondadori, Milano, 2003
A. Spataro, “La Palermo di Buenos Aires” in “La Repubblica” del 29 dicembre
2005
Jorge L. Borges, “La rosa profunda” Ed. Emeces, Buenos
Aires, 1975
D. Porzio -“Introduzione a “Borges. Tutte le opere”,
op. cit.
Jorge L. Borges, “Storia della notte” in op. cit.
Nils Runeberg, “Kristus och Judas”
Elisa Radovanovic in "Palermo 1876-1960", Ed. Università
di Buenos Aires
Diego Del Pino, "Palermo. Barrio portegno",
Fundacion Banco de Boston, 1991.
Piero Melati, "Da Palermo aPalermo", "Il Venedì " di Repubblica del 27/5/2016.
FINE
(Joppolo Giancaxio, 2016)
Con le "Madres" a Plaza de Mayo, manifestazione popolare per l'anniversario del colpo di stato militare |
Bio-bibliografia dell'autore:
it.wikipedia.org/Agostino_Spataro
montefamoso.blogspot.it/2014/04/agostino-spataro-bibliografia.html
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