di Agostino Spataro
In certi settori dell’antimafia si creò intorno a Sciascia un vuoto oscuro, attraversato da sentimenti insipidi, da una sorta di disprezzo dichiarato o malcelato. Poi, venne la morte e aggiustò ogni cosa. Gli animi si placarono. Molti corsero ai suoi funerali. Qualcuno si ravvide e iniziò un penoso viaggio alla ricerca di scusanti, d’improbabili giustificazioni…
1… Trent’anni fa (novembre 1989) moriva Leonardo Sciascia. La sua morte suscitò una commozione e un cordoglio diffusi e, forse, anche qualche rimorso in coloro che avevano dileggiato alcune sue prese di posizioni controcorrente.
Fra questi, probabilmente, anche Marcelle Padovani la quale,
tre mesi prima della dipartita (agosto 1989), rilasciò all’agenzia
d’informazioni “Parcomit” (del Pci) un’intervista, (“Sicilia, fabbrica di eroi”),
nella quale la corrispondente da Roma del settimanale francese “Nouvel
Observateur” sferrò un attacco durissimo, ingiurioso, oltre che ingiusto,
contro lo scrittore di Racalmuto reo di avere scritto, due anni prima (gennaio
1987), sul Corriere della Sera, un articolo di fondo dal titolo (redazionale)
assai provocatorio "I professionisti dell'antimafia”.
Titolo redazionale, si badi bene, poiché nel testo
sciasciano tale dicitura non figura.
Alla luce della realtà attuale, si può dire che Sciascia scrisse,
con largo anticipo, di un fenomeno latente e crescente che, oggi, è esploso in
tutta la sua carica distruttiva e delegittimante che pesa come un macigno sul futuro della lotta alla
mafia.
Perfino
deviante direi, poiché sposta l’attenzione delle forze preposte alla
repressione del fenomeno, dell’opinione pubblica dalla lotta alla mafia a
quella contro l’antimafia perversa e camuffata.
Insomma, i
carrieristi dell'antimafia sono tra noi e sono tanti e, purtroppo, confermano la
“profezia” di Sciascia oltre ogni sua pessimistica previsione.
Ecco perché il
pensiero corre alla feroce polemica scatenata contro Leonardo Sciascia che presto degenerò in una
sorta di linciaggio morale in cui taluni giunsero a bollare lo scrittore come
un "traditore" della lotta alla mafia, un "quaraquaqua" e
via via blaterando.
Veemente e Tranciante appare, nella citata intervista, il giudizio di Marcelle Padovani:
Così la Padovani definì il "personaggio" Sciascia. |
Un passaggio di campo dovuto a una pretesa involuzione del
pensiero e dell’impegno civile dello scrittore che, dieci anni prima (1979), la
stessa giornalista francese, in un libro-intervista * dal tono quasi
celebrativo, aveva omaggiato per il suo laicismo volterriano, per il suo
illuminismo ispirato a Diderot, ecc…
L’autrice si mostrò talmente filo-sciasciana da chiudere la
sua introduzione con una domanda, quasi un monito, rivolta al lettore, alla
sinistra: “non è forse giusto e utile per
gli stessi lavoratori che il movimento operaio si trovi a fronteggiare le
critiche del grande scrittore siciliano e che impari a rispondergli non solo
con la polemica, ma dimostrando di essere capace di nuovi comportamenti?”
(* Leonardo Sciascia “La
Sicilia come metafora”- Intervista di Marcelle Padovani-
Arnoldo Mondadori Editore- 1979)
Dieci anni dopo, l’ostracismo, la “riprovazione morale”
verso un “personaggio” che “ormai appare come uno che sta dall’altra parte”.
Evidentemente, in questo caso, esercitò il “diritto a
contraddirsi” di sciasciana memoria!
2… Come è noto, vi furono altre prese di posizione di
condanna, di distanza dallo scrittore. Rarissime le difese e tanti i silenzi.
In certi settori dell’antimafia si creò intorno a Sciascia un
vuoto oscuro, attraversato da sentimenti insipidi, da una sorta di disprezzo dichiarato o malcelato. Poi, venne la morte e aggiustò ogni cosa. Gli animi si
placarono. Molti corsero ai suoi funerali. Qualcuno si ravvide e iniziò un penoso viaggio
alla ricerca di scusanti, d’improbabili giustificazioni…
Personalmente, pur non condividendo
taluni passaggi dell’articolo incriminato (lo scrittore sbagliò persona: Paolo Borsellino con il quale presto si
chiarirono, ma avvertì del pericolo di un possibile snaturamento di quella
lotta), non mi accodai quelle dichiarazioni denigratorie che, anzi, criticai, pubblicamente e per iscritto, non per amicizia (giacché amico di
Sciascia non fui), ma solo per onestà intellettuale e politica e anche per rispetto della mia autonomia di
giudizio.
Come ho scritto in altre
occasioni, di Sciascia non fui amico. Lo frequentai in quelle sue rare venute a
Montecitorio.
Per alcuni mesi, fu mio
collega nella commissione Affari esteri
della Camera. Ricordo che fu tra i deputati radicali che sottoscrissero (Pannella
non firmò) la petizione (che proponemmo un gruppo di deputati della Dc, del Pci,
del Psi e di DP) rivolta al governo italiano, presieduto da Giovanni Spadolini,
per il riconoscimento dell’Olp di Yasser Arafat come unico rappresentante del popolo palestinese e dei suoi diritti
nazionali di sovranità.
In quella importante
contingenza, tranne il gruppo parlamentare del Pci che firmò compatto, gli
altri gruppi si spaccarono. Tuttavia,
riuscimmo a raccogliere un’ampia maggioranza parlamentare (la prima in un
parlamento occidentale) che chiedeva il riconoscimento politico e una patria
per i palestinesi.
Leonardo Sciascia firmò
perché riteneva sacrosanto tale diritto e, forse, anche perché sentiva il
richiamo del mondo arabo, della presenza araba in Sicilia, a Racalmuto da cui-
riteneva- si originassero il suo cognome e la sua stessa appartenenza etnica.
Per la cronaca: nonostante il
vasto consenso dell’opinione pubblica italiana in favore della Causa
palestinese, la qualificata maggioranza parlamentare e l’approvazione in Aula
di una mozione di Democrazia Proletaria, il governo rifiutò di dare corso alle
richieste del Parlamento. La bella democrazia degli atlantisti!
Le firme dei deputati radicali per il riconoscimento dell'Olp. In basso la firma di Leonardo Sciascia, |
3… Dello scrittore ho sempre
apprezzato lo stile conciso, denso, la capacità d'intuizione, anche politica,
senza mitizzarne l'opera, il pensiero come taluni continuano a fare.
Alcuni “sciasciani”, con le loro interpretazioni forzate, banalizzanti, adulatorie non hanno reso un buon servizio all’opera e alla memoria dello scrittore.
Alcuni “sciasciani”, con le loro interpretazioni forzate, banalizzanti, adulatorie non hanno reso un buon servizio all’opera e alla memoria dello scrittore.
Penso che Sciascia, per il
suo carattere schivo e un po’ introverso, per il suo razionalismo libertario,
non avrebbe gradito. Come ritengo che non sarebbe mai entrato in certe foto.
Ma torniamo- per concludere-
alla triste polemica di quei mesi del 1987, all’intervista della Padovani a
Parcomit.
Nell’opinione pubblica, nei
circoli intellettuali la domanda era: ha ragione Sciascia o i suoi detrattori e
accusatori?
Nel Pci, partito che nel dopoguerra aveva subito il più grave attacco omicida della mafia e delle forze collegate, le opinioni erano contrastanti: oltre la persona di Sciascia, in ballo c'erano una certa concezione e pratica della lotta antimafia.
Per rendere meglio l’idea e l'atmosfera del tempo, sono andato a cercare fra le mie carte e ho trovato il testo dell’intervista a Marcelle Padovani, nella quale si riflette l'asprezza di quella polemica (che investì la sinistra, il Pci) e indusse la famosa giornalista francese a emettere un giudizio molto pesante sullo scrittore.
Pur trattandosi di un'agenzia di stampa del mio Partito, dissentii da quel giudizio e senza attendere l’imbeccata di qualcuno, presi carta e penna e dichiarai fra l’altro: “Colpiscono, i termini usati per definire il ruolo di Leonardo Sciascia quando si afferma testualmente che “ormai appare chiaro che è come uno che sta dall’altra parte.”
Nel Pci, partito che nel dopoguerra aveva subito il più grave attacco omicida della mafia e delle forze collegate, le opinioni erano contrastanti: oltre la persona di Sciascia, in ballo c'erano una certa concezione e pratica della lotta antimafia.
Per rendere meglio l’idea e l'atmosfera del tempo, sono andato a cercare fra le mie carte e ho trovato il testo dell’intervista a Marcelle Padovani, nella quale si riflette l'asprezza di quella polemica (che investì la sinistra, il Pci) e indusse la famosa giornalista francese a emettere un giudizio molto pesante sullo scrittore.
Pur trattandosi di un'agenzia di stampa del mio Partito, dissentii da quel giudizio e senza attendere l’imbeccata di qualcuno, presi carta e penna e dichiarai fra l’altro: “Colpiscono, i termini usati per definire il ruolo di Leonardo Sciascia quando si afferma testualmente che “ormai appare chiaro che è come uno che sta dall’altra parte.”
Intendendo per “alta parte” il fronte politico-mafioso che
tira le fila del grave disastro morale e civile che, da lungo tempo, travaglia la Sicilia e opprime i
siciliani onesti.
Ora, se è vero che, talvolta, Leonardo Sciascia ha manifestato posizioni controcorrente anche a proposito dei più grandi drammi politici italiani (dal delitto Moro agli eccidi mafiosi), tuttavia le accuse della Padovani sono eccessive, più che eccessive ingiuste, non soltanto riguardo al passato impegno civile dello scrittore contro la mafia e il sistema di potere dominante e collusivo, ma anche rispetto al suo presente agnosticismo.
Ora, se è vero che, talvolta, Leonardo Sciascia ha manifestato posizioni controcorrente anche a proposito dei più grandi drammi politici italiani (dal delitto Moro agli eccidi mafiosi), tuttavia le accuse della Padovani sono eccessive, più che eccessive ingiuste, non soltanto riguardo al passato impegno civile dello scrittore contro la mafia e il sistema di potere dominante e collusivo, ma anche rispetto al suo presente agnosticismo.
In ogni caso, non può passare la logica del “chi non è con
noi è contro di noi”, altrimenti la lotta alla mafia sarà più difficile, al
limite perdente.”
Che altro dire? Il tempo passa, inesorabile, e come il vento
salubre di tramontana smuove le acque stagnanti di certe polemiche, le
ripulisce dei torbidi residui e fa emergere la sottostante verità. Anche certe
verità amare, inattese.
Agostino Spataro- Bio/bibliografia in :
https://it.wikipedia.org/wiki/Agostino_Spataro
20 febbraio 2019.
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