Agenzia ANSA, MOSCA, 24 settembre 2016, ore 09:26.
"Il crollo dell'Urss poteva essere evitato: lo ha dichiarato il presidente russo Vladimir Putin incontrando ieri al Cremlino i leader dei partiti presenti nella nuova Duma (dove il partito del presidente si è aggiudicato tre seggi su quattro).
"Sapete come la penso sul crollo dell'Unione Sovietica. Non era assolutamente necessario. Si potevano condurre delle riforme, comprese quelle di natura democratica, ma senza il suo crollo", ha detto Putin, citato dall'agenzia Interfax.
Putin ha però accusato il Pcus (Partito comunista dell'Unione sovietica) di aver governato male il paese promuovendo "idee di nazionalismo ed altre ideologie distruttive che sono devastanti per qualsiasi Stato."
Fa piacere leggere punti di vista così autorevoli, a conferma di un dubbio che nutro da tempo.
Ne abbiamo scritto nel nostro recente libro messicano:
Nella nota n. 1 indichiamo anche l'occasione, da taluni ritenuta attendibile, in cui i capi delle due superpotenze Usa e Urss (Reagan e Gorbaciov) avrebbero "concordato" il crollo dell'Urss e dei regimi statalisti dell'Est europeo e l'importo del corrispettivo "non corrisposto".
(Segue testo italiano tradotto in castillano/spagnolo)
(Dall’introduzione-
testo italiano x traduzione)
Appare
necessaria un’analisi più puntuale, più precisa dei sanguinosi conflitti aperti
in varie parti del pianeta; vere e proprie guerre locali che provocano morte e
distruzioni, specie laddove più si concentrano le principali riserve minerarie,
di energie fossili (petrolio e gas), di acqua e di beni alimentari. Con questo
libro cercheremo di analizzare, in particolare, la situazione di due aree
fondamentali del Pianeta, ricche di materie prime e di contrasti sociali, dove
tali processi sono in corso d’opera: l’America Latina e la regione Mena
(acronimo di “Middle East North Africa” comprendente il Medio Oriente e il
Mediterraneo) nelle loro relazioni con le nuove superpotenze dell’economia e
della finanza. C’è chi sostiene che tale conflittualità sia propedeutica al
“nuovo ordine internazionale” e pertanto
necessaria per garantire la transizione dal vecchio ordine al nuovo. Eppure,
dal crollo dell’Urss e del sistema dei Paesi a economia socialista (Comecon) è
passato un quarto di secolo e la “transizione” può dirsi compiuta, almeno sul
terreno politico ed economico. Tuttavia, il “nuovo ordine” non è arrivato o,
peggio, si presenta come un nuovo, pericoloso disordine internazionale. Ideologicamente, il neo-liberismo ha vinto ed
è dilagato anche nei territori ex socialisti. A cominciare dalla Cina che si
ostina a proclamarsi socialista seppure la sua economia sia perfettamente
inserita nel sistema globale di produzione capitalista.
Sul campo
non restano più forze antagoniste organizzate, potenze rivali capaci di
contrastare il disegno del vincitore. A seguito di una guerra così lunga e
snervante (anche se “fredda”), finita senza spargimento di sangue e con la resa
incondizionata del “campo socialista”, (per la prima volta nella storia un
“impero” si arrende al nemico senza colpo ferire!), era lecito attendersi che
“scoppiasse” la pace, che seguisse un periodo di grande fervore costruttivo, di
crescita compatibile con l’integrità degli eco-sistemi e ri -equilibratrice
degli storici divari fra Nord e Sud, di benessere condiviso, ecc. Invece, sta accadendo, esattamente, il
contrario. Dopo la “vittoria” del campo neoliberista, probabilmente truccata[1],
sono scoppiate le guerre regionali, religiose, tribali che insieme fanno una
guerra più grande, micidiale, una “ guerra infinita” che per Papa Francesco è
la “terza guerra mondiale” non dichiarata. Venti di guerra soffiano in ogni
direzione e alimentano conflitti che sembrano divenuti insanabili, specie in
alcune regioni del mondo meno sviluppato (Medio Oriente, Africa, ecc),
disegnano scenari terrificanti che generano e alimentano paure e smarrimenti
nei popoli. La globalizzazione neoliberista procede decisa e spietata, senza
tener conto delle gravissime conseguenze sociali e ambientali, degli squilibri
politici e territoriali prodotti.
[1] Prendono sempre più corpo le voci di un crollo “concordato”
dell’Urss e dei regimi dei Paesi socialisti dell’Est europeo. Da una
trasmissione della TV ungherese “Hatoscsatorna” dell’agosto 2014, si è appreso
che durante il summit di Malta (del 7 dicembre 1987) fra Ronald Reagan,
presidente degli Usa e Mihail Gorbaciov, presidente dell’Urss e segretario del
Pcus, oltre agli accordi per il ritiro e la distruzione dei missili nucleari intermedi
delle due parti schierati sul teatro europeo (SS20 sovietici e Pershing e
Cruise Usa/Nato), sia stato concordato, segretamente e dietro una forte dazione
in denaro da parte Usa, il ritiro delle truppe sovietiche di stanza nella RDT
(Germania Est) e in altri Paesi del Patto di Varsavia. Insomma, un “via libera”
allo smantellamento dei regimi statalisti dell’Est europeo che, infatti, due
anni dopo, nel 1989, caddero uno dopo l’altro senza colpo ferire. Per altro,
gli Usa non mantennero la promessa degli aiuti finanziari (si parla di circa 40
miliardi di dollari), la qualcosa fece esplodere la crisi politica e
istituzionale al Cremino e provocò l’umiliante cacciata di Gorbaciov.
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