Vittime palestinesi di un recente bombardamento israeliano su Gaza (foto da "Internazionale") |
di
Tabella riassuntiva pubblicata dal più diffuso quotidiano israeliano “Haaretz” e ripresa da “Internazionale” https://www.internazionale.it/opinione/amira-hass/2021/05/20/gaza-palestinesi-famiglie
2... Tutto ciò spiega anche la deprimente realtà politica ed elettorale d’Israele, dove il signor Netanyahu continua a governare, imperterrito, senza una maggioranza parlamentare. E per farlo deve cedere alle pretese delle forze più retrive e reazionarie. Antisemitismo? Queste e tante alte cose le hanno denunciate con manifestazioni imponenti parti importanti della popolazione israeliana e tantissime personalità ebree della cultura, della politica, perfino militari, e la gran parte della stampa israeliana, fra cui il prestigioso, e letto, quotidiano “Haaretz”. In molti casi la condanna degli ebrei, residenti all’interno d’Israele e/o all’esterno, (vedi le coraggiose parole di Moni Ovadia) è più dura e netta dei critici "laici", per non dire di quella assai blanda di certi commentatori e governanti nostrani. Comunque si giri la “frittata” questa non è strada che spunta. Dopo l’accanimento contro la popolazione di Gaza, ma anche contro le famiglie palestinesi di Gerusalemme Est, può sembrare che Netanyahu abbia il mondo intero dalla sua parte e si stia godendo la sua imbarazzante impunità. Così non è se vi pare. In questa situazione bizzarra si può applicare il saggio detto “Dai nemici mi guardi Iddio, dagli amici mi guardo io”, poiché questi leader che oggi si spellano le mani per applaudire i bombardamenti di Netanyahu sono pronti a cambiare parere, e cavallo, al primo stormir di foglie. Oltre alle esternazioni di Biden e altri suoi omologhi, ha fatto impressione la penosa sfilata elettoralistica vista in Italia, dove a difendere gli ebrei c’erano i neofascisti, i leghisti, e taluni personaggetti che debbono nascondere le loro ascendenze familiari, per poter partecipare a simili raduni.
3... Per quanto che riguarda l'ampio fronte dei movimenti pacifisti pro-palestinesi, a parte alcuni casi estremi da isolare, si può affermare che non agisce per odio, per “antisemitismo”, ma per amore di pace, appunto, per garantire al popolo palestinese il diritto, sancito dall’Onu, ad avere, finalmente, una patria e uno Stato sovrani. Giusta o sbagliata che sia, la decisione dell'Onu del 1947 sulla partizione della Palestina oggi è accettata dalla opinione pubblica mondiale e pertanto va rispettata e soprattutto attuata. Nel corso di questi 75 anni, ci sono stati errori da entrambe le parti, tuttavia chi, oggi, ostacola tale progetto è soprattutto il potere dominante d’Israele che- di fatto- ha modificato l’obiettivo dei padri fondatori: si é passati, infatti, dai due popoli e due Stati all’annessionismo (in corso) di parti fondamentali dei territori assegnati al popolo palestinese. Che esiste e resiste! Chiunque oggi nel mondo, dentro e fuori la Palestina storica, ha senso della responsabilità politica e morale non può che sostenere la decisione dell’Onu. Diversamente, si mette contro la volontà del massimo organo della legalità internazionale. Punto. Perciò cresce, a vista d’occhio, la solidarietà con il popolo palestinese, con i suoi morti (molti bambini e vecchi) e in contemporanea cresce l’isolamento, la solitudine dei gruppi dominanti israeliani e dei loro sponsor.
4... No. Non si tratta di odio, ma di rifiuto della violenza, di desiderio di pace, di un nuovo sentimento popolare che sta rinascendo in Italia e nel mondo. Le opinioni pubbliche occidentali e d’altri angoli del Pianeta solidarizzano con i palestinesi di Gaza e chiedono la fine dell’occupazione dei territori palestinesi. Senza dimenticare il Golan siriano. In questi territori deve nascere il loro Stato. Dopo 75 anni i palestinesi ne hanno il pieno diritto, nella libertà e nella democrazia e nella sicurezza di entrambi gli Stati che dovrebbero provare a convivere in cooperazione reciprocamente vantaggiosa. Pertanto sono da disapprovare sia gli attacchi aerei israeliani sia quelli missilistici di Hamas che- bisogna ricordarlo- fu creata con lo zampino d’Israele che mirava a rompere l’unità palestinese- guidata da Yasser Arafat- e oggi se la ritrova contro. La pace fra israeliani e palestinesi é necessaria, anche per rafforzare la pace e la cooperazione economica e culturale in tutta l’area mediterranea e mediorientale che rischia di entrare in un vortice assai pericoloso. . Desidero concludere ricordando un detto saggio che usiamo dalle nostre parti: se un tuo amico sta sbagliando non devi elogiarlo, sostenerlo, ma devi richiamarlo, aiutarlo a correggere l’errore. Nel mio passato di parlamentare del Pci, ho seguito da vicino talune vicende e, soprattutto, le giuste lotte del popolo palestinese che abbiamo sostenuto perché era dalla parte del giusto. Oggi è la parte debole del conflitto e noi amiamo solidarizzare con i più deboli: ieri con gli ebrei massacrati dai nazifascisti, oggi con i palestinesi. Tutto ciò facciamo in coerenza con la nostra concezione politica e ideale secondo cui nel mondo vive una sola razza: quella umana. Che ci comprende tutti. Anche coloro che, in base alle favole bibliche (smentite dai più prestigiosi storici e studiosi ebrei) si auto-compiacciono di essere “popolo eletto”, ritenendo, evidentemente, che gli altri popoli siano “primi dei non eletti”. (a.s)
Segue un mio articolo del 2010 (https://www.agoravox.it/La-solitudine-di-Israele.html ) contenente alcune considerazioni che, dopo quasi 11 anni, si attagliano benissimo alla situazione attuale del conflitto israelo - palestinese. Segnalo alcuni brani:
Le vittime ci
sono più care dei loro oppressori.
Ho scritto queste
note né per la gloria né per un padrone, ma solo per dovere civile e morale
verso la tragedia umana e politica del popolo palestinese. Per tali materie mi
è negato l’accesso alla “carta stampata”.
Ci accontentiamo
del web che possiede grandi potenzialità comunicative, in crescita, e
soprattutto consente il privilegio d’interloquire con i giovani i quali, prima
o poi, si desteranno dal torpore alienante del consumismo e chiederanno conto e
ragione di tutte le ingiustizie del mondo.
Perciò, per
quanto difficile sia il tempo presente, ognuno dovrebbe far sentire la propria
voce. In ballo ci sono il destino, il benessere di tanti popoli, il futuro
della pace nel Mediterraneo e nel mondo.
Parlare e agire,
anche a costo di attirarci il facile anatema dell’antisemitismo, come qualche
volta (mi) è accaduto. Sì, perché, da un certo tempo, in Italia e non
solo, è invalsa la cattiva abitudine di bollare come “antisemita” chi dissente
e osi criticare certe scelte e condotte dei governanti israeliani.
Un’accusa ormai
abusata, vagamente intimidatoria e, per altro, imprecisa. Secondo il racconto
biblico, “semiti” dovrebbero essere anche gli arabi.
In ogni caso,
tale accusa non mi tange perciò la respingo al mittente. Io sono onoratissimo
di seguire le idee di Kartl Marx (uno degli ebrei più importanti del mondo,
realmente esistiti) e in quanto tale considero il razzismo una delle più
miserabili espressioni della subcultura umana.
Rivendico la mia,
la nostra, libertà di pensiero e di critica secondo i principi della
Costituzione italiana e non secondo i canoni di questa o quell’altra religione.
La mia cultura e pratica di vita non è razzista ma solidaristica verso tutti
gli uomini e le donne che costituiscono l’unica razza di questo Pianeta.
Se in questa
dolorosa vicenda spesso mi sono spesso ritrovato dalla parte dei palestinesi e
dei loro leader più prestigiosi (fra i quali l’indimenticato Yasser Arafat) non
è per contrarietà preconcetta verso il popolo israeliano, ma per
solidarietà verso il popolo martire di Palestina ancora occupato, assediato
dagli eserciti di Netanyahu.
Insomma, le
vittime ci sono più care dei loro oppressori. Capita. Come sempre mi è
capitato, e con grande commozione, di fronte alle immagini, anche
cinematografiche, della “shoah”, della terribile tragedia degli ebrei
massacrati dai nazisti e dai fascisti europei. E se tutto ciò non dovesse
bastare, aggiungo che sono orgoglioso di essere figlio di un operaio siciliano,
insignito della Medaglia d’onore del Presidente della Repubblica italiana, che
fu ristretto in alcuni lager della Germania nazista per essersi rifiutato, dopo
l’8 settembre 1943, di combattere con gli eserciti nazi-fascisti.
Questi i fatti
recenti che giornali e tv hanno illustrato, anche se non si son presi la briga
di spiegare perché si è giunti a un punto così critico.
Per giustificare
le nuove colonie ebraiche nella “città santa” Netanyahu ha detto in Usa, e
continua a ripetere in patria, che “Gerusalemme non è una colonia, ma la
capitale d’Israele”.
Una bella frase a
effetto che però sorvola sull’iter doloroso, sanguinoso che ha segnato questa
città negli ultimi decenni e sulle numerose decisioni di condanna assunte
dall’Onu, da altri organismi intergovernativi, dallo stesso Vaticano.
Il discorso
sarebbe troppo lungo, perciò ci fermiamo. Del resto, chi desidera documentarsi
sulla materia può consultare la vasta documentazione prodotta dalle Nazioni
Unite e da altri organismi internazionali.
Per agevolarne
l’approccio, segnaliamo, di seguito, i passaggi più significativi di un
documento elaborato e diffuso dall’Onu (“Le statut de Jérusalem”, New
York, 1997) che ricostruisce l’exursus storico e politico della questione
di Gerusalemme.
Pag. 1: Un
regime internazionale speciale per Gerusalemme
“L’Onu, che
tende a dare una soluzione permanente al conflitto (arabo-israeliano n.d.r.),
adotta nel 1947 un piano di spartizione della Palestina che prevede la
divisione della Palestina in uno Stato arabo e uno Stato ebraico e la
costituzione della città di Gerusalemme in corpus separatum sotto
regime internazionale speciale, amministrata dal consiglio di tutela
dell’Onu.”
Pag. 2: La
comunità internazionale considera nulla l’annessione della “Città santa”
“Dopo la
guerra del 1967, Israele s’impadronisce di Gerusalemme-est (settore arabo n.d.r.) e dei
territori palestinesi e fa sparire la linea di demarcazione fra i settori est e
ovest…Israele che ha già annesso Gerusalemme – est, proclama, nel 1980,
“Gerusalemme intera e riunificata la capitale d’Israele”…
“Tuttavia, la
pretesa israeliana su Gerusalemme non è riconosciuta dalla comunità
internazionale che condanna l’acquisizione dei territori mediante la guerra e
considera come nullo e non avvenuto ogni cambiamento sul terreno”.
Pag. 9: Gli arabi disposti ad accettare il regime
internazionale su Gerusalemme
“La
commissione di conciliazione (di cui alla risoluzione n. 194 adottata
dall’Assemblea generale dell’Onu l’11 dicembre 1948) fa sapere che le
delegazioni arabe erano, nell’insieme, pronte a accettare il principio di un
regime internazionale per la regione di Gerusalemme a condizione che l’Onu ne
garantisse la stabilità e la permanenza. Israele, dal suo lato, riconoscendo
che la Commissione è legata alla risoluzione 914 dell’Assemblea
generale, dichiara che non può accettare senza riserve che i Luoghi santi siano
posti sotto un regime internazionale o sottomessi a un controllo internazionale.”
Pag. 11: Gerusalemme, corpus separatum
“…l’Assemblea
generale (dell’Onu ndr) riafferma le disposizioni del piano di ripartizione
secondo il quale Gerusalemme sarà un corpus separatum amministrato
dalle Nazioni Unite, l’Assemblea invita il Consiglio di tutela a concludere la
messa a punto dello Statuto di Gerusalemme…e chiede agli Stati interessati
d’impegnarsi formalmente a conformarsi alle disposizioni della risoluzione…(n.
333)”
Giordania e
Israele contrari all’internazionalizzazione di Gerusalemme
“Il Consiglio
di tutela adotta uno Statuto dettagliato per la città di Gerusalemme nel
gennaio 1950… Il consiglio fa sapere che la Giordania non è disposta
a discutere alcun progetto d’internazionalizzazione. Per parte sua, Israele si
oppone all’internazionalizzazione della regione, ma resta disposto a accettare
il principio di una responsabilità diretta dell’Onu sui Luoghi santi…”
“Israele
dichiara che lo Statuto non può essere applicato a causa della creazione dello
Stato d’Israele e del fatto che la parte occidentale di Gerusalemme fa parte
ormai del suo territorio..”
Pag. 12: Dayan, occupa Gerusalemme
Il generale
Moshe Dayan, vincitore della guerra lampo detta dei “sei giorni” dichiara il 7
giugno 1967: “le forze armate israeliane hanno liberato Gerusalemme. Noi
abbiamo riunificato questa città divisa, capitale d’Israele. Siamo rivenuti
nella Città santa e non ce ne andremo più”
Pag. 13: le
autorità d’occupazione sciolgono il consiglio municipale di Gerusalemme est
“Secondo un
rapporto di M. Thalmann, (rappresentante personale del segretario generale
dell’Onu per Gerusalemme) il 29 giugno 1967 un ordine della difesa
militare (israeliana ndr) ha sciolto il Consiglio municipale composto di
12 membri che assicura la gestione di Gerusalemme - est sotto l’amministrazione
giordana…Il Consiglio municipale di Gerusalemme - ovest, composto da 21 membri
tutti israeliani, assorbe il vecchio consiglio, il personale tecnico arabo del
municipio di Gerusalemme- est viene incorporato nei servizi corrispondenti
della nuova amministrazione.”
Pag. 15: la
Knesset proclama Gerusalemme riunificata capitale d’Israele
“Il 29 luglio
1980, malgrado l’opposizione della comunità internazionale, la Knesset (parlamento
israeliano ndr) adotta la “Legge fondamentale” su Gerusalemme che proclama
Gerusalemme, intera e riunificata, capitale d’Israele, sede della presidenza,
della Knesset, del governo e della Corte suprema.”
Pag. 20: nuove
colonie ebraiche nelle terre dei palestinesi
“Si apprende
che la gran parte dei beni palestinesi di Gerusalemme - est e dei dintorni è
stata sottratta dalle autorità israeliane (mediante espropri e confische) in
cinque tappe:
Gennaio 1968, circa 400 ettari nel quartiere Sheikh
Jarrah dove vengono impiantate le prime colonie ebraiche per un totale di
20.000 persone;
Agosto 1970, circa 1.400 ettari in favore delle
colonie di Ramat, Talpiot-est, Gilo e Neve Ya’acov dove vivono attualmente
circa 101.000 ebrei;
Marzo 1980, circa 440 ettari destinati all’impianto
della colonia di Pisgat Ze’ev destinata ad accogliere 50.000 ebrei;
Aprile 1991, circa 188 ettari per la realizzazione
della colonia di Har Homa per un totale di 9.000 appartamenti;
Aprile 1992, circa 200 ettari sono destinati alla
creazione della nuova colonia di Ramat Shu’fat per un totale di 2.100 nuovi
appartamenti.
Pag. 27: il
Consiglio di sicurezza dell’Onu esige il ritiro d’Israele dai territori
occupati
“Nella famosa
risoluzione n. 242 del 22 novembre 1967, il Consiglio di sicurezza dell’Onu…
sottolinea l’inammissibilità dell’acquisizione di territori mediante la guerra
e afferma che il rispetto dei principi della Carta delle Nazioni Unite esige il
ritiro delle forze armate israeliane dai territori occupati e il rispetto della
sovranità, dell’integrità e dell’indipendenza politica di ogni Stato della
regione.”
Pag. 28: Israele
non applica la Convenzione di Ginevra
“Israele non
ha riconosciuto l’applicabilità della Convenzione di Ginevra ai territori
occupati dopo il 1967 col pretesto che non esiste alcuna sovranità legittima su
questi territori dopo la fine del mandato britannico…”
“Il Consiglio
di sicurezza nel 1979 ribadisce che la quarta Convenzione di Ginevra era
applicabile ai territori arabi occupati da Israele dopo il 1967, compresa
Gerusalemme…La decisione presa da Israele nel 1980 di promulgare una legge per
l’annessione ufficiale di Gerusalemme est e che proclama la città unificata
come capitale d’Israele è stata fermamente respinta non solo dal Consiglio di
sicurezza e dall’Assemblea generale dell’Onu, ma anche da diverse organizzazioni.
Pag. 30: l’Europa
riconosce il diritto dei palestinesi all’autodeterminazione
“I Paesi
europei hanno avanzato proposte che riconoscono il diritto
all’autodeterminazione del popolo palestinese; essi hanno sottolineato che non
accettano “alcuna iniziativa unilaterale che ha lo scopo di mutare lo statuto
di Gerusalemme” e che “ ogni accordo sullo statuto della città dovrà garantire
il diritto di libero accesso per tutti ai Luoghi santi”
(Dichiarazione di
Venezia del 13 giugno 1980 dei vertice dei Capi di stato e di governo della
Cee)
Pag. 31:
l’OLP, dichiara l’indipendenza della Palestina e riconosce lo stato d’Israele
Nel 1988, dopo
la decisione della Giordania di rompere i suoi legami giuridici e
amministrativi con la Cisgiordania, il Consiglio nazionale palestinese (Parlamento palestinese in
esilio) ha adottato la Dichiarazione d’indipendenza e
pubblicato un comunicato politico dove dichiara di accettare la
risoluzione n.181 dell’Assemblea generale dell’Onu (sulla
divisione del territorio ndr) e la risoluzione n. 242 (del 1967) del
Consiglio di sicurezza e proclama “la nascita dello Stato di Palestina sulla
terra palestinese, con capitale Gerusalemme”
Pag. 33: il
consiglio di sicurezza chiede a Israele di smantellare le colonie
“La
risoluzione n. 465 del 1 marzo 1980 contiene la dichiarazione più dura che
il Consiglio di sicurezza ha adottato sulla
questione delle colonie di popolamento. In questa dichiarazione, il
Consiglio deplora vivamente il fatto che Israele ha rigettato le sue
risoluzioni precedenti e rifiutato di cooperare con la
Commissione ( Onu)…
Il Consiglio
qualifica la politica e le pratiche volte a impiantare nuove colonie di
popolamento una “violazione flagrante” della quarta Convenzione di Ginevra e
dice che sono “un grave ostacolo” all’instaurazione della pace in Medio
Oriente; chiede al governo e al popolo israeliani di revocare le misure
prese, di smantellare le colonie esistenti e di cessare subito ogni attività
di colonizzazione. Chiede anche a tutti gli Stati di non fornire a Israele
alcuna assistenza che sarà utilizzata specificamente per le colonie di
popolamento dei territori occupati”.
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