di Agostino Spataro
1... Le scaramucce fra Renzi e il presidente della
commissione UE, Juncker, e prima le più aspre polemiche e i diktat imposti ai
Paesi del sud e dell’est Europa, credo siano spie allarmanti di un diffuso
disagio politico derivato dall'incapacità manifesta di governare la crisi che investe le
istituzioni, l’economia e le stesse società europee. Da un certo tempo, infatti, l’Unione continua
ad avvitarsi su stessa, sulle proprie contraddizioni senza più riuscire a esprimere
un ruolo primario nel mondo, neanche nelle regioni vicine di sua più
diretta pertinenza politica e commerciale. Al disagio politico fanno da contraltare una crescente crisi
di fiducia verso le istituzioni comunitarie e lo stesso progetto d’Unione e
una serie di preoccupazioni di ordine morale che deprimono lo
spirito pubblico europeo. Questi e altri fattori, in assenza di riforme
democratiche e di progetti di sviluppo propulsivo, rischiano di disgregare quel
tanto di Europa che si è riusciti, faticosamente, a costruire, a unire; di far
saltare perfino il processo unitario. A cominciare dagli accordi di Schengen
sottoposti a un’eccessiva, lunga pressione migratoria clandestina proveniente
da varie regioni del pianeta. Per la durata e per le dimensioni assunte, tale fenomeno, di là
del dramma umano dei singoli da affrontare con la solidarietà nella legalità,
non può essere più considerato una “emergenza umanitaria”, ma si
configura agli occhi della stragrande maggioranza degli europei come una
sorta di “invasione pacifica” ben mirata, sfruttata da una miriade di
organizzazioni criminali, schiavistiche. (vedi in http://www.cittafutura.al.it/web/_pages/detail.aspx?GID=20&DOCID=17918) Il fenomeno richiama, inoltre, la delicata questione delle frontiere di Schengen e dei singoli Stati le quali, fino
a quando esistono, vanno rispettate e, se del caso, difese.
2... Una situazione che bisogna affrontare con riforme incisive e con scelte conseguenti, prima che il populismo razzista delle destre dilaghi,
anche sul terreno elettorale, e assesti un colpo mortale a ogni politica di
accoglienza, all’idea stessa di un’Europa solidale, laica, fondata sull’inclusione sociale e sull’equa distribuzione della
ricchezza e dei servizi.
Poiché questo è il vero problema irrisolto; questa è l’Europa
che non si vuol costruire! Insomma, invece di beccarsi con battutine per
nulla spiritose, qualcosa bisogna fare, e subito, per fermare la deriva
e tentare di uscire dalla crisi più forti e più giusti. Ma che fare? La
risposta dovrebbero darla le forze politiche che rappresentano la volontà
popolare nelle istituzioni europee. Quello che assolutamente non si può più fare
è continuare con politiche ispirate (dettate?) da interessi forti (anche
extracomunitari) basate su una lista di tagli e di divieti, di sacrifici senza
compensazioni sociali, senza un paniere di riforme capaci di rilanciare il
ruolo di pace e di cooperazione dell’Europa nel mondo.
3... Di fronte a così evidente declino, le grandi borghesie
nazionali hanno abbandonato l’idea primigenia dell’Europa, consentendo la
penetrazione d’interessi economici e strategici esterni e la crescita di un
populismo demagogico, nazionalistico che richiama quello degli anni ’20 e ’30
del secolo scorso.
Purtroppo, nemmeno la sinistra (variamente connotata) si è
dimostrata all’altezza della gravità della situazione, tant’è che è stata
relegata all’opposizione quasi dappertutto.
Dov’è “l’Europa socialista? Socialdemocratica?
Quella che resta (a parte il tentativo difficile di Tsipras
in Grecia) non sembra volersi armonizzare con i bisogni reali dei lavoratori,
dei giovani, dei poveri (che sono tanti!), ma perseguire, in termini
subalterni, gli interessi dei grandi trust
industriali e finanziari, europei e nordamericani.
Questo, a me sembra, il punto centrale della crisi profonda
della sinistra europea. Da qui è necessario partire per costruire uno
schieramento politico, sociale e culturale, nel quale confluiscano forze di sinistra e progressiste e pacifiste, per salvare
l’Europa e rilanciare il progetto d’unione su idee e programmi nuovi, ampliando gli
orizzonti della visione strategica a paesi importanti come la Russia e altri di
prevalente cultura europea.
Se la borghesia ha abbandonato l’idea di un’Europa coesa e
solidale, spetta alla sinistra, alle forze progressiste riprendere la via, e la lotta, per
realizzarla.
Europei, verso
l’estinzione?
Parafrasando Empedocle, quando parla dei suoi dissennati
concittadini akragantini, si potrebbe dire che gli europei costruiscono ponti e
palazzi come se dovessero vivere in eterno e s’ingozzano come se dovessero
morire il giorno dopo. In realtà, vivono nel presente e si crogiolano nel loro
favoloso, talvolta tragico, passato. L’Europa sta andando alla deriva, ma nessuno si preoccupa di
fermare il disegno distruttore. Simili a uccelli suicidi, gli europei volano
incontro all’inesorabile sciagura, come razza rassegnata all’estinzione. Generano pochi figli e allevano cani e gatti come se
volessero affidare la loro posterità a queste specie zoologiche.
Il futuro non li riguarda. Forse, lo temono perché non
riescono a immaginarlo migliore di questo ridondante (anche se non per tutti)
presente.
Vecchia Europa un corno!
È vero. Da un certo tempo, l’Europa appare fiacca, stanca,
incerta, spaventata. Mostra, evidenti, i segni del declino economico, morale e
soprattutto demografico. Rischia di perdere il suo ruolo primario (non sempre positivo)
nel mondo.
Ironia della storia, l’Europa, fautrice del colonialismo
“civilizzatore”, potrebbe divenire preda dell’espan-sionismo strisciante di
varia provenienza.
Qualche avvisaglia si ebbe in passato quando i grandi imperi
del Sud (specie islamici) si espansero verso il cuore dell’Europa e per poco
non la conquistarono.
Oggi, tale pericolo non è all’ordine del giorno. Tuttavia, sono
in corso azioni mirate a fiaccare il morale dei popoli europei scaricando su di
loro misure antisociali, conseguenze di una crisi, in gran parte, “importata” e
di una guerra infinita portata nei territori vicini.
Anche sul piano psicologico si tende a indebolire l’immagine
dell’Europa mediante una campagna basata
sull’uso eccessivo della vulgata della “vecchia Europa” che un po’ deprime
lo spirito pubblico.
A forza di ripeterla, qualcuno si sarà convinto che vecchia
lo è davvero. E siccome dopo la vecchiaia viene la morte, l’Europa è una
regione morente.
Una vulgata da sfatare, poiché l’Europa, essendo un’appendice
geografica dell’Asia, non è un territorio più vecchio di altri, ma coevo come
si può desumere dalle teorie più accreditate sulla formazione geologica dei
continenti.
Se, poi, si vuol fare derivare la “vecchiezza” dalla durata
della sua civiltà, c’è da osservare che quella asiatica (dal medio all’estremo
oriente) è molto più vetusta di quella europea e, oggi, sta perfino risorgendo.Quindi, vecchia Europa un corno!
Eurorussia: unire Europa e Russia
Per taluni l’Europa non è un continente, ma solo una
propaggine dell’Asia verso l’Atlantico e il Mediterraneo. Fisicamente, così è.
Tuttavia, da tremila anni, l’Europa è fonte e sede di una
delle più grandi civiltà umane. Purtroppo, oggi, è in affanno, in evidente declino
e molti, amici e concorrenti, cercano di condizionarla, d’invaderla “pacifica-mente”,
di anticiparne la caduta, per spolparsi le sue enormi ricchezze materiali e
immateriali.
Più che una speranza ben riposta, il futuro dell’Europa è un
problema mal posto, poiché resta incerto e succube di forze e interessi ostili
e contrapposti. L’Europa ha smarrito il senso della sua dignità storica, della
sua autonomia culturale e politica.
La soluzione? La risposta non è facile. Abbozzò un’ipotesi,
così di getto, che forse un po’ risente della contingenza.
La crisi è tale che l’U.E. potrebbe, perfino, disgregarsi.
Per evitare tale pericolo, bisogna cambiare registro politico e strategico e
puntare a un’Europa dei popoli e non più delle consorterie multinazionali. Per
essere credibile, il progetto europeo dovrà conquistare un largo consenso
democratico, popolare e aggregare una nuova classe dirigente coerentemente
europea.
Sulla base di tali correzioni e innovazioni, dovrà
proseguire l’allargamento fin dove è possibile nell’ambito dei popoli di
cultura europea, abbandonando la politica di provocazione e delle tensioni
svolta, per conto terzi, in ambito Nato.
In tale prospettiva, diventa auspicabile, possibile il
progetto di unire l’Europa con la
Russia o, se preferite, di associare la Russia all’Unione europea.
Sì, avete letto bene, la sterminata Russia che ci viene presentata come
l’eterno nemico. Oggi, un’idea siffatta può apparire paradossale, fuori da ogni
ragionevole previsione. Tuttavia, un senso lo ha, una logica pure specie se
immaginata nel medio/ lungo termine e alla luce delle nuove ri-aggregazioni
(spartizioni?) mondiali che stanno avvenendo su basi continentali e non più
ideologiche.
Purtroppo, in questo nuovo scenario (in formazione) l’U.E.,
barcollante e squilibrata al suo interno, rischia di apparire un “continente”
in bilico, alla deriva.
L’Europa, da sola, difficilmente potrà uscire da tale,
precaria condizione; dovrà aggregarsi per creare un nuovo polo dello sviluppo
mondiale.
Con chi? Gli Usa sono lontani e i loro interessi non sempre
combaciano con quelli europei; l’ipotesi euro-mediterranea è stata fatta
fallire per volere degli Usa e per subalternità francese.
Non resta che la
Russia ossia un Paese- continente, di prevalente cultura europea,
che dispone di territori sterminati e di enormi riserve energetiche e
metallifere, di boschi, di acque, di terre vergini, di mari pescosi, ecc.
Evito ogni riferimento agli apparati e potenziali militari e
nucleari che spero possano essere liquidati in tutto il mondo. Che, però,
esistono!
Risorse importanti, strategiche che, unite al grande
patrimonio europeo (tecnologie, saperi, scienze, professioni, tradizioni
democratiche, ecc), potrebbero costituire il punto di partenza per dare vita a
“EuroRussia” ossia a una nuova “regione” geo-economica mondiale (dall’Atlantico
al Pacifico, al Medi-terraneo) che bandisca la guerra dalle sue prospettive e
riesca a proiettare una forte iniziativa di cooperazione, di convivenza
pacifica, in primo luogo verso il mondo arabo e l’Africa con i quali ci
dobbiamo riconciliare.
Ovviamente, questo è solo uno spunto, una “bella utopia”. I
giochi di guerra, gli intrighi per il nuovo ordine mondiale sono in corso da
tempo. E sono ancora aperti. Il problema è come vi si partecipa, se da
protagonisti o da comprimari. E con quali progetti e proposte.
All’orizzonte si profila una nuova bipartizione del mondo,
con Cina e Usa come capifila. Taluno prevede un’improbabile tripartizione,
inserendo la Russia
nel terzetto.
Nessuno pronostica un ruolo primario dell’U.E., condannata a
restare sottoposta agli Usa.
Non sappiamo quali saranno la collocazione, il ruolo della
Russia e dell’Europa fra 30/50 anni. Una cosa sembra sicura: divise, potranno
solo sperare che uno dei due capifila le inviti ad accodarsi.
(Agostino Spataro)