Introduzione
La frattura, le fratture
1...
L’Occidente ha
raggiunto, e in certi settori superato, il proprio limite naturale di
espansione economica e di benessere sociale. Per mantenere l’esorbitante
livello di consumi ricorre a politiche di rapina e a conflitti devastanti. Il frequente ricorso all’intervento
militare non è un elemento di forza ma di debolezza, poiché denota una
mancanza di valide ragioni politiche per tutelare i suoi legittimi interessi, nazionali e globali. Per questi e altri motivi, lo scontro non sarà più fra Est ed Ovest,
fra Nord e Sud, ma fra Occidente e resto del mondo. Questo
lavoro ha uno scopo prevalentemente archivistico, ma vuole essere anche una testimonianza
del travaglio che stiamo vivendo in questa lunga e confusa fase di transizione dal
vecchio al nuovo ordine internazionale.
Una fase opaca generatrice d’incomprensioni, di fratture e che,
perdurando, diventa sempre più pericolosa. Proverò a raccontarla partendo da alcuni
miei scritti ed esperienze vissute direttamente sul “campo”.
Ovviamente, muovendo dal
punto di vista di una sinistra dispersa ma diffusa la quale, nonostante il crollo
del 1989, cerca la via per continuare la sua missione storica e politica, a difesa
della pace, dei diritti delle classi lavoratrici e, in generale, dei popoli che
più subiscono le conseguenze delle politiche del neoliberismo dominante. Un compito arduo che implica una diversa
lettura della crisi del mondo e, in primo luogo, il superamento del madornale
equivoco (?) di scambiare l’attuale globalizzazione neo liberista per quella,
di là da venire, propugnata dalle teorie socialiste d’ispirazione marxista.
I leader della
sinistra europea agiscono in modo irrazionale, emozionale come se fossero
sotto effetto della “sindrome di Stoccolma” ossia affascinati dai loro
vincitori e sopraffattori.
A ben vedere, il neoliberismo continua a favorire l’accentramento
delle risorse e delle ricchezze nella mani di pochi e sta, via via, emarginando,
escludendo dai benefici dello sviluppo la gran parte dei ceti medio/ bassi e delle
classi lavoratrici tradizionali e di nuova formazione.
Ha messo in moto un meccanismo perverso, stritolatore che
produce ingiustizie e privilegi scandalosi.
Così operando le oligarchie neoliberiste, accecate dal
profitto, non si accorgono di favorire la nascita di un nuovo proletariato,
soprattutto urbano, e di amplissime aree di miseria, d’inoccupazione, di emigrazione
ossia i prodromi della loro rovina.
Dentro tali spazi e
contraddizioni deve agire la sinistra autentica, alternativa, europea e
mondiale, con un programma serio di riforme per il cambiamento. Pertanto, è
necessario abbandonare ogni ambiguità e/o condotta servile verso il potere
oligarchico delle banche e delle multinazionali e ricercare un’intesa,
un’alleanza politica e programmatica con le forze sociali escluse e/o
penalizzate. Compresi i ceti medi,
produttivi e intellettuali, anche quando, per reazione, si rifugiano in forme,
talvolta scomposte, di nazionalismo. Fughe, tendenze da non demo-nizzare a
priori, ma da analizzare per coglierne la carica propositiva, per capirne i disagi e riconoscerne le giuste
ragioni e giungere, quando possibile, ad accordi politici e di governo. Oggi, un sano nazionalismo, uno schietto
popolarismo, se effettivamente democratici, costituiscono un baluardo
resistenziale da non sottovalutare.
2...
Gli orizzonti della sinistra devono essere locali e
globali, assumendo come riferimenti i bisogni e i diritti dei lavoratori e le
prospettive di questa nostra umanità confusa, travagliata da divari inquietanti
e da ingiustizie intollerabili. In primo luogo, dalla crescita tumultuosa, e
sottovalutata, della popolazione mondiale (più che triplicata negli ultimi 70
anni) e dallo scandaloso accentramento della risorse e della ricchezza nelle
mani di ristretti gruppi di potere economico e finanziario.
Contraddizioni che rendono difficile la vita per miliardi di
esseri umani e incerto il futuro della convivenza civile, pacifica sul Pianeta.
Il neoliberismo,
vincitore assoluto dello scontro con lo statalismo sovietico, si sta
dimostrando incapace di governare i processi da esso stesso generati.
L’attuale globalizzazione non è la prima nella storia ((altre
ve ne sono state) ed è caratterizzata dal confronto fra due entità
genericamente intese: Occidente e Oriente.
Uno strano Occidente,
a geometria variabile (Usa, Europa cui viene associato il Giappone ossia
l’estremo Oriente) che assomma 1,2 mld di abitanti e si definisce,
prevalentemente, in base al Pil, configurandosi come un aggregato
economico, militare e culturale piuttosto omo-geneo, con vaste sacche di
povertà al suo interno.
Un Oriente, anch’esso
genericamente inteso, dominato dalla triade Cina, India e Russia (gruppo dei
Brics), ancora disaggregato e in via di sviluppo, e segnato da forti squilibri
sociali interni, ma dotato di una forte carica competitiva e progettuale e di
un potenziale umano davvero soverchiante (6,2 mld) con tanta voglia di
affrancarsi dalle tristi condizioni di vita e di lavoro.
L’Occidente ha raggiunto il limite ossia il massimo grado di
benessere possibile. Oltre il quale tutto diventa spreco, edonismo
insostenibile per l’umanità e per il Pianeta.
Da qui si originano le tante fratture fra i diversi “mondi”
che, se non sanate, potranno provocare conseguenze disastrose.
Molti si chiedono:
l’Occidente dovrà ancora crescere in termini di sviluppo o dovrà fermarsi,
decrescere?
Al momento, le
risposte sono il produttivismo, l’espansionismo commerciale, i conflitti e le
guerre per accaparrarsi le risorse strategiche esterne. Una corsa sfrenata, che
mette a rischio la pace mondiale e l’equilibrio naturale. Una corsa che sembra
dettata dalla paura che, alla fine del ciclo, l’Occidente non sarà più il
principale protagonista della storia.
3...
Salvare la Terra, il nostro habitat naturale! Questo
dovrebbe essere il primo obiettivo condiviso e, se necessario, imposto. Noi, uomini
e donne, figli della Terra che ci nutre e del Sole che ci scalda, dovremo rivendicare con più forza un
“governo mondiale”, proporzionalmente rappresentativo dei popoli dei 5
continenti e dotato di poteri idonei e vincolanti, capace di programmare e
attuare politiche di salvaguardia della biodiversità e di uso razionale delle
risorse naturali e di una loro equa dis-tribuzione sociale e territoriale.
E, soprattutto, per
far fronte alla grave “emergenza” della crescita incontrollata della
popolazione mondiale passata dai 2,3 miliardi (mdl) di persone del 1950 agli
attuali 7, 4 mld, che saranno 9,7 mld nel 2050. (fonti: Onu e
Census Bureau Usa).
A tali dati bisognerebbe aggiungere 1 mld (stima per
difetto) di “animali da compagnia” (cani, gatti, ecc) che in fatto di consumi
alimentari e servizi assistenziali sono equiparati a quelli umani.
La questione demografica, tuttora ampiamente sottovalutata,
costituisce una delle principali minacce per l’equilibrio ecologico del
pianeta, per la pace e per la sopravvivenza dell’umanità.
Nello squilibrio
demografico si annida, infatti, la frattura più perico-losa fra Occidente e
resto del mondo.
Ogni mattina, in
questo nostro Pianeta si svegliano 7, 4 mld di persone che devono essere
nutrite, vestite, istruite, curate, trasportate, occupate, ecc. Un
drammatico risveglio per molti che devono districarsi in un contesto di forte
disparità: fra la gran massa degli esseri umani che stenta ad accedere ai
consumi primari e una striminzita minoranza che, va oltre il bisogno, e consuma
beni non necessari e/o di lusso che, per altro, assorbono ingenti quantità di
risorse che la Terra stenta a fornire.
Com’è noto, gran parte di tali consumi si registrano nei
paesi occidentali, a più alto reddito e a bassa natalità. Un privilegio che
facilmente diventa fonte di “attrazione” per imponenti correnti migratorie
provenienti dal resto del mondo, dove circa la metà dei suoi abitanti vive sotto la soglia di povertà e deve
accontentarsi di un reddito complessivo di 426 mld di $, equivalente alla
ricchezza detenuta dagli 8 uomini più ricchi del mondo. (fonte: Oxfam, 2018)
4...
Insomma, un mondo di miseria e d’ingiustizie sociali in
cui sta “crescendo” una “bomba demografica” di cui poco si parla e pochissimo
si fa per contenerla, per governarla. per disinnescarla.
E dire che già agli
inizi degli anni ’50, l’eclettico filosofo e Lord inglese Bertrand Russel mise
in allarme i governi e l’opinione
pubblica sulle conseguenze che tale crescita avrebbe potuto determinare.
"Il pericolo di una mancanza di cibo a livello
mondiale può essere evitato per un certo periodo con il miglioramento della tecniche
agricole. Tuttavia, se la popolazione continua ad aumentare al ritmo attuale, tali
miglioramenti non possono, a lungo andare, essere sufficienti. Si creeranno così
due gruppi, uno povero con una popolazione crescente, l'altro ricco con una popolazione
stazionaria. Una simile situazione non può che condurci verso una guerra mondiale.
Attualmente, la popolazione del mondo sta crescendo di circa 58.000 unità al giorno.
Fino ad oggi le guerre non hanno prodotto un effetto considerevole su questo aumento,
che è continuato per tutto il periodo delle guerre mondiali ... Da questo punto di vista le
guerre fino ad ora sono state una delusione ... ma, forse, la guerra
batteriologica può dimostrarsi efficace. Se una Peste Nera
potesse diffondersi in tutto il mondo una volta in ogni generazione, allora i sopravvissuti
potreb-bero procreare liberamente senza rendere il mondo troppo affollato. La cosa
potrebbe essere spiacevole, e allora?"
(B. Russell- “Impact of Science on Society”, 1951).
Non c’è che dire: un cinismo da lord inglese! In linea con
un certo filone del “pensiero
anglosas-sone” ancora infarcito di arroganza e supponenza e supportato da idee
e sodalizi che si rifanno alla visione imperiale della Gran Bretagna.
Sul finire della sua lunga vita, Russel cercò di far
dimenticare questa stagione proponendosi come profeta di pace e addirittura di
giudice delle nefandezze belliche creando il famoso “Tribunale Russel”, in
coppia con il filosofo comunista J.P. Sartre. Meglio tardi che mai!
5...
Nel periodo a cavallo fra gli anni ’60 e ’70 del
secolo scorso, tali preoccupazioni furono riproposte, ma con un approccio assai
diverso, da un illustre manager italiano, Aurelio
Peccei, fondatore del “Club di Roma” un sodalizio di grande prestigio
internazionale che intraprese, con successo, una serie di “studi sul futuro”.
(http://www.treccani.it/enciclopedia/aurelio-peccei)
Peccei, partigiano combattente e perseguitato, era “uomo
della Fiat” e membro di vari club internazionali (fra cui la “Trilaterale dei
Rockefeller), tuttavia le sue idee fecero presa anche nell’ambito della sinistra
e del nascente ambientalismo italiano ed europeo.
Il suo libro “I limiti
dello sviluppo” divenne per molti di noi un’opera di riferimento. Ciò anche
a dimostrazione che di fronte a idee buone e giuste cadono i pregiudizi e gli
steccati ideologici.
Alla base c’erano dati statistici, proiezioni attendibili,
ipotesi di programmi innovativi, nel rispetto della dignità umana e della vita
del Pianeta. C’era, soprattutto, un
ragionamento logico, ispirato da un umanitarismo razionale, che metteva
sull’avviso i “decisori” e le opinioni pubbliche sui pericoli che l’umanità
stava correndo a causa del superamento dei limiti naturali dello sviluppo.
Peccei vendette decine di milioni di copie di quel libro, ma
dopo la sua precoce morte sarà dimenticato da tutti: dai potenti della Terra e
dai tanti suoi seguaci ambientalisti. Semplicemente
rimosso!
Probabilmente, i suoi
studi, i suoi libri furono considerati ostativi di un certo di tipo di
sviluppo, che dilagò dopo ’89 e di cui si stanno scontando le conseguenze.
Succede, specie alla gente onesta intellettualmente, ai veri
filantropi. Figure sempre più rare nel panorama internazionale.
Nemmeno certa
“sinistra” si ricorda di questo autentico filantropo italiano, avendo preferito “adottare” quale novello
“benefattore dell’umanità” George Soros, un finanziere d’assalto, il quale,
dopo avere inflitto colpi durissimi alle finanze e alle economie di tanti Paesi
(Italia compresa), vorrebbe salvarli con la sua “carità pelosa”, con
finanziamenti ad ambigui personaggi, organismi e movimenti che si ritrovano in
molte situazioni di crisi e/o che sono essi stessi fattori di crisi.
6...
Purtroppo, la realtà attuale conferma le previsioni di
Russel e di Peccei. Il Pianeta sembra avviato verso una terrificante
prospettiva: aumentano l’inquinamento dei mari, del cielo e della Terra, la
produzione e la diffusione di armi di distruzione di massa (specie chimiche e
batteriologiche) e- come detto- le disparità sociali.
Quando ricchezza e
povertà crescono insieme non c’è da stare allegri!.
È in atto un attacco
durissimo allo stato sociale, ai bilanci della sanità, della scuola pubblica,
delle pensioni e alle politiche di assistenza in genere. Invece d'includere si
escludono masse crescenti d’inoccupati, di neo-poveri, d’indigenti… tutta
“carne da macello” destinata alla disperazione, alla malavita,
all’emigrazione.
Tutto ciò è assurdo. Non si sa che cosa pensare.
Come se al vertice
del potere mondiale si fosse insediata una perfida genìa, una sorta di “governo
profondo” detentore di un potere immenso (finanziario, commerciale, tecnologico,
mediatico, politico), ai più incognito ed esercitato al di fuori di ogni
controllo democratico, che agisce in nome del neo-liberismo trionfante.
In realtà, si tratta
di una degenerazione evidente del capitalismo produttore, di un’oligarchia che
vuole irreggimentare l’umanità dopo averla deprivata dei suoi beni e diritti.
Per realizzare tali obiettivi ricorre alla guerra, alla
corruzione, al terrorismo, alla divisione fra i popoli, delle società
nazionali; ripudia la pace e la solidarietà fra gli uomini e l’armonia fra essi
e la Natura.
Vivere, sopravvivere sono divenuti fattori negativi.
Le grandi istituzioni finanziarie internazionali (Fmi, Banca
mondiale), le agenzie di rating, ispiratrici di tali politiche, hanno indicato,
a chiare lettere, l'innalzamento della vita media delle persone fra le cause
della crisi attuale.
Per lor signori, oggi, si vive troppo a lungo. Anche il diritto alla vita umana si
assottiglia. L'aumento delle speranze di vita non è salutato come un progresso
sociale, ma visto come una remora per lo sviluppo.
Sviluppo? Semmai crescita continua, senza limiti,
volumetrica e senza qualità, imposta dalle multinazionali che stanno
impoverendo le masse popolari e avvelenando la Terra, gli oceani, la biosfera.
Questo non è sviluppo, ma solo disumano cinismo di “grandi
vecchi” asserragliati al comando della finanza e dell’economia che genera odio
e nuove fratture. Che altro dire?
Quando si auspica la
morte delle persone (domani si potrà anche procurare) per
"recuperare" quote di spesa sociale da destinare all’accumulazione e
alla speculazione private, vuol dire porsi al di fuori di qualsiasi concezione
umana ed economica razionale, anche moderata e classista, per entrare in una
visione “liberal - nazista” del governo delle società.
7...
La parola d’ordine è produrre e consumare.
Soprattutto beni di lusso e nuovi, terrificanti sistemi d’arma, per alimentare
vecchi conflitti e scatenarne di nuovi, per impinguare il lucroso mercato delle
armi, l’unico che non conosce crisi, insieme a quello delle droghe.
Armi e droghe: il binomio “vincente”.
I sedicenti “potenti
della Terra” hanno bisogno della guerra come dell’aria per respirare!
Tali politiche hanno creato la più grande frattura sociale e
morale, una disarticolazione degli equilibri sociali e rafforzato i nuovi
assetti dei poteri globali che dominano il mondo.
Altre fratture sono in atto in varie parti del pianeta
(anche all’interno dei paesi più ricchi) fra l’Occi-dente, oggi unificato sotto
le insegne di un neo-liberismo aggressivo e impenitente, e talune grandi aree
geopolitiche povere e/o in via di sviluppo quali: America latina, Africa, Asia
del sud-est, ecc.
Particolarmente
preoccupante appare la frattura provocata nell’area mediorientale e del
Mediterraneo (regione Mena), dove convergono le propaggini di tre continenti
(Africa, Asia ed Europa) che hanno dato vita a culture diverse e feconde, a
storie e a civiltà grandiose.
Vale la pena concentrare l’attenzione su tale frattura
perché è la più grave e, a noi, più vicina, dove le guerre, i terrorismi
rendono difficili le condizioni di vita e di lavoro delle popolazioni civili,
vittime di eccidi e di malattie, e pertanto indotte alla fuga, all’esodo, a
centinaia di milioni tra profughi e migranti.
Ormai da svariati decenni non c’è pace per i popoli del
Mediterraneo e del vicino Oriente!
Gli arabi hanno
diritto alla pace, al progresso, alla democrazia, alla laicità, alla libertà.
E in primo luogo il popolo martire di Palestina. In ciò si dovrà
sostanziare la solidarietà della comunità internazionale. Bisogna cambiare
l’approccio ai problemi di quest’area fondamentale del mondo, dove per altro
sono “immerse” l’Italia e parte dell’Europa, e lavorare per capovolgere la
prospettiva politica: dal conflitto alla cooperazione. Si può fare.
A condizione di liberare il campo da ogni ingerenza esterna
e di riavviare il dialogo fra i popoli e gli Stati della regione. Arabi, europei, africani insieme per
risolvere la “questione”, all’insegna della interdipendenza economica, non
autarchica, mediante un fecondo dialogo di pace mirato a conseguire un
progresso diffuso e condiviso e creare un nuovo polo dello sviluppo mondiale.
Spostando verso Sud l’asse dello sviluppo europeo, verso il Mediterraneo che
deve ridiventare, nella legalità, un’area di benessere condiviso, un mare di
pace, di solidarietà, di scambi economici e di risorse naturali e tecnologiche.
Fulcro di una nuova civiltà multietnica
e multiculturale, laica e democratica.
Questa è la sfida del
secolo, il punto politico dirimente purtroppo osteggiato dalle vecchie e dalle
nuove superpotenze!
INDICE
PRIMA PARTE
Introduzione-
La frattura, le fratture pag. 1
Cap. I - Medio Oriente: la frattura
più grande pag. 19
Cap. II - Palestinesi:
lo Stato negato pag.
83
Cap. III- Importare
il “terzo mondo nel “primo” pag. 119
Cap. V- Corruzione
e terrore: i due pilastri del potere globale pag. 139
Cap. V- Euro-Russia: terzo polo dello sviluppo mondiale pag. 179 Cap. VI- Italia in “svendita”? pag.203
Cap. VII- L’Est
europeo nella UE: integrazione o annessione? pag.243
Cap. VIII- America
del Sud: la via giudiziaria al neoliberismo? pag. 265
SECONDA PARTE
Relazioni pag. 295
“Escenarios actuales de los gobiernos progresistas en America Latina.
Fin de ciclo?” -
Coloquio internacional, Puebla (Messico)
- “Il Mediterraneo e l’Europa orientale”- Seminario Università Szeged (Ungheria)
- “Il processo di mondializzazione dell’economia” - Conferenza CIES, Caltanissetta.
- “Arabi ed europei verso una comunità mediterranea” - Università euro-araba, Gardaia (Algeria)
- “L’alleanza per il progresso del Mediterraneo”- 13th Meeting of
the new european left forum” , Atene,.
Dossier di documentazione pag.
347
- La questione Palestinese e
l’Italia
- Immigrazione: accoglienza
nella legalità
- Comiso: una battaglia vinta
(In copertina: marines Usa all’assalto della Ziqqurat di Ur durante
l’aggressione all’Iraq. Il monumento, eretto intorno al 2000 a.C, era uno fra i
più importanti della civiltà sumera. Consacrato al Dio Luna, simboleggiava
l’unione cosmica tra Terra e Cielo, tra uomini e dei. (Foto da Google.)
Informazione del libro
ISBN :
9788892344754
Anno
pubblicazione : 2018 - Formato : 15x23
Foliazione : 408
pagine- prezzo: euro 23,50
In vendita presso: Feltrinelli, Amazon, Ibs, MioLibro, Libreria universitaria, ecc.
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