Coloquio internacional
“Escenarios actuales de los gobiernos progresistas
en América Latina, ¿fin de ciclo?.
Puebla- 7/8 de noviembre 2016- Aduana Vieja
(BUAP- Università di Puebla- Mexico)
RELAZIONE DI AGOSTINO SPATARO (dir.Informazioni dal Mediterraneo- www.infomedi.it-
Italia)
Europa: quando la destra governa mediante la “sinistra”.
1… Desidero ringraziare l’Istituto di Scienze sociali “Alfonso Veléz
Pliego” della Benemerita Università di Puebla per avermi invitato a
questo Colloquio internazionale, al quale partecipo non per proporre
ricette salvifiche, che peraltro non ho, ma soprattutto per conoscere la vostra
realtà latinoamericana, per apprendere qualcosa dalle vostre interessanti
esperienze politiche e di governo.
Da vecchio militante della sinistra, portero' un modesto contributo, non esaustivo, alla
riflessione, al dibattito in corso, qui e altrove, sul futuro della sinistra in Europa e in America
latina.
La relazione avrà un taglio eminentemente politico e si articolerà su
due punti principali:
1) una valutazione sintetica, un’informazione sullo stato e sulle prospettive della sinistra
in Italia e in Europa;
2) alcune impressioni sui processi politici recenti in America latina,
come da me percepiti nel corso dei miei studi e viaggi.
Dopo tre decadi di frequentazione e di relazioni con il mondo arabo,
l’America latina è stata per me una grande scoperta, per il suo fervore
creativo in campo culturale e sociale, per le sue lotte e per le nuove idee
politiche messe in campo, per la passione spinta fino al sacrificio supremo di
tanti militanti e dirigenti progressisti, uomini e donne, per i suoi contrasti,
per quel senso di umanità che qui ancora si respira.
Non voglio dire che il vostro sia il “migliore dei mondi possibili”.
Anzi, per certi aspetti, è una realtà molto dura, difficile. Tuttavia, è un
mondo per il cui cambiamento vale la pena impegnarsi, lottare, pensare.
Il mio non è un caso isolato. Negli ultimi anni, specie dopo il “crollo”
del muro di Berlino, in Italia e in Europa è cresciuto l’interesse verso la
sinistra, i movimenti progressisti latino-americani.
Attenzione dovuta all’originale esperienza di lotta e di governo che qui
si stava svolgendo, con risultati apprezzabili, in controtendenza con i
processi neoliberisti che si affermavano in varie parti del mondo.
Noi, militanti e dirigenti della sinistra, orfani dei nostri partiti,
abbiamo cercato in America latina un riferimento politico, ideale,
una speranza per continuare.
Abbiamo apprezzato il grande valore dell’esperienza latino-americana che
ha saputo:
- contrastare il neoliberismo dilagante con azioni di lotta e progetti
mirati a recuperare, a fissare un’identità politica, etnica e culturale, a
dimensione continentale;
- offrire risposte sociali forti, inclusive alla massa dei lavoratori, a
centinaia di milioni di poveri;
- indicare una prospettiva economica autocentrata alle forze sane
dell’imprenditoria;
- assicurare dignità e sovranità agli Stati nel quadro di nuove
istituzioni regionali, sovranazionali.
In poche parole: ci è parso che lo sforzo intrapreso in diversi Paesi
latinoamericani guidati, con alterne fortune, da schieramenti progressisti e di
sinistra (dal Brasile all’Argentina, dall’Uruguay al Cile, dall’Ecuador al
Venezuela, dalla Bolivia al Nicaragua, ecc), sia riuscito a migliorare le
condizioni di vita dei lavoratori, delle masse povere e delle popolazioni
autoctone.
La novità sta nel fatto che tale trasformazione è avvenuta con il
consenso elettorale, nel vivo di una rinascita democratica.
Una grande lezione, politica e morale, che le forze di progresso hanno
dato alla destra, alle oligarchie internazionali che in America latina hanno,
quasi sempre, favorito, imposto regimi illiberali e antisociali e sanguinose
dittature militari.
La vostra lotta ci ha fatto capire una sacrosanta verità, generalmente
disconosciuta, ossia che di America ce n'é più di una e che quella latina non
era più al guinzaglio degli oligarchi nordamericani, e intendeva, intende,
costruire il futuro con le proprie idee, valorizzando lo straordinario e ricco
patrimonio di risorse umane, materiali, agricole e ambientali, ecc.
Insomma, una nuova Liberazione, dopo quella dal colonialismo e dalle
dittature militari oppressive.
Così a noi è apparsa la vostra realtà durante le ultime due decadi: un
moto di popoli e di culture, felicemente in controtendenza.
Poiché, mentre in Europa, negli Usa e in varie parti del Pianeta
crollavano gli indici di sviluppo, dei Pil, i redditi e diritti dei lavoratori,
in varie parti dell’America latina il movimento popolare, progressista ha
intrapreso, con successo, battaglie memorabili per la giustizia sociale e per
un’equilibrata crescita economica.
Una lotta emblematica, per la vostra, e per la nostra, emancipazione dal
tallone di ferro del
neoliberismo.
2… Con questo spirito, con queste speranze abbiamo guardato all’America
latina del nuovo secolo, mentre assistevamo, intristiti, alla
frantumazione, alla dispersione della sinistra marxista in Italia e in Europa.
In Europa la sinistra, storicamente forte soprattutto in Italia, Francia
e Spagna, è crollata insieme al “muro” per implosione o perché fagocitata dal
canto delle sirene del neoliberismo asociale e corruttore.
La liquidazione dei partiti di massa sia d’ispirazione marxista ma anche
(demo) cristiana, il ridimensionamento del ruolo, della forza dei sindacati
erano il presupposto necessario per consentire al neoliberismo di avere le mani
libere nella destrutturazione, a suo favore, delle economie e delle stesse
società.
Anche la sinistra “riformista”, socialdemocratica, quella – per
intenderci- che si riconosce nella “internazionale socialista”, è stata
ridimensionata, addomesticata e posta al servizio del grande capitale.
A questa specie di sinistra, cui sono stati cambiati i connotati
politici tradizionali, sono state affidate importanti funzioni di governo,
per fare il “lavoro sporco” che alla destra sarebbe impedito
fare.
Tanto da far dire che in Europa c’è una “sinistra” che governa per conto
della destra.
E’ questo il caso dei vari partiti socialisti, socialdemocratici,
laburisti che hanno governato in Spagna, in Gran Bretagna, in Germania e oggi
in Francia e in Italia.
Purtroppo, temiamo che a questa lista si possa aggiungere Syriza in
Grecia.
Perciò, c’è bisogno di chiarezza. Per uscire dall’equivoco, per sapere
chi è e che cosa rappresenta la sinistra in Europa.
- Le conseguenze di tale stravolgimento sono sotto gli occhi di tutti e
si materializzano sotto forma di una precarietà diffusa e di un attacco senza
precedenti ai diritti sociali e al potere contrattuale dei lavoratori, alla
scuola e alla sanità pubbliche, allo stato sociale (“welfar”).
La disoccupazione, in particolare giovanile, ha raggiunto punte davvero
inaudite e inaccettabili. Un attacco spietato di fronte al quale i lavoratori,
i giovani sono lasciati, praticamente, soli, divisi, disorientati, impauriti.
Non ci sono partiti, sindacati, forze intellettuali in grado di
difendere i loro diritti acquisiti negli anni del dopoguerra e di progettare un
futuro diverso, alternativo a quello programmato dal neoliberismo.
- S’invoca la crisi come
alibi. Ma la crisi non è uguale per tutti. Anzi, per taluni gruppi
è stata occasione di lucro, di uno scandaloso arricchimento a danno dei ceti
popolari.
- Proprio durante la
crisi, in Italia e in Europa, si è verificato un colossale spostamento di quote
della ricchezza nazionale e patrimoniale dai ceti meno abbienti a favore di
ristretti gruppi di potere economico e finanziario.
Nulla di nuovo sotto il sole: la tendenza conferma che al centro di ogni
scontro politico, ideologico c’è sempre il problema della distribuzione e dell’appropriazione
della ricchezza nazionale.
Soprattutto, nei paesi del sud-Europa crescono disoccupazione e povertà,
emigrazione legale (in uscita) e immigrazione clandestina (in entrata). Con un
allarmante saldo negativo specie per l’Italia dove, nei giorni scorsi, per
la prima volta, il numero dei nuovi emigrati italiani in Europa e nel mondo ha
superato il numero degli immigrati (irregolari) arrivati in Italia.
3… Tuttavia, non tutto è perduto. Esiste una sinistra dispersa,
piuttosto diffusa, potenziale direi, che cerca nuovi punti di riferimento per
organizzarsi, per proiettarsi nel futuro come forza alternativa.
A mio avviso, si tratta di un bacino importante, umano e politico, che
se organizzato e rinvigorito dalla presenza delle nuove vittime del
neoliberismo (giovani disoccupati, tecnici e lavoratori sfruttatti, ecc.) potrebbe
ri-aggregare un vasto schieramento sociale e proporsi come nuovo soggetto
politico in vari Paesi.
Compito non facile, ma nemmeno impossibile.
La nuova sinistra deve darsi un orizzonte ampio, realistico, unitario.
Da soli nessuno può farcela.
Per quanto banale possa apparire il concetto, in democrazia ogni testa è
un voto. Le teste dei ricchi e della loro corte di tirapiedi sono una piccolissima
minoranza in confronto alla stragrande maggioranza dei poveri e di chi non
partecipa al banchetto.
Il problema e’ come far passare tale concetto nella testa della gente,
come dare ai lavoratori, al popolo la coscienza della loro forza e la speranza
di ristabilire il primato della maggioranza.
Utopia? No. Solo un nuovo pensiero, una grande lotta coordinata a
livello mondiale. Del resto, negli ultimi secoli, molte “utopie” hanno valicato
gli orizzonti della scienza, della tecnica e della storia e sono divenute
realtà portanti dello straordinario progresso dell’umanità.
Il socialismo che vogliamo è oggi un’utopia, la più bella utopia che
mente umana abbia concepito, che dobbiamo coltivare, prima di tutto, dentro di
noi.
Poiché – come scriveva Platone nel suo “Repubblica”- “l’esemplare
di questa nostra Città sta forse nel cielo, e non è importante che esista in
qualche luogo; a quell’esemplare deve mirare chiunque voglia, in primo luogo,
fondarla dentro di se.”
Oggi, in Europa vi sono tre realtà interessanti da considerare:
1 1) quella di “Podemos”
(in Spagna) che- specie dopo il colpo di scena del Psoe a favore del
governo del Partito popolare- dovrebbe- a mio parere- superare il
limite del movimentismo e acquisire una più marcata progettualità di partito di
lotta e di governo;
2 2) il partito “Linke”
in Germania che, anche nelle recenti elezioni della regione di
Berlino, ha confermato la buona performance elettorale ottenuta in altri
importanti land tedeschi;
3) “Syriza” in Grecia che, forse, troppo
generosamente si fatto carico del difficilissimo compito di “governare” la
devastante crisi greca, provocata da decenni di malgoverno della
destra e dei socialisti del Pasok, in combutta con la UE e con alcune banche
tedesche.
Spiace dirlo ma, a parte le buone intenzioni, anche Syriza
rischia di apparire come una forza di sinistra che governa per conto di una
destra esausta e impresentabile, per conto della Troika.
- Ovviamente, esistono altre realtà “minori” che però non trovano la
via, i mezzi, una rinnovata volontà unitaria per ripartire.
E dire che il neoliberismo lavora contro se stesso, produce i suoi potenziali
nemici ossia una massa crescente di forze sociali escluse, emarginate dal
benessere che potrebbero costituire il nerbo dello schieramento.
Verso questo enorme bacino la sinistra deve orientare il suo impegno politico e organizzativo.
Verso questo enorme bacino la sinistra deve orientare il suo impegno politico e organizzativo.
Abbiamo bisogno di analisi vere, anche autocritiche, di correzioni di
rotta e di comportamenti per giungere all’elaborazione di un grande progetto di
ricostruzione di una nuova sinistra europea.
Oggi, l’Europa vive una crisi profonda che va ben oltre il dato
socio-economico.
Il mondo deve sapere che senza una moderna e forte sinistra di classe,
la crisi europea potrebbe degenerare e sfociare in una nuova deriva populista
di destra, perfino nazi-fascista.
Alcune impressioni sull’America latina
Detto ciò, desidero presentare alcune riflessioni sulle esperienze dei
governi progressisti dell’America latina per come le abbiamo percepite in
Italia, in base a un’informazione molto carente e in gran parte distorta,
scorretta.
Pensiamo che, seppure con qualche errore e qualche eccesso, la stagione
dei governi progressisti sia stata una fase importante di riscatto sociale e
democratico, di fuoriuscita dal lungo periodo delle dittature militari di
destra e dei governi servili e corrotti al guinzaglio del Fondo monetario
internazionale.
I governi progressisti hanno ripristinato, rafforzato, la
democrazia, favorito un reale avanzamento sociale dei popoli, dei ceti meno
abbienti in particolare prima esclusi dai diritti più elementari e
fondamentali. Grazie a queste politiche, alle nuove istituzioni
regionali, alla coesione continentale creatisi, l’America Latina si è proposta
come protagonista della scena mondiale.
Un bel salto di cui va dato merito a quanti hanno lottato e pagato per realizzarlo.
Un bel salto di cui va dato merito a quanti hanno lottato e pagato per realizzarlo.
In questa importante regione del mondo, prima cavia delle strategie
neoliberiste Usa ed europee, c’è stata una reazione democrática
di massa che ha prodotto movimenti e governi progressisti, popolari e nazionali, oggi sotto attacco.
Purtroppo, la sinistra, d’ispirazione marxista, non è riuscita a coglire
l’occasione per unirsi, rafforzarsi, per uscire dal “minoritarismo”,
dall’ideologismo e proiettarsi verso una più proficua politica delle
alleanze.
Per tutti, vorrei citare il caso delle ultime elezioni presidenziali in
Argentina, che ho seguito direttamente sul posto. In quel Paese, importantissimo
per la tenuta del nuovo equilibrio geo-politico della regione sudamericana, il
centro destra di Macri ha vinto il ballottaggio di stretta misura, con un 1,5%
in più rispetto a Scioli (Fpv).
In questo duello all’ultimo voto, il Frente de Izquierda (Fit), il cui
candidato Cano ottenne al primo turno il 3,38%, dei voti, diede
l’indicazione dell’astensione. Così sull’altro versante, il partito
socialista.
In sostanza, l’astensione di queste due forze di sinistra ha bruciato circa il 5% dei voti e- di fatto- favorito la vittoria di Macri (+ 1,5%) ossia di uno schieramento che sta provocando un danno gravissimo ai lavoratori, al popolo argentini.
In sostanza, l’astensione di queste due forze di sinistra ha bruciato circa il 5% dei voti e- di fatto- favorito la vittoria di Macri (+ 1,5%) ossia di uno schieramento che sta provocando un danno gravissimo ai lavoratori, al popolo argentini.
Certo, la candidatura di Scioli non era entusiasmante, tuttavia
bisognava tener conto- a mio parere- che il FpV, formazione peronista
interclassista, rappresenta anche gli interessi di una parte importante
(maggioritaria direi) dei lavoratori argentini.
La politica è l’arte delle cose possibili, del raziocinio secondo cui-
in certe situazioni- il male minore (ammesso che il kirchnerismo lo sia) è
preferibile al male maggiore.
Davvero non si capisce questo “regalo” fatto alla destra restauratrice
in un paese importante, strategico com’e’ l’Argentina.
A noi hanno insegnato che non si puo’ fare política senza un sano
realismo, senza un’attenta analisi dei rapporti di forza in campo, restando
impantanati fra le maglie di un pensiero minoritario.
Un piccolo passo nella giusta direzione e' sempre preferibile alla sconfitta.
La sinistra,
i movimenti progressisti lottano per vincere, per governare gli Stati, il
mondo.
E’ un loro diritto democratico, poiché le loro idee, i loro programmi rappresentano, potenzialmente, gli interessi della stragrande maggioranza degli abitanti della Terra.
E’ un loro diritto democratico, poiché le loro idee, i loro programmi rappresentano, potenzialmente, gli interessi della stragrande maggioranza degli abitanti della Terra.
La vera dittatura è quella del neo-liberismo ossia una piccolissima
minoranza che sta imponendo al mondo il suo rovinoso punto di vista.
Impianto teorico ed esperienze concrete
La svolta democratica in America latina è stata il frutto delle vittorie
di alcune aggregazioni elettorali, nazionali e progressiste, quali:
il kirchnerismo in Argentina, il “chavismo” in Venezuela, il lulismo in Brasile
e di altre similari in Bolivia, Uruguay, Cile, Ecuador, Paraguay, Nicaragua,
ecc.
Differenti una dall’altra, ma connotate da un comune denominatore politico.
Differenti una dall’altra, ma connotate da un comune denominatore politico.
Nonostante i successi evidenti, credo sia opportuno interrogarsi su
quanto c’è di sinistra e quanto di opportunismo patriottardo in queste
esperienze.
In particolare: sono riproponibili o abbisognano di una correzione di
tiro, di un ampliamente del raggio d’azione, della política delle alleanze?
In ogni esperienza si possono verificare errori, abusi che contraddicono
i programmi annunciati e lo sforzo unitario.
E’ tempo di bilanci; di valutare i risultati e anche i limiti e le
debolezze riscontrate lungo il cammino.
Vanno verificate- a mio parere- anche le stesse politiche d’inclusione
per capire quanto c’è di diritto e quanto di assistenzialismo.
Cos¡ la stessa questione morale. In un mondo dove ricatto e corruzione dilagano, è necessario stabilire
una rigorosa incompatibilità fra chi mira ad arricchirsi con la politica e/o
col governo e chi dedica il proprio impegno di dirigente e di governante
per l’affermazione dei valori morali della sinistra, del progressismo
democratico.
Queste due tipologie non possono convivere nello stesso partito e/o movimento.
Queste due tipologie non possono convivere nello stesso partito e/o movimento.
Sappiamo che la questione della moralità pubblica non è un problema solo
latinoamericano, ma che imperversa in tutto il mondo.
Soprattutto in Occidente dove è alimentata dal disegno perverso del neoliberismo
il quale utilizza la paura, il ricatto e la corruzione come strumenti per influenzare,
dominare la scena politica e l’azione dei governi.
Questo richiamo non
è astratto moralismo, ma sostanza politica!
- Basterebbe valutare
il costo finanziario della corruzione, degli sprechi per
rendersi conto del danno materiale che si arreca ai popoli e allo stesso
Pianeta.
- A mio parere, chi è
chiamato a un incarico di responsabilità pubblica deve assoggettarsi ai
principi della trasparenza, dell’onestà; deve sottoporsi al controllo
democratico e popolare.
Chi non rispetta tali condizioni non puo’ militare nelle fila della
sinistra, di governare in suo nome e/o in quello del popolo.
Un nuovo “Piano Condor”?
Complessivamente considerata, l’esperienza latino americana è positiva,
a tratti esaltante, tanto da configurarsi come una sorta di “anomalia” felice
nel contesto globale mondiale.
Tuttavia, oggi, è sotto attacco a causa di certi errori compiuti durante
il percorso e, soprattutto, per effetto di manovre oscure, torbide (un nuovo
piano Condor?) mirate al superamento dell’anomalia ossia al “recupero”
dell’America latina al disegno delle oligarchie economiche e finanziarie Usa ed
europee.
Questa è la novità e insieme il grande problema cui devono dare una
risposta le forze democratiche e di sinistra della regione e del mondo.
Per realizzare tale “recupero” sono state
reclutate, mobilitate forze diverse, interne e internazionali: dai grandi
gruppi mediatici editoriali alle grandi banche d’affari, dai governi servili a
personaggi più o meno oscuri della politica, della letteratura, a settori delle
gerarchie e dei movimenti religiosi.
E’ stata anche favorita una
sorta di “via giudiziaria al neoliberismo” che- come in Italia negli
anni ’90- mira alla liquidazione dei partiti
di massa, per lasciare campo libero alle politiche di deregulation in campo
sociale ed económico.
In tale contesto, sarebbe utile dedicare un po’ più di attenzione al
ruolo delle Chiese cristiane e in particolare di quella cattolica che oggi ha
un Papa argentino.
Materia delicatissima sulla quale le opinioni sono contrastanti. Forse è
prematuro un giudizio definitivo su tale pontificato. Tuttavia non si possono
ignorare alcune incongruenze fra il messaggio e l’azione concreta di
rinnovamento. Non abbiamo visto atti concreti di dismissione di ruoli mondani (banche e societa', ecc) e del collateralismo della Chiesa rispetto
ai poteri forti economici e politici.
In generale- mi sembra ci sia uno scarto fra le clamorose denuncie
“anticapitaliste”di Bergoglio (che hanno rabbonito i movimenti della teologia
della liberazione) e il dramma attuale dell’America latina sotto attacco di un
perverso disegno neo-liberista che ha gia’ destabilizzato il Paraguay, il
Brasile e forse la stessa Argentina e oggi minaccia seriamente l’esperienza
chavista del Venezuela.
E’ chiaro che queste forze non vogliono il dialogo, ma lo scontro per
riappropriarsi del potere.
Una strategia oscura, avventuristica che va condannata senza esitazioni
da tutte le forze democratiche e pacifiste. Comprese le gerarchie
local della Chiesa che- in certi casi- invece la favoriscono.
All’indomani dell’elezione del Papa argentino espressi, anche alla luce d'informazioni provenienti da ambienti progressisti argentini, in un articolo controcorrente, (http://www.agoravox.it/Un-Papa-argentino-per-frenare-il.html) ,
tradotto in castillano, una preoccupazione sulle probabili finalità di tale
elezione.
Sinceramente, sperai, spero ancora di sbagliarmi quando scrivevo fra l’altro:
“El llamado
“gobierno profundo” del mundo occidental, o sea la “cúpula” invisible (o casi)
de los grandes oligopolios multinacionales y de los grandes bancos (en
dificultades), no puede tolerar que Sudamérica, el primer ratón de laboratorio
de su obtusa estrategia de saqueos, llegue a liberarse de su antiguo cepo.
Habiendo fallado
con el voto democrático que derrotó a los partidos de derecha (sus aliados),
sin poder reproponer la solución autoritaria (nuevas dictaduras), temo que se
orientarán a recurrir sobre el difundido y genuino sentimiento religioso
católico, sobretodo sobre sujerarquía, para poner en movimiento una
contraposición, también de tipo ideológico, con los gobiernos democráticos y
progresistas locales.
Es decir, lo que
hoy se teme es la repetición de lo que sucedió en la Europa centro-oriental con
la elección por sorpresa del “Papa polaco” en los inicios de la estrategia
neoliberal...”
- La stessa “operazione Cuba”, suggerita dal Vaticano
a Obama, va vista con occhio critico. Anche se fosse una buona intenzione potrebbe essere stata
recepita dagli Usa come parte integrante del disegno di “recupero”di cui sopra.
Vedremo cosa accadrà. Fa ben sperare il recente voto quasi unanime dell’assemblea dell’ONU col quale s’invitano gli Usa a togliere l’odioso blocco economico contro Cuba.
Vedremo cosa accadrà. Fa ben sperare il recente voto quasi unanime dell’assemblea dell’ONU col quale s’invitano gli Usa a togliere l’odioso blocco economico contro Cuba.
Tuttavia, ammesso che si “normalizzino” le relazioni con gli Usa, i
problemi restano e- se non si dovesse avviare un serio processo di autoriforma
in senso economico e democratico- il sistema cubano potrebbe incontrare serie difficoltà di tenuta.
Fine di un ciclo? Può darsi, ma di per se non sarebbe un dramma.
- Per sua natura, il
ciclo presuppone un inizio e una fine. Per ciclo intendo non l'esaurimento del processo politico avviato, ma una fase politica che va a chiudersi e puo' essere seguita da un'altra.
u Complessivamente considerato, il ciclo (sudamericano) non è tutto da buttare. Anzi, emergono diversi aspetti positivi, dinamici che vanno semmai aggiornati e riproposti in forme nuove;
u Complessivamente considerato, il ciclo (sudamericano) non è tutto da buttare. Anzi, emergono diversi aspetti positivi, dinamici che vanno semmai aggiornati e riproposti in forme nuove;
- Il problema semmai
è quello di analizzare criticamente le opzioni politiche, le
alleanze sociali, i metodi di governo, i processi e le attese create dai nuovi
organismi regionali (economici, politici e d’altro tipo) per individuare gli
errori, ma anche le nuove potenzialità .
PPoiché, chiuso un ciclo se ne apre un altro!
PPoiché, chiuso un ciclo se ne apre un altro!
A mio avviso, la questione che si pone alla sinistra, ai movimenti
progressisti latino- americani non è quella di piangere sul ciclo
concluso, ma di pensare a prepararne, organizzarne uno nuovo,
coinvolgendo tutte le forze disponibili.
Sapendo che per spezzare il fronte avversario si devono cercare nuovi alleati con i quali condividere lotte e sacrifici, ma anche i programmi e le
responsabilità di governo.
Aprirsi agli altri e non barricarsi dietro parole d’ordine non sempre
comprensibili e mobilitanti.
Una di queste mi sembra- può darsi che mi sbagli- quella del “socialismo
del XXI° secolo” lanciata dai dirigenti chavisti del Venezuela, ai quali va
dato atto di avere avviato uno sforzo serio per migliorare le condizioni, la
qualità di vita del loro popolo.
Affascinante, ma poco mobilitante, quella parola d’ordine visto che i
problemi attuali, più urgenti sono l’attacco virulento della destra, l'emergenza politica e il rifornimento
alimentare della popolazione.
Per altro, bisognerà ben chiarire cosa s’intende per socialismo prossimo
venturo. A mio parere, non sono riproponibili certe esperienze del
cosiddetto “socialismo reale” portate avanti nell’ex URSS e nei Paesi
dell’Europa centro-orientale.
O nella stessa Cina popolare, con la quale è utile collaborare sul
terreno delle relazioni statali, economiche e commerciali, ma senza
farsi illusioni ossia avendo ben presente la realtà della Cina che e’ divenuta
una grande potenza politica e militare, uno dei gangli vitali del sistema di
produzione e di accumulazione capitalista globale.
A suo tempo, la mutazione dell’Urss, da centro politico di solidarietà
internazionalista a potenza politica e militare, indusse in errore i suoi dirigenti,
fino al punto di proclamare, nel 22 congresso del Pcus, l’entrata
dell’Urss nella fase suprema del comunismo.
20 anni dopo, di quel “comunismo”di Mihail Suslov e Leonid Brezhnev,
restarono solo rovine.
Non desidero addentrarmi in una disputa ideologica. Tuttavia, era
impensabile che quella esperienza, dopo soli 50 anni di tormentate vicende
politiche e militari, di assedio esterno, potesse essere accreditata come
“comunismo”, ossia come alternativa operante al capitalismo, a un sistema
complesso e multiforme di produzione e di accumulazione che ha alle spalle
almeno 3-4 mila anni di storia.
- Processi così
impegnativi richiedono tempo e lungimiranza e in ogni caso non si possono
imporre con un decreto d’urgenza.
- Per altro- a mio
parere- abbiamo da fare i conti con la storia, con la nostra storia, con le
nostre stesse idee prima d’indicare obiettivi così forti, impegnativi.
- Dobbiamo sciogliere
un nodo cruciale che riguarda la concezione stessa del socialismo che per essere
autentico dovra’ saper coniugare il progetto político con la
democrazia e con libertà; abrogando (anche sul piano teorico) ogni riferimento
alla dittatura. Compresa quella “del proletariato” che nei paesi “socialisti” si
trasformò in dittatura del notabilato, della burocrazia di partito. In realtà,
in quei paesi c’era poco di socialismo e molto di statalismo che è una
degenerazione, una malattia senile del socialismo.
Il leaderismo
Una riflessione critica merita anche la questione del leaderismo,
compreso quello di derivazione costituzionale.
In generale, si puo’ dire che il leaderismo, specie quando e’
autoreferenziale, entra in contraddizione con i principi stessi della
democrazia partecipata e mortifica il ruolo propulsivo dei partiti che sono il
tramite principale del rapporto di mediazione fra popolo e progetto politico,
di
governo.
Per altro, il leaderismo si offre come punto debole
al contrattacco dell’avversario il quale indirizza le sue frecce
avvelenate contro il leader di turno, sapendo che abbattendo lui, abbatterà il
movimento che rappresenta.
Un po’ quello che sta accadendo in Sud America, anche grazie a certi
meccanismi costituzionali che - a mio avviso- inficiano il principio della
sovranità popolare elettorale. Certo, ogni popolo si dà le leggi che più
desidera.
Tuttavia, penso che un
presidente
eletto dal popolo può essere destituito dal Parlamento solo per
gravissime e comprovate accuse e non da una “congiura parlamentare” come e’
avvenuto in Paraguay, in Brasile e che ora si vorrebbe riproporre in Venezuela. Stanno
smantellando un grandioso processo di sviluppo sociale democratico ricorrendo
al “golpe” parlamentare. Un gruppo di parlamentari che hanno prevaricato la volonta' di decine e decine di milioni di elettori.
Tutto ciò è inaccettabile, anche per la comunità internazionale. In ogni
caso, il successore non può essere espressione dei “ congiurati”, ma deve
essere eletto dal popolo, col voto democratico.
Le risorse dell’America latina
Ovviamente, tutto cio' presuppone l'esistenza di un "piano" finalizzato al controllo politico e delle enorme
ricchezze dell’America latina.
Ritorna la domanda: le risorse dei Paesi in via di sviluppo sono
una ricchezza o una maledizione?
Dovrebbero essere una ricchezza, un’opportunità di equilibrato sviluppo. In realtà si stanno dimostrando una sorta di maledizione per i Pvs, poiché sono fonte di
conflitti interminabili, di guerre micidiali.
A causa delle loro risorse naturali, l’America latina e la regione “Mena” (Medio Oriente e nord Africa) sono divenute cibo prelibato per gli interessi strategici delle multinazionali, dei banchieri. Per altre vie e con altra intensità, il discorso riguarda anche l’Africa sub-sahariana destinata a diventare, nel medio termine, una delle aree principali della corsa all’accaparramento e quindi dello scontro globale.
In Medio Oriente sono state scatenate guerre devastanti per il controllo
delle risorse energetiche. In America latina, per fortuna, non ci sono guerre,
ma si assiste a una corsa sfrenata per l’appropriazione delle sue importanti
risorse umane (disponibilità di mano d’opera a basso costo) e naturali:
energetiche, idriche, alimentari, minerarie, boschive, ecc.
Per dare l’idea dell’importanza di tali risorse segnalo solo un dato:
quello del Venezuela che detiene riserve accertate di petrolio corrispondenti a
300 anni di produzione ai livelli attuali! (Fonte: report Eni, 2014)
Un dato clamoroso che spiega la pervicacia dei gruppi di potere locali e
delle oligarchie nordamericane decisi a riappropriarsi del Paese, a ogni costo.
Chi riuscirà a controllare tali ricchezze avrà in mano una leva potente
di potere e di ricatto che condizionerà i mercati, la politica, la vita della
gente in questo nuovo secolo.
Confronti e scontri drammatici che sembrano muoversi in vista di un nuovo bi-polarismo (spartizione) del mondo fra Usa e l’asse Cina/
Russia. Una spartizione che sposterà nel Pacifico l’asse dello sviluppo e il
cuore del mercato mondiali.
Tendenza confermata anche dalla recente, inattesa decisione del
presidente delle Filippine di abbandonare il secolare rapporto di dipendenza
dagli Usa per stabilire relazione politiche e di cooperazione economica con
Cina e Russia.
Il neoliberismo
Il neo-liberismo ha vinto il confronto con il sistema delle “democrazie
socialiste” e detiene gran parte del potere sul mondo. Mai un “impero”
aveva avuto tanto potere!
La sua vittoria si è realizzata, prima di tutto, sul piano culturale, del
costume, degli stili di vita, dei consumi, delle tecnologie, ecc..
Esso avanza e penetra anche nelle poche società politicamente “fuori
controllo” e/o dei Paesi poveri o in via di sviluppo.
Da qui anche l’origine dei nuovi grandi flussi migratori da Sud verso il
Nord (Europa e Nord America in particolare)
Le novità fondamentali introdotte dal neo liberismo, i suoi punti di
forza sono l’imposizione di un modello globalizzato di finanziarizzazione
dell’economia e di militarizzazione delle relazioni internazionali.
A tale propósito, in Europa- sotto le insegne della Nato- si sta
ridestando un pericoloso fervore militarista, interventista.
E’ stato capovolto il rapporto gerarchico fra economia e finanza, tradizionalmente a favore della prima, e sconvolto tutti i processi, gli sforzi per giungere a una politica di convivenza pacifica, di disarmo.
Lo stesso ruolo dell’Onu è stato travolto, umiliato.
In primo luogo, si cercano nuovi mercati e materie prime strategiche da
sottrarre ai paesi poveri per alimentare l’assurdo modello occidentale di
sviluppo e di consumi che sta portando l’umanità alla guerra e la Terra alla
distruzione.
L’obiettivo è l’approvvigionamento, a prezzi di favore o di rapina,
delle materie prime tradizionali, in particolare energetiche e di quelle
pregiate, più rare quali: rame, uranio, litio, platino, oro, diamanti,
manganese, titanio, alluminio, ecc) necessarie per alimentare lo sviluppo dei settori
tecnologici più avanzati.
L'accaparamento di enormi estensioni di buona terra destinate alla monocoltura, delle risprse idriche, boschive, ecc.
Con l’entrata in campo delle nuove potenze industriali BRICS ossia Brasile, Russia, India, Cina e Sud-Africa, tale corsa si è intensificata, facendo crescere il fabbisogno totale di materie prime.
Con l’entrata in campo delle nuove potenze industriali BRICS ossia Brasile, Russia, India, Cina e Sud-Africa, tale corsa si è intensificata, facendo crescere il fabbisogno totale di materie prime.
I flussi migratori: una doppia opportunità per il neoliberismo
Un altro punto cardine della nuova strategia neo-liberista è costituito
dall’uso spregiudicato, spietato dei flussi migratori clandestini, irregolari, dal terzo
e quarto mondo verso il primo.
Quello che noi viviamo come un dramma umano, provocato dalla miseria,
dalle guerre assurde, per il neo liberismo è una opportunità per aumentare i
profitti.
Nel secolo scorso, le migrazioni avvennero, in gran parte, regolarmente
(addirittura contrattate fra gli Stati) e orientate verso paesi
caratterizzati da economie in forte sviluppo quali quelli del centro-nord
Europa e le Americhe.
Anche oggi si potrebbe organizzare un’emigrazione regolare, legale, più
umana, sulla base di accordi bilaterali e multilaterali, come abbiamo riproposto
recentemente.
Vedi in: http://www.emigrazione-notizie.org/news.asp?id=11679
Vedi in: http://www.emigrazione-notizie.org/news.asp?id=11679
Ma nessuno vuole le migrazioni legali perché ritenute, economicamente, poco
convenienti.
Percio’, si continua a incoraggiare le partenze clandestine di massa
(gestite dalla criminalità e dal malaffare politico) anche verso Paesi in
crisi, addirittura in recessione, con indici di disoccupazione altissimi, come
sono, attualmente, diversi paesi dell’Europa del sud e anche del centro.
In realtà, gli strateghi occulti usano le migrazioni per raggiungere
almeno due obiettivi:
- da un lato “svuotare” i paesi d’origine delle forze più
giovani (potenzialmenti ribelli) e avere così, con la complicità dei
governi locali, corrotti e imbelli, le mani libere per fare e disfare le cose,
di condizionare, sfruttare le loro risorse;
- dall’altro lato, stravolgere, deregolamentare, condizionare i
“mercati” del lavoro dei paesi destinatari, creando una formidabile
“riserva” di manodopera a basso costo (spesso a nero) per rimpiazzare e/o
condizionare i lavoratori dei paesi d’accoglienza.
Il dato è già evidente, ma nessuno vuole considerare gli enormi costi sociali e politici che stanno pagando (pagheranno) le società d’origine.
Nemmeno la “sinistra”, le “organizzazioni umanitarie” che, forse senza rendersene conto, fanno il gioco del grande capitale multinazionale il quale, per massimizzare i profitti e, al contempo, vanificare le conquiste contrattuali dei lavoratori del Nord, sta svenando le società del Sud, bruciando il futuro d’interi continenti, ingenerando nuovi squilibri sociali all’interno delle società di accoglienza.
Insomma, invece di favorire il trasferimento di tecnologie e saperi dal primo al “terzo, al quarto mondo” (il “secondo” è indefinibile), stanno trasferendo questi mondi nel primo.
Non a caso due sono le principali porte d’ingresso: il Messico per i
flussi provenienti dai paesi dell’America latina e i Paesi del sud-europeo (in particolare
Italia, Grecia e Spagna) per i flussi provenienti dal mondo arabo, dall’Africa
e dall’Asia.
Queste e altre rotte secondarie sono controllate da potenti gruppi criminali, da bande di gente senza scrupoli che fanno dei disperati in cerca di lavoro un disumano mercimonio di cui sono tragica conferma le migliaia di morti annegati nel Mediterraneo e/o massacrati lungo i confini fra Messico e Usa dagli aguzzini addetti alla preparazione dei “carichi” umani.
L’Occidente, eterno sprecone
Tutto ciò contribuisce a rendere più difficile la gestione politica e
diplomatica della “crisi” che sempre più si manifesta anche come crisi
del pensiero occidentale. Poiché, non c’è dubbio che quando per risolvere una
crisi politica o d’altro tipo si ricorre alla guerra vuol dire che si è
esaurita la capacità egemonica di tipo culturale e morale.
Crisi culturale derivata dai processi di omologazione,
dall’infiacchimento della democrazia partecipativa e della laicità degli
Stati, dalla scomparsa dei grandi partiti di massa e dall’umiliazione della
politica oramai asservita ai disegni della finanza e delle consorterie
economiche internazionali, dal dilagare della corruzione e dei poteri
criminali.
Soprattutto, pesa la crisi del modello dei consumi (esorbitanti) e della
struttura economica dell’Occidente, che non riesce a produrre la ricchezza
(tanta) che consuma, importa e spreca enormi quantità di energia di origine
fossile, inquinando il Pianeta, e che per procurarsele tormenta l’umanità più
povera con guerre micidiali, interminabili.
Ai piani alti del potere oligarchico l’arroganza si alterna al
nervosismo. Si teme che, a conclusione di questo processo di
globalizzazione, probabilmente, l’Occidente non sarà più il principale
protagonista della storia.
In realtà, il liberismo si sta
dimostrando incapace di governare le economie e gli Stati.
Alla sua prima uscita in pubblico,
questo neo capitalismo, liberista solo a parole giacché i conti dei suoi
disastri li continua a scaricare sui bilanci degli Stati e dei cittadini (vedi
crisi delle borse in Usa), non è stato all’altezza dei compiti derivati dai
processi da esso stesso generati.
Questa è la verità o se si preferisce la sorprendente novità.
Basandosi sul terrore e sul ricatto, il neoliberismo sta disegnando la
nuova geo - economia del Pianeta, mediante nuovi strumenti e trattati mirati a
garantirsi l’egemonia politica e militare e il controllo dei flussi
commerciali: accordi WTO, trattati TTP e TTPI.
Liberisti illiberali! Sì, perché si stanno dimostrando arroganti,
intolleranti su tutti fronti: da quello commerciale a quello elettorale, da
quello politico a quello culturale.
Il loro obiettivo è il governo del mondo, il “pensiero unico”,
l’omologazione.
Tutti uguali, tutti sudditi!
Per realizzarlo stanno rimodellando la scuola secondo i loro interessi,
hanno assoggettato, monopolizzato l’informazione, la formazione scientifica e
tecnica, la comunicazione mediatica, le reti dei social forum, ecc.
Si mira alla liquidazione di ogni pensiero critico, della sua libera
espressione.
Si vuole un mondo unipolare? Una pretesa
pericolosa, inaccettabile che potrebbe portare alla fine di tutto.
Inclusione o esclusione? Questo è il problema.
Un’altro punto dello scontro e’ quello che passa fra le politiche
d’esclusione e quelle d’inclusione sociale. Le prime caratterizzano le
condotte dei governi occidentetali, portatori del modello
neoliberista, iniquo e classista, che non genera sviluppo, ma consumi superflui
e lussuosi, speculazioni, concentrazione apicale della ricchezza e soprattutto
nuove povertà, indigenza.
Le seconde sono presenti in alcuni Paesi dell’America del Sud, sottoposti per
primi alla cura neoliberista, dove i governi progressisti stanno realizzando
una politica di più equa ripartizione della ricchezza nazionale, per aiutare
decine di milioni di esseri umani a uscire dalla fascia della povertà e
dell’indigenza.
Anche in Cina e in India, lentamente, s’include, ma quelli sono casi a
se stanti.
Insomma, mentre in America del sud s’include, in Occidente si esclude, si tagliano
le spese sociali a favore di quelle militari, si consentono le più spudorate
speculazioni sulle monete, sul debito pubblico, si tollerano fenomeni abnormi
di evasione fiscale, ecc.
Per ricominciare…a lottare
Ovviamente, l’analisi dovrebbe abbracciare, illuminare tanti altri
aspetti della realtà globale. Ma non è questa la sede per farlo. Ma già dal
dibattito emerge la necessità di rilanciare la sacrosanta lotta di classe
ovviamente tenendo conto delle mutazioni intervenute nella produzione e nei
rapporti social interni alle società.
La sinistra, le forze progressiste devono aspirare, proporsi, a livello
mondiale, come polo alternativo al neoliberismo.
Per fare ciò è necessario tirare una netta linea divisoria fra gli
interessi delle grandi corporazioni economiche e finanziarie e quelli
dell’immensa platea delle vittime delle loro politiche.
Uscendo dall’equivoco, alimentato ad arte, secondo cui la lotta fra le
classi è finita con il “crollo del muro di Berlino”, è stata superata dalla
storia, dal mercato.
La lotta di classe non è mai cessata. Semmai, c’é da dire che si sta
combattendo su un piano asimmetrico. Il realtà, si assiste alla lotta di una
sola classe, quella padronale, contro la classe disarmata dei lavoratori e dei
piccoli e medi produttori .
Lungo questo spartiacque ciascuno dovrebbe collocarsi,
secondo l’appartenenza, secondo i propri interessi.
Per invogliare i lavoratori a schierarsi, la sinistra avrebbe bisogno- a
mio parere- di un programma minimo che punti alla salvaguardia
dei diritti acquisiti e ponga sul tappeto alcuni obiettivi di più drammatica
attualità, quali:
1) La riduzione del ruolo
del mercato e la riaffermazione del primato dello Stato democratico, laico e di
diritto, unica garanzia per prevenire nuove forme di dominio assolutistico.
Insomma, più Stato e meno mercato, favorendo l’associazionismo
cooperativo (specie fra i giovani), l’autogestione degli impianti in crisi o
maltenuti, ecc.
2) La modifica
radicale dei vigenti accordi WTO sul commercio internazionale di
beni e servizi, di capitali che hanno consegnato il mondo a ciurme di strozzini
e di avidi mercanti;
3) Il contrasto dei
due nuovi strumenti che il neoliberismo si è dato per controllore i flussi
commerciali fra Nord America e Paesi del’area del Pacifico (TTP) (già varato) e
sull’altro versate con i Paesi dell’Unione europea (TTPI) (in itinere);
4) Porre la questione
dell'uso sociale delle scoperte scientifiche e tecnologiche, frutto della
conoscenza umana e della ricerca accademica, che dovrebbero essere considerate
patrimonio comune dell'umanità e non proprietà di gruppi ristretti di
speculatori.
I benefici prodotti dalle nuove tecnologie non possono essere esclusivo
appannaggio di chi le acquista, ma anche delle maestranze, dei lavoratori che
le usano.
Pertanto, tali benefici non vanno piu’ distribuiti sotto forma di
dividenti a pochi azionisti, ma, equamente, ai lavoratori sotto forma di
aumenti salariali e di riduzione del tempo di lavoro anche per creare nuova
occupazione.
Il coordinamento internazionale delle forze progressiste di sinistra
Il progetto neoliberista si avvale di una catena di comando
molto apicale, a dimensione globale, che consente decisioni rapide,
efficaci.
A tale micidiale meccanismo, la sinistra non oppone nulla, poiché non
dispone di organismi capaci di realizzare un ordinamento sovranazionale di
consultazione, di scambio e di orientamento nelle decisioni.
Senza questa capacità non si può competere.
Si rischia di vanificare gli sforzi di ciascuna forza nazionale,
regionale. Serve a poco farsi ammazzare (come accade) in una giungla brasiliana
o dell’Honduras se poi questo sacrificio non determina una controreazione
coordinata a livello generale, globale.
Parto da una costatazione: l’Europa, che storicamente ha svolto in
America latina un ruolo primario. nel bene e nel male, non ha, forse non
desidera, un’informazione più ampia e corretta su questa realtà.
Quel poco che arriva attraverso i media della grande borghesia è fango,
informazione a senso univoco.
Questo riferimento per evidenziare l’altro grande problema della
sinistra che non riesce a fare arrivare il suo messaggio alle opinioni
pubbliche, alle masse giovanili, narcotizzate dall’alcool, dalle droghe, dai
giochi informatici e dalla disinformazione.
Forse, è il caso di dire: “Compagni, meno sezioni e più televisioni, più
internet, più emissioni satellitari, ecc. ”
La sfida dell’informazione
è di una importanza capitale. Su questo fronte si gioca la partita
del consenso democratico, del rapporto con le nuove generazioni, per costruire
l’alternativa al neo liberismo. Grazie per la vostra attenzione.
(Agostino Spataro, 8 nov. 2016))
(Agostino Spataro, 8 nov. 2016))