di Agostino Spataro *
L’Euro-Russia (in bianco)
L’utopia possibile.
L’utopia possibile.
“L’esemplare
di questa nostra Città sta forse nel cielo, e non è molto importante che esista
di fatto in qualche luogo; a quell’esemplare deve mirare chiunque voglia, in
primo luogo, fondarla dentro di sé.” Platone in “La Repubblica”
Una
Europa senza la Russia sarebbe debole e incompleta. Con Putin o senza Putin. Il
problema non è personale (gli uomini passano), ma
progettuale. "Due Rome sono cadute, la terza resiste ma non ve ne sarà una quarta."
1… Scusate se insisto, ma la questione che mi accingo a riproporre mi sembra
ineludibile e anche matura per essere affrontata, in piena indipendenza
politica e di giudizio, nell’esclusivo interesse della pace e della prosperità
condivisa, in Europa e nel mondo.
Mi riferisco al futuro dell’Unione europea dalla cui crisi non si esce con meno Europa, ma con
più Europa. Ossia con l’avanzamento e il riequilibrio del processo unitario sulla
base di un progetto di riforma, politica, sociale e istituzionale, con
l’allargamento possibile per realizzare un Terzo polo dello sviluppo mondiale, inteso non come una nuova entità egemone, ma come soggetto
fautore di pace, di democrazia e di una crescita compatibile e diffusa nel
mondo. E, in primo luogo, con l’allargamento (anche sotto forma di
associazione) alla sterminata Russia che, prima o poi, dovrà scegliere fra
Europa e Cina. A mio parere, un’Europa senza la Russia sarebbe debole e incompleta. Con
Putin o senza Putin. Il problema non è personale (gli uomini passano), ma
progettuale.
Un’ipotesi che, se attuata, potrebbe modificare radicalmente la
prospettiva delle nostre relazioni con la Russia: dalle tensioni attuali, dal
possibile conflitto (da evitare ad ogni costo) alla cooperazione,
all’integrazione, all’unione.
Ovviamente, la sua realizzazione va programmata e attuata nel
medio/lungo termine e tenendo conto degli sviluppi, e delle conseguenze, degli
accordi per il "Nuovo ordine internazionale" (quale?). E senza
lasciarsi troppo influenzare dalle “contingenze” ossia dai personaggi, dai
metodi e dalle circostanze politiche e militari attuali che in quella prospettiva verrebbero superati. In ogni caso, cominciarne a parlare aiuterebbe la
distensione e la comprensione reciproca fra i diversi soggetti in campo.
2… Nel nuovo scenario (in formazione), l’Unione
europea, barcollante e squilibrata al suo interno, rischia di apparire un
“continente” in bilico, alla deriva. Vincolata a una Nato sempre più
rispondente agli interessi del pilastro Usa e, anche per questo, entrata in una
fase di “morte cerebrale” come ha diagnosticato – nei giorni scorsi - il
presidente francese Macron.
Il problema esiste, E’ inutile girarci intorno. D’altra parte,
l’Europa, da sola, difficilmente potrà uscire da tale, precaria condizione e
garantirsi la sicurezza e un futuro stabile; dovrà aggregarsi e creare un nuovo
polo (il terzo) dello sviluppo mondiale.
Aggregarsi a chi? Gli Usa sono lontani e i loro interessi non
sempre combaciano con quelli europei; l’ipotesi del partenariato euro-mediterraneo
(accordi di Barcellona del 1995) è stata fatta fallire per volontà degli Usa e
per subalternità francese.
Non resta che la Russia, un Paese- continente, di prevalente
cultura europea, che dispone di territori ster-minati e di enormi riserve
energetiche e metallifere, di boschi, di acque, di terre vergini, di mari
pescosi, ecc. Evito ogni riferimento agli arsenali militari nucleari che però
esistono e vanno ridimensionati, liquidati in tutto il mondo mediante serie
trattative che fermino la corsa agli armamenti e giungano a un disarmo generale
e controllato.
Risorse importanti, strategiche quelle russe che, unite al
grande patrimonio europeo (tecnologie, saperi, scienze, professioni, tradizioni
democratiche, ecc), potrebbero costituire il punto di partenza per dare vita a
“EuroRussia” ossia a una nuova “macro regione” (dall’Atlantico al Pacifico,
dall’Artico al Mediterraneo) che bandisca la guerra dalle sue prospettive e
riesca a proiettare una forte iniziativa di cooperazione economica, di aiuto
allo sviluppo eco-sostenibile, di difesa effettiva dei diritti umani, ecc.
In primo luogo verso l’Africa e il mondo arabo, realtà con le quali ci
dobbiamo chiarire e riconciliare
3… L'obiettivo é
quello di un mondo multipolare (a tre, a quattro, a cinque, ecc.) aperto, cioè,
alle nuove realtà in formazione (economiche e demografiche) che si delineano
anche nell'emisfero Sud (australe).
Un obiettivo possibile anche se, allo stato, é prevedibile che per un certo periodo le superpotenze economiche e militari, i centri di comando del “nuovo ordine internazionale” saranno basati nell’emisfero boreale (Nord) del Pianeta. I Sud del mondo continueranno, in larga misura, a importare e a consumare prodotti delle multinazionali e a fornire braccia e materie prime, a basso costo, alle economie del Nord.
Se così dovessero restare le cose, il gioco sarà fatto da Usa e Cina che, nonostante le loro cicliche polemiche, sono vincolate da un legame assai forte d'interdipendenza commerciale e finanziaria e pertanto "condannate" a trovare un compromesso, anche a spese di altre regioni del mondo. Addirittura, non è da escludere che, nel medio termine, possano giungere a un accordo strategico di bi-partizione del mondo, per aree d’influenza. La Cina sostituirebbe il vecchio ruolo svolto dall’URSS fino al 1991. Un nuovo bipolarismo! Questa"vecchia" Europa (come la chiamano certi esponenti del potere Usa) diventerebbe (già lo é) il terzo incomodo, un intralcio a tali disegni, perciò la vogliono indebolire, frazionare, liquidare come entità politica ed economica autonoma.
Un obiettivo possibile anche se, allo stato, é prevedibile che per un certo periodo le superpotenze economiche e militari, i centri di comando del “nuovo ordine internazionale” saranno basati nell’emisfero boreale (Nord) del Pianeta. I Sud del mondo continueranno, in larga misura, a importare e a consumare prodotti delle multinazionali e a fornire braccia e materie prime, a basso costo, alle economie del Nord.
Se così dovessero restare le cose, il gioco sarà fatto da Usa e Cina che, nonostante le loro cicliche polemiche, sono vincolate da un legame assai forte d'interdipendenza commerciale e finanziaria e pertanto "condannate" a trovare un compromesso, anche a spese di altre regioni del mondo. Addirittura, non è da escludere che, nel medio termine, possano giungere a un accordo strategico di bi-partizione del mondo, per aree d’influenza. La Cina sostituirebbe il vecchio ruolo svolto dall’URSS fino al 1991. Un nuovo bipolarismo! Questa"vecchia" Europa (come la chiamano certi esponenti del potere Usa) diventerebbe (già lo é) il terzo incomodo, un intralcio a tali disegni, perciò la vogliono indebolire, frazionare, liquidare come entità politica ed economica autonoma.
Qualcuno vorrebbe eliminarla anche come espressione
geografica, degradandola da continente a una mera appendice dell’Asia. Sarebbe
la fine.
Una fine drammatica come quella temuta
dal monaco ortodosso Filofej che, nel 1523, chiamò Mosca la ”terza Roma”,
(definizione usata anche da F. Braudel) ossia l’ultimo baluardo della
cristianità, dopo Roma e Costantinopoli, quest’ultima da poco caduta in mano ai
turchi ottomani, implorando il suo principe a reagire alla decadenza: “Due Rome sono cadute, la terza resiste ma non
ve ne sarà una quarta”.
Parafrasando le parole del monaco e applicandole alla breve storia dell’Europa
comunitaria potremo dire che le prime due Europe (Mec e Cee) sono cadute, la
terza (l’U.E.) resiste, ma- di questo passo- "non ve ne sarà una quarta”.
Per l'Europa si delinea uno scenario
fosco, drammatico che può essere ancora evitato, risparmiato ai popoli europei
solo se vorranno rafforzare, completare, estendere la loro Unione. Sarebbe
questo l'antidoto più efficace per vanificare gli insani progetti.
L' U.E si potrà salvare, e rilanciare, se saprà proporsi come entità
autonoma di pace e di cooperazione solidale con i Paesi del Sud, anche per
contenere i flussi migratori clandestini che- a lungo andare- potrebbero
determinare situazioni assai critiche e difficilmente governabili.
L’Europa dovrà accogliere i migranti legalmente ossia sulla base di accordi, multilaterali e bilaterali, con i Paesi d’origine.
L’Europa dovrà accogliere i migranti legalmente ossia sulla base di accordi, multilaterali e bilaterali, con i Paesi d’origine.
4… Si potrebbe, dunque, schiudere un nuovo orizzonte per l’Unione
Europea fondato sull’allargamento ad Est, a popoli e Paesi che vantano comuni
basi e/o affinità culturali e mostrano interesse per una convivenza democratica
e socialmente
equa.
L’alternativa a tutto ciò
sono la frammentazione e la deriva populistica/
nazionalistica.
Se
dovessero dilagare le “uscite “ (alla Brexit per intenderci), gli
“indipendentismi”, dichiarati e/o latenti, il nostro Continente verrebbe
spezzettato in una miriade di micro stati che ne scardinerebbero la sua
unità fisica, economica e culturale. La fisionomia acquisita con il trattato di
Westfalia.
In pratica, sarebbe cancellata una civiltà che, più nel
bene che nel male, dura da oltre tremila anni. Questo sembra essere
l’obiettivo, ormai conclamato, di talune superpotenze (gli Usa di Trump in
particolare) e delle forze anti-europeiste, sfasciste e destrorse, italiane ed europee.
In questa fase, il vero pericolo per l’Europa non è il fascismo, ma lo
sfascismo. Non é un gioco di parole. Se passa lo sfascismo può
arrivare un nuovo fascismo.
E’ superfluo ricordare che tali fratture
provocherebbero gravi conseguenze per la convivenza pacifica e per il futuro
dei popoli e dei livelli di benessere mai raggiunti prima. In particolare:
1) segnerebbero la fine del progetto di Unione Europea che bisognerebbe
accelerare, facendolo uscire dalle secche di una sudditanza alle politiche
neoliberiste e meramente mercantiliste ;
2)
potrebbero trasformare l’Europa in uno sterminato campo di battaglia; dopo 75
anni di pace potrebbero tornare l’instabilità permanente, i conflitti locali, perfino
la
guerra;
3)
l’Europa, divisa e indebolita, sarebbe percepita come una “pingue preda” che
scatenerebbe i più ingordi appetiti e disegni di conquista.
5... Certo, nella UE vi sono tanti problemi irrisolti. Tuttavia,
nessuno dei suoi popoli è oppresso: ci sono libertà, democrazia, autonomie,
culture.
Pertanto, non abbiamo bisogno di staterelli consegnati nelle mani
di piccoli satrapi locali, della criminalità organizzata, di magnati della
finanza,
cc.
Per uscire
dalla crisi più unita e più forte e socialmente più giusta, l’Unione deve darsi
nuove politiche sociali armonizzate con i bisogni e i diritti dei suoi popoli e
non con gli interessi delle oligarchie finanziarie. Deve essere superata
l’assurdità di un Parlamento europeo eletto dai popoli ma privo di effettivi
poteri legislativi e di una Commissione, nominata dai capi di stato, che
accentra quasi tutte le competenze di governo e di spesa e i poteri
d’indirizzo politico. Infine, uno sguardo ai
territori più svantaggiati e/o trascurati, nei quali si gioca la credibilità
del processo unitario. I vari Sud, le “periferie” d’Europa dovranno essere
pienamente integrati sulla base di una seria riforma dei meccanismi di
ripartizione delle risorse finanziarie e delle competenze che favorisca un
rapporto più diretto fra l’auspicato “governo europeo” e le realtà regionali.
Budapest, 19 novembre 2019.
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