1.. Mentre ri-esplodono gli scandali delle frequentazioni
notturne e diurne di Silvio Berlusconi, permettetemi di ricordare che il
suo governo si è assunto la grave responsabilità di votare contro la
richiesta, avanzata all’Onu da Abu Mazen, per il riconoscimento pieno
dello Stato del popolo martire di Palestina entro i territori del 1967.
Chiariamo, per chi si attarda a
capire, che tali “territori” sono da intendere come palestinesi a tutti
gli effetti anche in base alla ripartizione decisa dall’Onu nel 1947 e
confermati dalla risoluzione n. 242/1967 del CdS che chiedeva l’immediato sgombero delle forze d’occupazione israeliane.
Purtroppo, in Italia, questo grande
problema rischia di passare sotto silenzio, come tanti altri urgenti,
sociali e politici, affogati nella brodaglia dello scandalismo suscitato
e alimentato dai discutibili stili di vita del presidente del
Consiglio.
Insomma, il “no” detto da
Berlusconi ai palestinesi credo sia molto più importante e grave di
quello che egli avrebbe ricevuto da Emanuela Arcuri.
Perciò, parliamone e soprattutto agiscano
i responsabili politici e parlamentari per evitare questo nuovo errore
che sbilancia, pesantemente, la posizione dell’Italia a favore della
parte occupante.
Al ministro Frattini che
considera un errore la richiesta dei rappresentanti dell’Autorità
nazionale palestinese del riconoscimento del loro Paese quale 194°
membro della Nazioni Unite, bisogna dire che il “vero errore” è quello
commesso dal governo italiano che nega tale riconoscimento, senza
portare motivazioni convincenti.
Il governo, infatti, non può rifiutare,
in nome del popolo italiano, una richiesta legittima e dolorosamente
motivata da 63 anni (sì, sessantatre anni, avete letto bene!) di
spoliazioni di beni, espulsioni, diaspore, massacri, occupazioni
militari, distruzioni di abitazioni, repressione, incarceramenti,
sfruttamento della forza lavoro, miseria, privazioni di ogni sorta e
persino tentativi di distruzione della identità culturale ed etnica.
2.. Esagerazioni? Faziosità? Per
una verifica di tali affermazioni, rimando agli scritti di diversi
pacifisti israeliani che le documentano.
Per tutti cito “Sacred Landscape”
opera di Meron Benvenisti, esponente israeliano della prima ora, a
lungo amministratore di Gerusalemme, ampiamente richiamato da Riccardo
Cristiano nel suo “La speranza svanita” (Editori Riuniti, 2002).
In questo testo, scritto non da
un arabo facinoroso, fazioso, ma da uno “dei più grandi figli
d’Israele”, troverete quello che mai nessun giornalista e commentatore
occidentale ha detto sui metodi adottati dagli israeliani per cacciare
dai loro villaggi, dalle loro terre gli arabi palestinesi e privarli di
ogni diritto.
Dopo è venuto il “terrorismo”
palestinese, che personalmente condanno, ossia la risposta disperata di
alcuni gruppi al permanere dell’occupazione israeliana.
Per altro, non bisognerebbe dimenticare
che in Palestina il terrorismo l' hanno introdotto e, sanguinosamente
sperimentato, le bande armate di Begin (che diventerà primo ministro
d’Israele) ai danni degli arabi e delle forze di garanzia inglesi che
esercitavano il mandato internazionale.
3.. Ho accennato a questi gravissimi
precedenti solo per ricordare a certi “benpensanti”, che enfatizzano i
“limiti” dell’Autorità palestinese, com'è nato e si è affermato lo
Stato d’Israele che, nel prosieguo, ha realizzato anche tanti fatti
positivi; quanto è stato lungo il “calvario” del popolo palestinese al
quale, dopo 63 anni, non si può chiedere di aspettare ancora, magari
altri 40, per vedere riconosciuto il diritto ad avere uno Stato.
Da notare che tale iniquo trattamento è stato applicato soltanto ai danni dei palestinesi.
Mentre, cioè, l’intero terzo
mondo si liberava dal giogo coloniale, nascevano nuovi Stati (l’ultimo,
il Sud Sudan, è nato un mese fa) e confederazioni di stati, soltanto il
popolo palestinese è rimasto senza Stato.
Perché? Che cosa ha fatto di male?
In realtà, i palestinesi il male lo
hanno subito, nell’indifferenza generale del mondo; hanno perfino
rischiato di essere cancellati dalla faccia della terra, di perdere la
loro dignità di popolo che solo grazie all’opera di Yasser Arafat e
dell’Olp è stata salvaguardata e rilanciata come una “questione”
primaria della politica internazionale.
Se tutto ciò è vero, ognuno si chiede:
perché questo popolo al quale è stata sottratta metà della sua terra
sulla quale viveva da millenni per insediarvi lo stato d’Israele, che da
oltre 40 è sotto occupazione militare israeliana, non debba avere il
diritto a creare uno Stato nei territori assegnati dall’Onu?
Domanda semplice e al contempo tremenda,
ineludibile, alla quale l’Italia, l’Europa e il mondo intero sono
chiamati a rispondere il 22 settembre a New York.
4.. Votare "no" vuol dire negare
ai palestinesi, solo a loro nel mondo, il sacrosanto diritto alla
libertà e alla sovranità statuale.
Di fronte a questo diritto, non
reggono gli speciosi argomenti per aggirarlo e tanto meno le minacce di
taluni esponenti israeliani che dimenticano che Israele è uno Stato
creato dall’Onu per un risarcimento da altri dovuto, che ovviamente ha
diritto di esistere e di vivere in pace con i suoi vicini, ma non di
occuparli.
Quanto è difficile fare capire le ragioni dei deboli! Soprattutto, a certi esponenti politici ed analisti, che, spesso, sbagliano
l’analisi come l’ultima sulla “primavera araba” che per cacciare il
tiranno ha aperto, magari senza volerlo, la porta del dragone.
Forse, per capirle servirebbero più
spirito di comprensione e anche uno sforzo d’immaginazione: in questo
caso, provando a mettersi nei panni dei palestinesi.
Non può esserci confronto fra chi oggi è vittima di un’occupazione e chi paventa di poterlo diventare domani.
Perciò, spiace che gli Stati
Uniti di Obama, invece di dare corso alle speranze che egli stesso aveva
acceso anche riguardo alla questione palestinese, continuano a
minacciare incomprensibili veti.
L’Italia e l’Europa sono altra
cosa; non possono consentire il perdurare di questa grave ingiustizia.
Il "no" risulterebbe incomprensibile a tutti i Paesi della Lega araba.
E pregiudicherebbe le
possibilità di una ripresa, su basi di equità e di solidarietà (non con
la petropolitica e con i bombardamenti della Nato, per intenderci),
delle relazioni euro arabe che costituiscono il baricentro, il punto di
snodo della prospettiva di pace e di progresso nel Mediterraneo, nel
Medio Oriente, in Africa e in Europa.
5.. Infine, il voto contrario
dell’Italia andrebbe contro il sentimento della maggioranza degli
italiani che, da sempre, hanno perorato i diritti d’Israele e quelli
(purtroppo disattesi) del popolo palestinese: due Stati per due popoli che potrebbero convivere in pace e in cooperazione.
Su questa scia è andata avanti, anche se pavidamente, la politica estera del nostro Paese.
Se oggi una piccola, ibrida
minoranza di deputati chiede al governo di votare "no", ricordo che nel
1982 presentammo al governo una richiesta unitaria, sottoscritta dalla
stragrande maggioranza dei deputati (450, fra i quali i tre segretari
di Dc, Pci, Psi: Zaccagnini, Berlinguer e Craxi ossia i rappresentanti
di circa il 90% dell’elettorato italiano), con la quale si chiedeva il
riconoscimento dei diritti nazionali del popolo palestinese.
La mozione fu approvata dalla Camera, ma
il governo, allora presieduto dal troppo filo atlantico Spadolini, non
volle dare seguito alla decisione parlamentare.
Non so se si possa fare un confronto fra la maggioranza parlamentare di allora e la minoranza attuale.
So di sicuro che il no annunciato dal governo Berlusconi è il vero errore che bisognerebbe evitare.
Agostino Spataro
16 settembre 2011
P.S.
Mi dispiace tediarvi, ma poiché nel
nostro Paese, fra pensiero unico e pulsioni sanfediste, la libertà di
pensiero pericolosamente si assottiglia, sono costretto a ribadire che
questa presa di posizione non scaturisce da un sentimento antiebraico o
anti-israeliano, ma solo dalla solidarietà dovuta al popolo palestinese
vittima di una lunga ed assurda occupazione straniera.
Sono stato, sono, a favore della
giusta causa palestinese, ieri in Parlamento oggi da cittadino comune,
ma non per ciò avversario degli israeliani, tanto meno degli ebrei.
A noi piace stare dalla parte delle
vittime. Come lo siamo stati, sempre, con gli ebrei perseguitati,
massacrati dal nazismo tedesco e dal fascismo italiano.
Quindi, per favore, non si
rispolveri l’abusata accusa di antisemitismo, per altro imprecisa poiché
– secondo il racconto biblico- semiti dovrebbero essere anche gli
arabi.
In ogni caso, la nostra cultura
politica marxista ci rende immuni da ogni tentazione razzistica e
sciovinista. Non so se chi lancia anatemi possa vantare la medesima
immunizzazione.
Se questa precisazione non dovesse
essere bastevole, aggiungo che sono figlio di un operaio siciliano
(Pietro Spataro) che è stato deportato e per due anni rinchiuso in un
lager nazista in Germania e per questo insignito (purtroppo post-
mortem) di una medaglia d’onore del Presidente della Repubblica, Giorgio
Napolitano.
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