UN'IDEA DEL PCI DEI PRIMI ANNI '80
|
"L'ORA" del 31 gennaio 1981- Periodico italo - arabo |
di Agostino Spataro
Dal Giornale di Sicilia di oggi apprendiamo che “Palermo diventa polo mediterraneo per la
costruzione di nuove navi: è stato firmato, infatti, nella sede di Fincantieri
a Roma, da Pasqualino Monti, presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del
Mare di Sicilia occidentale, e Giuseppe Bono, amministratore delegato di
Fincantieri…” Finalmente, si potrebbe dire. Dopo decenni di lotte portate
avanti da un fronte di forze sociali, culturali e politiche per rivendicare la
salvaguardia dei posti lavoro e un ruolo mediterraneo per il cantiere navale di
Palermo.
Si é lasciato passare tanto tempo prezioso,
facendo perdere tante opportunità create, in questi ultimi decenni, dalle
grandi trasformazioni industriali, tecnologiche, commerciali, ecc.
Il mancato rilancio del cantiere palermitano ha
provocato fenomeni di ridimensionamento, di dequalificazione, di
marginalizzazione. Solo grazie alle dure lotte delle maestranze si é riusciti a
impedirne la chiusura.
Eppure
non era difficile capire come, a partire dalla seconda metà degli anni 70,
l'asse dello sviluppo dei trasporti marittimi si spostava, sempre più, verso il
Mediterraneo al centro del quale ci sono la Sicilia e il cantiere palermitano.
Si è disconosciuta la centralità mediterranea
geo-economica dell'Isola, sacrificandola sull'altare della militariz-zazione
(anche nucleare) e della creazione di un hub energetico (petrolio, gas,
raffinazione, chimica di base, ecc) posto al servizio dello sviluppo del
centro-nord italiano.
Una lotta
esemplare quella per la difesa e il rilancio del cantiere navale di Palermo che
é stata condotta sul terreno sociale, sindacale, ma anche in sede politica e
parlamentare, soprattutto dalle forze della sinistra e in particolare dal Pci e
dai suoi organi di stampa, primo fra tutti il quotidiano "l'Ora".
Il Pci si batté per salvare e rilanciare, come
polo strategico, il cantiere palermitano, in raccordo con altre strutture
cantieristiche operanti nell'Isola.
Già a partire dal 1981 lanciammo l'idea-proposta di "Palermo, cantiere mediterraneo" e, in tal senso, sviluppammo diverse iniziative politiche e parlamentari (all' Ars e alla Camera dei Deputati), anche a sostegno delle dure lotte dei lavoratori e dei loro sindacati che difendevano il posto di lavoro e il futuro del cantiere palermitano.
Dopo l'avvio felice della fase della
cooperazione fra Italia, Sicilia e il mondo arabo (inaugurata con la
realizzazione del grandioso metanodotto Algeria-Tunisia- Sicilia- Italia),
elaborammo una vera e propria strategia di cooperazione siculo-araba che
inglobava i settori più rilevanti dell'economia siciliana e dei Paesi arabi
rivieraschi del Mediterraneo: dall'energia alla chimica fine; dalla
cantieristica alle società miste di pesca; dai circuiti turistici integrati
agli scambi culturali; dalle nuove tecnologie alle fibre ottiche; dai flussi
migratori arabi verso l'Italia e la Sicilia a quelli siciliani verso i paesi
arabi, dagli scambi agricoli e commerciali alla Banca mediterranea per lo
sviluppo, ecc.
Insomma, una vera programmazione cui
contribuirono le forze politiche presenti all'Ars, i governi
regionali, i grandi Comuni, le province, le forze sindacali e imprenditoriali.
Uno sforzo immane, originale (aderente a sano
spirito autonomistico) che cercai di riassumere nel mio libro "Oltre
il Canale- Ipotesi di cooperazione siculo-araba" -Edizioni delle
Autonomie, Roma, 1986, fra cui la problematica relativa alla
cantieristica palermitana e siciliana.
|
|
Intorno a tali ipotesi si sviluppò un grande
dibattito. Tuttavia, poco o nulla si fece per valorizzarle,
realizzarle.
Per indolenza nostrana, ma anche per un'opposizione evidente dei
governi nazionali (specie quello presieduto
dal senatore Giovanni Spadolini) che temevano
una sorta di "fuga in avanti" della Sicilia verso il mondo arabo.
Preoccupazioni infondate che però hanno
ostacolato tanti progetti, fatto sfumare tante occasioni di sviluppo nella
cooperazione pacifica e reciprocamente vantaggiosa, in un contesto, allora, più
favorevole dell'attuale.
Comunque
sia, oggi, é arrivata la buona notizia. La rileviamo con il più vivo interesse
non per rivendicare primati, ma solo per domandare: ma perché ci sono voluti
più di tre decenni per fare qualcosa di buono per il progresso della Sicilia?
Agostino Spataro
(15
dicembre 2020)
Nessun commento:
Posta un commento