(Perline colorate n. 3)
LA GUERRA DELL’ELEFANTE
Poco tempo prima dell’avvento dell’Islam, un principe abissino di nome
Abraha mosse guerra alle tribù dello Yemen e le sottomise
alla religione di Cristo.
Egli edificò la sua residenza reale a Sana’a che fu eletta capitale del
nuovo regno cristiano.
Vi costruì anche una sontuosa cattedrale e diede ordine che questa
dovesse essere la mèta del pellegrinaggio e non più la “pietra nera” custodita
nel santuario meccano della Kaaba.
Non tutti però accettarono l’imposizione di Abraha e continuarono a
rivolgere il loro pensiero e il loro pellegrinaggio verso l’antico tempio della
Mecca.
Qualcuno, addirittura, osò oltraggiare la nuova cattedrale e sfidare la
terribile ira del re cristiano.
Un giorno giunse a Sana’a, in pellegrinaggio, un beduino, proveniente
dalla città di Mecca, il quale domandò di restare a pregare nella chiesa anche
di notte.
I sacerdoti, lusingati da tanta devozione da parte di un meccano,
acconsentirono alla richiesta.
Questi, che in realtà era venuto con intenzioni empie, malefiche,
rimasto sol, avvolto nell’oscurità del tempio, invece che raccogliersi in
preghiera si diede a defecare ed insozzò di escrementi le pareti e gli
ornamenti più sacri della cattedrale.
L’episodio suscitò grave scandalo e il furore incontenibile di Abraha
il quale, convintosi che questa fosse la risposta dei meccani al suo appello di
preghiera, mosse guerra contro la
Mecca con l’intento di distruggere personalmente il santuario
della “pietra nera”.
Raccolse un esercito numeroso e agguerrito, con alla testa un elefante
da combattimento che in altre battaglie aveva incusso il terrore fra le schiere
nemiche.
Al solo sentire dell’imminente arrivo di Abraha e del suo elefante
sterminatore, l’esercito meccano si ritirò sulle colline, abbandonando la città
e il santuario alla mercé degli invasori.
Stando alla sura del Corano detta, appunto, “dell’elefante”, il principe
abissino marciò dritto sulla Kaaba per distruggerla, ma quando si trovò al suo
cospetto si verificò il miracolo.
Alla vista della “pietra sacra”, il pachiderma cadde per terra e non
volle più saperne di rialzarsi.
Gli abissini restarono attoniti e smarriti e fra loro si diffusero il
panico e la confusione, molti volsero in ritirata.
Improvvisamente, il cielo si rabbuiò. Non erano nuvole cariche di
pioggia, ma stormi, fittissimi, di uccelli neri che giungevano dal mare lontano
in soccorso della sacra Kaaba.
Ogni uccello stringeva fra gli artigli due piccole pietre acuminate che
lasciava cadere sulle teste dei soldati invasori.
Chi era colpito periva all’istante. Il re abissino morì prima di far
ritorno a Sana’a, dilaniato da un morbo rarissimo che gli spappolò il corpo
atrocemente.
Così la Kaaba
e la città della Mecca furono salve per volere divino.
Questo miracolo accadde nell’anno 570 d.C.
In quello stesso anno, proprio alla Mecca, nacque Maometto, il profeta
di Allah.
(Agostino Spataro- “La notte dello
sceicco-Reportage dallo Yemen”, Edizioni Associate, Roma, 1994)
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