1… Quest’anno- avverte l’Agenzia spaziale italiana- la
pioggia di meteoriti sarà davvero spettacolare, straordinaria e raggiungerà il
culmine nella notte fra l’11 e il 12 di agosto. Mi piace ricordarla con la
seguente nota che evoca una “favola” quasi sconosciuta.
Secondo un’antica vulgata contadina, il firmamento si formò così: Dio creava le stelle e san Giacomo le sistemava secondo un
ordine armonico a noi ignoto che astronomi e astrologi tentano, invano, di svelare. La
Via Lattea altro non sarebbe che la “viulata
di san Jabicu” ovvero una scia di stelle, o parti di esse, cadute dalle
mani di san Giacomo durante l’opera santa di abbellimento del cosmo.
In sostanza, la tradizione paragona la “viulata” cosmica alla
scia di pagliuzze che si formava sulle trazzere a causa delle perdite dei
volumi trasportati, con carretti o con bestie da soma, dalla campagna al
paese.
Un accostamento un po’ azzardato in verità che,
probabilmente, riflette un bisogno insopprimibile dell'uomo che cerca nel
cielo, nelle congiunzioni astrali una risposta a molte delle sue inspiegabili
ambasce.
Ardite analogie che si ritrovano in certi idiomi locali ormai caduti in disuso. Come quella ancora usata dai vecchi contadini i quali per dire “una
volta”, ricorrono al termine “viaggiu” oppure “viaggiata”
Un paio di esempi. “Un viaggiu dissi a me figliu…” ; “Cumpà v’arricurdati dra viaggiata quannu nni ncuntrammu a la fera di Ragona?”
In fondo, in questa curiosa espressione c’è come un tentativo,
più o meno riuscito, di una trasposizione fantastica dal tempo al moto.
Il sostantivo “viaggio” è, infatti, usato come avverbio di
tempo, senza un plausibile motivo. Forse, si concepisce il tempo passato come
un viaggio? La vita stessa é un viaggio?
Favole! Favole del tempo malvissuto che un po’ leniscono le
tribolazioni della vita.
2… Nell’attesa di scoprire il mistero, torniamo alla viulata
di san Jabicu. Dico subito che questa
versione l’ho raccolta, a Montreal, dalla voce di un anziano mezzadro mio
concittadino, da mezzo secolo emigrato in Canada, il quale ricordava con
nostalgia le dure fasi della stagione della “ricompensa” (raccolto).
(Foto Siciliafan. La tradizionale "pisatura" del grano) |
Ossia l’estate durante la quale si svolgono i lavori della
mietitura, della “pisatura”, della “spagliatura” del grano, del
trasporto verso casa del prezioso cereale e della paglia accumulata.
Paglia calda e lucida che il vento bizzarro depositava ai
margini dell’aria (aia) formando un
monticciolo a forma di mezzaluna (margunata)
che nelle notti d’agosto serviva da morbido giaciglio per riposare, per filosofare
intorno alle vastità della volta celeste, ai misteri del cosmo.
L'emigrato ricordava il canto sereno nelle notti di luna
quando, in groppa alla sua asina nana (“ciaschiteddra” si chiamava), andava e
veniva dalla campagna al paese.
L’asina conosceva la via, perfettamente, e così lui poteva rilassarsi
e compiacersi della vivida bellezza del firmamento e delle comete che
saettavano nel cielo più alto.
Su e giù per i dolci declivi marciavano, lente, vere e proprie carovane di asini e muli
che trasportavano i frutti del raccolto in magazzino: prima le fave e la loro paglia
grigiastra che avrebbe alimentato il fuoco del “cufilaru” (la cucina), poi il
grano e la paglia dorata insaccata in capienti reti di corda (“rutuna”)
che nel tragitto rilasciavano parti della paglia trasportata.
Nascevano così le “viulati”, un reticolo di sentieri
posticci che segnavano la via nell’arido paesaggio agrario dell’interno
siciliano.
3... In sostanza, si replicava in Terra lo stesso fenomeno che, in contemporanea, si svolgeva in cielo. Giù le particole di paglia, lassù le stelle cadute che si ammassano nella Via Lattea che traccia il cammino nell’immensità cosmica.
Nella notte di San Lorenzo si cercava un riscontro a questa
fantasiosa versione. Specie in campagna, dove la visione è davvero nitida, si possono
osservare le code fluorescenti delle stelle cadenti che svettano come gai
presagi da cui ciascuno può trarre i migliori auspici.
Oggi, che tutto deve essere hollywoodiano, a questa notte è
stato cambiato il nome.
La chiamano “notte delle stelle”. Una semplificazione
ambigua, persino irriverente, che altera e deprime il vero significato
dell’evento poiché l’accosta alla mielosa passerella dei “divi” del cinema, del
premio Oscar.
“Divi”? Quanta disinvolta supponenza nell’uso di un termine
così impegnativo!
Di questo passo, lo segnalo ai credenti, il passaggio da
divo a dio può essere anche breve.
Basterà eliminare la “v”!
Agostino Spataro
(Budapest, 9 agosto 2016)
Nessun commento:
Posta un commento