sabato 14 novembre 2020

IL PCI NON MORI' DI MORTE NATURALE

 

di Agostino Spataro


(Agrigento,1974. A. Spataro introduce la grande manifestazione popolare del Pci per il divorzio conclusa da Enrico Berlinguer

Francamente non immaginavo che un mio post su FB, relativo allo scioglimento del PCI, potesse provocare  una vivace discussione che - nonostante qualche asprezza polemica- considero un buon segno di vitalità, di desiderio di conoscenza. Per ripartire..

Ma ecco il post sul quale si è aperto il dibattito, seguito da un secondo che vuole essere soltanto un chiarimento del primo. Ovviamente, se si vuole, la discussione può proseguire in altre sedi, possibilmente di presenza. Chiarisco che- a mio avviso- il primo atto (per altro inatteso e assai frettoloso. Perché così affrettato?) della volontà di sciogliere il PCI fu l’annuncio di Occhetto alla Bolognina, pochi giorni dopo il crollo del muro di Berlino (decretato da Gorbaciov) e pochi giorni prima di un incontro con gli esponenti più in vista dell’Internazionale socialista europea.  

Il fatale annuncio sconcertò non solo i militanti, i dirigenti intermedi del partito, ma anche alcuni autorevoli membri della direzione nazionale, in primis Pietro Ingrao che l’apprese dai giornali. In sostanza, alla Bolognina si annunciò una decisione già maturata in taluni settori del vertice del partito ossia la fine del Pci, nei congressi successivi si discusse su talune conseguenze provocate e, soprattutto, come e dove seppellire il cadavere del caro Estinto.                                                                            Perciò ho scritto: “C'é da prendere atto che il PCI, il grande Partito dei lavoratori, degli intellettuali, dell'antifascismo, ecc, non morì di morte naturale, ma fu soppresso, in modo inatteso, senza alcuna seria discussione preventiva negli organismi preposti, nelle sezioni, con i militanti di base. Ovviamente, dopo Berlino, era necessaria una riflessione, ampia e collegiale, sul futuro del partito, sui cambiamenti, adeguamenti da adottare. In ogni caso, la decisione non poteva essere assunta in modo sostanzialmente antidemocratico, poiché il Pci non era proprietà privata di questo o di quello o di una ristretta elite, ma una grande forza popolare, un grande patrimonio collettivo accumulato, nel tempo, con il contributo, il sacrificio di milioni d'iscritti e di elettori. L'annuncio della "Bolognina"? Una cazzatella per gli allocchi! In realtà, ancora non si sa perché e con chi fu concordata la grave decisione.” A ulteriore chiarimento ho postato il seguente pezzo che un po’ amplia  lo scenario.

“ANCORA SULLA "BOLOGNINA" E SULLO SCIOGLIMENTO DEL PCI

Seguo con grande interesse il dibattito suscitato intorno alla mia sintetica e modesta esternazione relativa al processo che portò allo scioglimento del Pci. Questa nota non vuole essere una risposta ai tanti quesiti, appunti, alle critiche manifestate, ma solo un tentativo di chiarimento del mio pensiero. L'esperienza mi dice che in politica, come in altri campi, ci sono un suolo e un sottosuolo. Solitamente, sopra il suolo si mostrano, si agitano i propositi propagandistici, nel sottosuolo si agisce, si bega per realizzare accordi, per tracciare programmi e prospettive al momento improponibili, ma ritenuti necessari, ecc. ecc. A mio umilissimo parere (può darsi pure sbagliato), fra questi due livelli nacque e si sviluppò l'idea non solo del cambio del nome del Pci, ma di una sua trasformazione genetica che nell'immediato puntò all'ingresso nell'Internazionale socialista e nel lungo periodo (continuando a cambiare nome), nelle mutate condizioni politiche nazionali e internazionali, approdò sulle rive del mare magnum del neoliberismo vincitore.

In quanto al famoso annuncio della Bolognina si son fatte diverse ipotesi (molte da verificare) fra cui quella (più ricorrente) di usare l'annuncio per far superare il veto di Craxi che impediva l'ammissione del partito diretto da Occhetto nell'Internazionale socialista. Di ciò si è parlato tanto, anche di certi colloqui "propiziatori". Aldo Garzia, storica firma de "Il Manifesto", ne ha scritto su Ytali del 21/5/2020                                                                                                                                                   “… Il veto di Craxi a un’adesione dell’ex Pci all’Internazionale socialista cadde su forte pressione dei partiti socialisti europei e si trasformò in assenso solo dopo che Achille Occhetto decretò l’agonia del Pci con un discorso alla Bolognina (12 novembre 1989)…”

Ora ognuno può pensarla come meglio crede, tuttavia taluni passaggi, anche congressuali, relativi al  trapasso del Pci non furono del tutto chiari. Nonostante ciò, molti che, come me, in quel frangente, erano vicini alle posizioni assai critiche del compagno Pietro Ingrao, cercammo una soluzione capace di evitare la scissione. Ma il tentativo si arenò. (L’idea fu quella di una mozione degli “ingraiani” per un partito di tipo federativo. ndr)

 

Pietro Ingrao ad Agrigento

Visto che siamo in argomento, aggiungo che, forse, bisognerebbe meglio valutare la "svolta" di Gorbaciov la quale, oltre alla caduta del muro di Berlino (che taluno ritiene fosse stata concordata con R. Reagan)- vedi qui: https://www.agoravox.it/Crollo-del-muro-di-Berlino-C-e-un..., provocò un ridicolo colpo di Stato in Urss e poi la pubblica umiliazione dello stesso Gorbaciov per mano di Eltsin e, come conseguenza ulteriore, la fine e/o la trasformazione dei Partiti comunisti, fra cui il Pci. Mi fermo, auspicando che questo dibattito possa diventare un'occasione per ricercare la via di una vera prospettiva di sinistra in Italia e nel mondo. Fraterni saluti. (a.s.)*

* https://it.wikipedia.org/wiki/Agostino_Spataro

PS. Certo, tutti abbiamo potuto commettere errori, ricordato male taluni passaggi, nulla di grave se in  buona fede. Pertanto, desidero assicurare qualche super critico che io sono un "vecchio" compagno che si sente "ancora iscritto al PCI" e che vuole soltanto offrire un modesto contributo alla Causa comune, ancora viva.



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